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Channel: Cronaca Giudiziaria
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Le aveva salvato la vita e poi pazzo di gelosia la uccise con tre colpi di pistola: 19 anni di carcere

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E’ stato condannato a 19 anni  e 4 mesi di carcere Massimo Bianchi, 61 anni della provincia di Caserta che lo scorso anno ucciso con tre colpi di pistola Maria Bianchi, la donna di 49 anni che proprio lui aveva salvato dalla furia assassina dell’ex marito che le aveva inferto 25 coltellate. E Massimo Bianchi, dipendente della Comunita’ Montana di Monte Maggiore, dopo un anno  la uccise per gelosia, o forse perche’ la donna voleva interrompere la relazione. Il pm aveva chiestoo la condanna all’ergastolo ma peril  giudice Orazio Rossi del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere sono sufficienti 19 anni e 4 mesi di carcere.

Una storia assurda quella di Maria e Massimo. L’uomo lo scorso anno era al telefono con lei quando l’ex marito, Angelo Ruggiero, attualmente in carcere, cominciò a menare fendenti. la colpì ben 25 volte. Ruggiero la sera del 18 giugno del 2016, aspettò che i figli uscissero di casa. Poi si arrampicò sul tubo di scolo della grondaia e mise a origliare la moglie che l’aveva lasciato dopo una violenta aggressione, nell’aprile precedente. Lei stava parlando con il suo nuovo fidanzato al telefono e allora perse la testa. Entrò in casa aveva con se un coltellino svizzero a lama corta: la colpì 25 volte alle braccia e dalle gamba, a un fianco e al petto. Massimo Bianchi, l’uomo che ieri l’ha uccisa, era al telefono, sentì tutto e allora riagganciò la telefonata e chiamò la figlia di Maria. La ragazza si precipitò in casa e chiamò i soccorsi. Maria fu in coma per giorni e dopo più di un mese fu dichiarata fuori pericolo di vita. Suo marito, Angelo Ruggiero, fu arrestato quella sera stessa. E’ stato condannato a tredici anni di carcere.

La sera prima dell’omicidio Maria e  Massimo avevano litigato e lui la notte avrebbe piantonato la casa della compagna per controllare i suoi movimenti fino alle 5 del mattino. Poi le telefonò e prese un appuntamento per chiarire. La donna lo attese nella piazzetta vicino casa, nel centro storico di Dragoni, seduta su una panchina posta a fianco dell’ ingresso di una chiesetta. Bianchi arrivò a bordo della sua auto, scese già con la pistola in pugno. La 49 enne urlò “no”, ma lui fece fuoco tre volte uccidendola. Poi si fermò accanto al corpo esanime, a vegliarlo, in attesa che arrivassero i carabinieri ed impedendo a chiunque di avvicinarsi.

Cronache della Campania@2018


Minacce al testimone anche dal carcere: 4 anni per il ‘brasiliano’ Damiani

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E’ stato condannato a 4 anni e due mesi di carcere Bruno Humberto Damiani, l’italo brasiliano il cui nome è stato più volte associato all’inchiesta per l’omicidio del sindaco di Pollica, Angelo Vassallo. per il tribunale di Vallo della Lucania, Damiani è responsabile di minacce,  anche da detenuto, nei confronti di Francesco Avallone, ex fidanzato della figlia del sindaco ucciso. Sono stati invece condannato a tre anni e nove mesi il fratello Stefano e  due anni  i fratelli Materazzi, Augusto e Walter di San Mauro Cilento che ripetutamente minacciavano Avallone al fine di costringerlo a cambiare versione in un processo per spaccio di droga in cui Damiani era imputato. Per tutti è caduta l’aggravante del metodo mafioso. Dalle indagini e grazie anche alle intercettazioni effettuate nel carcere di Secondigliano, dove il “brasiliano” è tuttora rinchiuso, sono emersi i continui interventi dei fratelli Damiani e dei fratelli Materazzi, per far mutare versione ad Avallone, che era uno dei clienti per l’acquisto di cocaina dalle mani del gruppo.Damiani è stato condannato a sei anni e quattro mesi di reclusione per traffico di droga.

 

 

 

 

Cronache della Campania@2018

Resta in carcere l’immigrato accusato di aver violenza sessuale sul 14enne

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Il Gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha convalidato il fermo di un 20enne richiedente asilo originario del Gambia, gia’ accusato di violenza sessuale su un minore di 14 anni, che avrebbe palpeggiato qualche giorno fa, a Marzano Appio nel Casertano, un bimbo di sei anni. Lo straniero, ospitato in un centro di accoglienza ubicato al centro del paese, era stato arrestato subito dopo il fatto dai carabinieri intervenuti su segnalazione dei genitori del bimbo e di altre persone che avevano assistito ai presunti abusi. Per il gambiano il Gip, dopo aver convalidato il fermo, ha disposto la carcerazione. L’episodio si e’ verificato mercoledi’ quattro aprile in pieno centro, in piazza Mercato. Il gambiano, hanno accertato i carabinieri, avrebbe avvicinato il bimbo con la scusa di riconsegnargli il pallone con cui il piccolo stava giocando; a quel punto lo avrebbe toccato nelle parti intime. L’uomo, visto da numerosi testimoni, e’ stato bloccato immediatamente da alcune persone e poi fermato dai carabinieri della locale stazione, avvertiti dai presenti. Choc a Marzano Appio, dove la convivenza tra la piccola comunita’ di duemila anime e i venti richiedenti asilo ospitati nel Centro e’ sempre stata pacifica

Cronache della Campania@2018

Farmaci acquistati a prezzi scontati e riciclati attraverso una filiera illegale tra Milano e Napoli

