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Channel: Cronaca Giudiziaria
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Il finto cardinale del Vesuviano che prometteva posti di lavori a processo con i suoi 9 complici

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Boscotrecase. Una truffa ben riuscita durata per quasi un anno. Promettevano dei finti posti di lavoro, apprendistato falsi non retribuiti. A garantire le assunzioni a tempo indeterminato c’erano un cardinale fasullo che diceva di avere amicizie in Vaticano, un sedicente avvocato e imprenditori – quelli veri – nel settore della vigilanza privata che tenevano anche finti colloqui. Sono oltre trenta le vittime tra Pompei e dintorni che hanno raccontato di aver versato somme di danaro con la promessa di un impiego a tempo indeterminato come guardia giurata o portiere. Sono così finiti a processo Claudio Salvatore Pandico, 37enne di Nola, ritenuto dalla Procura il capo di un’associazione a delinquere finalizzata alla truffa. Nel 2011 Pandico, insieme alla fidanzata Maria Sorrentino, avrebbe iniziato a gestire un “centro per l’impiego” a Boscotrecase in una villa. Secondo l’accusa questo con la complicità di Raffaele Langella, Luigi De Blasio che fungevano da procacciatori di potenziali clienti. A completare l’opera il finto cardinale, Gennaro Vitiello, ed Eugenio Cacace, 75enne di Portici che si presentava come avvocato a Carmine Sicignano, 57enne ex dipendente ASL di Sant’Antonio Abate. Secondo l’accusa tutti avrebbero avuto un ruolo e si sarebbero divisi incassi da quasi 200mila euro. Il sistema, secondo gli inquirenti, era semplice. Una volta adescato il cliente, veniva portato da Pandico che spiegava il da farsi: seguire un corso, fare qualche settimana di apprendistato. Poi si firmava il contratto a tempo indeterminato con la garanzia di una somma di denaro da versare. Coinvolti anche tre imprenditori nel settore della vigilanza privata: Pierluigi Inserra di Piano di Sorrento, Bruno Porzio, 37enne di Sorrento e Francesco Iorio, 37enne di Napoli.

Cronache della Campania@2018


Uccisero il capo della Paranza dei Bimbi: fine pena mai. LE INTERCETTAZIONI

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Fine pena: mai. E’ questa la condanna arrivata in Corte di Assise per il killer e i due mandanti dell’omicidio del baby boss Emanuele Sibillo, famigerato capo dell’ormai disciolta “Paranza dei bimbi”.  La DDa con il pm Francesco De Falco aveva chiesto il massimo della pena per colui che viene indicato dai pentiti come l’esecutore materiale di quell’omicidio, ovvero Antonio Amoroso detto “scapuzzedda”. Ergastolo anche per il boss Gennaro Buonerba reggente della cosca dei “Capelloni” di via Oronzo Costa , la famosa “strada della morte” durante la faida di Forcella  e gli altri componenti del gruppo di vertice  del clan:Luigi Criscuolo detto “sby sby” e per Andrea Manna detto “Cioccolata”. Dodici anni di carcere per Maurizio Overa, il pentito del clan Mariano dei Quartieri Spagnoli che ha svelato tutti i retroscena del delitto confermando anche il suo ruolo di istigatore e infine 16 anni di carcere per il giovane Vincenzo Rubino, anch’egli uomo dei Buonerba ma accusato solo del tentato omicidio del famigerato Antonio Napolitano detto nannone. E il gip Piccirillo ha accolto le richieste

L’omicidio avvenne la notte tra il 29 e 30 giugno del 2015 in via Oronzo Costa a Forcella, meglio conosciuta come ” la strada della morte”. Lo ha raccontato agli investigatori il pentito del clan mariano dei Quartieri Spagnoli, Maurizio Overa e lo ha confermato anche il suo capo Marco Mariano, capo dei “Picuozzi” anch’egli  collaboratore di giustizia. Una ulteriore conferma si è avuta da un terzo pentito: Scuotto Claudio. le dichiarazioni insieme alle intercettazioni telefoniche ed ambientali e alle indagini della squadra mobile hanno costituito il quadro accusatorio che ha consentito al gip Eliana Franco di emettere l’ordinanza di custodia cautelare due anni fa e di arrivare al processo. Ecco il racconto del pentito Maurizio Overa

“…nel frattempo, dal carcere, Ciro MARIANO ci aveva mandato un ‘imbasciata dicendoci di appoggiare la famiglia dei BUONERBA che era da considerare una famiglia malavitosa a noi vicina. In quel periodo, infatti, era detenuto a Spoleto insieme a Ciro MARIANO, Vincenzo BUONERBA, fratello di BUONERBA Gennaro, poi arrestato recentemente insieme agli altri affiliati e a “Cioccolata”. Nel frattempo poi i TRONGONE Raffaele e Arcangelo, cacciati da Santa Chiara a seguito dell’omicidio FRANZESE, si erano alleati con i SEQUINO della Sanità, a loro volta alleati dei BUONERBA….in quel periodo era stato organizzato l ‘omicidio di SIBILLO da MANNA Andrea detto “Cioccolata”, Gennaro BUONERBA, Luigi CRISCUOLO e un ragazzo a nome Antonio che dovrebbe essere stato destinatario dell’ultima ordinanza di custodia cautelare eseguita, se non erro, nell’ottobre del 2015 nei confronti dei BUONERBA ed altri. Fui io a consigliare a MANNA e agli altri ragazzi di attendere SIBILLO nella zona dove i BUONERBA gestiscono una piazza di cocaina. Io feci ciò in quanto, come ho già riferito in precedenza, avevo un buon rapporto con MANNA Andrea detto “Cioccolata”, anche lui, per altro, detenuto per un certo periodo a Spoleto con Ciro MARIANO…i quattro che ho indicato sopra seguirono il mio consiglio ed infatti SIBILLO Emanuele fu ucciso nei pressi dell’abitazione dei BUONERBA mentre loro erano appostati. La mattina seguente mi chiamò MANNA Andrea dicendomi che doveva venire da me. Io all ‘epoca abitavo alla Riviera di Chiaia dove attualmente abita mio nipote, figlio di mia sorella, a nome Vincenzo MARINACCi. Io raggiunsi MANNA Andrea alla Riviera di Chiaia ave lo trovai insieme a Luigi CRISCUOLO, BUONERBA Gennaro e questo ragazzo a nome Antonio. Ricordo bene che era il 3 luglio e che MANNA Andrea mi raccontò che erano stati loro a commettere l’omicidio di SIBILLO Emanuele e mi chiese un appoggio. lo gli diedi le chiavi di casa mia e li ospitai per tre giorni. Inoltre diedi disposizioni al proprietario del Sol Bar di offrire ai quattro ragazzi tutti ciò che volevano a mie spese. Nella stessa mattinata MANNA e gli altri mi chiesero di fittargli un gommone da un armeggiatore soprannominato “omissis” che io conoscevo, che si trova all’altezza di Santa Lucia, difronte al vecchio club “21 “.lo pagai per il fitto del gommone, ma BUONERBA Gennaro lasciò i suoi documenti al titolare del! ‘ormeggio per garanzia. I quattro mi chiesero anche di fornirgli una bottiglia di Champagne e quattro bicchieri di cristallo che servivano per brindare sul gommone… Marco MARIANO era a piena conoscenza dell ‘appoggio che avevamo dato ai BUONERBA e agli altri dopo l ‘omicidio, anzi, il giorno 4 luglio, io e Marco MARIANO li portammo a mangiare a un ristorante a Fuorigrotta soprannominato “omissis ” che è di proprietà di Raffaele BARATTO dei “Calacioni “. Il giorno dopo i quattro andarono via… preciso che quando i ragazzi dopo l’omicidio vennero a casa mia si erano già disfatti di tutte le armi temendo di essere scoperti dalla Polizia”.

