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Camorra, Prestieri da Saviano in tv: ”Uccidemmo un bravo ragazzo per un errore di chi diede il segnale”. IL VIDEO RACCONTO CHOC

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Debutterà in Italia, in prima tv assoluta su Nove per poi arrivare in America Latina, Spagna, Portogallo, Francia e in Germania. Nella prima puntata quella del 4 ottobre dopo la prima biografia del programma, l’intervista di Saviano a Maurizio Prestieri. Con lui si viaggerà tra aneddoti e modi di vita quotidiane della Camorra. L’ex boss pentito racconta una serie di aneddoti di quando si contavano i chilogrammi di soldi incassati con la droga perché non c’era il tempo di contarli e di come i camorristi avevano come loro statu symbol la presenza al festival di Sanremo. Ma anche il racconto chic di quando a Marano fu ucciso un giovane innocente perché lo specchiestista incaricato di dare il segnale ai killer della vittima da eliminare diede la mano( era quello il segnale) alla persona sbagliato e i sicari uccisero un giovane innocente.

“Quando con la collega che firma con me questo percorso abbiamo deciso di raccontare queste storie ci siamo chiesti chi ci avrebbe dato spazio per raccontare sangue, violenza. Poi e’ arrivata Laura (Carafoli, responsabile dei contenuti di Nove, ndr) che ce l’ha dato”, ha detto Roberto Saviano, ospite a Milano della presentazione dei palinsesti di Discovery Italia. “Dopo Gomorra tutti mi chiedono di scrivere serie che danno la possibilita’ di andare oltre l’intrattenimento, facendo anche approfondimento”, ha continuato Saviano. “Per la prima volta abbiamo tentato di portare il modello factual nella televisione italiana giocando tra intrattenimento e approfondimento. Kings of Crime e’ anche un programma dedicato all’approfondimento della violenza per i piu’ piccoli, che puo’ sembrare una cosa terribile, ma permette loro di capire le regole di un’organizzazione come la ‘Ndrangheta andando al di la’ di come si spaccia e’ si pippa – sottolinea Saviano -. Per realizzarlo abbiamo scelto un’aula di Universita’ perche’ e’ giusto studiare e conoscere. Le televisioni nazionali stanno dimenticando le cose su cui si dovrebbe approfondire, parlando solo di immigrati. Sono contento che Discovery abbia deciso di raccontare queste storie andando oltre le due logiche che mi si oppongono quando dico di voler raccontare queste cose: “L’Italia non e’ questa” e “Queste cose si sanno gia'”. Invece si deve perche’ questa gente sa come muoversi: due morti a Napoli come quelli di oggi non fanno notizia, ma la farebbero a Milano dove invece ci si muove coi piedi di piombo”. In merito all’intervista faccia a faccia con Maurizio Prestieri, Saviano ha confessato: “Mi e’ costato tanto fare perche’ e’ stato necessario smontare dei messaggi che ognuno di queste persone vuole mandare fuori”.

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Horror-Camorra: testa tagliata e usata come pallone per giocare a calcio. IL RACCONTO CHOC DEL BOSS PENTITO

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Sembra la scena di un film dell’horror eppure a leggere i verbali di Gennaro Notturno ‘o sarracino, uno che fino a pochi mesi fa era uno dei capi del clan degli “scissionisti”, quella testa del rivale tagliata con un seghetto da falegname e fatta rotolare, presa a calci come un pallone, è il macabro epilogo di un omicidio di camorra: quello di Antonio Ruggiero, ucciso il 21 gennaio del 2005. Dodici anni fa. Quella testa mozzata, usata per giocare a calcio in una villa di Varcaturo dal boss provocò il disgusto di due affiliati che vomitarono per quella scena a cui dovettero assistere, e poi fu portata al cospetto di una vedova di camorra ucciso da un cugino di quell’uomo. L’omaggio della vendetta e l’inizio di una faida che tra il 2004 e il 2005 ha insanguinato Napoli e l’hinterland. “E’ iniziata la guerra, siete pronti?” disse il capoclan ai suoi affiliati. Il racconto di una delle faide più sanguinarie della storia della camorra partenopea viene raccontata in questi mesi da Gennaro Notturno che racconta la guerra tra i Di Lauro e gli Amato-Pagano. La Gomorra reale che va aldilà della fiction che in questi anni ha raccontato quella Napoli sanguinaria.
Gennaro Notturno, alias ‘ sarracino, era uno dei capi del­la cupola di “scissionisti” che ha creato un impero miliona­rio sui traffici di cocaina. I suoi verbali come quelli di Pasquale Riccio, un affiliato legato agli Abbinante, sono terrificanti. Notturno, un boss disposto a tutto, racconta 38 omicidi in un verbale illustrativo di 16 pagine, facendo nomi e cognome di killer e mandanti di rivali della camorra ma anche di persone innocenti come Antonio Landieri e Gelsomina Verde. Tra gli omicidi ricostruiti dal neo pentito Notturno, come riporta Il Corriere del Mezzogiorno,  anche quelli dei genitori di tre capiclan e di Gaetano De Pasquale, ucciso il 1 novembre del 2004.  De Pasquale aveva 26 anni, quando fu sequestrato e portato al cospetto di Cesare Pagano, il capo della ri­volta. “Lo legò ad una sedia e lo interrogò per ore” dice Notturno. Il giovane piangeva implorava di non essere ucciso, ma il boss gli mostrò migliaia di euro: “Gli disse che se avesse svelato i piani dei Di Lauro lo avrebbe fatto migrare in Sudamerica”. Prima lo fece parlare, “poi i suoi uomini lo affogaro­no in una bacinella piena d’ac­qua e gettarono il corpo in un pozzo”.
Mattanza quella che i Di Lauro misero in atto in quegli anni. Il 30 ottobre del 2004 i killer incrociarono in stra­da un 75enne, Salvatore De Magistris patrigno del killer Biagio Esposto. “I Di Lauro lo picchiarono e gli passarono sul corpo con la motocicletta” racconta Notturno, morì per le profonde ferite. Un mese dopo arrivò la ritorsione, fu assassinato all’Arenaccia Gennaro Emolo, il padre di un altro boss: “Spuntarono da dietro con il silenziatore montato su 7,65. Un colpo alla nuca e si accasciò”. L’uomo vendeva carciofi per strada. Notturno parla anche di compensi, soldi, tanti soldi frutto del traffico di cocaina venivano dispensati ai killer più feroci. “Per uccidere noi killer indossavamo Rolex da 100mila euro”. L’ostentazione della ricchezza accumulata con il sangue. Un dettaglio che passa in secondo piano rispetto all’efferatezza dei killer nei confronti di una ragazza legata ai Di Lauro “le bruciarono il volto con l’acido muriatico” racconta Notturno.

