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Camorra, si è pentito ‘Dariuccio’ Spinelli, ras del pizzo a Scafati

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Si è pentito Andrea Dario Spinelli, uno dei reggenti della cosca dei Loreto-Ridosso della camorra di Scafati. “Dariuccio” era stato arrestato nel novembre scorso per una serie di estorsioni compiute ai danni di imprenditori edili della zona.
“Mi dovete dare i sodi per i miei compagni in carcere”. Così si presentava sui cantieri edili di Scafati per chiedere il pizzo. Ma Spinelli potrebbe contribuire a dare nuovi elementi alle indagini che coinvolgono la politica scafatese e in particolare l’ex sindaco Pasquale Aliberti e la moglie, la consigliera regionale di Forza Italia, Monica Paolino.
Non a caso il giovane boss pentito Alfonso Loreto ha parlato di Spinelli a proposito del voto di scambio per le Regionali del 2015. In quelle consultazioni elettorali, il presidente del consiglio comunale Pasquale Coppola era in rotta con Aliberti e Monica Paolino, candidata e poi eletta, secondo il pentito, “il presidente del Consiglio comunale insieme al consigliere Pasquale Vitiello organizzò una riunione elettorale a Mariconda per farsi votare – dice Loreto – Coppola regalò, poi, 500 euro a Dario Spinelli, componente del clan Loreto-Ridosso”.
Loreto ha tirato in ballo Spinelli anche a proposito  di alcuni attentati come quello ai danni di Raffaele Sangermano, ’o ragno rosso, al quale spararono due anni fa fuori alla sua abitazione.
“A sparare fu Dario Spinelli nostro affiliato, perché Vincenzo Nappo ’o nonno aveva avuto dei litigi con lui”.
Ma Alfonsino ha spiegato anche che a far parte del suo gruppo vi era  un gruppo già noto a Scafati, capeggiato da Andrea Spinelli, detto Dariuccio“.
Ad oggi il gruppo è composto – dice Loreto, da Gennaro Ridosso, Luigi di Salvatore, Alfonso Loreto, Alfonso Morello, Dario Spinelli e Cenatiempo Roberto che si occupa dei proventi illeciti dei videopoker e degli appalti di pulizia e manodopera”.
Un decennio in cui non sono mancati screzi con gli avversari. Da una parte i Loreto-Ridosso dall’altro il gruppo più vicino a Franchino Matrone, ovvero al figlio Michele. Proprio Dario Spinelli fu tra le vittime di una ritorsione ‘avversaria’.
“L’attentato all’auto di Dario Spinelli che fa parte del nostro gruppo e al quale passavamo 2-300 euro a mese dai soldi delle macchinette, o al quale venivano fatti prestiti – dice Loreto – a suo dire era stato fatto da Carmine Alfano, bim bum bam, perché lo zio della moglie era rimasto in debito per l’acquisto di droga e Spinelli si era fatto garante del pagamento
. Non essendo stato onorato il pagamento Carmine Alfano se l’era presa con Spinelli con la bomba carta”. Spinelli potrebbe far luce anche sull’omicidio di Armando Faucitano ucciso la mattina del 25 aprile 2015 in piazza Falcone e Borsellino a Scafati.
Nelle scorse settimane c’è stato un attentato ai danni del bar La Dolce Vita gestito dalla moglie di Spinelli che da qualche giorno ha chiuso i battenti. La donna e i figli hanno seguito il marito e sono stati inseriti nel programma di protezione mentre il fratello e gli altri familiari si sono dissociati dalla sua scelta.

(nella foto il bar la dolce vita e nel riquadro Dario Spinelli)

 

 

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Assolti i due rampolli della Napoli-bene: non stuprarono la 18enne a Chiaia nel 2013

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Chiuso in primo grado il processo sul presunto stupro avvenuto nel dicembre del 2013 ai danni di una allora diciottenne. I due ragazzi accusati sono giovani di buona famiglia, all’epoca studenti universitari che vivono tra il Vomero e Posillipo.
I giudici hanno ritenuto che “il fatto non sussiste”, pertanto è stata esclusa l’accusa di violenza sessuale di gruppo. I giudici hanno predisposto anche che le spese legali debbano essere a carico della ragazza.
Nella ricostruzione dell’accusa, questa è una storia che risale alla notte tra il 28 e il 29 dicembre 2013, tra i baretti di Chiaia dove i giovani protagonisti si incontrano e che si consuma nella stanza di un appartamento dove un gruppo di amici si dà appuntamento per trascorrere qualche ora in compagnia.
Ma quella sera – secondo l’accusa – si sarebbe consumato uno stupro: si parla di calci e pugni per costringere la ragazza a soddisfare le esigenze sessuali dei due. Tra le prove un video di sei secondi che, per la difesa non sono sufficienti a incriminare i due ragazzi.
Nel capo di imputazione si legge che i due ventenni avrebbero agito “con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso” abusando della ragazza. Nella contestazione si fa infatti riferimento a “calci e pugni sferrati” che avrebbero provocato alla parte offesa “diffuse ecchimosi non refertate”.
Al termine del dibattimento in cui ognuno ha sostenuto la propria tesi, ieri il processo è arrivato al capolinea del primo grado e quindi assoluzione per i due giovani finiti sotto accusa e sotto processo.
La vittima della presunta violenza si era costituita parte civile rappresentata dall’avvocato Valerio De Martino. Si aspettano ora le motivazioni della sentenza per presentare ricorso in Appello.

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Camorra, sequestro beni agli esponenti del ‘Terzo Sistema’ di Torre Annunziata

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I Carabinieri del nucleo Investigativo di Torre Annunziata hanno dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo a fini di confisca emesso dal Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia.
Si tratta di beni mobili, attività commerciali, conti correnti bancari e depositi, polizze assicurative e veicoli, per un valore complessivo di circa un milione di euro.
Quanto sequestrato dopo i complessi accertamenti, è risultato di proprietà o comunque riconducibile a Longobardi Antonio, Orofino Salvatore, Pinto Gennaro, Milite Bruno e Della Ragione Vittorio, tutti oplontini e detenuti perchè colpiti nel luglio 2016 da provvedimenti restrittivi chiesti dalla DDA di Napoli.
Insieme a Perna Domenico Ciro e Gallo Luigi, come accertato dai militari dell’Arma di Torre Annunziata, avevano dato vita a una nuova organizzazione criminale, il Terzo Sistema, operante nella città oplontina e autonoma rispetto agli “storici” clan degli Gionta e dei Gallo-Cavalieri.
Anche il nuovo sodalizio criminale si era reso responsabile di reati contro la persona e il patrimonio, estorsioni, detenzione di armi e droga. L’indagine patrimoniale ha consentito di accertare che gli arrestati avevano acquisito i beni sequestrati mediante denaro proveniente da attività illecite e la sproporzione tra i redditi “ufficialmente” dichiarati dagli arrestati e la quantità di beni in loro possesso.
Il decreto di sequestro riguarda: 2 autovetture, 2 attività commerciali a Torre Annunziata, un negozio di prodotti per la casa e una bottega di generi alimentari, una attività per la compravendita on-line di auto e moto, polizze assicurative e rapporti finanziari (carte di credito ricaricabili, conti correnti postali e bancari) intestati agli arrestati e/o ai loro familiari.