Questi invece gli altri particolari e la fase di preparazione dell’omicidio di Emanuele Sibillo:
“…Genni Buonerba era sottoposto a tangente ‘dalla famiglia SIBILLO e non voleva piu’ pagare. Genni mi fu portato da Andrea Manna detto cioccolata per confermargli il nostro appoggio per volonta’ di Ciro Mariano. Consigliai a Manna di spostarsi presso i Buonerba ed ando’ ad abitare in una casa che essi avevano in via dei Tribunali. Su mio consiglio Gennaro Buonerba e gli altri si organizzarono per reagire ai Sibili o. Non dovevano fare altro che attenderli nei pressi dell ‘abitazione di Gennaro Buonerba quando si recavano a ritirare i soldi. Si tratta di un vicolo stretto che non consente la fuga nel senso che o si torna indietro, il che comporta il fermarsi e girare il mezzo, o si va avanti necessariamente. Sicche’ se si organizza un agguato non c ‘e’ scampo. Ed infatti già in precedenza era stato colpito un ragazzo agente per conto dei Sibillo. Per come mi dice confermo che il nome del ragazzo e’ o’ nannone. L ‘ho intravisto in carcere durante questa detenzione a Secondigliano. Quanto alla dinamica dell ‘agguato a Sibillo Emanuele, per come mi è stato raccontato, i quattro che ho citato, ossia Genni Buonerba, Andrea Manna, Luigi Criscuolo detto bis bi’ e Antonio si appostarono in questo modo: uno nel palazzo di Genni; uno in un basso nelle vicinanze (i due sono Manna e Antonio), mentre Buonerba e Criscuolo rimasero sopra. Sibillo Emanuele con i suoi, in quattro od in sei persone, su due – tre motorini, arrivati sotto la casa di Buonerba iniziarono a sparare. Mentre stavano andando via Antonio e Manna uscirono fuori e gli spararono contro di spalle. Quando vennero a casa mia, la mattina dopo, avendo fiducia in me, da un sorriso che feci ad Antonio e dal suo controsorriso capii che ad uccidere il Sibillo era stato lui…Antonio l’ho visto in televisione con il casco nel filmato diffuso dal telegiornale che lo vede sparare. L ‘ho riconosciuto subito. Ritengo che a sparare in quel gruppo era sempre Antonio, l’unico veramente in grado di uccidere. Credo che anche a sparare al nannone sia stato lui, anche se il Criscuolo in carcere si era autoaccusato con me…Buonerba Gennaro rimase nella sua abitazione, al primo piano, insieme al Criscuolo e mi disse di non aver sparato perché non aveva la pistola e che a sparare erano stati solo Antonio e Manna”.

Cronache della Campania@2018

Anziana picchiata e rapinata ad Anacapri,condannato a 8 anni

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Otto anni di reclusione: questa la pena inflitta a Friedrich Von der Horst, 43 anni, di Anacapri (NAPOLI), ritenuto dal Tribunale del capoluogo campano colpevole della feroce aggressione per rapina ai danni di un’anziana dell’isola, il 30 dicembre 2016. L’uomo e’ stato anche condannato a risarcire la vittima e il Comune di Anacapri, che si e’ costituito parte civile per il danno d’immagine determinato dalla vicenda. La sentenza di condanna, in primo grado, e’ stata emessa dai giudici dell’11/ma sezione penale (presidente Eliana Albanese). Il pm aveva chiesto 8 anni e 8 mesi. Von der Horst prese a calci e pugni l’anziana, riducendola in gravi condizioni, nella sua abitazione di via Caprile. Fu poi lasciata a terra incosciente; il rapinatore fuggi’ con contanti e oggetti di valore trovati in casa. La vicenda fece molto scalpore sull’isola di Capri. L’uomo, arrestato dalla polizia dopo alcuni mesi di indagini, e’ in carcere da un anno.

Cronache della Campania@2018

Appalti truccati, il Pg della Cassazione chiede di confermare i domiciliari ad Alfredo Romeo

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Sono da confermare gli arresti domiciliari per l’imprenditore Alfredo Romeo, accusato di corruzione nel filone napoletano dell’inchiesta sugli appalti Romeo. Lo ha chiesto il Sostituto procuratore della Cassazione Delia Cardia ai giudici della Sesta sezione penale della Suprema Corte che, tra questa sera e domani, decideranno se accogliere o meno il ricorso presentato dai legali di Romeo, gli avvocati Francesco Carotenuto e Alfredo Sorge. I difensori dell’imprenditore, che stamani e’ venuto in Cassazione dopo aver ottenuto il permesso temporaneo di lasciare i domiciliari per essere presente alla discussione svoltasi a porte chiuse, hanno contestato a tutto campo le esigenze cautelari e hanno chiesto l’annullamento dell’ordinanza di convalida emessa lo scorso quattro dicembre dal Tribunale del riesame di Napoli. Il prossimo dieci aprile, su decisione del gip Luana Romeo, e’ stata fissata la data di avvio del processo nei confronti di Romeo. La richiesta di rinvio a giudizio e’ stata formulata dai pm Henry John Woodcock, Celeste Carrano e Francesco Raffaele. Le accuse contestate a Romeo fanno tutte riferimento al filone napoletano dell’inchiesta (l’altra tranche, sulle vicenda Consip, e’ condotta dalla Procura di Roma), che nel novembre dello scorso anno porto’ all’emissione di 16 misure cautelari. I presunti episodi corruttivi riguardano, in particolare, favori e regali a un ex dirigente e a dipendenti del Comune di Napoli, ad altri pubblici funzionari, a una funzionaria della Soprintendenza di Roma. A Romeo si contesta anche una frode in pubblico servizio per le pulizie all’ospedale Cardarelli. Ad avviso dei magistrati di merito, il ‘metodo’ Romeo sarebbe consistito nella “spregiudicata creazione di rapporti interpersonali, spesso di carattere corruttivo, con pubblici funzionari e rappresentanti delle istituzioni, al fine di aggiudicarsi appalti, superare disguidi o velocizzare procedure burocratiche”. Ai domiciliari era stato messo anche Ivan Russo, collaboratore di Romeo.