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Milano. Guadagni milionari e una rete parallela per la vendita di farmaci costosissimi: 13 gli arresti tra Milano, Monza-Brianza, Lucca, Roma e Napoli eseguiti dai carabinieri del Nas (Nucleo antisofisticazioni) che ha permesso di individuare un’organizzazione criminale facente capo ad un uomo di origine calabrese, titolare di una farmacia-deposito farmaceutico situato nel centro di Milano. I sodali, tutti operatori del circuito ufficiale di distribuzione del farmaco, acquistavano presso le aziende farmaceutiche ingenti quantitativi di “farmaci molto costosi, a destinazione ospedaliera pubblica o privata”, in particolare medicinali per cure oncologiche, virali, e per altre gravi patologie, ad un prezzo scontato “ex factory” (cioè il costo di vendita del farmaco stabilito dall’Aifa prima dell’immissione in commercio del medicinale), attestando falsamente la loro destinazione a strutture ospedaliere private italiane (avvalendosi e sfruttando un fittizio accreditamento presso l’Aiop, Associazione Italiana ospedalità privata, che riunisce, appunto, le strutture di ricovero e di cura private); realizzare una rete di riciclaggio dei farmaci, la cui documentazione veniva in tutto o in parte falsificata al fine di rivenderli nel mercato parallelo estero, in particolare in nord Africa ed nel sud est asiatico; rivendere i farmaci riciclati all’estero a prezzi molto maggiori di quelli d’acquisto esponendo a gravi pericoli per la salute gli utilizzatori finali delle specialità medicinali, poiché la vendita avveniva tramite una “filiera” non autorizzata e non controllabile ed utilizzando intermediari stranieri che in molti casi erano addirittura estranei al settore sanitario (sono state documentate, infatti, alcune copiose cessioni di farmaci a cittadini stranieri che abitualmente lavoravano come ristoratori etnici o come dipendenti di Banca, che solo incidentalmente e per fini di lucro si dedicavano al traffico).
I traffici di prodotti farmaceutici, ai quali si dedicava l’organizzazione criminale, neutralizzata dai militari del Nas, sono stati realizzati con modalità assolutamente spregiudicate, illegali e senza alcun controllo neanche sulle varie fasi del trasporto, dello stoccaggio e della distribuzione dei farmaci ricettati. Le indagini hanno dimostrato che certamente il “modus operandi” illecito adottato dagli arrestati garantiva all’organizzazione un margine di guadagno ingentissimo derivante sia dalla vendita dei farmaci stessi, sia dall’illegittimo rimborso del credito d’Iva maturato a danno dell’erario, ma soprattutto dalla ingente truffa ai danni delle ignare case farmaceutiche. Oltre ai tredici provvedimenti cautelari, sono state eseguite anche 11 perquisizioni nelle stesse province e 37 ordini di esibizione di documentazione notificati a persone giuridiche legate a vario titolo all’organizzazione criminale.

Cronache della Campania@2018

Camorra, il boss Esposito fu risarcito per ingiusta detenzione per l’omicidio di un immigrato

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Antonio Esposito, detto o’ sapunaro presunto boss di Camorra arrestato oggi nell’ambito di una inchiesta della Dda di Napoli, negli anni scorsi ottenne 110 mila euro dallo Stato come risarcimento per ingiusta detenzione: l’uomo, dopo una condanna all’ergastolo in primo grado, era stato assolto con sentenza definitiva dall’accusa di avere ucciso un immigrato per futili motivi. Dalle rivelazioni di alcuni collaboratori di giustizia e’ poi emersa la sua responsabilita’ nel delitto, ma per questo Esposito non potra’ piu’ essere processato, in base al principio del “ne bis in idem”. Ad Esposito, che e’ detenuto per un altro omicidio, il provvedimento restrittivo e’ stato notificato in carcere. Esposito, infatti, dopo essere stato scarcerato per il delitto dell’immigrato a Maddaloni fu arrestato nuovamente con l’accusa di avere ucciso il capo di una piazza di spaccio di Maddaloni che, durante la sua detenzione, aveva gestito autonomamente l’attivita’ illecita, senza versare le percentuali al boss. E’ stato nell’ambito di quest’ultima indagini, coordinata da procuratore aggiunto Luigi Frunzio e dal pm della DDA Francesco Landolfi, che sono venuti alla luce sia il ruolo di primo piano rivestito da Esposito nel traffico di droga, sia le sue presunte responsabilita’ nel delitto dell’immigrato per il quale venne assolto.  A proposito della gestione e controllo del traffico di droga a Maddaloni e nei comuni vicini sono emersi i criteri di come il gruppo criminale legato al clan Belforte si approvvigionava e spacciava cocaina, hashish e crack. Il controllo operato sul commercio degli stupefacenti, secondo quanto emerse dalle indagini, era stato prima gestito da Antonio Esposito, nella sua veste di reggente del locale gruppo camorristico, e poi da Antonio Mastropietro, che assunse la gestione del clan dopo l’arresto di Esposito avvenuto il 31 agosto 2016. A loro, i singoli spacciatori erano costretti a versare varie somme di danaro oltre a sostanze stupefacenti destinate al loro consumo personale per poter continuare la loro vendita illegale.

Cronache della Campania@2018

Falsi certificati medici: chiesti 16 anni di carcere al boss stragista Setola e al suo oculista

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Sedici anni di carcere sono stati richiesti dal pm Alessandro Milita nei confronti di Giuseppe Setola, capo dell’ala stragista dei Casalesi condannato a vari ergastoli per diciotto omicidi di Camorra, e di Aldo Fronterrè, oculista di Pavia accusato di aver prodotto falsi certificati medici in cui diagnosticava a Setola un malattia all’occhio destro, ritenuta falsa dall’accusa, che nel 2008 permise al camorrista di uscire dal carcere e di scontare gli arresti domiciliari in un’abitazione nei pressi della clinica Maugeri di Pavia, dove lavorava Fronterre’ e dove il killer si sarebbe dovuto curare. Setola poi evase e diede inizio alla stagione del terrore nel Casertano, costata 18 morti e nove feriti; tra le vittime i sei ghanesi della cosiddetta strage di San Gennaro (18 settembre 2008). Fu catturato qualche mese dopo nel covo di Mignano Montelungo, non prima di aver lasciato dietro una lunga scia di omicidi.