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Abusavano di una bambina con la scusa dei gattini: indagati due anziani

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Avrebbero abusato di una ragazza minorenne fingendosi conoscenti della famiglia. La ragazzina, una 15enne, era diventata oggetto di desiderio di due uomini. I fatti, secondo la procura di Nocera Inferiore, risalgono dal 2012 al 2015. Un’indagine delicata quella che sta svolgendo la Procura che vedrebbe coinvolti due uomini che in periodi diversi avrebbero approfittato della minore nata in Bulgaria ma residente ad Angri. Si tratta di un 69enne ed un 80enne che in più circostanze avrebbero mostrato atteggiamenti gentili ed amichevoli con la scusa di farle vedere dei gattini. La ragazza nel periodo attenzionato aveva 13 anni, fu attirata in cantina dal 69enne che la costrinse ad avere un rapporto sessuale. La bambina avrebbe provato più volte a divincolarsi, minacciando inutilmente di raccontare tutto ai carabinieri. La fuga sarebbe risultata impossibile, avendo l’uomo chiuso a chiave l’ingresso della cantina. Ma altre volte, invece, il 69enne l’avrebbe semplicemente costretta con violenza, afferrandola per il polso. L’80enne invece avrebbe abusato della ragazzina quando la piccola aveva 11 anni. In quella circostanza l’uomo si sarebbe finto un amico del padre della piccola, deceduto tempo prima, andando a prenderla all’esterno di una chiesa per poi condurla nella propria automobile. Da lì, il viaggio verso un luogo isolato, dove anche stavolta la vittima avrebbe subito una violenza di tipo sessuale. La procura ha chiesto l’incidente probatorio con audizione protetta della ragazzina che dovrebbe spiegare agli inquirenti cosa sarebbe accaduto.

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Napoli, speronarono e poi travolsero con l’auto un 21enne: tutti condannati a 30 anni di carcere

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Trenta anni di carcere per i tre baby killer di Secondigliano che uccisero il 21enne Fabio Giannone il 10 aprile del 2016 prima investendolo e poi passando sopra il corpo con l’auto. Nel processo che si è celebrato con il rito abbreviato davanti al gup De Stefano (18esima sezione gip del Tribunale di Napoli) sono stati condannati Vincenzo De Luca, Pasquale Paolo e Simone Scaglione.