Cronache della Campania@2018

Camorra a Pianura, chiesti tre ergastoli e oltre due secoli di carcere

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Tre richieste di ergastoli e pene complessive per 236 anni di carcere rappresentano la dura richiesta della Dda di Napoli al processo contro le tre cosche di Pianura protagoniste da anni della sanguinaria faida tra i Pesce-Marfella da una parte e i parenti scissionisti dei Mele dall’altra. Mano pesante e massimo della pena per Salvatore Marfella (figlio del boss Giuseppe “o percuoco”), Giuseppe Foglia e Lorenzo Carillo responsabili dell’omicidio di Luigi Aversano detto o’ musichiere. Era il 15 marzo dello scorso anno quando su disposizione della Dda di Napoli furono eseguiti 27 arresti a Pianura e Soccavo e altre sette persone risultarono indagate a piede libero. Grazie alle dichiarazioni dei pentiti e alle indagini delle forze dell’ordine che fu possibile portare a compimento il blitz. Uno era il detenuto suicida Diego Basso i cui racconti seppur nel breve periodo della sua collaborazione hanno consentito fare luce sull’omicidio di Luigi Aversano. E poi ancora Antonio Ricciardi, Luigi Pesce detto ‘Gigino o’ milanese”, nipote del capoclan Marfella Giuseppe ( è figlio del fratello della moglie del boss), raffaele bavero, anch’egli deceduto, Giovanni Romano,  figlio di Pesce Giuseppina (moglie del capoclan Marfella Giuseppe) . Ma pochi mesi dopo il blitz si sono pentiti uno dietro l’altro 4 “calibri da novanta” dei due clan ovvero il boss Pasquale Pesce “e Bianchina” e poi Raffaele Dello Iacono “Toc toc” e i rivali Salvatore Romano detto “Muollo muollo” e Antonio Vanacore, che hanno dato ulteriori contributi alle indagini e le cui dichiarazioni sono oggetto di altre inchieste.

 

LE RICHIESTE DI CONDANNA

BELLOFIORE GIOVANNI 9 ANNI
BRACALE EMANUELE  15 ANNI
BRUNO ALFONSO        9 ANNI
CARILLO LORENZO    ERGASTOLO
CECI FRANCESCO   12 ANNI
D’ANGELO ROSARIO 9 ANNI
DELLO IACONO RAFFAELE  9 ANNI
DISCETTI ANTONIO  9 ANNI
FOGLIA ALFREDO   12 ANNI
FOGLIA GIUSEPPE ERGASTOLO
FOGLIA VINCENZO   15 ANNI
LUONGO SALVATORE 15 ANNI
MARFELLA GIUSEPPE 20 ANNI
MARFELLA MARIO 20 ANNI
MARFELLA SALVATORE ERGASTOLO
MELE SALVATORE  13 ANNI
MELE GIUSEPPE   13 ANNI
PEPE RITA            4 ANNI
PESCE EUGENIO   4 ANNI
PESCE PASQUALE CL. 75       16 ANNI
PESCE PASQUALE CL. 78      4 ANNI
ROMANO ENZO             15 ANNI
SCHIANO SALVATORE   6 ANNI
RICCIARDI ANTONIO    8 ANNI

Cronache della Campania@2018

Camorra, uccise l’amico per un rifiuto: ergastolo per l’ex baby killer della ‘Paranza dei bimbi’

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Fine pena: mai.Alessandro Riccio, ex esponente di primo piano della “Paranza dei bimbi” di Forcella, è stato condannato al massimo della pena per l’omicidio di Massimiliano Di Franco. La sentenza è stata emessa dai giudici della Quarta sezione della Corte d’assise d’appello di Napoli (presidente Domenico Zeuli).Ad inchiodare l’ex baby killer della “paranza dei Bimbi” è stata la moglie della vittima che coraggiosamente e sfidando le minacce del clan ha prima raccontato agli investigatori quello che era accaduto la sera del 27febbraio 2014 e poi lo ha ripetuto in aula nonostante altri testi abbiano cercato di smentire la sua versione. Nel corso del processo di primo grado  c’è stata anche la deposizione del boss pentito Giuseppe Misso che aveva spiegato che ad uccidere Di Franco era stato il baby boss della Paranza dei Bimbi Emanuele Sibilio, a sua volta ucciso  in una sparatoria in via Oronzio Costa il 2 luglio del 2015. Misso aveva anche invitato Riccio a pentirsi. Ma nonostante i vari tentativi di smontare la tesi accusatoria è arrivata la sentenza di condanna all’ergastolo per Alessandro Riccio. La moglie della vittima aveva raccontato in aula cosa era accaduto la sera del 27 febbraio 2014. Erano da poco trascorse le 19 la vittima era insieme con la donna in via Porta San Gennaro nei pressi di casa. Arriva il killer in sella a una moto e fa fuoco contro Massimiliano, l’uomo morirà il giorno dopo in ospedale. “È stato Alessandro?”, gli chiese la moglie. E lui annuì. “Gli chiesi se fosse stato Alessandro, perché da diversi giorni mio marito mi aveva detto che quel tale, Alessandro, lo guardava storto…Se all’inizio sono stata zitta l’ho fatto solo perché ho avuto paura, ora non posso tollerare il silenzio”. Poi la donna  ricostruì in aula il clima di paura che ha  vissuto in quel periodo insieme con la sua famiglia fino a maggio del 2014 quando la donna viene convocata in Questura, si ritrova di fronte proprio Alessandro Riccio, tanto da sbottare verso gli agenti: “Proprio questo mi avete fatto trovare qui…”. Secondo le indagini Di Franco avrebbe pagato con la vita il rifiuto di gestire una piazza di spaccio per conto della “Paranza dei bimbi”. La donna aveva raccontato: “Scarcerato nel 2012, mio marito era andato a lavorare a Marghera, cercava di stare poco a Napoli… negli ultimi tempi era preoccupato per il modo in cui Alessandro Riccio lo fissava. Insomma che interesse avrei a riferire queste cose se non le avessi viste con i miei occhi? Mettetevi nei miei panni, ero incinta, hanno ucciso mio marito sotto i miei occhi”. Massimiliano Di Franco aveva deciso di uscire dalla Paranza dei Bimbi e quando era ritornato a Napoli gli aveva chiesto un favore e lui si era rifiutato firmando così la sua condanna a morte.

nella foto da sinistra la vittima Massimiliano Di Franco e il killer Alessandro Riccio)

Cronache della Campania@2018

Appalti truccati: la Cassazione rimette in libertà Romeo

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La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di custodia agli arresti domiciliari emessa dal gip di Napoli nei confronti dell’imprenditore Alfredo Romeo, rinviando gli atti al Tribunale del Riesame che dovra’ rivalutare gli elementi a sostegno del provvedimento restrittivo. Il Procuratore generale aveva chiesto la conferma del provvedimento restrittivo. La Corte di Cassazione ha accolto la richiesta dei legali di Romeo, gli avvocati Francesco Carotenuto, Alfredo Sorge e Giovanni Battista Vignola. Il prossimo dieci aprile, su decisione del gip Luana Romeo, e’ stata fissata la data di avvio del processo nei confronti di Romeo davanti alla prima sezione del tribunale di Napoli. La richiesta di rinvio a giudizio e’ stata formulata dai pm Henry John Woodcock, Celeste Carrano e Francesco Raffaele. Le accuse contestate a Romeo fanno tutte riferimento al filone napoletano dell’inchiesta (l’altra tranche, sulle vicenda Consip, e’ condotta dalla Procura di Roma), che nel novembre dello scorso anno porto’ all’emissione di 16 misure cautelari. I presunti episodi corruttivi riguardano, in particolare, favori e regali a un ex dirigente e a dipendenti del Comune di Napoli, ad altri pubblici funzionari, a una funzionaria della Soprintendenza di Roma. A Romeo si contesta anche una frode in pubblico servizio per le pulizie all’ospedale Cardarelli. Ad avviso dei magistrati di merito, il ‘metodo’ Romeo sarebbe consistito nella “spregiudicata creazione di rapporti interpersonali, spesso di carattere corruttivo, con pubblici funzionari e rappresentanti delle istituzioni, al fine di aggiudicarsi appalti, superare disguidi o velocizzare procedure burocratiche”. Ai domiciliari era stato messo anche Ivan Russo, collaboratore di Romeo.