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”L’unico a pagare per la legge Severino sono stato io”: lo sfogo del consigliere regionale campano Alberico Gambino

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“Sono stato l’unico in Italia a pagare per la legge Severino, forse perchè sono stato l’unico a non far ricorso”. E’ quanto afferma il capogruppo di FdI in Consiglio regionale della Campania, Alberico Gambino, nel corso di una conferenza stampa presso la sala stampa del Consiglio regionale, convocata dopo la conferma in Cassazione il 3 ottobre scorso dell’assoluzione già pronunciata dalla Corte d’Appello di Salerno nel luglio 2016 dall’ipotesi del reato di scambio politico-mafioso.
“Al di là del dramma che ho vissuto rimane la consapevolezza che a volte la politica viene fatta in modo becero, si costruiscono complotti per abbattere il nemico, invece questo modus operandi non andrebbe mai consentito, deve essere condannato”. Ha detto il capogruppo di Fratelli d’Italia rispondendo ai giornalisti. “Al di là del perdono personale, per me sono stati anni di drammi e di dolore, saranno i giudici a scrivere la storia per quello che è stato, a ripristinarla per quella che era e che è – ha evidenziato – Dal punto di vista politico la lezione è che grazie a Dio oggi posso guardare dritto negli occhi i miei concittadini, a testa alta perché la politica che ho sempre fatto, del mettersi al servizio del territorio, ha dato i suoi frutti e continuerò a lavorare su questa scia per poter lavorare al servizio del mio territorio e della mia comunità”.
“Io ho sempre portato il centrodestra ad avere molti consensi, a Pagani fui il sindaco più votato. Nel 2004 avevo un rapporto ottimo con un presidente di una giunta provinciale che era della Margherita e si disse la tessa cosa – ha concluso – Io sono di Fratelli d’Italia che mi ha candidato alle regionali, sono il capogruppo in Regione. La prima cosa che farei, se ci fossero cambiamenti in vista, sarebbe dimettermi da capogruppo. L’altro giorno ero a Roma con i vertici del partito per lavorare alle elezioni politiche. Poi esiste una dialettica interna”.

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Pretende 2 mila euro dal suo ex come “buonuscita”, poi lo rapina e lo minaccia: arrestata con due complici

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A relazione sentimentale finita lei pretende duemila euro come ‘buonuscita’, ma lui dice no e si rifiuta di versare il denaro.
Ma a quel punto l’uomo, un 46enne, inizia ad essere vittima di atti persecutori che sfociano in una rapina e in richieste estorsive. Lo stolker e’ la sua ex, con la collaborazione di altri due uomini, uno di Sant’Egidio del Monte Albino e l’altro di Sant’Antonio Abate, due localita’ a confine tra le province di Salerno e di Napoli.
La donna e i suoi complici sono destinatari di una misura cautelare personale emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Nocera Inferiore.
L’indagine e’ nata nel giugno scorso quando la vittima denuncia di essere stato rapinato della propria automobile dopo essere stato avvicinato e percosso da tre persone ai carabinieri di Nocera Superiore.
I militari dell’Arma sono riusciti a ricostruire come la donna, con gli altri due indagati, ha ripetutamente pedinato, minacciato e aggredito il 46enne.
Nella scorsa primavera, all’uomo sono stati rubati sia il telefono cellulare sia l’auto. I tre indagati sono ora ai domiciliari.

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Camorra, il pentito Perrone: ”L’imprenditore Amelio fu ucciso su ordine di Nicola imbriani”

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“Ero amico di Enrico Amelio e ho saputo della sua morte durante il periodo della mia detenzione. Uscito dal carcere mi sono informato su chi fosse stato il mandante e l’omicidio del mio amico.
Seppi che Imbriani aveva chiesto a Giuseppe Polverino di dare una lezione ad Amelio poiché non era riuscito a convincere lo zio, Leonardo Carandente Tartaglia a non immischiarsi in un affare dell’acquisto di alcuni terreni nel comune di Quarto”.
E’ stato il pentito Roberto Perrone , ex esponete di spicco del clan Polverino di Marano a raccontare in aula al processo perché sarebbe stato ucciso l’imprenditore edile Enrico Amelio.
L’uomo originario di Mugnano fu ucciso nel 2006. A decretarne la morte sarebbe stato Nicola Imbriani (condannato a 12 anni di carcere per traffico di droga). La vittima fu colpita alle gambe ma un proiettile gli recise l’arteria femorale e Amelio morì dissanguato.
Ha raccontato ancora Perrone: “Giuseppe Polverino accontentò Imbriani che si era sentito offeso per il comportamento di Amelio. Per l’organizzazioni del delitto furono convocati e coinvolti anche Giuseppe Perrotta e Salvatore Liccardi”.

( da sinistra nella foto il boss Giuseppe Polverino, Nicola Imbriani, Giuseppe Perrotta, Salvatore Liccardo, Roberto Perrone)

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Bruciò la sua ex, ora chiede uno sconto di pena in Appello

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Una pena concordata di 14 anni, con uno “sconto” di quattro rispetto a quella di primo grado: è la richiesta avanzata dalla difesa per Paolo Pietropaolo, l’ex compagno di Carla Caiazzo che le diede fuoco in strada a Pozzuoli il primo febbraio del 2016.
La richiesta è stata presentata ai giudici della V sezione della Corte d’Appello di Napoli, dove stamane nell’aula 315 del Tribunale  è iniziato il processo di secondo grado. Il sostituto procuratore generale Stefania Buda farà conoscere il suo parere sulla richiesta della difesa, rappresentata dall’avvocato Gennaro Razzino.
Quindi i giudici (il collegio è presieduto da Maurizio Stanziola) faranno le loro valutazioni. Secondo Razzino, i calcoli alla base della pena stabilita dal giudice Egle Pilla al termine del processo con rito abbreviato devono essere rivisti al ribasso, tanto più che i pm Raffaello Falcone e Clelia Mancuso avevano chiesto per l’imputato 15 anni di reclusione rispetto ai 18 poi decisi dal giudice.
Pietropaolo fu condannato anche  a un risarcimento di 325 mila euro complessivi, a titolo di provvisionale: 250mila alla Caiazzo, 50mila alla figlia e 25mila alla Associazione ‘La Forza delle Donne’, che si costituì parte civile. Il giudice decise anche ‘interdizione perpetua dai pubblici uffici e la sospensione della potestà genitoriale.
All’udienza Carla Caiazzo non è presente. Le accuse nei confronti di Pietropaolo sono tentativo di omicidio, stalking e procurato aborto: la donna, infatti, quando l’ex compagno la bruciò era incinta all’ottavo mese e di lì a poco partorì una bimba.
I danni fisici e psicologici che ha riportato sono stati gravissimi e con fatica sta cercando di ricominciare una vita normale. Paolo Pietropaolo, a sua volta, nel carcere di Poggioreale sta provando a migliorarsi: si allena, segue corsi di yoga. Secondo la difesa, la sua personalità è segnata in modo indelebile dall’uso di droghe e anche quella mattina, quando appiccò il fuoco alla donna prima di darsi alla fuga, non era in sè.
“Negli ultimi 15 anni i delitti che hanno visto vittime le donne, quelli che chiamiamo femminicidi, sono stati il doppio di quelli di mafia e camorra messi insieme: cosi’ come e’ stato fatto per la criminalita’ organizzata, sarebbe necessario pensare di istituire un pool di magistrati ad hoc per fronteggiare questo fenomeno cosi’ preoccupante”.
Lo ha detto l’avvocato Maurizio Zuccaro, legale di Carla Caiazzo. “La riforma Orlando – dice ancora Zuccaro – disattente completamente le indicazioni che giungono da quei dati: introduce la possibilita’ di estinzione del reato previa volonta’ di risarcimento da parte dell’imputato”.