I primi due avevano investito con un’ auto rapinata Giannone, che viaggiava in sella uno scooter, per vendicarsi di un pestaggio subito ad opera di Giannone e del fratello il 4 gennaio 2015, nel quale De Luca aveva riportato numerose fratture. Il pestaggio era stato causato dal danneggiamento delle vetrine di un negozio di abbigliamento di proprietà di uno zio dei fratelli Giannone, avvenuto nella notte del Capodanno 2015 da parte di De Luca. Il cadavere di Giannone fu trovato sotto una “Citroen C3”, abbandonata al centro della carreggiata con le porte aperte. Accanto vi era uno scooter “Honda SH” di proprietà di Giannone. Grazie alle immagini di alcune telecamere di videosorveglianza gli agenti della Squadra Mobile di Napoli e del Commissariato Secondigliano accertarono che Giannone fu investito volontariamente da De Luca. Il giovane, noto come ‘o dannato, che era evaso dagli arresti domiciliari, si era poi costituito la stessa notte dell’omicidio al Commissariato di Polizia di Giugliano. Pasquale Paolo, anch’egli ai domiciliari ma per droga, è il figlio di Raffaele detto “o’ Rochets”, detenuto e considerato in passato uno dei capipiazza dei Di Lauro, vicino in particolare al boss Paolo detto “Ciruzzo o’ milionario” per la zona di Secondigliano. Giannone infine, era il figlio di Ciro, ammazzato il 1 febbraio 2002 in un agguato di camorra: secondo gli investigatori proprio il clan lo decise perché avrebbe dato fastidio in qualche maniera, ma l’indagine si è conclusa senza l’individuazione dei responsabili, almeno finora. Un altro congiunto della vittima del finto incidente stradale è Claudio, suo zio, finito in manette per armi anni fa. Vincenzo De Luca è il principale accusato. Sarebbe lui l’ideatore dell’omicidio per vendicarsi del pestaggio avvenuto il 4 gennaio scorso, tre giorni dopo che la vetrina del negozio di abbigliamento dello zio di Giasone era andata in frantumi nel corso dei festeggiamenti per il nuovo anno. Il 21enne gli addebitava la responsabilità dell’accaduto e così era scattata la spedizione punitiva. “O’ dannato”, che non è ritenuto legato alla criminalità organizzata così come l’amico Pasquale Paolo, ha un tatuaggio che riporta il soprannome, che evidentemente gli piace molto e rispecchia il suo carattere: uno che non si arrende mai.

L’8 giugno scorso la svolta nelle indagini. Il pm ascoltando le intercettazioni tra i familiari di Vincenzo De Luca al carcere di Poggioreale dov’era detenuto decidono di eseguire un decreto di perquisizione. All’interno della cella sequestrano al ragazzo il giubbotto di colore blu scuro con il quale era entrato in galera il giorno che si è consegnato e le lettere che aveva ricevuto dai familiari. Nel coro del sequestro il ragazzo crolla e decide di rendere dichiarazioni spontanee. Dice di aver voluto dare una lezione a Giannone per motivi personali. La sera dell’omicidio aveva percorso più volte le vie del quartiere alla ricerca di Fabio. Di averlo visto affacciato al balcone e di essere stato istigato dallo stesso. Motivo per il quale lo aveva speronato con l’intento di procurargli lesioni. Però lo aveva travolto e non riuscendo a fermare il veicolo lo aveva ucciso, ma non voleva. Tre giorni dopo un nuovo interrogatorio, questa volta davanti al pm, ma con delle correzioni. Secondo l’accusa perché indottrinato dal padre.

De Luca Vincenzo: «Eh, mi sono accusato del reato. Ed si. Si. Cosa. Hanno detto, noi sappiamo che sei stato minacciato».

De Luca Raffaele: «Eh, ti sei fatto. Ti sei messo a piangere? Cose».

Vincenzo: «Come».

Raffaele: «Che non lo volevi fare apposta?».

Vincenzo: «Come. Che io non lo volevo fare apposta. Ha detto: noi lo sappiamo che è una famiglia di infami, che ti hanno fatto male, hai fatto un sacco di ricoveri. E poi è così, è così, è così, è così. Chi ci stava con te? Io stavo solo io, stavo solo io nella macchina, l’ho visto arrivare al lato sinistro e l’ho…».

Raffaele: «…incomprensibile…».

Vincenzo: «No, di lato! Ho detto, io l’ho solo tamponato. L’ho solo tamponato però non sono riuscito a prendere il controllo della macchina e l’ho fatto, non lo so se, gli sono passato per dosso. Non so nulla. Hanno detto, noi questo lo sappiamo che è stato un omicidio volontario e poi mi ha dato le carte, 575 e 577».

Raffaele: «Che?».

Vincenzo: «Omicidio aggravato».

Raffaele: «Aggravato?».

Vincenzo: «Poi cala la pena, hai capito?».

Raffaele: «Si sapeva».

Vincenzo: «Ah!».

Raffaele: «Si sapeva».

Vincenzo: «Erano tre di loro vennero, c’era l’ispettore quello con gli occhiali».

Raffaele: «Quello con il mellone? Quello quella quarta sezione di Secondigliano».

Vincenzo: «Eh. Ispettò io tengo 21 anni. Senza che perdiamo tempo, ho detto io. Sono stato io. E lui mi fa: “De Lù la mia parola contro la tua”. Io ti aiuto però l’indagine non la chiudo».

Raffaele: «Hai detto che la strada era a senso unico?».

Vincenzo: «No».

Raffaele: «Non stava a senso unico sto ragazzo?».

Vincenzo: «No».

Raffaele: «Non stava a senso unico?».

Vincenzo: «No».

Raffaele: «Da dietro?».

Vincenzo: «Di lato».

Raffaele: «Le telecamere non pigliavano bene, le telecamere non si pigliavano bene».

Vincenzo: «Però mi ha riconosciuto la coscia».