Cronache della Campania@2018

Corruzione, truffa e falso: giudizio immediato per il giudice Mario Pagano. Ad aprile inizia il processo

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Napoli. Otto episodi di corruzione in atti giudiziari, truffa e falso: giudizio immediato per il giudice civile, poi sospeso dal Csm, Mario Pagano, originario di Roccapiemonte e agli arresti domiciliari da dicembre scorso. A decidere sulla richiesta di giudizio immediato dei pm Ida Frongillo e Celeste Carrano è stato il Gip del Tribunale di Napoli Luisa Toscano. Il processo comincerà il 16 aprile, davanti alla prima sezione del Tribunale partenopeo. Al magistrato vengono contestati otto episodi di corruzioni nonchè l’accusa di truffa e falso. Nel dicembre scorso Pagano finì agli arresti domiciliari, nell’ambito di questa inchiesta, e venne sospeso dal Csm dalle funzioni e dallo stipendio su richiesta del ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che nei suoi confronti ha promosso un’ azione disciplinare.

Cronache della Campania@2018


Napoli, appalti truccati al Santobono: due condanne, due patteggiamenti e due assoluzioni

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Due condanne a tre anni e 4 mesi di reclusione, due patteggiamenti e due assoluzioni. E’ l’epilogo del processo, scaturito dalle indagini sugli appalti del Santobono, nei confronti degli imputati che hanno scelto il rito abbreviato. La sentenza e’ stata emessa oggi dal gup del Tribunale di Napoli Maria Luisa Miranda. Accogliendo le richieste del pm Henry Johm Woodcock, il giudice ha condannato il direttore amministrativo dell’Adisu della Universita’ Federico II Umberto Accettullo, e il geometra Pasquale Greco. Hanno patteggiato l’imprenditore Pietro Coci (due anni e 10 mesi) e Carlo Giannalavigna, dipendente della Asl (due anni). Assolti il commercialista Giuseppe Carulli e l’imprenditore Francesco Marrone. Per altri imputati il processo e’ in corso con rito ordinario.

Cronache della Campania@2018

‘Ha sparato vocca vocca… me l’ha detto Marco’, le intercettazioni sull’omicidio di Pasquale Malavita

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“Ha sparato ‘vocca vocca’… hai capito? Me l’ha detto Marco”.  Senza sapere di essere intercettato  il figliastro di Pasquale Malavita parlava con sua madre Maria e moglie dell’uomo ucciso due mesi prima a Villaricca su decisione congiunta della Vanella Grassi e degli Amato Pagano. Il 43enne originario di Secondigliano, che in quel periodo si era trasferito a Villaricca, si lamentava della gestione degli affari e della sua “mesata”. Perciò aveva minacciato di andare dalle forze dell’ordine a denunciare i soci di camorra. Doveva perciò essere eliminato, dissero quelli della Vanella. Per l’omicidio di Pasquale Malvita in cinque hanno ricevuto l’ordinanza di custodia cautelare in carcere,  e tra questi c’è il presunto mandante Mario Riccio detto “Mariano”. Il quale in qualità di reggente dell’epoca degli Scissionisti acconsentì alle richieste dei ras della Vanella Grassi, allora sottogruppo degli Amato-Pagano. Secondo la ricostruzione fatta dai pentiti e supportate dalle indagini dei carabinieri dopo le ‘inconsapevoli’ confessioni del figliastro di Malavita il 1 ottobre del 2010 furono Fabio Magnetti e Alessandro Grazioso che in sella a uno scooter raggiunsero il bersaglio designato e lo uccisero; Giuseppe Magnetti e Umberto De Vitale andarono poi a recuperare lo scooter e l’arma per farli sparire. Pasquale Malavita fu assassinato in via Consolare Campano, nel comune di Villaricca, all’incrocio con via Firenze. Era da solo in sella a uno scooter Honda “SH300” quando i sicari, arrivati in due su uno scooter, lo affiancarono aprendo il fuoco a ripetizione. Il pentito Rosario Guarino detto Joe Banana figura apicale dell’epoca nella Vanella Grassi ha raccontato alla Dda: “Decidemmo di raccontare tutto sulle lamentale sulla gestione Mariano Riccio, che mi disse: quello che volete fare voi va bene, siete la mia famiglia… Raccontai a Mariano Riccio quanto mi aveva detto Pasquale Malavita e gli proposi di ucciderlo, secondo l’accordo che avevo già raggiunto con Fabio Magnetti, ma era necessaria l’autorizzazione di Riccio. Il quale aggiunse che Malavita si stava comportando male e dunque meritava di morire”. Gli spunti investigativi era già arrivati due mesi dopo l’omicidio, come riporta Il Roma, grazie a una microspia piazzata nell’auto di Maria M. moglie dell’uomo ucciso la quale parlando con il figlio Isidoro viene a sapere da quest’ultimo quello che avevano sospettato fin dal primo momento e cioè che ad ucciderlo erano stati i suoi amici. “Ha detto Marco comunque (riferendosi a un suo amico non identificato con certezza, ndr) che… ha detto sicuramente… ha detto attraverso la voce… sono stati loro… impossibile che è qualcun altro… ha detto cento cento sono stati loro per forza… però ha detto… ha detto non penso che è partito da là. Penso che è qualcuno più alto… ha detto che è partito da una persona più…”.  E così la donna mette in guardia il figlio : “Tu alla fine comunque ti devi parare il culo perché ora alla fine qua si stanno ubriacando tutte le acque, quindi allora ecco perché uno deve far sapere che comunque tu…”.
Isidoro: “Ma io subito mi sono visto con Marco”.
Maria: “Però tu eh, pure loro no, cioè Marco sì e con noi no?”.
Isidoro: “Comunque io con Marco tengo un rapporto di amicizia”.
Maria: “Ma comunque alla fine tu glielo hai specificato che…”.
Isidoro: “Ho avvertito Marco che non potevo uscire là sopra”.
Maria: “Eh eh ho capito, dico glielo hai detto?”.
Isidoro: “Gliel’ho detto a Marco, ha detto che è a posto”.
Maria: “Che a noi comunque ci brucia”.
Isidoro: “Eh gliel’ho fatto dire, gli ho detto proprio preciso così, su ’ste cose non si… perché si collegano tante cose… così gli ho fatto dire”.