Cronache della Campania@2018

Omicidio di Katia Tondi, un teste accusa il marito

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“Il pomeriggio in cui fu uccisa Katia Tondi vidi il marito Emilio Lavoretano uscire in auto con il padre”. Affermazioni “pesanti”, secondo l’accusa, quelle pronunciate oggi alla Corte d’Assise del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere dal testimone Marco Pascale, titolare insieme al fratello Crescenzo – anch’egli sentito oggi – di un negozio di ortofrutta ubicato a San Tammaro, nel Casertano, nei pressi dell’abitazione di Katia Tondi, la casalinga di 31 anni uccisa in casa il 20 luglio 2013. Unico imputato e’ il marito Emilio Lavoretano, che si e’ sempre proclamato innocente. Pascale ha confermato quando gia’ dichiarato subito dopo il fatto, smentendo il papa’ di Lavoretano, ex carabiniere in passato in servizio anche a Casal di Principe, che aveva detto di non aver visto il figlio quel pomeriggio; le parole del teste inoltre confermerebbero indirettamente anche l’ipotesi accusatoria, basata sulla consulenza dell’ex generale del Ris dei Carabinieri Luciano Garofano, secondo cui la Tondi sarebbe stata strangolata (mai trovato l’oggetto utilizzato per ucciderla) tra le 18 e le 19. Pascale non specifica l’ora, ma ricorda di aver notato padre e figlio insieme circa due ore prima che l’ambulanza del 118 arrivasse a casa della Tondi; il mezzo di soccorso arrivo’ tra le 20.20 e le 20.30. Per il Pm Lavoretano chiamo’ il padre dopo il delitto. Per la difesa, rappresentata da Natalina Mastellone, si tratta di un particolare “non rilevante, tanto piu’ che il papa’ di Lavoretano ha chiesto il confronto con Pascale che pero’ l’accusa non ha disposto”. Lavoretano, agli investigatori della Squadra Mobile della Questura di Caserta intervenuti nell’abitazione della coppia, disse di aver trovato Katia quando “era gia’ morta”. L’uomo affermo’ di essere uscito poco prima delle 19, quando la moglie era ancora viva, di essere rincasato intorno alle 20, e di aver rinvenuto il corpo della moglie accasciato vicino alla porta di casa; a conferma del suo alibi consegno’ anche uno scontrino della spesa, e fu inizialmente creduto. Ma le discrepanze sull’orario della morte della donna emersero gia’ con la prima perizia eseguita dal medico-legale incaricato dalla Procura, secondo cui la Tondi sarebbe stata uccisa tra la 14 e le 16, orario in cui Lavoretano non era presente in casa in quanto a lavoro (era dipendente presso un’officina di cambio gomme), mentre la 31enne in quell’arco temporale era in compagnia della madre. Determinante per la contestazione della Procura e’ stata pero’ la relazione presentata da Garofano. Si torna in aula il 30 aprile. 

Cronache della Campania@2018

Slitta ancora la consegna del cadavere di Vincenzo Ruggiero, lo sfogo della mamma contro l’assassino: ‘Mostroooooo’

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La Procura di Napoli Nord, ha ordinato una seconda perizia del Dna sui resti di Vincenzo Guarente il 24enne di parete in provincia di Caserta ucciso e fattoa pezzi in una casa di Aversa e poi sotterrato in un garage di Ponticelli da Ciro Guarente, suo amico e fidanzato della trans Heven Grimaldi. Da nove mesi la mamma attende di riavere il corpo di suo figlio per poter piangere su una tomba. Da nove mesi la Procura sta cercando ri ricomporre i pezzi martoriatati dello sfortunato commesso. manca qualcosa perché nella sua follia omicida da macelleria messicana Ciro Guarente ha distrutto parte del corpo (tagliandolo a pezzi dopo un flex dopo avergli sparato) e sotterrandolo al men peggio in un garage di Ponticelli (sua zona di origine) affittato alcuni giorni prima. Guarente è in carcere dall’agosto scorso ha confessato in parte l’omicidio ma non ha spiegato nei dettagli cosa ne abbia fatto del corpo  e si vi sono state delle persone che lo hanno aiutato. Un complice in carcere c’è ed è Francesco de Turris , un pregiudicato di Ponticelli che gli ha fornito l’arma del delitto. Intanto Guarente è stato trasferito nel carcere di Matera dopo che il Dipartimento di amministrazione penitenziaria di Roma ha riscontrato l’inopportunità di lasciare il detenuto a Poggioreale, nello stessa casa circondariale dove è rinchiuso il padre di Vincenzo Ruggiero. la signora Maria Esposito, madre di Vincenzo l’altro giorno per la festività di san Vincenzo ha scritto un lunghissimo e commovente post sulla sua pagina facebook che ha avuto centinaia di like e condivisioni e in cui si scaglia nuovamente contro l’assassino di suo figlio:  “E’ il tuo onomastico amore di mamma e sono 9 mesi che manchi da impazzire e non sono ancora riuscita a far benedire li tuoi poveri resti anche se si che tu non sei lì e sei tra le braccia di Dio , aiutami ad andare avanti e sopportare la tua assenza dammi la forza amore mio!. Io vado avanti pensando a tutto quello che a fatto e donato a tutti il suo sorriso non si spegnerà mai dentro di noi”. Poi ieri quando ha saputo dell’ennesimo rinvio della consegna del corpo del figlio si è lasciata andare: “Una cosa che spero con tutto il mio essere che quel mostro non abbia mai un momento di serenità e che soffra per tutta la sofferenza che ha causato a me in primis e a tutta la mia famiglia mi ha distrutto l’esistenza , si , si ride la vita va avanti ma con un vuoto dentro ,niente e più come prima senti una mancanza dentro che non riesci a colmare .ti auguro di soffrire a vita col rimorso che ti logora dentro sempre ammesso che hai una coscienza cosa che dubito fortemente ,vorrei dire ti maledico ma io non posso dio solo sa come punirti adeguatamente , ma spero e credo che prima tela dovrai vedere con la giustizia terrena e spero che ti diano la galera a vita non meriti di stare tra le persone perchè tu sei un mostro e le persone devono stare alla larga dai mostri come te hai fatto soffrire tante persone la mia famiglia e anche la tua. MOSTROOOOOOOOOOO!”. 