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Bruciò la ex, il pm a Pietropaolo: ”Indecente chiedere la riduzione della pena”

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E’ stata caratterizzata da un intervento, particolarmente vibrante, del pm Stefania Buda, l’udienza del processo di appello nel Tribunale di Napoli sul tentato omicidio di Carla Caiazzo ad opera del suo ex compagno, Paolo Pietropaolo, che il primo febbraio del 2016, tento’ di ucciderla dandole fuoco davanti all’abitazione di famiglia.
Il magistrato, nel corso del suo intervento, ha definito indecente motivare una richiesta di riduzione della pena avanzata dai legali di Pietropaolo, basandosi sulla provocazione.
L’avvocato Gennaro Razzino, difensore di Pietropaolo, ha presentato ai giudici V sezione della Corte d’Appello di Napoli una richiesta di pena concordata al ribasso da 18 a 14 anni di carcere. Gli inquirenti, durante il processo di primo grado, chiesero ai giudici una condanna a 15 anni di reclusione.
La sentenza, invece, venne maggiorata di tre anni e ritenuta particolarmente dura dal legale dell’imputato. Dopo l’intervento del pm e’ stata la volta dell’avvocato Caterina Sanfilippo, legale di parte civile dell’associazione “La forze delle donne”.
La prossima udienza e’ stata fissata per il 28 novembre: saranno ascoltati il legale di Carla Caiazzo, l’ avvocato Maurizio Zuccaro, e l’avvocato Gennaro Razzino, legale di Paolo Pietropaolo.

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Ristrutturazione della villa che fu di Visconti a Ischia: indagate per peculato 6 persone

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Ischia. Si sarebbero appropriati della villa che fu di Luchino Visconti e l’avrebbero restaurata, nonostante i vincoli della Soprintendenza. Sei persone sono indagate, con l’ipotesi di accusa di peculato, nell’ambito di indagini sulla villa “La Colombaia” di Ischia, appartenuta a Luchino Visconti e attualmente di proprietà del Comune di Forio di Ischia.
Tra le persone iscritte nel registro degli indagati ci sono Massimo Bottiglieri, noto gioielliere, che dal 2009 al 2014, ha ricoperto l’incarico di presidente del Consiglio direttivo della Fondazione che gestiva la villa.
Insieme a Bottiglieri ci sono altre 5 persone che nel 2011 hanno avuto rapporti con la Fondazione: si tratta dell’imprenditore edile Alessandro Sbrogna; dell’elettricista Francesco Calise; dell’imbianchino Pasquale Caradente; l’imprenditore Ciro Savio e il ristoratore di Forio Pasquale Elia.
L’inchiesta è scattata dopo una denuncia anonima, del 2012, inerente ai lavori in corso ne “La Colombaia”. Vennero apposti i sigilli al cantiere che poco dopo venne anche dissequestrato.
Dagli accertamenti emerse che sulle opere c’era il nullaosta della Soprintendenza considerato che villa è soggetta a vincoli.

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Cpl Concordia, assolto l’ex manager Casari: era accusato di aver fatto affari con il boss Zagaria

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Il Tribunale di Napoli Nord ha assolto i manager della Cpl Concordia Roberto Casari, Giuseppe Cinquanta e Giulio Lancia dall’accusa di concorso esterno in associazione camorristica ipotizzata durante le indagini sulla metanizzazione in alcuni comuni della provincia di Caserta. Condannati, invece, gli imprenditori che eseguirono i lavori Antonio Piccolo e Claudio Schiavone (10 e 6 anni), ritenuti legati al boss Michele Zagaria.
I giudici hanno condannato i due imprenditori Claudio Schiavone e Antonio Piccolo rispettivamente a 6 e a 10 anni. Si conclude così il processo di primo grado sulle opere di metanizzazione in provincia di Caserta. I pm avevano chiesto 12 anni per i due imprenditori Schiavone e Piccolo e 8 anni per gli ex manager della Cpl Concordia, assolti perché il fatto non sussiste. Casari, Lancia e Cinquanta erano accusati di aver stretto rapporti con esponenti del clan dei Casalesi.
“Grande soddisfazione” esprimono Roberto Casari e i legali Luigi Sena, Luigi Chiappero e Stefania Nubile (Grande Stevens) “per l’assoluzione piena” di Casari, per 42 anni Presidente della CPL Concordia, la cooperativa modenese con 1800 dipendenti. All’esito della camera di consiglio il Tribunale di Napoli Nord “ha riconosciuto la totale estraneità” dell’allora presidente (si è dimesso il 31 gennaio 2015 per l’inchiesta, la guidava da quando aveva 22 anni) dalla contestata ipotesi di concorso esterno all’associazione camorristica dei Casalesi nell’ambito dei lavori per la metanizzazione dell’Agro Aversano. Assolti anche Giulio Lancia e Pino Cinquanta, dirigenti della società modenese. La lunga istruttoria dibattimentale, durata quasi due anni, “ha rivelato l’infondatezza del teorema accusatorio dandoci ragione: sin dall’inizio abbiamo sostenuto la correttezza dell’operato della CPL Concordia e in primis del suo presidente”. Roberto Casari presente ad Aversa alla lettura della sentenza, ha espresso tutto il suo sollievo: “Ringrazio il Tribunale perchè ha voluto comprendere come sono andati realmente i fatti e con la sentenza di assoluzione riconosce che io e la cooperativa che ho avuto l’onore di guidare per 42 anni abbiamo sempre agito con correttezza e non abbiamo stretto alcun rapporto con la camorra. Torno dalla mia famiglia e dai miei concittadini di Concordia soddisfatto che la giustizia abbia emesso questa sentenza che solleva me e la cooperativa e i soci da un’accusa così infamante”.

“La sentenza scrive una pagina di evidente verità, restituendo agli imputati assolti piena onorabilità e riconoscendo loro il merito di aver portato un po’ di benessere in un territorio molto difficile del Paese, con la realizzazione del metanodotto”. Ha detto l’avvocato Bruno La Rosa, difensore ingegnere Giulio Lancia, il manager della CopConcordia assolto oggi dal Tribunale di Napoli Nord dall’accusa di concorso esterno in associazione camorristica nell’ambito del processo sui lavori di metanizzazione in alcuni comuni del Casertano. “Siamo soddisfatti della sentenza di assoluzione perchè il fatto non sussiste – ha aggiunto il legale di Lancia – il Tribunale ha riconosciuto che nessun accordo la CPL Concordia ha fatto con i camorristi, ne’ che alcun ruolo nella esecuzione di questo fantasioso accordo ha avuto l’ingegnere Giulio Lancia, responsabile di quei lavori eseguiti nel Bacino Campania 30”. “In questi anni l’ingegnere Lancia, pur passando in questa vicenda da testimone ad imputato, non ha mai mancato di confidare nei magistrati che lo giudicavano”, ha concluso l’avvocato Bruno La Rosa.