 

Cronache della Campania@2018

Castellammare. Rapina alla gioielleria Cimmino, 37 anni di carcere alla banda

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Castellammare di Stabia. 37 anni di carcere complessivi alla banda che ha rapinato il gioielliere di via Annunziatella, Michele Cimmino. Il caso che, diventò di rilevanza nazionale, vide il commerciante ferito dal calcio della pistola. Ad un anno circa dal raid armato il Tribunale di Torre Annunziata ha emesso un verdetto pesantissimo. Per Antonio D’Agostino e Pasquale Cuciniello sono stati inflitti 13 anni di carcere, per Domenico Palma, invece, 11 anni.
I presunti banditi, secondo gli investigatori, sono accusati di aver messo a segno il colpo nella gioielleria lo scorso 23 marzo, prima portando via 13mila euro e poi oro ed oggetti preziosi. Il gioielliere, oltre al danno economico, fu ferito perché, secondo gli investigatori, i rapinatori non riuscirono a forzare la cassaforte del negozio. Scartata la posizione di Giovanni Brano, 46enne originario della città delle acque che ha deciso di collaborare con la giustizia ed essere giudicato con il rito abbreviato. Ed è proprio dal pentimento del 46enne che si è avuta una svolta. Tutti i componenti erano già coinvolti in altre rapine e condannati con l’aggravante della recidiva. Grande soddisfazione per Michele Cimmino che ha così esultato: “Giustizia è stata fatta per un’intera comunità – ripete Cimmino – Questa sentenza dimostra a tutti che bisogna credere nel lavoro di magistrati e forze dell’ordine. Non esiste l’impunità per chi commette i reati. Bisogna avere fiducia nel lavoro di chi è chiamato a difendere i nostri diritti. Farsi giustizia da soli non serve a niente”.

Cronache della Campania@2018

Torre Annunziata, fu ferito dal figlio del boss ma in aula ”non ricorda”

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Torre Annunziata. Un gesto che lascia i presenti nell’aula di tribunale Giancarlo Siani letteralmente interdetti dall’accaduto: Vittorio Nappi, vittima di un tentato omicidio il 27 gennaio 2017, dopo una testimonianza ricca di perplessità e “non ricordo”, si alza e rivolge a uno dei presunti responsabili un gesto di saluto. L’imputato al quale è stato rivolto l’omaggio non è però uno qualunque. Il suo nome è Raffaele Gallo, figlio di Francesco Gallo, storico capoclan del Penniello, ora al 41 bis. Un azione che ha fatto sobbalzare l’intero collegio, il quale ha chiesto ai cancellieri di annotare quanto accaduto e che lascia forti dubbi.
Il motivo che, secondo l’accusa, avrebbero portato i due ad armarsi e fare fuoco sarebbe legato ad un vortice di camorra e tradimenti. La madre di Gallo Junior, dopo la separazione dal marito, avrebbe allacciato una relazione con un affiliato dei Gionta; un gesto ritenuto oltraggioso nei confronti del boss e che avrebbe generato voglia di vendetta nel giovane diciottenne verso suo zio Salvatore Iovane. In sella ad una moto, assieme al suo complice Vincenzo Falanga, i due affiancano l’auto del ‘prescelto’, scaricando diversi colpi che non centrano il bersaglio, ma un proiettile ferisce però nella schiena Nappi. “Mi sono risvegliato direttamente in ospedale” dichiarerà la vittima, che con i suoi continui “non so” spinge il giudice a chiedere se è stato avvicinato da qualcuno prima dell’udienza: “No” è la risposta del diciannovenne che, anche grazie alle dichiarazioni di Iovane, alleggeriscono la posizione degli indagati. Al termine del dibattito, la richiesta dei legali di Gallo è la revoca della custodia cautelare del proprio assistito per “motivi di salute” visto che l’accusato si regge grazie all’aiuto di due stampelle di ferro. Una vicenda che non si è ancora conclusa e che vedrà la partecipazione di nuovi testimoni e ulteriori elementi nelle prossime udienze, il quale aiuteranno a fornire un quadro completo della faccenda.

Cronache della Campania@2018

Appalti truccati in provincia di Caserta: chiesto il giudizio per 45 coinvolti nell’inchiesta The Queen

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Richiesta di rinvio a giudizio per 45 degli indagati del processo nato dall’inchiesta The Queen, che lo scorso anno portò in carcere una novantina di persone tra cui l’ex  assessore regionale al Turismo, Pasquale Sommese.(scarcerato a novembre scorso dopo oltre due mesi di carcere e cinque di domiciliari). A chiedere il processo i pm Alessandro D’Alessio, Maurizio Giordano e Gloria Sanseverino. Fissata anche la data dell’udienza preliminare che si terrà il 4 maggio prossimo presso il 14° Gup di Napoli. L’inchiesta ha riguardato gare di appalto pubbliche realizzate in diversi comuni campani, come quelli casertani di Alife, Francolise, Riardo, Aversa e quelli napoletani di Pompei e San Giorgio a Cremano. Al centro dell’indagine un giro di corruzione che sarebbe stato organizzato da Guglielmo La Regina (dal suo cognome la denominazione dell’operazione, «The Queen» La Regina), il professionista già coinvolto nel 2016 nello scandalo sulla ricostruzione di Palazzo Teti Maffuccini di Santa Maria Capua Vetere. La Regina, legale rappresentante dell’Archicons srl, con altri due imprenditori dell’area di Casal di Principe, e insieme con Alessandro Zagaria, ritenuto un referente un soggetto che ricorreva come intermediario in tante stazioni appaltanti, nonché personaggio vicino al clan Zagaria, è considerato l’uomo che aveva rapporti con funzionari e politici e che veicolava accordi e dazioni corruttive. A sostegno delle indagini ci sono state prima le dichiarazioni di Loredana Di Giovanni, donna chiave dell’indagine, indagata a piede libero, che ha presentato Sommese a La Regina e che portava le tangenti ai professori universitari, sceglieva i componenti delle commissioni tecniche che altro non facevano che approvare un progetto gia’ cucito addosso per l’imprenditore. E poi quelle di Antonello Sommese, nipote di Pasquale e suo ex factotum, arresto pure lui nell’inchiesta e che dopo qualche mese ha deciso di collaborare con la giustizia. Tra i 45 indagati per i quali è stato chiesto il processo ci sono il sindaco di Aversa Enrico De Cristofaro per episodi avvenuti quando ricopriva la carica di presidente dell’ordine provinciale degli architetti, e gli ex primi cittadini di Alife (Giuseppe Avecone), Riardo (Nicola D’Ovidio) e Casapulla (Ferdinando Bosco).

Cronache della Campania@2018

Caserta, catturato il latitante albanese accusato dell’omicidio dell’imprenditore Pasquale Guarino