Cronache della Campania@2018


Luca Materazzo: ‘Voglio parlare con i pm e spiegare fatti che ignorano’

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Intende contribuire alla ricostruzione dei fatti e si dice pronto a collaborare “in separata sede” con i pubblici ministeri perche’ e’ a conoscenza di circostanze che gli stessi pm ignorano. Lo ha detto Luca Materazzo, accusato dell’omicidio del fratello, l’ingegnere Vittorio, nel corso di una breve dichiarazione spontanea alla prima udienza del processo a suo carico davanti alla prima sezione della Corte di Assise di Napoli. Luca Materazzo si e’ sempre professato innocente. Durante l’udienza i pm, i difensori dell’imputato e quelli dei familiari che si sono costituiti parte civile, hanno chiesto l’ammissione delle liste dei testimoni e di diverse fonti di prova. Il processo riprendera’ il 9 maggio prossimo.

Cronache della Campania@2018

Stalker ucciso, la versione dell’omicida non coincide con quella dei testimoni

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Nocera Inferiore. Una retromarcia di almeno 30 metri che ha ucciso lo stalker della sua amica. Un incidente continua a sostenere Domenico Senatore, il 35enne di Nocera Superiore, accusato di omicidio volontario aggravato da futili motivi. L’uomo arrestato per la morte di Fabrizio Senatore, 43enne di Salerno, dovrà spiegare al Gip Alfonso Scermino quanto è accaduto sabato notte in via Fiuminale. Il sostituto procuratore della Procura di Nocera Inferiore ha chiesto la convalida del fermo e il carcere per Senatore. Determinante per chiarire la dinamica di quanto accaduto nella notte tra sabato e domenica, la testimonianza dell’amico di Fabrizio Senatore che l’aveva accompagnato a Nocera per rivedere Filomena S. la sua ex, per il quale il 43enne era finito agli arresti domiciliari per stalking. Per gli inquirenti ci sono alcune discrepanze tra quanto raccontato dal testimone e dalla donna 35enne che aveva denunciato più volte il suo ex e dall’indagato appena dopo il fermo. Le loro versioni coincidono fino ad un certo punto, ci sono 5-6 minuti di vuoto che andranno chiariti. Innanzitutto, Domenico Senatore dovrà chiarire chi ha aggredito per primo l’altro. La ricostruzione delle fasi precedenti alla morte di Fabrizio Senatore sono chiare. L’uomo ha chiesto all’amico di accompagnarlo a Nocera, nonostante fosse agli arresti domiciliari, per “vedere cosa stesse facendo Filomena”, un’ossessione che non l’aveva lasciato neppure dopo l’arresto. Ma quella sera, Mena si era incontrata con Domenico al bar Petruccelli, a Cicalesi, per prendere un caffè. Si erano conosciuti nel locale dove la donna lavora. E dopo il caffè si avviano con le rispettive auto a casa di lei. I due si salutano sotto casa, lei entra. Poi succede l’irreparabile. Domenico Senatore visibilmente agitato suona al citofono della donna e le chiede di chiamare la polizia perchè ha subito un’aggressione, forse un tentativo di rapina. E’ lo stesso Domenico Senatore che chiama il numero d’emergenza della polizia. Quando la 35enne scende vede l’auto dell’amico ferma, con lo sportello aperto e la sagoma di Fabrizio Senatore schiacciata tra l’auto e il muretto. Il racconto dell’amico di Fabrizio coincide fino a quando la ragazza sale in casa. Agli inquirenti, l’uomo nega che Fabrizio abbia aggredito il 35enne, ma di essersi fermato insieme a lui dinanzi all’auto per parlare. Poi, la versione dei due non coincide, l’amico di Fabrizio ricorda solo di aver visto la Fiat Bravo fare retromarcia e schiacciare la vittima. Fabrizio Senatore è morto sul colpo. Domenico Senatore ha invece raccontato di aver subito un’aggressione dalla quale si era difeso, l’uomo che lo aveva aggredito gli aveva danneggiato l’auto lui ha messo la retromarcia senza accorgersi che dietro c’era Fabrizio. L’autopsia sul corpo del 43enne chiarirà le cause della morte ma non potrà determinare quanto volontario è stato il gesto di Domenico Senatore, sposato ma in fase di separazione con la moglie e con due figli piccoli che lavora come guardia giurata. Filomena S., madre di tre bambini avuti da una precedente relazione, è l’ex di Fabrizio Senatore, che aveva denunciato per stalking. La vittima, 43enne di Matierno, era padre di una bambina avuta da una precedente relazione. Ai domiciliari da un mese, nel suo casellario giudiziario compaiono diversi precedenti e condanne riportate in giovane età. Filomena S. viveva con i genitori fino all’altro giorno, ora ha deciso di trasferirsi a casa di parenti, per affrontare meglio questa storia che l’ha travolta. In via Fiuminale ancora le scritte fatte da Fabrizio, ‘Mena ti amo’ per riportare a sè quella donna che non lo voleva più e per la quale aveva una vera e propria ossessione tanto da indurre la donna a denunciarlo più volte. L’episodio clou il 7 gennaio scorso, quando dopo l’ennesima lite Fabrizio Senatore l’aveva picchiata violentemente tanto che Mena era stata costretta a farsi medicare in ospedale. Da lì, l’ultima denuncia e la decisione del giudice di applicare all’uomo un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari. I suoi familiari, sin dall’inizio della relazione, le avevano detto di lasciar perdere. “I familiari – ha detto il legale della donna Cosimo Vastola – non sapevano più come dirglielo che non era l’uomo che poteva renderla felice”.
Secondo quanto raccontano alcuni testimoni, il rapporto tra Domenico e Mena non era recente, si conoscevano da almeno 4 anni perchè dipendenti della stessa ditta. E anche Domenico Senatore come Fabrizio Senatore aveva un recente passato di violenza contro l’ex moglie che aveva tentato di strangolare, come raccontato in una denuncia della donna che era dovuta scappare di casa. Fabrizio Senatore, autotrasportatore ed ex compagno di Mena, aveva avuto problemi giudiziari in passato. Nel 2005 fu individuato insieme ad altre 4 persone quale componente di un gruppo dedito alle rapine, ed aveva un procedimento giudiziario per violenza privata nei confronti di un’avvocatessa salernitana. I destini dei due si sono nuovamente incrociati sabato notte. Si attende ora la convalida del fermo per Domenico Senatore e la ricostruzione di quanto accaduto da parte degli inquirenti che stanno seguendo le indagini. 