(da sinistra nella foto  Vincenzo De Luca, Pasquale Paolo e la vittima Fabio Giannone)

 

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Camorra, il pentito: ”Moccia fu ucciso su ordine degli Abbinante perchè non voleva più sparare”

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“Posso riferire dell’omicidio di Giovanni Moccia perché mi fu riferito da Antonio Abbinante con il quale dividevo la cella a Larino di Campobasso”. E’ Gennaro Notturno ‘o sarracino il boss pentito del gruppo Abete-abbinante-Notturno-legato agli Amato-Pagano e protagonisti ella prima faida di Scampia. Sta fornendo ai magistrati della Dda di Napoli particolari nuovi su una lunga serie di omicidi, alcuni dei quali già noti, altri inediti. I suoi racconti, a differenza di altri pentiti, sono di prima mano, essendo egli uno del vertice della cosca e avendo partecipato in molti casi in qualità di killer in prima persona agli agguati.
Un altro degli omicidi su cui Gennaro Notturno “o’ Sarracino” ha parlato con i pm antimafia è quello di Giovanni Moccia del 29 settembre 2007. La vittima aveva partecipato con lo stesso Notturno all’agguato ai Sette Palazzi in cui dovevano essere uccisi i fratelli Meola e dove invece fu uccisa la vittima innocente Antonio Landieri. Moccia aveva cominciato a sparare all’impazzata appena scesi dalle auto e colpi al polso lo stesso Notturno. Come ha raccontato il neo pentito, e come riporta Il Roma, Giovanni Moccia quando fu ucciso era con Giovanni Piana, sfuggito miracolosamente all’agguato e che si pentì lo stesso giorni. I due facevano parte del clan Abbinante e secondo l’accusa, poi caduta nel processo di secondo grado, sarebbero stati gli stessi “scissionisti” a volerne la morte.

Giovanni Piana non aveva avuto dubbi. “Preciso di essere riuscito a vedere l’autovettura Yaris e i citati occupanti nell’istante in cui venivano sparati i primi colpi e il Moccia precipitava al suolo; in tale frangente mi giravo istintivamente all’indietro riuscendo a riequilibrare il motociclo. Ricordo di essere riuscito miracolosamente a darmi a precipitosa fuga lasciando mio malgrado il mio compagno esanime sulla strada. Non ho alcun dubbio sulla identità dei soggetti che vi ho indicato quali autori dell’agguato poiché da me conosciuti e frequentati da anni vista la comune militanza. Per sfuggire all’agguato ho percorso una strada interna che attraversa il paese di Qualiano, giungendo presso l’autosalone Moccia, gestito dalla famiglia del mio compagno assassinato”. Per quell’omicidio in secondo grado sono stati tutti assolti: Guido Abbinante, Giovanni Esposito “o’ morto”, Giovanni Carriello, Paolo Ciprio e Salvatore Baldassarre.

 

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Arzano, i vigili timbravano e andavano a vedere la partita in tv. LE INTERCETTAZIONI

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Arzano. Tutti a tifare per l’Italia, cartellini timbrati ma al comando c’era chi se ne stava a casa tranquillamente. Stanno continuando ad emergere fatti a dir poco eclatanti dalle migliaia di carte dell’Inchiesta sui caschi bianchi. Tutti facenti parte integrante dei provvedimenti di dicembre scorso e che rappresentano uno spaccato desolante che  magistrati e inquirenti hanno voluto ben delineare a partire dal 2006 ad oggi. Il servizio di Intercettazione aveva evidenziato tra l’altro la passione per il calcio del personale della Polizia Municipale di Arzano. Tale passione si dimostrava tanto forte da indurli a restare nelle proprie abitazioni nonostante il loro cartellino risultasse timbrato.  È questo il caso dell’incontro tra la Nazionale e una squadra straniera. “La prima avvisaglia degli illeciti comportamenti dei vigili urbani  – scrivono gli investigatori – si aveva ascoltando la registrazione della telefonata n.3758. Infatti alle ora 15:55 il maresciallo Omissis dall’utenza Omissis installata presso la propria abitazione contattava il comando di P.M. di Arzano chiedendo di essere avvertito a casa ove ci fossero state delle novità. Il Maresciallo Omissis, nonostante a casa, risulterà ,dagli specchi acquisiti, in servizio dalle ore 16:00 alle ore 22:00 di quella giornata”. Si riporta di seguito la trascrizione della telefonata:

Vigile: R

Maresciallo: M

R:Comando vigili

M: ma non è venuto nessuno di questi?

R: Mimì prima ti ho passato la piazza è caduta la linea..

M: Ma non risponde nessuno..

R: non risponde nessuno…che vuoi che ti dica

M: Ma tu sei solo?

R: Si .. ma staranno in qualche bar a vedere la partita..ora deve venire Merolla e Mastrocinque.

M: passami un’altra volta la piazza fammi vedere se ci stanno..

R: va bene.. ( R prova a transitare l’ufficio dei vigili in piazza ma non ottiene risposta)- In sottofondo si sentono gli inni nazionali di una partita dei mondiali

R: Maresciallo….?

M: Ohhho

R: non risponde nessuno ma ora…

M: R ascolta se è qualcosa sono a casa mi chiami a casa..

R: Si ti chiamo a casa..

M: Sul telefono di casa..