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Camorra a Torre del Greco, rischio scarcerazione a catena per boss e gregari

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Torre del Greco. Un provvedimento a catena quello emesso dai giudici del Riesame di Napoli nei confronti di Armando Maisto, detenuto nell’ambito del processo denominato “Bolla Papale” a carico di presunti esponenti delle cosche Di Gioia e Papale di Torre del Greco.
Il difensore di Maisto dopo il diniego alla scarcerazione dei Giudici della Corte di Appello di Napoli per decorrenza dei termini di custodia cautelare avevano fatto ricorso al Riesame di Napoli che lo avevano accolto perchè decorsi i termini di due anni tra la sentenza di primo grado emessa il 27 aprile del 2015 e quella del 6 luglio 2017.
Secondo i giudici del Riesame, la sospensione dei termini di custodia cautelare per l’astensione dei difensori è intervenuta dopo che in effetti erano trascorsi i due anni dal primo verdetto. E così la decisione che porta Maisto fuori dal carcere, in attesa della sentenza definitiva della Cassazione, apre le porte ad altri imputati nello stesso processo.
Quasi tutti quelli che sono stati condannati a pene inferiori ai dieci anni saranno liberati se non detenuti per altra causa. Cade la misura cautelare per Nunzio Avvoltoio e Raimondo Amendola, per esempio, difesi dall’avvocato Antonio Cirillo, ma i due restano in carcere perché detenuti per altri reati.
Nella sentenza di Appello gli uomini ritenuti affiliati alle cosche Di Gioia e Papale di Torre del Greco e Ercolano, per associazione per delinquere, estorsioni e minacce avevano avuto condanne piuttosto miti.
La pena più pesante era stata inflitta a Giovanni Oliviero, uomo di fiducia del ras Filippo Cuomo, condannato a 14 anni e due mesi di reclusione, mano pesante anche per il boss dei “catanesi”, Pietro Papale condannato a dieci anni di carcere, otto anni di carcere invece sono stati inflitti al suo colonnello Bartolomeo Palomba, così come Giovanni Di Dato detto “Giannino ’o meccanico,” e a Gennaro Granato e Michele Ciaravolo.
A seguire poi sei anni e otto mesi la pena per Marco Perrone, sei anni e due mesi a Pietro Formicola, e ancora sei anni di carcere per  Giuseppe Scognamiglio; cinque anni e quattro mesi di carcere è la condanna per Francesco Accardo, Mario Falanga, Vincenzo Farese, Agostino Giordano, Gaetano Magliulo, Armando Maisto, Giosuè Miranda, Pietro Sepe e Giuseppe Terrone. Cinque anni di reclusione per Raimondo Amendola.
Invece, quattro gli anni di carcere per Nunzio Avvoltoio e Gennaro Busco. Condannati anche i tre pentiti: Isidoro di Gioia, figlio del boss ucciso Gaetano ‘o tappo è stato condannato a due anni e quattro mesi: un anno e 8 mesi per Ignazio Maglilo e un anno e sei mesi per Filippo Cuomo.
Infine le due donne del clan Gerardina Cefariello e Michela Nocerino sono state condannate e un anno e otto mesi di carcere. Fu assolto invece Luigi Nocerino.Il blitz Bolla Papale portò in carcere nel dicembre del 2013 numerosi esponenti dei due clan che avevano egemonizzato il territorio.

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Camorra, uccisi e sciolti nell’acido chiesti sei ergastoli per i boss e killer degli Amato-Pagano e dei Lo Russo

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La Dda ha chiesto sei ergastoli per il duplice omicidio di Massimo Frascogna detto “Massimino o’ niro”, e Lazzaro Ruggiero “o’ Caccone” ( i due ras del clan Amato-pagano a Mugnano) uccisi in una sala giochi a Miano il 26 luglio del 2007.
Il pubblico ministero della Dda Enrica Parascandolo ha chiesto il massimo della pena per Cesare Pagano, capo degli scissionisti, per Oscar Pecorelli ‘o malomm e Raffaele Perfetto “muss ‘e scigna”, Rito Calzone, Giuseppe Gallo e Mario dell’Aquila.
Venti anni di reclusione è la condanna chiesta invece per i collaboratori di giustizia Antonio Lo Russo e Biagio Esposito. Il processo si svolge con rito abbreviato davanti al giudice Luisa Toscano.
La parola ora passa alla difesa, tra gli altri i difensori gli avvocati Domenico Dello Iacono, Annalisa Senese, Luigi Senese. E per fine mese è attesa la sentenza.
Le due vittime prima furono uccise e poi i loro corpi sciolti nell’acido per un patto criminale tra gli Amato- Pagano e i Lo Russo di Miano. Il boss  Cesare Pagano aveva fatto da padrino di nozze di Antonio Lo Russo, figlio di Salvatore “‘o capitone” (ora pentiti padre e figlio).
Grazie al racconto dei pentiti gli inquirenti hanno ricostruito i ruoli degli indagati con precisione. e in particolare Cesare Pagano e Antonio Lo Russo (figlio di Salvatore “Capitone”) sono accusati di essere i mandanti; Oscar Pecorelli e Raffaele Perfetto avrebbero sparato mentre Dell’Aquila, Gallo, Esposito, Cipolletta e Mansi avrebbero ripulito la sala biliardo di Miano in cui avvenne l’agguato, procurato e nascosto le armi per poi occultare i cadaveri.
Ad attirare in trappola “O’ Niro” e “o’ Caccone” con una scusa fu, secondo la procura antimafia, Rito Calzone. Il quale riferì a Massimo Frascogna e Lazzaro Ruggiero che Cesare Pagano stava giocando a carte e voleva incontrarli, facendo intendere che li avrebbe pagati per il lavoro svolto per il clan.
Invece, appena entrati nel circoletto, furono trucidati con colpi alla testa. I due cadaveri furono fatti sparire e sotterrati in un terreno da parte degli uomini d el clan Lo Russo. Recentemente Antonio Lo Russo, che con il suo pentimento ha contribuito a fare luce sull’agguato, ha anche raccontato che inconseguenza del pentimento del padre e temendo che Oscar Pecorelli facesse altrettanto ordinò a Vincenzo Bonavolta “Cenzore” di far sparire definitivamente i corpi che furono sciolti nell’acido.
Cosa che fece con la complicità di Luciano Pompeo (insieme al quale è stato raggiunto da una nuova ordinanza la scorsa settimana per un altro duplice omicidio, quello di Salvatore “Totoriello” Scognamiglio e Salvatore Paolillo), Salvatore Silvestri e Mario Dell’Aquila.