 

 

 

Cronache della Campania@2018

Processo all’imprenditore Romeo, rinvio in attesa delle motivazioni della Cassazione

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Napoli. E’ stato rinviato in attesa delle motivazioni della Cassazione il processo a carico di Alfredo Romeo e del suo collaboratore, l’architetto Ivan Russi accusati di corruzione per gli appalti ottenuti dalla Romeo. E’ stata accolta la richiesta del collegio difensivo dei due imputati dalla prima sezione del Tribunale (presidente Francesco Pellecchia) fatta stamane al Tribunale di Napoli. I legali avevano sollecitato il rinvio, disposto per il prossimo 29 maggio, per ragioni di opportunità in attesa che vengano depositate le motivazioni dell’ordinanza con cui la Cassazione annullò con rinvio davanti al Riesame una misura cautelare a carico di Romeo. Nelle motivazioni la Suprema Corte dovrà pronunciarsi infatti su questioni cruciali, come quella dell’utilizzabilità delle intercettazioni disposte nel corso dell’indagine.

Cronache della Campania@2018

Corruzione, Comune di Napoli e associazione Borsellino con Assoconsum parte civile contro Romeo

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Napoli. Corruzione & appalti: il Comune di Napoli si costituisce parte civile nel processo a carico dell’imprenditore Alfredo Romeo e l’architetto Ivan Russo. Insieme al Comune anche una associazione di consumatori (Assoconsum) e l’associazione antimafia Paolo Borsellino (assenti in aula i legali dell’Azienda Cardarelli, del ministero della Giustizia e la Soprintendenza ai beni architettonici di Roma). I legali del collegio di difesa – gli avvocati Alfredo Sorge, Giovanni Battista Vignola, Francesco Carotenuto e Domenico Laudadio – hanno chiesto un rinvio del processo, in attesa di conoscere le motivazioni che la Corte di Cassazione porrà alla base dell’ordinanza con cui annullò con rinvio, davanti a una diversa sezione del Tribunale di Riesame, gli arresti domiciliari disposti nei confronti di Romeo. La Cassazione infatti si pronuncerà, tra l’altro, sulla questione della utilizzabilità delle intercettazioni con il sistema Trojan. Alla istanza dei difensori si sono opposti i pm Celeste Carrano e Francesco Raffaele, titolari dell’inchiesta insieme con il pm Henry John Woodcock. I legali in una nota hanno manifestato soddisfazione per l’accoglimento della richiesta da parte del Tribunale. Conoscere gli argomenti della Suprema Corte è indispensabile per poter porre le questioni preliminari, hanno spiegato. ”Non è possibile ragionevolmente iniziare il processo, non conoscendo, allo stato, quali saranno le ‘regole del gioco”, affermano nel comunicato diffuso dopo il rinvio del processo. 

Cronache della Campania@2018

Omicidio Materazzo, Luca: “Parlerò con i pm di cose che sono state ignorate”

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Napoli. “Parlerò con i pm ma in separata sede”: un annuncio quello di Luca Materazzo, accusato di aver ucciso il fratello Vittorio, che ha dato una svolta alla prima udienza del processo a suo carico davanti alla Corte d’Assise di Napoli. Materazzo che ha sempre respinto ogni accusa, ha sostenuto – rendendo dichiarazioni spontanee – di voler contribuire alla ricostruzione dei fatti con ‘cose’ di cui è a conoscenza ‘ignorate dai pubblici ministeri’. Rivelazioni che vorrebbe rendere in ‘separata sede’ così come ha annunciato stamane. Le dichiarazioni sono arrivate al termine della prima breve udienza del processo che vede Luca Materazzo imputato per aver ucciso con numerose coltellate il fratello, l’ingegnere Vittorio Materazzo il 28 novembre 2015. A voce bassa, Luca – che ha sempre respinto le accuse – ha esordito rammaricandosi del coinvolgimento nella vicenda di un imprenditore (”un padre di famiglia”) indagato per favoreggiamento per avergli dato ospitalità poco dopo il delitto, quando Luca non era ancora formalmente ricercato, per quanto tutti i sospetti fossero già indirizzati su di lui. Dalle sue dichiarazioni e’ legittimo immaginare che l’imputato voglia proporre agli inquirenti una pista alternativa. L’udienza si è aperta con la lettura del capo di imputazione da parte del presidente della Corte, Giuseppe Provitera: omicidio aggravato dell’aver compiuto il delitto ai danni di un familiare, e dalla premeditazioni. Due circostanze che, in un eventuale verdetto di condanna, potrebbero anche determinare il massimo della pena. Nel capo di accusa viene sottolineato che l’ingegnere – con il quale l’imputato era in conflitto per motivi economici – fu ammazzato con 40 coltellate inferte al torace, alle spalle, al volto e alla gola. Poi il presidente ha dato la parola ai pm Luisanna Figliolia e Francesca De Renzis, ai legali dell’imputato, gli avvocati Gaetano e Maria Luigia Inserra, e ai difensori della moglie della vittima e di tre sorelle che si sono costituite parte civile, gli avvocati Arturo e Errico Frojo e gli avvocati Gennaro Pecoraro e Simona Lai. La Corte ha accolto le liste dei testimoni indicate dalle parti e una serie di fonti di prova. Il confronto tra accusa e difesa sarà incentrato, sulla base delle richieste formulate dalle parti, anche sull’esito degli esami biologici sui reperti sequestrati. Si ritorna in aula il 9 maggio.