R: va bene non ti preoccupare ciao

M: Ciao

“Tale conversazione lascia emergere il vero e proprio patcum sceleris. infatti l’agente R protegge il superiore Maresciallo Omissis e nel contempo a questi che chiede di poter parlare con i colleghi dell’ufficio di P.zza Cimmino candidamente dichiara “..omissis.. non risponde nessuno, che vuoi che ti dica…omissis..ma staranno in qualche bar a vedere la partita”. Alla fine dell’incontro e cioè alle 17:58 viene registrata la telefonata nella quale l’agente donna Omissis nel commentare la partita con altra collega Omissis, che si trovava presso l’abitazione di tale M, chiede alla sua interlocutrice a che ore avesse dovuto timbrarle il cartellino. La  due  si accordano per le 18:30.

Si riporta di seguito la trascrizione della telefonata:-

Agente: R

Agente : S

Parente di S

Parente: pronto

R: sono omissis

Parente: Oh aspetta ora te la passo ciao bella

R: Ciao

R: Amore..

S: Tesoro..hai visto la partita. Non l’hai voluta vedere

Agente omissis: mi sono messa nella stanza…

S: ha detto la (vigilessa omissis) che ti scocciavi di venire..quella (parolaccia ndr)

R: No sono andata a dormire..

S: perchè non ti credo?

R: sono andata nella stanza nostra, ho lasciato (gli omissi) di qua..

S: Eh..

R: ho messo la sediolina davanti alla poltrona ..avevo il coso accesso..mi sono appisolata un poco..

S: Ti sei addormentata?

R: E quello non c’era nessuno..

R: quelli dei tributi sono andati al bar a vedere la partita stavamo proprio solo noi e secondo te mi sentivo tutta stanca..

S: E non potevi venire un poco qua

R: mi dovevo mettere in macchina e guidare fino a li..inc..io invece me ne sono andata la e mi son..proprio

S: che c’è?

R: No stiamo guardando nelle telecamere il chiasso che stanno facendo per strada..

La discussione dal minuto 2.10 al minuto3,20..

Dal minuto 3,20..

S: ninnè ma quel coso lo hai tu ( tesserino marca tempo)

R: No ma quello..

D: Lo tiene P?

R: Lo tiene sempre P

S: e fattelo dare e lo metti nel 25..

R: va bene amore

S: Io domani non vengo neanche io me la piglio di congedo..

La telefonata poi verte su argomenti non di interesse operativo

“Un controllo ai tabulati acquisiti presso l’ufficio personale ha consentito di accertare che effettivamente a S effettivamente è stato timbrato il cartellino alle 18:26. Ancor più grave la vicenda se si pensa che la S risultava in servizio ininterrottamente dalle 15:22 alle 18:26 oltre che dalle 07:58 alle 12:03 della stessa giornata”. Ovviamente, sono tutti da ritenersi innocenti fino a sentenza definitiva  e se perseguiti,  fino ad un eventuale rinvio a giudizio. Premesso che riguarda solo alcuni di essi.

Salvatore Baldini

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Il Procuratore Nazionale Antimafia a Salerno: “Omicidio Vassallo? A breve una svolta positiva”

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Salerno. “Le indagini sull’omicidio del sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, sono ancora in corso e forse si arriverà a breve ad un punto fermo positivo ai fini dell’accertamento della verità”. Lo ha detto il procuratore nazionale Antimafia e antiterrorismo Franco Roberti, ospite a Salerno per la presentazione di un libro sulla realtà del carcere. Soddisfazione, poi, è stata espressa dal capo della Dna per la legge delega sulla riforma dell’ordinamento penitenziario: “Qualcosa si sta muovendo – dice – nel senso di favorire la rieducazione e la riabilitazione del condannato”. “Il carcere – conclude – deve essere, per dettato costituzionale, anche finalizzato alla rieducazione del condannato e alla sua redenzione. E’ un precetto costituzionale ancora poco praticato nel nostro Paese per la situazione complessiva delle carceri”.