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Santa Maria Capua a Vetere. Omicidio dell’imprenditore Pasquale Guarino: arrestato a Dibra Argit Turshilla, 26 anni, albanese, ritento l’esecutore materiale del delitto avvenuto il 23 settembre del 2015 a scopo di rapina. Venerdì scorso, la polizia albanese del distretto di Dibra ha catturato il latitante albanese ricercato in ambito internazionale. L’arresto – scaturito a seguito di un’ordinanza di custodia cautelare emessa, il 06 ottobre 2017, dal G.I.P. del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, su richiesta della Procura – è stato eseguito all’esito dì una fattiva e sinergica collaborazione tra i Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Santa Maria Capua Vetere ed il Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia.
Fondamentale per l’arresto e il monitoraggio del prevenuto, è stato, altresì, il contributo offerto dall’ufficio dell’esperto per la sicurezza in Albania, che ha operato in costante contatto con le autorità di polizia albanesi. Il mandato di arresto estradizionale è stato emesso in relazione all’attività d’indagine – diretta dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere ed eseguita dai Carabinieri della Compagnia di Santa Maria Capua Vetere – relativa al gravissimo episodio avvenuto il 23 settembre 2015, ai danni dell’imprenditore agricolo Pasquale Guarino, ucciso da una banda di rapinatori nel corso di una rapina perpetrata ai suoi danni e finalizzata a sottrargli l’incasso quotidiano della sua attività imprenditoriale.
Più nel dettaglio – secondo la tesi della Procura e integralmente condivisa dal G.I.P. – sarebbe stato proprio Argit Turshilla, in qualità di esecutore materiale, unitamente ad altri partecipi, a rendersi responsabile dei gravi delitti di rapina e omicidio, rendendosi successivamente irreperibile al fine di sottrarsi agli accertamenti dell’autorità giudiziaria. Il solido impianto indiziario, è stato edificato attraverso elaborate attività tecniche di natura intercettiva, nonché mediante un accurato lavoro di analisi sia delle immagini immortalate da alcune telecamere insistenti sulla vasta area dell’evento omicidiario, sia delle informazioni raccolte attraverso i tabulati di traffico telefonico pregresso, il tutto avallato dalle dichiarazioni rese da alcune persone informate sui fatti.

Cronache della Campania@2018

Traffico di droga a Marano, arrestati 29 esponenti dei clan Orlando e Nuvoletta

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Napoli. I Carabinieri del Comando Provinciale di Napoli stanno eseguendo un’Ordinanza di Custodia Cautelare emessa dal GIP di Napoli a carico di 31 indagati (20 in carcere ed 11 ai domiciliari), ritenuti responsabili a vario titolo di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti aggravata da finalità mafiose. Gli arresti sono stati eseguiti a Napoli e in provincia, Montesilvano (PE), Aversa (CE) e Frosinone (FR).
L’indagine, coordinata dalla Direzione Distrettuale di Napoli, condotta dall’ottobre 2015 fino ad oggi, mediante attività tecniche e servizi di osservazione e pedinamento, ha permesso di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati in ordine alla costituzione di un’articolata associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti, del tipo hashish e marijuana attraverso molteplici canali di distribuzione sul territorio nazionale, principalmente in Campania e nel Lazio. Nel corso delle investigazioni sono state già tratte in arresto 4 persone, sequestrando complessivamente 80 kg. circa di “hashish” e 1 Kg. circa di “marijuana”. I promotori del gruppo di trafficanti, agevolando l’organizzazione camorristica degli “Orlando” comprendente anche elementi dei clan “Nuvoletta” e “Polverino”, rappresentavano il punto di congiunzione tra fornitori di droga inseriti in contesti criminali più vasti -contesti ai quali ambivano in prima persona con la partecipazione diretta alle “puntate”- e gli spacciatori al dettaglio di Campania e Lazio, loro stabili acquirenti. Acquisiti elementi a carico di pedine fondamentali nel traffico di internazionale di hashish dal Marocco a Napoli attraverso la Spagna. Emerso il ruolo poliedrico di alcuni personaggi che facevano da corriere o della cessione diretta per conto del sodalizio o di intermediari nella vendita di stupefacente tra i vertici del gruppo e gli acquirenti della provincia. Scoperti i custodi, tra i quali una donna che forniva appoggio logistico ed era stata arrestata nel corso delle investigazioni perché trovata in possesso di circa 50 chili di hashish nascosti nella sua vettura.

Cronache della Campania@2018


Traffico di droga, il sistema delle ‘puntate’ per importare la droga dal Marocco. I NOMI

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Napoli. Trentuno arresti tra Lazio e Campania: i clan Orlando, Nuvoletta e Polverino acquistavano grosse partite di droga con il sistema delle ‘puntate’, il finanziamento cioè di quote di grosse partite da ‘importare’ direttamente dai produttori esteri. I carabinieri del Comando Provinciale di Napoli, con il supporto dell’Arma territoriale, hanno dato esecuzione a una misura cautelare emessa dal gip del Tribunale di Napoli nei confronti di 31 indagati (20 ora in carcere, mentre 11 hanno avuto il beneficio dei domiciliari), ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, con l’aggravante di aver agevolato un clan. A capo dell’organizzazione c’erano Massimo D’Onofrio e Francesco Sepe, e i collegamenti con il clan erano assicurati da Angelo Di Maro, Alessandro De Luca e Alfonso Mercurio. Tra gli spacciatori al dettaglio ‘clienti’ del gruppo, Ivan Piccirillo, Ciro Conte, Luca De Luca, Giuseppe Granata, Davide Iannone, Antonio De Miccoli e i fratelli Verdicchio. Alfonso Mercurio, dicono le intercettazioni, curava l’importazione di hashish dal Marocco a Napoli, attraverso Spagna, e lo aveva fatto per i Nuvoletta e per i Polverino prima ancora che per gli Orlando. E’ emersa, inoltre, la figura di Antonio Dell’Aquila, soprannominato ‘presidente’, coinvolto in numerosi episodi di spaccio, disponibile anche a fare da corriere della droga. Intermediari nella vendita dello stupefacente tra i vertici del gruppo e i singoli acquirenti di tutta la provincia di Napoli Umberto Liccardi, Giuseppe Coppeto, Vincenzo Longobardi e Nicola Langella. Tra i custodi Rosario Setaro e Dolores Sacco, che, oltre alla droga in auto, aveva in consegna anche il denaro guadagnato da D’Onofrio dalle vendite dell’hashish, e le agende di questi e di Sepe. Le indagini hanno permesso di accertare che il giro di affari connesso alla commercializzazione della sostanza stupefacente da parte del sodalizio criminale si aggirava sui 100mila euro a settimana.
ORDINANZA IN CARCERE

1. CONTE Ciro, nato a Napoli il 24.3.1963;

2. COPPETO Giuseppe, nato a Marano di Napoli il 8.8.1963;

3. DE LUCA Alessandro, nato a Napoli il 15.10.1987;

4. DE LUCA Luca, nato a Napoli il 29.10.1973;

5. DELL’AQUILA Antonio, nato a Napoli il 15.6.1954;

6. DE MICCOLI Antonio, nato a Napoli il 26.8.1972;

7. DI MARO Angelo, nato a Mugnano di Napoli il 21.12.1978;

8. D’ONOFRIO Massimiliano, nato a Bari il 1.3.1973;

9. GRANATA Giuseppe, nato a Napoli il 12.12.1978;

10. IANNONE Davide, nato a Napoli il 10.4.1984;

11. LANGELLA Nicola, nato a Villaricca (NA) il 14.1.1965;

12. LICCARDI Umberto, nato a Napoli il 8.1.1967;

13. LONGOBARDI Vincenzo, nato a Napoli il 20.5.1973;

14. MERCURIO Alfonso, nato a Mugnano di Napoli il 24.2.1980;

15. PICCIRILLO Ivan, nato a Napoli il 28.11.1972;

16. SEPE Francesco, nato a Napoli il 24.3.1967;

17. SETARO Rosario, nato a Napoli il 25.9.1963;

18. SACCO Dolores, nata a Napoli il 13.4.1979;

19. VERDICCHIO Davide, nato a Frosinone il 6.7.1998.

ARRESTI DOMICILIARI

20. CASTELLI Alessandro, nato a Napoli il 22.7.1975;

21. DE CARMINE Giuseppe, nato a Marano di Napoli il 1.8.1970;

22. DE GREGORIO Carlo, nato a Napoli il 28.11.1960;

23. DELL’AQUILA Rita, nata a Napoli il 16.11.1980;

24. IACOLARE Rosa, nata a Napoli il 2.1.1951;

25. LA MURA Cosimo, nato a Pompei (NA) il 23.6.1964;

26. PASSANTE Ciro, nato a Mugnano di Napoli il 14.2.1972;

27. PASSARO Luigi, nato a Marano di Napoli il 29.6.1964;

28. PELLECCHIA Angelo Giuseppe, nato a Mugnano di Napoli il 4.9.1983;

29. RUSSO Salvatore, nato a Marano di Napoli il 27.6.1975.

Cronache della Campania@2018

Camorra, uccisero il guardiano della tenuta dei Nuvoletta: ordinanza per tre Casalesi