Cronache della Campania@2018

Clan Desiderio: chiesti 190 anni di carcere

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Camorra nell’agro Nocerino, chiesto quasi due secoli di carcere per i 22 esponenti del clan di Pietro Desiderio che hanno chiesto di essere processati con il rito abbreviato. La pena più alta naturalmente è stata chiesta per il boss Pietro Desiderio: 18 anni. E poi a seguire 13 anni per Antonio Desiderio; 8 anni per Pietro Anastasio; 7 anni per Angela Bonazzola; 9 anni per Gianluca Bonazzola; 8 anni e 6 mesi per Luigi Bove; 12 anni per Gianbattista Coppola; 6 anni per Luigi Coppola; 8 anni e 6 mesi per Sisto Ferrara; 9 anni per Alessandro Iannone; 7 anni per Nicola Liguori; 6 anni per Francesco Mandine; 3 anni per Giuseppe Picarella; 6 anni per Luigi Romano; 5 anni per Alessio Ruggiero; 12 anni per Rosario Scifo; 9 anni per Vincenzo Senatore; 2 anni per Giovanna Spista; 9 anni per Ettore Vicidomini; 12 anni per Biagio Villani; 15 anni per Miclele Villani; 4 anni per Salvatore Torino. L’indagine partì nel 2014, con elementi riconducibili ad incendi, pestaggi, esplosioni di arma da fuoco e intimidazioni a danno di commercianti e imprenditori della zona. Il tutto aggravato dal metodo mafioso e dall’imposizione ad alcuni di loro, di assumere persone interne al clan. Il boss Desiderio , è stato accertato nel corso delle indagini, che nonostante fosse agli arresti domiciliari continuava a tenere summit e riunioni organizzativa con i suoi fedelissimi proprio nella sua abitazione. Inoltre, vi è l’accusa per alcuni indagati di aver favorito la latitanza di Vincenzo Senatore, figura di spicco dell’ex Nuova Famiglia dell’agro Nocerino.Pietro Desiderio, 38 anni, era stato arrestato a maggio dello scorso anno per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso una in un cantiere di Mercato San Severino, in quell’occasione Desiderio aveva agito con la complicità di Emanuele Filiberto Arena.
Le indagini dell’antimafia hanno permesso di scoprire la rete dei collegamenti di Desiderio anche nell’ambito del traffico di stupefacenti e nello spaccio. Il 38enne, di origini paganesi, secondo gli inquirenti, era a capo di una nascente organizzazione criminale che stava prendendo il predominio tra la Valle dell’Irno e l’Agro nocerino sarnese. 

Cronache della Campania@2018

Le nuove accuse a don Barone, il prete falso esorcista

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Nella triste vicenda di Casapesenna, spunta la figura della segretaria che, secondo alcune testi sentite dai pm, era l’amante di don Michele Barone. Una ragazza non ancora trentenne, indagata perché secondo l’accusa era presente ai maltrattamenti ma in stato di libertà. Presenza la sua, confermata anche, in incidente probatorio, dalla sorella della vittima. Quella giovane donna, insieme ad altri delle quali la ragazza ha fatto i nomi, faceva parte di una “setta” di adepti presenti alle preghiere di purificazione alle quali prendevano parte anche cinquanta persone alla volta. Quelle persone, secondo i pm, esercitavano una forte influenza sui familiari delle presunte indemoniate. Agivano in gruppo, suggerendo che quelle di don Barone erano le uniche “pratiche giuste” per la salvezza dell’anima. La sorella della vittima, interrogata ieri con le modalità protette, ha ripercorso i mesi di violenza: “Secondo don Michele, mia sorella era posseduta dal diavolo perché le era stata fatta una fattura dalla zia di mio padre. I miei genitori inizialmente erano scettici – ha riferito la giovane – ma poi mia sorella, che insieme ai problemi psicologici ha manifestato anche delle difficoltà di movimento, ricominciò a camminare per cui mia madre e mio padre si convinsero che quelle fossero le pratiche giuste, e non le cure farmaceutiche prescritte all’ospedale Bambin Gesù dove era stata ricoverata quando aveva avuto i primi problemi”. 
“Furono influenzati non solo dal prete – ha raccontato la ragazza – ma anche da persone esterne. Io e l’altra mia sorella maggiore non abbiamo mai creduto a quello che faceva don Barone, a volte è stato talmente violento che io me ne sono andata per non dover assistere alla sofferenza di mia sorella. Protestavamo con i miei genitori, ma non siamo mai state considerate”.