“La criminalità mafiosa al Sud da molto tempo è oggetto di contrasto efficace. I risultati lo dimostrano sia in termini di repressione penale che in termini di repressione patrimoniale”. Ha poi detto il Procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo a margine della presentazione del libro “E adesso la palla passa a me”. “Abbiamo assicurato alla giustizia – dice ancora Roberti – tutti i boss e i capi delle varie organizzazioni mafiose. All’appello manca solo Matteo Messina Denaro. Abbiamo sequestrato e confiscato patrimoni di valore ingentissimo che ora, grazie anche al nuovo codice antimafia, riusciremo a destinarli in modo utile, efficace e tempestivo alla collettività. Vuol dire che il contrasto funziona. Il che non significa che la criminalità mafiosa sia in fase di regresso. Alcune organizzazioni criminali hanno subito colpi durissimi in Sicilia e in Campania, mentre la criminalità calabrese è ancora molto forte, anche grazie ai suoi agganci sul piani internazionale. Sicuramente la ‘ndrangheta investe meno di un 20% del proprio di fatturato criminale al Sud, il resto lo investe al Nord e purtroppo all’estero”. Sulla questione immigrazione Roberti ha detto: “Quello dell’immigrazione è un grande tema che riguarda il nostro Paese e non solo. Se non riusciremo a organizzare, anche a livello europeo, politiche dirette alla integrazione dei migranti, purtroppo avremo anche gravi problemi di criminalità organizzata. In alcuni casi è stato accertato, in seguito a indagini, che le organizzazioni criminose si erano inserite nell’affare dell’accoglienza dei migranti, ma poi ci sta tutto il tema dello sfruttamento dei migranti come manovalanza criminale da parte delle organizzazioni stesse e questo avviene anche in Campania”. “Ricordo – ha aggiunto Roberti – che quando ero procuratore della Repubblica qui a Salerno, nel 2010 trovammo un vastissimo insediamento di extracomunitari, prevalentemente marocchini e tunisini, insediati nella zona di San Nicola Varco in condizioni del tutto subumane e quindi totalmente illegali. Erano tutti dediti alla più svariate attività delittuose. Grazie al concorso di tutte le forze dell’ordine e di tutte le istituzioni, anche politiche, del territorio riuscimmo a eliminare quella vera e propria barbarie. Credo che ci voglia uno sforzo per ricondurre ad una situazione di legalità questo fenomeno che altrimenti rischia di sfuggire alle mani del controllo”.

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Torre Annunziata, carabinieri ”corrotti”: in sette chiedono lo sconto di pena

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Hanno chiesto di essere processati con rito abbreviato per ottenere lo sconto di pena sette carabinieri della compagnia di Torre Annunziata accusati di aver favorito il traffico di droga al Piano Napoli di Boscoreale, controllato dal boss Franco Casillo’a vurzella in cambio di regali  effettuando anche arresti “pilotati” contro i suoi rivali.

Il pm Raffaello Falcone della Dda di Napoli ha chiesto il processo per 16 indagati. In 9 hanno chiesto l’abbreviato:  il boss Franco Casillo, il suo avvocato Giovanni De Caprio e i carabinieri  Francesco Vecchio, Antonio Formicola, Antonio Santaniello, Franco De Lisio, Catello Di Maio, Antonio Paragallo e Santo Scuderi. Il gup deciderà tra due settimane. Hanno scelto di essere processati invece con il rito ordinario   l’ex comandante Pasquale Sario, oggi tenente colonnello, Sandro Acunzo, conosciuto come Mazinga  già arrestato lo scorso anno e condannato poche settimane fa per la detenzione illgale di un proiettile, ma anche gli altri carabinieri Gaetano Desiderio, il collaboratore di giustizia Giovanni Donnarumma, nonche gli altri gestori del traffico di droga del Piano Napoli, Carlo Padovani, Orazio Bafumi (entrambi legati a Casillo) e il pusher Luigi Izzo.

Secondo le indagini e le accuse formulate dalla Dda tra il gruppo di spaccia­tori capeggiato da Francesco Casillo e la compa­gnia dei carabinieri, ritiene la Procura, era stato stipulato un patto. Il boss forniva dritte per portare a termine prestigiose operazioni di servizio, i carabinieri in cambio gli consentivano tenere per se parte della droga e poi rivenderla o addirittura arrestavano con indizi fabbricati a tavolino i suoi rivali.
Non solo: Casillo e un altro coindagato di Sa­rio, Orazio Bafumi, sono accusati anche di avere aiutato a sfuggire alla cattura il latitante Carmi­ne Maresca, all’epoca dei fatti minorenne, che, nel corso di una rapina alle poste di Pagani, ave­va assassinato a sangue freddo il tenente dei ca­rabinieri Marco Pittoni.

(nella foto il boss Franco casillo ‘ a vurzella)

 

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Camorra: innocenti in carcere pagati dai clan per coprire i boss. IL RACCONTO DEI PENTITI

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“Men­netta ci ha sempre detto che Ugo De Lucia è innocente e lo diceva facendoci intendere che era stato lui: se ti dico che innocente è perché so che è in­nocente”.  E’ Pasquale Riccio,  che parla e mette a verbale una novità sconvolgente dal punto di vista investigativo e inedito dal punto di vista giudiziario. E’ il il 18 marzo 2015 davanti al pm Maurizio De Marco  e il collaboratore di giustizia, dopo una lunga militanza nelle fila degli “scissionisti” di Secondigliano, racconta i particolari nuovi su due omicidi efferati e che vedono come protagoniste due donne innocenti. La prima è Gelsomina Verde torturata e data alle fiamme il 21 novembre del 2004 perché non volle tradire il suo ex fidanzato, l’attuale neo pentito Gennaro Notturno ‘o sarracino, killer e boss del gruppo Abete-Abbinate-Notturno tra i primi a scatenare la faida contro i Di Lauro.

A proposito di Ugo De Lucia, detto  Ugariello, il giovane condannato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Gelsomina Verde, racconta Ricco: “…,so che Antonio Mennetta, gli versa tremila euro al mese e che ha voluto nel 2012 il ritorno della famiglia De Lu­cia nel rione del Perrone, dopo che la stessa era stata cacciata dagli scissionisti perché per­dente nella faida. Come ri­compensa, inoltre, Mennetta avrebbe concesso ai familiari del killer  in carcere, anche la gestione di una piazza di droga….Quindi noi pen­sammo che De Lucia avesse co­perto la responsabilità di Men­netta, probabilmente nell’omici­dio di Gelsomina Verde”.