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Camorra, fine pena mai per il boss Michele Cuccaro: fece uccidere un ragazzino di 14 anni

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Fine pena mai per il boss di Barra, Michele Cuccaro. E’ stato condannato dai giudici della IV sezione della Corte d’assise lo ha riconosciuto mandante dell’omicidio di Giovanni Gargiulo,un ragazzino di 14 anni massacrato a San Giovanni, nel parcheggio di un supermercato il 18 febbraio del 1998.
Il ragazzino era fratello di Costantino, affiliato dei Formicola, che aveva iniziato a collaborare ed era ritenuto un componente (col ruolo di basista) del commando che uccise Salvatore Cuccaro, fratello di Michele.
Era febbraio 1998, ed era in atto la faida tra i Cuccaro di Barra, alleati all’epoca con gli Aprea, e i Formicola di San Giovanni a Teduccio. E il fratello della giovane vittima al processo ha testimoniato sostenendo: “Quando seppi che avevano ucciso mio fratello, un ragazzino che non c’entrava niente, mi sono convinto che collaborare era cosa buona.
Non volevo più stare con quella gente. Alcuni giorni prima di essere ucciso  mio padre mi raccontò che Giovanni fu avvicinato da alcune persone nel cortile di casa, e gli fecero capire che gli avrebbero fatto del male”.
La IV sezione della Corte d’assise ha riconosciuto Michele Cuccaro come mandante dell’omicidio, accogliendo la richiesta del pm Antonella Fratello. Tra gli elementi di prova, un vecchissimo verbale di dichiarazioni rese dallo stesso Cuccaro nel breve periodo in cui a sua volta aveva deciso di collaborare con la giustizia; verbale che l’imputato ha cercato in tutti i modi di delegittimare.
Cuccaro però non aveva rivelato agli alleati Aprea l’età della vittima predestinata: lo seppero dal TG e si affrettarono a richiamare a casa i propri bambini perché temevano ritorsioni.

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Camorra, ‘scontati’ 70 anni di carcere alla Paranza dei Bimbi. TUTTE LE NUOVE RICHIESTE

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In attesa che Roberto Saviano presenti a Napoli il suo nuovo romanzo “Bacio feroce” ispirato sempre ai giovani della Paranza dei Bimbi di Forcella e dintorni ieri nell’aula della Corte di Appello di Napoli è andato in scena il processo di secondo grado contro i baby boss che avevano insanguinato le strade del centro di Napoli tre anni anni fa.
Il procuratore generale ha ritenuto che le condanne di primo grado (oltre 4 secoli e mezzo di carcere per gli oltre quaranta imputati) siano state troppe severe perché molti di questi avrebbero commesso i reati quando da poco avevano superato i 18 anni anni.
E per questo che ha chiesto lo sconto di pena per tutti applicata a cascata dai due anni per quelli che sono stati condannati a 20 anni di carcere. Un anno e mezzo di sconto per coloro che hanno invece incassato pene dai 18 agli undici anni di carcere. Solo un anno di sconto per gli altri. In primo grado le condanne erano arrivate a 451 anni di carcere.
In secondo grado sono 380 anni di carcere e sei mesi. Dei 55 imputati in primo grado 43 furono condannati e dodici assolti. Le pene più pesanti a Manuel Brunetti, Salvatore Cedola, Giovanni Cerbone, Vincenzo Costagliola, Giuseppe Guliano e Luigi Vicorito, tutti condannati a 20 anni di carcere.
Sedici per il boss Lino Sibillo.  Sono sei i collaboratori di giustizia, a cui si è aggiunto da qualche mese il boss Vincenzo Amirante  padre di salvatore,  che hanno ricostruito tutti i passaggi delle estorsioni e dei fatti di sangue che portarono all’arresto di 61 tra capi e gregari della quattro famiglie malavitose nel corso dell’operazione “Forcella Liberata” due anni fa.
Tra le gole profonde della camorra ci sono Salvatore Russomagno, Giorgio Sorrentino, Antonio Della Corte, Antonietta Pacifico e Francesco Mazzarella, figlio di Gennaro e fratello di Alfonso. Lui ha dichiarato di essersi pentito per evitare di essere ammazzato.
L’inchiesta culminò nel maxi blitz del 9 giugno 2015 a Forcella, San Giovanni a Teduccio, Vasto e Mercato. La polizia eseguì 58 ordinanze di custodia cautelare su 64 emesse dall’ufficio Gip del Tribunale di Napoli, infliggendo un colpo durissimo all’asse Amirante-Brunetti-Giuliano-Sibillo, ai Rinaldi e ai Mazzarella-Del Prete- Baldassarre.
Le indagini partite dal tentato omicidio di Emanuele Catino, il 1 marzo 2013, e hanno permesso di accertare l’alleanza tra i nuovi Giuliano di Forcella, i Sibillo dei Decumani, gli Amirante della Maddalena e i Brunetti del Vasto-Arenaccia con i Rinaldi del rione Villa a San Giovanni a Teduccio.
Un cartello che in nome dell’odio verso i Mazzarella aveva stabilito un accordo preciso: il supporto militare degli uomini del boss Ciro Rinaldi “Mauè” in cambio di una quota sui proventi delle estorsioni e la fornitura per le piazze di spaccio del centro antico e sul mercato del falso alla Maddalena.

LE NUOVE RICHIESTE CONDANNE 

AMBRA BENIAMINO  5 ANNI (in primo grado 6 ANNI)
AMIRANTE SALVATORE  7 ANNI (in primo grado 8 ANNI)
ATID YASSIR   5 ANNI  (in primo grado 6 ANNI)
BALDASSARRE ANTONIO 9 ANNI (in primo grado 10 ANNI)
BALDASSARRE ASSUNTA  2 ANNI E 4 MESI (in primo grado3 ANNI E 4 MESI)
BRUNETTI CIRO  10 ANNI E 6 MESI  (in primo grado 12 ANNI)
BRUNETTI MANUEL 18 ANNI (in primo grado 20 ANNI)
BRUNETTI SALVATORE  1 ANNO (in primo grado 2 ANNI)
CASABURI SALVATORE   5 ANNI (in primo grado 6 ANNI)
CATINO CIRO  5 ANNI (in primo grado 6 ANNI)
CATINO EMANUELE  5 ANNI (in primo grado 6 ANNI)
CATINO PASQUALE  5 ANNI (in primo grado 6 ANNI)
CECERE ALESSANDRO  6 ANNI (in primo grado 7 ANNI)
CEDOLA GIULIANO 5 ANNI (in primo grado  6 ANNI)
CEDOLA SALVATORE 18 ANNI (in primo grado 20 ANNI)
CERBONE GIOVANNI 18 ANNI (in primo grado 20 ANNI)
CINQUE ROSARIO 5 ANNI (in primo grado 6 ANNI)
CIOFFI VITTORIO 5 ANNI (in primo grado 6 ANNI)
COSTAGLIOLA VINCENZO 18 ANNI (in primo grado  20 ANNI)
D’ALPINO GIOVANNI   7 ANNI (in primo grado 8 ANNI)
DE MARTINO ANNA 3 ANNI (in primo grado 4 ANNI)
DE MARTINO CARLA (in primo grado ASSOLTA)
DE MARTINO PASQUALE  (in primo grado ASSOLTO)
DE ROSA CARMELA  5 ANNI E 4 MESI (in primo grado 6 ANNI E 4 MESI)
DEL PRETE SALVATORE 16 ANNI E 6 MESI (in primo grado 18 ANNI)
ESPOSITO ANTONIO (CL. 1979)  6 ANNI (in primo grado 7 ANNI)
ESPOSITO ANTONIO (CL. 1995) (in primo grado ASSOLTO)
GIAQUINTO DOMENICO  (in primo grado ASSOLTO)
GIULIANO ANTONIETTA  (in primo grado ASSOLTA)
GIULIANO ANTONIO    14 ANNI E 6 MESI (in primo grado 16 ANNI)
GIULIANO CIRO (in primo grado ASSOLTO)
GIULIANO CRISTIANO 7 ANNI (in primo grado 8 ANNI)
GIULIANO DANIELE   5 ANNI (in primo grado 6 ANNI)
GIULIANO GIUSEPPE  18 ANNI (in primo grado 20 ANNI)
GIULIANO GUGLIELMO (CL. 1991)  14 ANNI E 6 MESI (in primo grado 16 ANNI)
GIULIANO GUGLIELMO (CL. 1994) 9 ANNI E 6 MESI (in primo grado 11 ANNI)
GIULIANO LUIGI (CL. 1958) (in primo grado ASSOLTO)
GIULIANO LUIGI JR (CL. 1995)  12 ANNI E 6 MESI (in primo grado 14 ANNI)
GIULIANO MANUEL 12 ANNI E 6 MESI  (in primo grado 14 ANNI)
IOIA LUCIA 5 ANNI (in primo grado 6 ANNI)
LEANZA LUIGI  (in primo grado ASSOLTO)
MADDALUNO RAFFAELE 7 ANNI (in primo grado 8 ANNI)
MARINO SALVATORE 12 ANNI E 6 MESI (in primo grado 14 ANNI)
MASSARI ENRICO 10 ANNI E 6 MESI (in primo grado 12 ANNI)
MIRRA CRISTIAN (in primo grado ASSOLTO)
MONACELLA CIRO (in primo grado ASSOLTO)
MORRA CESARE (in primo grado ASSOLTO)
NARDO NUNZIO (in primo grado ASSOLTO)
NASTI PASQUALE 5 ANNI (in primo grado 6 ANNI)
PIZZO SALVATORE 10 ANNI E 6 MESI  (in primo grado 12 ANNI)
POLLARO GENNARO  5 ANNI (in primo grado 6 ANNI)
RICCIO ALESSANDRO 9 ANNI (in primo grado 10 ANNI)
SIBILLO PASQUALE  14 ANNI E 6 MESI (in primo grado 16 ANNI)
SOLLO RAFFAELE  6 ANNI (in primo grado 7 ANNI)
VICORITO LUIGI 18 ANNI (in primo grado 20 ANNI)