Cronache della Campania@2018


Operaio morto al porto di Salerno: sono 9 gli indagati

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Salerno. Sono nove gli indagati per la morte dell’operaio portuale Lino Trezza. A ricevere l’avviso di conclusione di indagine dopo la fase preliminare sono stati il presidente della cooperativa lavoratori portuali, Antonio Autuori, il presidente del consiglio di amministrazione della Salerno Container, Agostino Gallozzi, in veste di datore di lavoro di Trezza, il responsabile del servizio nonché delegato aziendale per la sicurezza Ermanno Freda, il comandate della motonave Repubblica Argentina, Gioacchino Turdo, il primo ufficiale di coperta Aniello Zambatta, il terzo ufficiale di coperta Cristopher Casancio ed Alessandro Scarfò, addetto alla collocazione e posizionamento dei container. Inoltre il magistrato che seguie il caso ha anche individuato come responsabile la Grimaldi Deap Sea, nelle persone dell’ AD e legale rappresentante Emanuele Grimaldi e Diego Pacella. Per i due il pubblico ministero ha chiesto al giudice l’archiviazione per la responsabilità diretta ma risultato indagati come legali rappresentanti della società che risulta essere proprietaria della motonave interessata all’incidente sul lavoro che costò la vita, nel novembre 2016, a Lino Trezza. E’ stata inoltrata invece richiesta di archiviazione per Vincenzo Verzella, dipendente della Salerno Container Terminal e responsabile dell’officina dove Lino Trezza aveva prelevato il carrello, essendo il mezzo risultato funzionante e senza difetti. Secondo quanto ricostruito dalla Procura, l’operaio si mise alla guida del carrello portuale a cui risultava agganciato un semirimorchio contenente lastre di marmo per un peso complessivo di 64 tonnellate. Secondo l’ accusa coloro che erano a bordo della motonave avrebbero permesso all’operaio, pur non essendo specializzato, una serie di manovre che portarono ad un violento impatto. Queste condotte, secondo i pm, erano finalizzate a rendere più veloce il carico delle merci.

Cronache della Campania@2018

Oltre 4 secoli di carcere al clan Gallo-Cavalieri, ma condanna annullata per il boss di ‘Gomorra’

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Oltre 4 secoli di carcere per il clan Gallo Cavalieri di Torre Annunziata  ma tre variazioni importanti tra cui l’annullamento con rinvio della condanna al boss di “Gomorra”, come oramai è noto alle cronache giudiziarie, Francesco Gallo o’ pisiello, il camorrista che affittò la sfarzosa villa del rione Penniniello alla produzione della serie Sky per la prima serie della fiction in cui fu ambientata casa Savastano. E’ il verdetto dei giudici della Cassazione che hanno fatto calare il sipario per quasi tutti i 49 imputati del cosiddetto processo “Mano nera”.Tutti accusati di associazione di tipo mafioso, traffico internazionale di stupefacenti, detenzione e porto illegale di armi. La decisione più importante riguarda l’annullamento con rinvio della sentenza per il boss Francesco Gallo (che in appello era stato condannato a 18 anni e 8 mesi), detenuto al 41 bis, difeso da Sergio Cola. Sentenza annullata senza rinvio, limitatamente al trattamento sanzionatorio, per il fratello Pasquale Gallo. Difeso dagli avvocati Dario Vannetiello e Ciro Ottobre, la Cassazione ha rideterminato la pena, portandola dai 20 anni inflitti in appello a 17 anni e 8 mesi. Condanna annullata con rinvio e processo da rifare anche per Enrico Gallo, difeso dall’avvocato Leopoldo Perone, che in appello era stato condannato a 8 anni e 10 mesi di reclusione.
Per il resto sono arrivate le conferme delle condanne che erano state inflitte nel settembre di due anni fa dal collegio della VI Sezione della Corte d’Appello di Napoli. In particolare, la Cassazione ha rigettato i ricorsi di Alessandro Caputo, Natale Cherillo, Luigi Genovese e Vincenzo Scarpa, condannandoli al paga- mento delle spese processuali. Dichiarati inammissibili, invece, i ricorsi di tutti gli altri imputati. Dalle indagini era venuto fuori che il clan Gallo Cavalieri di Torre Annunziata acquistava la droga all’ingrosso direttamente dall’Olanda e dalla Spagna per poi essere rivenduta al dettaglio, determinando in questo modo enormi guadagni per la cosca nemica dei Gionta. Il blitz scattò il 4 aprile del 2013, e portò dietro le sbarre ben 76 delle 79 persone oggetto di ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal gip del Tribunale di Napoli

TUTTE LE CONDANNE
Enrico Gallo,  condanna annullata
Francesco Gallo, condanna annullata
Pasquale Gallo,17 anni e 8 mesi
Caputo Alessandro, 12 anni
Cherillo Natale,  17 anni e 9 mesi
Genovese Luigi, 18 anni e 8 mesi
Scarpa Vincenzo 12 anni
Battipaglia Gallo Vincenzo, 17 anni e 9 mesi
Bucciero Nunzio,  10 anni e 10 mesi
Calabrese Tullio,13 anni e 8 mesi
Cherillo Luca,  8 anni
Colonia Giovanni,  16 anni
Di Fiore Pasquale,  6 anni e 8 mesi
Donnarumma Biagio, 6 anni e 8 mesi
Gallo Francesco, 20 anni
Gallo Francesco  8 anni
Gallo Raffaele 17 anni e 9 mesi
Gallo Raffaele,  12 anni
Gallo Raffaele, 10 anni e 1 mese
Gallo Vincenzo,  17 anni e 9 mesi
Giordano Gabriele,  9 anni e 4 mesi
Giordano Mariagrazia,  11 anni e 4 mesi
Guida Marianeve,  7 anni e 4 mesi
Guida Nicola, 20 anni
Immobile Francesco, 6 anni e 8 mesi
Lamberti Ludovico,  11 anni e 1 mese
La Rocca Carlo, 6 anni e 8 mesi
Malvone Nicola,  8 anni
Malvone Raffaele 8 anni
Malvone Salvatore, 8 anni
Maresca Oreste,  6 anni e 8 mesi
Palumbo Gaetano, 11 anni e 1 mese
Schettino Giuseppe, 10 anni
Sentiero Antonio,  7 anni e 8 mesi
Turi Antonio,  11 anni e 4 mesi
Visiello Francesco, 12 anni e 4 mesi
Visiello Michele,  8 anni
Vitiello Carlo, 10 anni