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Nella mattinata odierna, nell’ambito di un’indagine coordinata dai magistrati della Procura della Repubblica di Napoli – Direzione Distrettuale Antimafia -, i Carabinieri della Stazione di Grazzanise , presso le case circondariali di Parma, Opera (MI) e Voghera (PV), hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dall’Ufficio G.I.P. presso il Tribunale di Napoli, nei confronti di Walter Schiavone (cl’61), Enrico Martinelli (cl’64) e Antonio Mezzero (cl’62), tutti appartenenti al clan dei casalesi – fazione Schiavone -, ritenuti responsabili, a vario titolo, di concorso in omicidio, detenzione e porto illegale di armi da fuoco, aggravati dal metodo e finalità mafiose. L’indagine, condotta dalla Stazione di Grazzanise dall’aprile al maggio 2017, attraverso una laboriosa attività di riscontro a dichiarazioni auto ed etero accusatorie dei collaboratori di giustizia Cipriano D’Alessandro (cl’63) e Nicola Panaro (cl’68) – entrambi indagati nel medesimo procedimento per gli stessi reati-, ha consentito di: accertare l’identità degli esecutori materiali e del mandante dell’omicidio, avvenuto in Pastorano  il 18.12.1991, in danno di Stefano Izzo, guardiano presso un’azienda agricola di Pignataro Maggiore di proprietà dei “Nuvoletta”; riscontrare che l’efferato delitto di sangue si inquadra nella storica faida tra il clan dei casalesi e quello dei “Nuvoletta” di Marano di Napoli; rilevare che l’omicidio, oggetto d’indagine, trova la sua causale nel fatto che la vittima era sospettata, dal clan dei casalesi e quindi dagli odierni indagati, di aver partecipato, in qualità di “specchiettista” all’esecuzione dell’omicidio di Emilio Martinelli, fratello di Enrico, quest’ultimo destinatario dell’odierno provvedimento cautelare. Il G.I.P., concordando con la richiesta di misura coercitiva avanzata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli – D.D.A. -, anche per quanto riguarda la sussistenza di concrete ed attuali esigenze cautelari, ha disposto per i 3 indagati la custodia cautelare in carcere.

(nella foto da sinistra Antonio Mezzero, Walter Schiavone ed Enrico Martinelli)

Cronache della Campania@2018

Traffico di droga, due fratelli di Frosinone spacciavano per conto dei clan di Marano di Napoli

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Frosinone. Due fratelli di Frosinone sono rimasti coinvolti in una operazione condotta dai carabinieri di Napoli che hanno eseguito 29 misure cautelari su 32 richieste dal Gip del tribunale partenopeo. Il più giovane, Davide Verdicchio, di 19 anni è stato arrestato; il 38enne, invece, si è reso irreperibile e al momento è ricercato. Entrambi sono considerati propaggine più esterna di una organizzazione che da Marano di Napoli, con forti legami con i clan camorristici degli Orlando, Nuvoletta e Polverino, arrivavano a spacciare droga anche nel frusinate e in Abruzzo. I due frusinati erano sostanzialmente degli spacciatori che venivano regolarmente riforniti da corrieri dell’organizzazione. Nel corso della perquisizione domiciliare, questa mattina a Frosinone, i carabinieri hanno rinvenuto 54 grammi circa di hashish, 212 grammi circa di marijuana e 15 grammi circa di semi di marijuana.

Cronache della Campania@2018

Calcio scommesse: Millesi assolto dal reato di concorso in associazione camorristica

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Dopo una lunga camera di consiglio, in accoglimento delle ragioni formulate dall’avvocato Dario Vannetiello, il Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Napoli – dott. Marcello De Chiara – ha assolto l’ex capitano dell’Avellino “Ciccio” Millesi dalla pesantissima accusa di aver avvantaggiato il clan Vinella Grassi, operante nella città di Napoli.Un forte sospiro di sollievo per il calciatore che rischiava il carcere avendo il pubblico ministero chiesto nei suoi confronti la condanna ad anni cinque di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, accusa ora crollata.La Autorità giudiziaria ha ritenuto solo sussistente il reato di frode sportiva verificatosi nelle due partite di calcio 2013/1014 del campionato di serie B, Modena Avellino ed Avellino- Reggina, le quali sarebbero state combinate agevolando gli scommettitori del clan Vinella –Grassi. Per tali vicende Millesi è stato condannato ad un solo anno di reclusione avendo il giudice anche escluso nei suoi confronti l’aggravante mafiosa . Tale pena, laddove venisse confermata nei successivi gradi di giudizio, non verrà comunque scontata in quanto, come richiesto dall’avv. Vannetiello, il Giudice ha concesso a Millesi anche la sospensione condizionale della pena.

La lunga battaglia giudiziaria condotta dalla difesa di Millesi è passata attraverso una vittoria solo per ragioni formali ottenuta innanzi al Tribunale del riesame di Napoli allorquando solo grazie ad un cavillo fu annullata la ordinanza che aveva disposto gli arresti domiciliari a Catania, sua città natale. Vincente si è rivelata da un lato la scelta di avvalersi della facoltà di non rispondere allorquando Millesi per ben due volte fu convocato dal P.M. della Direzione Distrettuale Antimafia, dall’altro lato di rendere un lungo interrogatorio innanzi alla Procura della Federazione Sportiva, interrogatorio di cui la difesa ha poi ottenuto la acquisizione agli atti del fascicolo del Giudice chiamato a decidere in sede di abbreviato. Non sono bastate ad incastrare Millesi né le accuse mosse a Millesi dal collaboratore di giustizia Antonio Accurso, reiterate anche in aula all’udienza scorsa, né la mole delle intercettazioni effettuate dalla pubblica accusa. Sorte diversa hanno avuto gli altri due imputati che hanno optato per il rito abbreviato: l’ex calciatore Luca Pini è stato condannato per tutti i reati a lui ascritti ad anni tre e mesi sei di reclusione ed Accurso Antonio, collaboratore di giustizia, ad anni diciotto e mesi due di reclusione in continuazione con altri reati da lui commessi ed in precedenza giudicati.

Nonostante il netto ridimensionamento delle accuse, la difesa di Millesi comunque proporrà appello in quanto punta alla cancellazione anche delle frodi sportive, onde chiedere la revisione della condanna inflitta dal Tribunale della Federazione Giuoco Calcio che gli ha sinora impedito di intraprendere la carriera di allenatore . L’altro e più noto calciatore coinvolto nell’inchiesta, Armando Izzo, tutt’ora in forza al Genoa, ha scelto di essere giudicato con il rito ordinario.La assoluzione dal reato di concorso esterno in associazione mafiosa ottenuta da Francesco Millesi rappresenta un precedente innegabilmente favorevole ad Izzo, circostanza questa che consente di attendere con minore preoccupazione l’esito del processo a suo carico.