(nella foto da sinistra Salvatore Amirante, Luigi Giuliano, Antonio Giuliano e Salvatore Cedola)

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Casalesi, il cognato del boss sorpreso con le valigie in auto mentre scappava: arrestato

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Era in auto con le valige ma la polizia lo ha bloccato e portato in carcere. Antonio Zarrillo, 50 anni, fratello di Concetta, moglie di Salvatore Belforte, fondatore del clan e ormai ex collaboratore di giustizia, e’ stato arrestato perche’ e’ diventata definitiva la condanna a suo carico a 19 anni e 9 mesi di reclusione per l’omicidio del 23enne Francesco Sagliano, avvenuto il 4 ottobre del 2003.
Fino a qualche giorno fa Zarrillo ha continuato a lavorare nel settore della raccolta dei rifiuti a Caserta, dove e’ stato assunto anni fa. Da qualche giorno pero’ non si faceva piu’ vedere a lavoro. La Squadra Mobile di Caserta lo ha sorpreso in auto e gli ha notificato l’ordine di carcerazione emesso dall’Ufficio Esecuzioni Penali della Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Napoli.
Il delitto Sagliano fu commesso 14 anni fa. Il cadavere del giovane, raggiunto da numerosi colpi d’arma da fuoco, fu rinvenuto dagli uomini della Mobile nella serata del 3 ottobre del 2003, a seguito delle segnalazioni giunte alla polizia.

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Due operazioni al cuore, il boss Biagio Cava in rianimazione al Cardarelli

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E’ ricoverato in rianimazione dopo un doppio delicato intervento chirurgico al cuore il boss di Quindici, Biagio Cava. Uno dei più sanguinari  capi camorra della penultima generazione, 63 anni,  protagonista della decennale faida con i Graziano culminata con la famosa “Strage delle donne” del maggio 2002, era detenuto a Sassari.
Era stato  condannato a 30 anni di carcere, a fine settembre è stato trasferito ai domiciliari nel suo comune a Quindici. Pochi giorni soltanto in casa, quindi un ricovero al Cardarelli di Napoli.
Dopo un primo intervento, all’inizio della settimana, i medici hanno dovuto intervenire nuovamente. L’uomo è stato ritenuto dai giudici di sorveglianza in condizioni gravi e il suo legale di fiducia Raffaele Bizzarro ha ottenuto il rinvio dell’esecuzione della pena. Per motivi umanitari il provvedimento è previsto da tempo.
Sarebbe dovuto essere scarcerato nel 2031, dal 2006 era in carcere, al regime del 41 bis. La storia di Biagio Cava è una storia di sangue e morti. Una faida familiare con i Graziano iniziata nel 1972 e culminata in una prima strage consumata il 21 novembre del 199 a Scisciano. Un commando dei Cava (dove forse c’era lo stesso Biagio), aveva massacrato in una officina a colpi di kalashnikov Eugenio Graziano, 30 anni, erede designato del clan (e figlio di Luigi Salvatore e Chiara Manzi), il cugino Vincenzo, di 22 anni e il loro guardaspalle, il 21enne Gaetano Santaniello. Nel 1994, come ricorda l’edizione di Avellino de Il Mattino, era stato arrestato dalla Mobile di Avellino a San Gennariello di Ottaviano.
Nel 2000 fu scarcerato per decorrenza dei termini di custodia cautelare dopo un’assoluzione in appello. Torna a sparire per due anni. Ma il 7 febbraio 2002 viene riconosciuto e fermato dalla polizia francese all’aeroporto di Nizza. Pochi mesi dopo scatta la violenta vendetta dei Graziano che compiono quella che è passata alla storia come la “Strage delle donne”.  Il 26 maggio del 2002: è domenica sera e a Lauro paese al confine tra le province di Napoli e Avellino c’è grande animazione in strada. C’è la campagna elettorale. Un commando di killer spara all’impazzata tra la folla contro le donne del clan Cava. C’è un violento conflitto a fuoco. A terra restano  Clarissa Cava, la figlia 16enne del boss Biagio Cava, e Maria Scibelli. L’altra vittima, Michelina Cava, sorella del capoclan, maestra elementare. Tra i sei feriti ci sono anche l’altra figlia del boss, la 19enne Felicia (costretta per quelle ferite alla sedia a rotelle)e il boss rivale Luigi Salvatore Graziano che sarà arrestato qualche giorno dopo insieme ad una dozzina di affiliati tra uomini e donne tra cui anche un poliziotto genero di Graziano.
Nel frattempo Biagio Cava finisce al 41 Bis, la Dda di Napoli l’accusa di essere l’organizzatore del tentato rapimento di Luigi Salvatore Graziano da parte di un commando di falsi carabinieri nel maggio 2000. Il 21 aprile 2004 viene assolto.
Esce e riprende la sua vita segreta: impossibile notificargli l’obbligo di dimora. Ma il 2006 è l’anno in cui comincia a cedere il suo sistema. A marzo viene scovato prima Antonio Cava, cugino di Biagio e numero due del clan. Passano poche ore e arrivano anche altri sei arresti di affiliati al clan di Biagio Cava. Associazione a delinquere finalizzata all’estorsione è l’accusa che pende anche sul capo. E a ottobre è la volta di Biagio. Il 17 ottobre sono i poliziotti del commissariato di Lauro a pescarlo in un boschetto vicino casa al confine tra Pago e Quindici.