Cronache della Campania@2018

Consip, l’ex manager Marroni consegna al pm le mail col ministro Lotti

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Roma. Verrano consegnate in settimana da Luigi Marroni, le carte della corrispondenza con il ministro Luca Lotti. Secondo i legali dell’ex manager, la corrispondenza testimonierebbe il clima collaborativo e i buoni rapporti sempre intercorsi tra i due. L’ex amministratore delegato di Consip è il grande accusatore dell’inchiesta che vede il ministro allo Sport indagato per favoreggiamento e rivelazione del segreto istruttorio. La documentazione sarà consegnata negli uffici del magistrati di Piazzale Clodio titolari del fascicolo sulla centrale acquisti della pubblica amministrazione.Il 29 marzo scorso, si è tenuto il faccia a faccia, davanti ai magistrati, tra il ministro e l’ex ad. Le ricostruzioni, opposte, dei due, sono state messe a confronto nel corso dell’atto istruttorio durato circa due ore. Lotti venne iscritto nel registro degli indagati il 21 dicembre del 2016, proprio il giorno dopo l’audizione, davanti ai pm di Napoli, John Woodcock e Celeste Carrano, nella quale Marroni ammise di aver saputo dal ministro e altre tre persone dell’indagine in corso.Il fascicolo passò subito a Roma per competenza e il 27 dicembre Lotti si presentò a Piazzale Clodio per essere sentito dagli inquirenti, negando, come avrebbe fatto in seguito, ogni accusa.Giovedì scorso, anche Matteo Renzi, citato in un’indagine difensiva dei legali del ministro, è stato sentito come testimone dai pm in merito alla vicenda e ai rapporti Lotti-Marroni. Il primo respinge ogni accusa e sostiene che Marroni abbia mentito, il secondo assicura di aver detto solo la verità e sottolinea di aver sempre avuto buoni rapporti con il ministro, almeno fino al momento della denuncia.Nel fascicolo legato alle informazioni giunte ai vertici Consip, che sarebbero stati messi a conoscenza di intercettazioni e pedinamenti nel corso dell’indagine, rispondono di rivelazione di segreto d’ufficio oltre al ministro Lotti, l’ex comandante generale dei carabinieri, Tullio Del Sette e il generale di brigata dell’Arma Emanuele Saltalamacchia, ed è indagato di favoreggiamento il presidente di Publiacqua Firenze Filippo Vannoni. Nello stesso filone, Alessandro Sessa, ex vice comandante del Nucleo operativo ecologico inizialmente responsabile delle indagini, è accusato di depistaggio e il capitano Gianpaolo Scafarto è accusato di depistaggio e rivelazione del segreto per la fuga di notizie e di falso per aver alterato in più punti l’informativa sulla quale si basano buona parte delle accuse a Tiziano Renzi, padre di Matteo, e a sua volta indagato per traffico di influenze.

Cronache della Campania@2018

Capri, il Prefetto nomina gli amministratori della Sippic colpita da interdittiva

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Capri. Il prefetto di Napoli Carmela Pagano ha disposto la straordinaria e temporanea gestione della società Sippic spa, oggetto di interdittiva antimafia, per le attività integrate di produzione, distribuzione e vendita di energia elettrica sull’isola di Capri. La gestione straordinaria è stata disposta, si legge in una nota della Prefettura di Napoli, “in stretto raccordo con il presidente dell’Anac Raffaele Cantone”. Il prefetto ha inoltre nominato due amministratori straordinari che saranno in carica fino al 31 ottobre 2019.

Cronache della Campania@2018

Omicidio dei fratelli Manzo a Terzigno, assolto in appello il boss Francesco Casillo ‘a vurzella

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Terzigno. Duplice omicidio dei fratelli Manzo: assolto il boss di Boscoreale Francesco Casillo, alias ‘a vurzella. I giudici della Corte d’Assise d’Appello di Napoli hanno assolto il boss dell’omonimo clan confederato con gli Aquino-Annunziata di Boscoreale dalle accuse. Casillo era stato condannato all’ergastolo in primo grado per l’omicidio avvenuto a Terzigno in corso Alessandro Volta il 10 febbraio 2007, in un bar. I fratelli Marco e Maurizio Manzo, ritenuti legati al clan Ascione-Papale di Ercolano, furono trucidati nel bar Maemi e per quel delitto furono condannati i capi del clan Gionta e Birra Iacomino.
La sentenza è stata emessa dalla quarta sezione della Corte di Assise di Appello di Napoli che ha accolto le richieste degli avvocati Saverio Senese e Libero Mancuso. In primo grado Casillo era stato condannato all’ergastolo. A chiamarlo in causa come presunto organizzatore dell’agguato erano stati diversi collaboratori di giustizia che non sono stati evidentemente – come sottolineano i legali – ritenuti attendibili dai giudici di appello. Casillo, arrestato quattro anni fa, nonostante avesse deciso anch’egli di collaborare con gli inquirenti, si era sempre detto estraneo al delitto di Terzigno, sostenendo di avere uno stretto legame con le vittime. La Dda napoletana non aveva avallato il programma di protezione nei suoi confronti non ritenendolo pienamente attendibile. Casillo, nonostante l’assoluzione, resta detenuto per altri reati.

Cronache della Campania@2018

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