La ragazza fu prima torturata, poi uccisa con tre colpi di pistola e il suo corpo dato alle fiamme e ab­bandonato in una campagna vicino Sant’Antimo.  Seecondo il pentito quindi l’autore di quell’efferato delitto fu Antonio Mennetta detto er nino ,all’epoca reggente dei famigerati “Girati” dalla Vanella Grassi, arrestato a Scafati dove grazie alla complicità di finanzieri corrotti, aveva trovato ospitalità nelle zone di campagna dell’AgroNocerino. Era il 27 novembre del 2004 e Pietro Esposito detto “il kojak”, pentitosi il giorno dopo il suo arresto, le tese una trappola con­vincendola a salire in auto con lui perché alcune ‘persone volevano parlarle’. Cercavano di sapere dove si nascondesse Gennaro Notturno, che nel 2013, come egli stesso ha raccontato, in carcere, si è fatto tatuare sull’a­vambraccio un cuore spezzato con due rose, uno riferito proprio alla ragazza vittima in­nocente della faida, l’latro invece ad Antonio Landieri, altra vittima innocente ucciso dallo stesso Notturno per errore. Ma lei non ebbe il coraggio di dire una sola parola davanti a quei mostri che non ebbero pietà.

L’altro omicidio è quello di Carmela Attrice uccisa il 15 gennaio del 2005 sul ballatoio di casa nelle Vele di Scampia. Il giorno prima gli uomini del clan Di Lauro avevano bussato al citofono di casa: volevano sapere dove suo figlio France­sco Barone ’o russo si na­scondeva in quel periodo. Lei non disse nulla e chiuse la porta: allora le inti­marono di lasciare quell’appartamento in poche ore. Anche questo non fece. Il giorno dopo le esplosero contro quat­tro colpi di pistola.

Racconta il pentito Riccio: “Il gruppo di Cesare Pagano, Vincenzo Notturno, diceva che i ragazzi che sono stati condannati erano estranei. Da carcerati vennero abbandonati dai Di Lauro e Gennaro Marino manda loro qualcosa trattandosi di ragazzi che lavoravano alle Case Celesti. Faccio specifico riferimento a Michelino Tavassi che stava nella mia stanza nel carcere di Santa Maria Capua Vetere”.

(da sinistra nella foto Cosimo Di Lauro, Cesare Pagano, Antonio Mennetta, Gennaro Notturno, Gennaro Marino, Gelsomina Verde, Francesco Barone, Ugo De Lucia, Pietro Esposito, Michelino Tavassi)

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Cassazione: stupro in Commissariato: aggravanti per agente

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Roma. Sì alle aggravanti per un agente condannato per violenza sessuale su una giovane in commissariato. La terza sezione penale della Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un ispettore di polizia condannato a 4 anni (pena che era stata ridotta in appello per effetto delle attenuanti generiche): l’imputato, secondo l’accusa, aveva costretto, “abusando della sua qualifica di pubblico ufficiale”, a subire atti sessuali in commissariato una ragazza che era stata fermata perchè sorpresa con altri amici a bordo di un’autovettura nella quale era stata ritrovata una modica quantita’ di hashish. Tra i suoi motivi di ricorso in Cassazione, l’agente, oltre a sottolineare che non era “emerso alcun elemento dal quale desumere il dissenso” della giovane, lamentava vizi di motivazione sull’aggravante che gli era stata contestata, nonchè sul diniego dell’attenuante di “minore gravita’ del fatto”. La Suprema Corte, nel confermare la sentenza d’appello emessa dai giudici della Capitale, ha evidenziato i “presupposti legittimanti l’applicazione dell’aggravante” prevista dall’articolo 609 septies del codice penale, “costituiti dalla stessa posizione pubblicistica dell’agente diretta di per sè a ingenerare una condizione di timore e di soggezione nella ragazza, tanto più per avere egli – si legge nella sentenza depositata oggi – posto in essere la condotta abusante nell’esercizio delle sue funzioni di commissario e all’interno del Commissariato dove prestava la sua attività lavorativa”. Quanto alla negata attenuante della minore gravità del fatto, i giudici di piazza Cavour richiamano le sentenze di merito e la “valenza particolarmente negativa della condotta posta in essere dall’imputato, in relazione sia all’incisività dell’atto sessuale”, sia “all’abuso di autorità derivante dalla funzione ricoperta dell’imputato, circostanze – conclude la Cassazione – entrambe volte ad escludere un’attenuata compressione della libertà sessuale della vittima”.