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Camorra, sei clan gestivano il traffico droga dal Sud America: 141 indagati. TUTTI I NOMI

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Camorra, sei clan gestivano il traffico droga dal Sud America: 141 indagati. TUTTI I NOMI

Fiumi di cocaina dal Sud Ameri­ca  dal Centro America (Santo Domingo) arrivavano nel porto di Salerno sotto la regia dei clan napoletani che da Valencia, in Spagna, controllavano i traffici illeciti.
Un fiume di droga che dal 2006 in poi ha invaso la Campania attraverso lo scalo marittimo salernitano. È questo l’epicentro del blitz che nel 2006 aveva portato all’arresto di 46 persone (28 in carcere e 18 domiciliari), per complessivi 59 indagati. Sei gruppi nei quali operavano elementi legati ai cinque clan: i Lo Russo di Miano, i De Tomasso di Forcella con Genny la carogna e famiglia, i Castaldo di Caivano, i Gionta a Torre Annunziata, gli Aquino-Annunziata a Boscoreale ei Pecoraro-Renna di Eboli, Battipaglia e la piana del Sele.
A governare il flusso verso il porto commerciale di Salerno, il gruppo che faceva capo a Gianluca e Luigi Amirante e Pasquale Fiorente, che aveva­ no come intermediario Arturo Josè de la Rosa Mendez, e che rifornivano Napoli (nei quartieri di Secondigliano, Miano e Forcella) e poi l’area vesuviana tra i comuni di Torre Annunzia­ta, Boscoreale, Pompei. tutto il territorio vesuviano.
Tra le piazze di spaccio servite, oltre quelle campane, anche quelle di Brindisi, Siena, Cosenza, Rovigo. Un esercito di capipiazza e pusher a processo accusati di una innumerevole serie di episodi di traffico di sostanze stu­pefacenti nonché, in parte, di essere stati dentro a una vera e propria associazione a delinquere strutturata.  Nel frattempo dei 141 iniziali indagati qualcuno è deceduto.

1- Francesco Alfano, 45 anni di Pompei
2- Gianluca Amirante, 33 anni di Napoli
3- Luigi Amirante, 39 anni di Napoli
4- Giacinto Amoruso, 69 anni di Torre Annunziata
5- Antonio Andreano, 52 anni di Foggia
6- Raffaele Avino, 50 anni di Boscoreaie
7- Gerardo Barbaro, 41anni di Avellino
8- Alfonso Barbensi, 42 anni di Napoli
9- Roberto Benicchi, 50 anni di Salerno
10- Silvana Bianco, 51 anni di Arzano
11- Sergio Bisogni, 49 anni di Bellizzi
12- Salvatore Bonvegna. 37 anni di Catania
13- Guglielmo Busiello, 45 anni di Cercola
14- Enrico Caldari, 49 anni di Pesaro
15- Francesco Canfora, 54 anni di Napoli
16- Riccardo Cangiano, 38 anni di Napoli
17- Ciro Capano, 59 anni anni di Napoli
18- Luisa Capano, 36 anni di Napoli
19- Ciro Capasso, 49 anni di Napoli
20- Pasquale Carotenuto, 36 anni di Torre Annunziata
21- Francesco Casillo, 44 anni di Boscoreale
22- Eduardo Castaldi. 42 anni di Boscoreale
23- Carmela Castello, 51 anni di Giugliano
24- Pasquale Catalano, 57 anni di Giugliano
25- Giovanni Chirico, 51 anni di Terzigno
26- Massimo Cinquegrana. 42 anni di Napoli
27- Vincenzo Cinquegrana, 52 anni di Napoli
28- Antonietta Cirillo, 48 anni di Boscoreaie
29- Vincenzo Cirillo, 38 anni di Torre Annunz-eta
30- Rosarta Cozzolino, 53 anni di Civitanova Marche
32- Luciano D’Amore, 52 anni di Napol;
33- Nicola D’Amore, 64 anni di Beilizzi
34- Stefano D’Auria, 43 ann; di Salerno
35- Giulio De Biase, 3? anni di Napoli
36- José Mendez. 48 ann; di Santo Domingo
37- Salvatore Del Giorno, 56 anni di Salerno
38- Salvatore Derviso, 56 anni di Arzano
39- Gaetano DeTommaso, 58 anni di Napoli
40- Gennaro DeTommaso, 44 anni di Napoli
41- Giuseppe De Tommaso, 70 anni di Napoli
42- Rosario DeTommaso, 35 anni di Napoli
43- Benito Di Fiore, 32 anni di Torre del Greco
44- Guerino Di Giorgio. 46 anni di Teramo
45- Marisa Di Rocco, 50 anni di Teramo
46- Biagio Donnarumma, 31anni di Torre Annunziata
47- Biagio Donnarumma, 29 anni di Torre Annunziata
48- Enrico Donnarumma, 46 anni di Torre Annunziata
49- Mario Donnarumma, 53enne di Torre Annunziata
50- Antonio D’Onofrio, 46 anni di Napoli
51- Bakn El Sayed, 66 anni di Milano
52- Luigi Esempio, 40 anni di Napoli
53- Carmen Esposito, 32 anni di Giugliano
54- Francesco Esposito, 43 anni di Torre Annunziata
55- Marco Esposito. 37 anni di Napoli
56- Marianna Esposito, 31 anni di Giugliano
57- Maurizio Esposito. 42 anni di Napoli
58- Vincenzo Esposito. 56 anni di Napoli
59- Vincenzo Esposito, 54 anni di Napoli
60- Bruno Fanni, 59 anni di Nuoro
61- Carmine Ferrante. 38 anni di Bologna
62- Luciano Fiore, 36 anni di San Giorgio a Cremano
63- Alessandro Fiorente, 27 anni di Trecase
64- Salvatore Fiorenza. 46 anni vive in Olanda
65- Vincenzo Forte, 45 anni di Napoli
66- Gabriele Francescane. 50 anni di Napoli
67- Sabatino Gaeta, 62 anni di 5alerno
68- Aniello Gegnoso, 39 anni di Sant Anastasia
69- Massimo Giordano. 59 ann; di Napoli
70- Pasquale Gionta, 40 anni di Torre Annunziata
71- Valentino Gionta, 34 anni di Torre Annunziata
72- Luiqi Giugliano. 41 anni di Moncalieri
73- Ciro Grimaldi, 52 anni di Napoli
74- Odenys Hernandez, 36 anni di Napoli
75- Claudio lazzetta, 59 anni di Napoli
76- Fabio Imparato, 36 anni di Napoli
77- Gennaro Imparato 34 anni di Napoli
78- Giuseppe Lamboglia, 72 anni di Napoli
79- Grazia Lamboglia, 49 anni di Napoli
80- Francesco Leonardo, 38 anni di Caivano
81- Anna Libero, 37 anni di Castello di Cisterna
82- Rita Libero, 40 anni di Castello di Cisterna
83- Salvatore Lucenti, 73 anni di Napoli
84- Amalia Maggio, 57 anni di Napoli
85- Guglielmo Malatesta, 59 anni di Notaresco
86- Adriano Manca, 38 anni di Torre Annunziata
87- Michele Meraviglia, 38 anni di Cercola
88- Andrea Migliorini, 34 anni di Ravenna
89- Gennaro Moccardi, 65 anni di Napoli
90- Pietro Moccardi, 46 anni di Roma
91- Lorenzo Montecuollo, 50 anni di Caserta
92- Alessandro Montella, 40 anni di Torre Annunziata
93- Gaetano Nazionale, 36 anni di Torre Annunziata
94- Pasquale Nazionale, 47 anni di Torre Annunziata
95- Francesco Oliva, 55 anni di Frattaminore
96- Antonio Orlando, 37 anni di Boscoreale
97- Teodosio Orlando, 42 anni di Fermo
98- Guido Pagano, 55 anni di Aversa
99- Luigia Paino, 59 anni di Casalnuovo
100- Carmine Pandolfi, 50 anni di Napoli
101 – Francesco Panico, 39 anni di Cercola
102- Elio Papi, 29 anni di Napoli
103- Guido Papi, 50 anni di Napoli
104- Biagio Parisi, 41 anni di Battipaglia
105- Gennaro Pastore, 37 anni di Torre Annunziata
106- Antonio Pica, 39 anni di Napoli
107- Antonio Piccoli, 39 anni di Napoli
108- Bruno Politeli!, 64 anni di Ascoli
109- Eduardo Politelli, 34 anni di Ascoli
110- Maria Politelli, 44 anni di Napoli
111- Pasquale Politelli, 45 anni di Napoli
112- Patrizia Pollice, 48 anni di Napoli
113- Assunta Prinno, 65 anni di Napoli
114- Darko Prodanovic, 43 anni vive in Croazia
115- Raffaele Quaranta, 43 anni di Napoli
116- Gennaro Quarto, 66 anni di Napoli
117- Luigi Rea- 62 anni di Somma Vesuviana
118- Vincenzo Romano, 71anni di Napoli
119- Francesco Ruggiero, 33 anni di Brindisi
120- Giulia Rumolo, 58 anni di Giugliano
121- Fortunato Santoriello, 47 anni di Napoli
122- Annamaria Santoro, 59 anni di Catania
123- Alfredo Saracino, 69 anni di Portici
124- Vittorio Saracino, 34 anni di Portici
125- Giuseppe Scarpa, 54 anni di Napoli
126- Salvatore Scappaticelo, 36 anni di Napoli
127- Natale Scarpa, 39 anni di Terzigno
128- Salvatore Scibilia, 71 anni di Catania
129- Rosa Scognamiglio, 52 anni di Ascoli
130- Alfonso Scoppetta, 45 anni di Torre Annunziata
131- Raffaele Serpe, 65 anni di Torre del Greco
132- Costantino Sgambati. 40 anni di Roma
133- Alfredo Sicuro, 40 anni di Marciano
134- Angelo Sinisi, 30 anni di Brindisi
135- Antonio Sollazzi. 48 anni di Iserma
136- Augusto Tamburrino, 66 anni di Villa Literno
137- Gennaro Taraselo. 57 anni di Napoli
138- FabioTesta, 42 anni di Napoli
139- Vincenzo Troise. 33 anni di Cercola
140- Marco Troncone, 36 ann: di Napoli
141- Salvatore Vicorito. 64 anni di Napoli