Cronache della Campania@2018

Camorra al Pallonetto di Santa Lucia: 3 secoli di carcere e i boss perdono la patria potestà

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Il giudice per le udienze preliminari di Napoli, Federica Colucci, ha condannato oltre tre secoli di carcere esponenti del clan Elia del Pallonetto di Santa Lucia. Droga ma anche ‘stese’ di camorra. Tra gli imputati, 39 in tutto, ci sono anche i genitori dei bambini usati come pusher e che furono allontanati da casa con un provvedimento del Tribunale dei Minori. Il giudice ha revocato per tutti la patria potesta’. Dalle indagini emerse il ruolo di una bambina di 8 anni, figlia di una donna ai vertici dell’organizzazione, che insieme alla sorella adolescente era addetta alla confezione di cocaina in casa; cosi’ come un 12enne consegnava la droga in strada agli acquirenti. Il clan Elia era forte di un radicamento sul territorio. Gli arresti arrivarono il 17 gennaio dello scorso anno e tutti sono stati condannati con il rito abbreviato. Trentacinque le condanne, a pene varianti dai 20 ai 5 anni di reclusione, nei confronti di imputati – tra cui 12 donne – accusati di gestire il traffico di droga e controllare importanti piazze di spaccio. Le pene piu’ alte (20 anni) sono state inflitte a Antonio e Ciro Elia, Adriana Blanchi, Giulia Elia, Anna De Muro, e Bruno Pugliese. Nel corso delle indagini dei carabinieri le riprese effettuate con microcamere mostrarono bambini intenti a confezionare dosi e, in alcuni casi, a spacciare dosi di cocaina, haschish, e marijuana. Il blitz scatto’ il 17 gennaio quando vennero eseguiti 47 arresti.

ELIA Antonio detto “ò Capocchia”, di’Michele e di DI MAURO. Anna nato a 24.02.1966  20 ANNI
ELIA Ciro detto “ò Mucill’ di Michele e di DI MAURO Anna nato a Napoli ìl 20.08.1967   20 ANNI
ELIA Michele detto “Michelino” di Antonio e CAPUTO Orientale Lucia nato a Napoli 21.07.1987  5 ANNI E 4 MESI
ELIA Renato detto “ò Nan”, di Antonio e CAPUTO Orientale Lucia nato a Nàpoli il 25.09.1994   4 ANNI E 6 MESI
ELIA Anna di Michele e dì DI MAURO Anna, nata a Napoli ìl 28.07.1968   3 ANNI E 4 MESI
FOGLIA Anna detta “Nanà’ nata a Napoli il 08.08.1974   4 ANNI E 6 MESI
PIPOLO Salvatore di Nunzio e DI MAURO Giulia nato Napoli 09.11.1994   10 ANNI E 4 MESI
DI MAURO Enzo detto “Crauc” dì Mario e Leone Giuseppina, nato a Napoli il 20.12.1991    9 ANNI
BIFULCO Enrico detto ‘Chiccotto” dì Benito Vittorio e Manna Giuseppina, nato a Napoli il29.10.1968   7 ANNI
BELAEFF Gennaro, da Salvatore e Montagna Nunzia, nato a Napoli il 20.11.1995       12 ANNI
PARZIALE Vittorio , di Antonio e Egizzo Maria Dolores, nato a Napoli 29.04.1994,   4 ANNI E 6 MESI
BIANCHI Adriana , da Giovanni e Pecorara Maria, nata Napoli 20.07.1975      20 ANNI
ELIA Michele Antonio detto “Mycol” da Renato e Bianchi Adriana , nato Napoli il  05.08.1997  14 ANNI
DE PASQUALE Francesco detto “Ciccia,’ di Federico e Maiorano Laura, nato Napoli 14.01.1970     6 ANNI
SESSO Luigi detto “Gino da nera” , di Ciro e Cigliano Antonietta, nato Napoli 08.11.1976   8 ANNI
PAPA Francesco detto “Checco” di Salvatore e Ferrante Antonella nato a Napoli il 21.10.1982   15 ANNI
ELIA Giulia di Michele e Di Mauro Alma, nata Napoli il 16.04.1980  20ANNI 
DI MEGLIO Annamaria, di Umberto ed Elia Giulia, nata a Napoli il24.09.1995,    5 ANNI
EGIZZO Giuseppe detto “ò Merican” di Antonio e Criscuo1o Antonietta nato a Napoli il 23.06.1962   6 ANNI E 6 MESI
DE MURO Anna, di. Gennaro e Saltalamacchia Maria Grazia, nata a Napoli il 31.12.1986     20 ANNI
DI GIOVANNI Mariano “Mericano falso” di Antonio e Ferrante Rosaria, nato Napoli il 03.02.1981     4 ANNI E 8 MESI
FERRANTE Rosanna detta “a Romana” di Giuseppe e Reder Anria, nata a Napo.li il 31.07.1955   4 ANNI E 6 MESI
VARRIALE Raffaele, Di Giovanni e Grimaldi Assunta, nato a Napoli il 11.05.1953   1 ANNO E 6 MESI
FERRANTE Antonella di Giuseppe e Reder Anna, nata a Napoli il 20.12.1962     7 ANNI  E 6 MESI
PAPA Luigi detto “Gino” di Giovanni e Pariso Lucia nato a Napoli il 15-4- 1968   5 ANNI
CASCELLA Carmela di Giòrgio e Cigliano Rita, nata a Napoli. il17.07.1978      6 ANNI
ELlA Anna di Luciano e Di Costanzo Nunzia nata a Napoli il 27.o2 1990  3 ANNI E 4 MESI
CAMPOCHIARO Manuel di Alfonso e Coppola Brigida, nato a Napoli il 18.09.1986     8 ANNI
FEBBRAIO Caterina, di Salvatore ed Errico Maria, nata a Napoli il 10.12.1941     6 ANNI E 4 MESI
PUGLIESE Bruno detto “ò Brun” , di Carmine ·e Di Mauro· Rita, nato a Napoli il 11.06 1977   20 ANNI
VALESE Anna detta  “a polacca”, da ignoto e Valese Rosaria; nata a Napoli 29.12.1987 8 ANNI
PUGLIESE Carmine detto “ò Joe’ di Mario e Petrillo Anna,nato a Napoli 22.03.1951,   7 ANNI
PUGLIESE Giulia, da Carmine e Di Mauro Rita, nata Napoli il 07.06 1988   8 ANNI
PUGLIESE Anna, da Carmine e Di Mauro Rita, nata Napoli il 09.05.1976  9 ANNI E 4 MESI
DI MAURO Rita di Ciro e Pesacane Giulia, nata a Napoli il20.01.1953    5 ANNI
DE LAURENZIO Giovanni nato a Napoli il 27.01.1959,           2 ANNI E 8 MESI
MANNA Salvatore da Giovanni e Pandolfi Maria,nato a Napoli il 25.04.1967,  6 ANNI

Cronache della Campania@2018

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