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Droga e estorsioni in Penisola: finisce in cella Antonio Pasqua di Sorrento

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Droga e estorsioni in Penisola: finisce in cella Antonio Pasqua di Sorrento

Sorrento. Droga e estorsioni: finisce in manette Antonio Pasqua, 43 anni di Sorrento. L’uomo è stato fermato dalla Guardia di Finanza della Tenenza di Massa Lubrense a seguito delle indagini che a settembre scorso avevano portato all’arresto di Francesco Missure e Francesco Paolo Mase. Secondo gli inquirenti, Pasqua era un estorsore violento tanto da rincorrere, picchiare e minacciare le vittime, pur di ottenere quanto chiedeva. Tutto era cominciato con l’arresto, il 26 settembre, di Missure e Mase, giovani di Sorrento trovati in possesso di tre chili di droga assortita e due armi a canna lunga risultate oggetto di un furto. Le indagini delle fiamme gialle di Massa Lubrense hanno permesso di raccogliere ulteriori elementi sulla rete di spaccio attiva nel territorio sorrentino, fino a stringere il cerchio attorno ad Antonio Pasqua.
“Per la gravita’ del quadro probatorio ricostruito – spiega in una nota il procuratore della Repubblica di Torre Annunziata, Alessandro Pennasilico – si è chiesta ed ottenuta dal gip un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Pasqua”. L’uomo, dopo le formalità di rito, è stato portato nel carcere napoletano di Poggioreale.

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Salerno, aiutò il fidanzato nell’omicidio del padre: processo rinviato per Daniela

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Salerno, aiutò il fidanzato nell’omicidio del padre: processo rinviato per Daniela

Prevista per oggi innanzi ai giudici della Corte di Assise di Salerno, la prima udienza del processo per l’omicidio di Eugenio Tura De Marco, il carrozziere di 62 anni ucciso la sera del 20 febbraio 2016 nel rione Fornelle, nel cuore del centro storico di Salerno, e’ stata rinviata, con un provvedimento fuori udienza, al 15 febbraio del prossimo anno.
Imputata per concorso morale in omicidio e’ la figlia della vittima, Daniela, che, secondo l’accusa, avrebbe rafforzato il proposito criminoso del fidanzato, il 22enne Luca Gentile, esecutore materiale del delitto. Gentile gia’ lo scorso 28 settembre e’ stato condannato con rito abbreviato a 20 anni di carcere dal gip del Tribunale di Salerno.
Il giovane, poco dopo il delitto, aveva confessato di aver accoltellato il suocero, a suo dire per reazione ad approcci sessuali ricevuti dal padre della fidanzata. Il giudice, nell’applicare la condanna, non ha riconosciuto l’aggravante dei rapporti familiari che, pero’, permane per la figlia della vittima, che e’ assistita dagli avvocati Francesco Saverio Dambrosio e Antonietta Cennamo.

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Fidanzati uccisi, in arrivo la richiesta di condanna per il soldato napoletano Giosuè Ruotolo

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Fidanzati uccisi, in arrivo la richiesta di condanna per il soldato napoletano Giosuè Ruotolo

La Corte d’assise di Udine ha dichiarato chiusa l’istruttoria dibattimentale nel processo a carico di Giosue’ Ruotolo, unico imputato per il duplice omicidio della coppia di fidanzati, Teresa Costanza e Trifone Ragone, uccisi la sera del 17 marzo 2015 nel parcheggio del palazzetto dello sport di Pordenone.
Dopo le ultime produzioni documentali delle parti, oggi la Corte ha fissato il calendario per le udienze della discussione che iniziera’ il 19 ottobre con la requisitoria del pubblico ministero, che proseguira’ anche il 20 ottobre. Il 23 e 24 ottobre sara’ la volta delle parti civili e il 30 e 31 ottobre della difesa. Anche oggi Ruotolo era in aula come durante tutte le udienze del processo.
Ha preso brevemente la parola per rendere spontanee dichiarazioni e fornire spiegazioni su un contatto telefonico tra il cellulare della sua fidanzata e quello di Trifone, evidenziato in uno dei documenti prodotti dall’accusa. Ruotolo ha spiegato che, in occasione di una licenza, aveva dimenticato il cellulare nell’appartamento di Pordenone.
Una volta arrivato a Somma Vesuviana  – ha detto – chiamai Trifone che con il telefono di Maria Rosaria per chiedergli di spedirmi il mio cellulare. “Lui – ha concluso – ha fatto una raccomandata e mi ha mandato la foto della spedizione sul cellulare”.

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