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Carceri, dieci penitenziari campani su 16 sono sovraffollati: la denuncia del sindacato

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In Campania la percentuale di affollamento delle carceri è del 116%, con un picco nell’istituto di Arienzo (in provincia di Caserta) dove sono ospitati 86 detenuti sui 52 presenti. E’ quanto emerge da un incontro che si è svolto nel Consiglio regionale della Campania alla presenza del segretario generale del sindacato polizia penitenziaria, Aldo Di Giacomo. Sono 10, su 16 in totale, i penitenziari sovraffollati in Campania, compresi quelli più grandi nella città di Napoli, gli istituti di Poggioreale e Secondigliano, con un sovraffollamento rispettivamente di 500 e 300 unità. Scarso anche il numero di poliziotti presenti: sono 4274 sui 4588 presenti. I dati sono aggiornati a settembre 2017. “Questi sono i numeri di una situazione che rappresenta in pieno la drammaticità delle carceri campane – spiega Di Giacomo in conferenza stampa – . A questo va aggiunto il fallimento della vigilanza dinamica ossia la maggiore fiducia concessa ai detenuti attraverso una serie di concessioni intramurarie prime tra tutte la piena possibilità di muoversi all’interno della sezione senza più essere chiusi all’interno della cella. Questo ha portato in Campania come nel resto d’Italia un aumento degli eventi critici primi fra tutti le aggressioni nei confronti poliziotti penitenziari che oramai sono quotidiane e gli scontri tra detenuti”.

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Tangenti all’ospedale di Caserta: chiuse le indagini per 74 indagati

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La Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere – sostituti Carlo Fucci e Giorgia De Ponte – ha inviato l’avviso di chiusura indagine all’ex direttore sanitario dell’ospedale di Caserta Carmine Iovine e ad altri 73 indagati, tra imprenditori, dipendenti e infermieri dell’azienda ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta. Iovine, cugino del collaboratore di giustizia Antonio Iovine, o’ Ninno, ex capo del clan dei Casalesi, fu arrestato nel luglio scorso dagli investigatori della Dia di Napoli assieme a sei persone, perche’ ritenuto a capo di un sistema illecito di appalti concessi dall’ospedale casertano in settore sensibili come la pulizia dei locali interni o il servizio di lavanderia per lenzuola e altri indumenti; affidamenti che – per l’accusa – venivano concessi in cambio di tangenti versate dagli imprenditori aggiudicatari, in particolare soldi, buoni benzina e assunzioni. Cio’, per gli inquirenti, ha diminuito drasticamente il livello qualitativo dei servizi offerti agli utenti: dall’inchiesta e’ infatti emerso un quadro allarmante, con le lenzuola dei pazienti che non venivano cambiate quasi mai, mentre in reparti che dovevano essere puliti alla perfezione, come quelli in cui si effettuano interventi chirurgici, venivano usati stracci sudici e gia’ utilizzati per pulire gli esterni. Nel mirino di Procura e Dia di Napoli sono finiti affidamenti per decine di milioni di euro banditi e aggiudicati tra il 2013 e il 2015: c’e’ la gara d’appalto per oltre 14 milioni di euro relativa al “Servizio di pulizia e sanificazione delle aree ospedaliere e servizi”, che e’ stata aggiudicata alla Gesap dell’imprenditore Marco Napoletano, o la gara pubblicata per il “servizio di Prelievo Trasporto e Smaltimento dei rifiuti speciali” per l’importo di 830.478 euro, andata alla Des srl dell’imprenditore Michele Tarabuso. Entrambi gli operatori a luglio finirono ai domiciliari. La Procura contesta poi a Iovine e ai suoi collaboratori la redazione di numerosi atti falsi che attestavano l’avvenuto controllo sull’andamento e la regolarita’ degli appalti; la contraffazione dei documenti pubblici e’ emerso, e’ avvenuta dopo i primi arresti che colpirono l’ospedale nel 2015, quando il blitz fu ordinato dalla Dda di Napoli per alcuni appalti che sarebbero andati a ditte vicine al clan Zagaria; l’azienda ospedaliera fu cosi’ sciolta per camorra e si insedio’ la commissione ministeriale guidata dal prefetto Cinzia Guercio, che ha gestito la struttura fino al marzo scorso. Anche in quel periodo – ritiene la procura – nonostante la bufera giudiziaria, Iovine e il suo staff lavoravano alacremente per evitare che fuoriuscissero le irregolarita’ nella gestione di altri appalti, quelli non andati alla camorra, falsificando atti di controllo gia’ fatti e creandone di nuovi. 

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Minacce a Saviano e Capacchione: nuovo processo per l’avvocato Santonastaso

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La Corte di Appello di Napoli ha deciso di inviare gli atti alla procura di Roma per un nuovo processo, dichiarandosi incompetenti. I giudici del secondo grado hanno di fatto annullato la condanna emessa in primo grado nei confronti dell’avvocato Michele Santonastaso, che era stato riconosciuto responsabile dal Tribunale partenopeo di minacce ai danni dello scrittore Roberto Saviano e della giornalista Rosaria Capacchione, senatrice del Pd. I giudici di secondo grado hanno ritenuto infatti che la posizione del penalista venga vagliata dall’autorita’ giudiziaria della capitale, che gia’ si pronuncio’ sulle analoghe presunte minacce rivolte nella stessa circostanza nei confronti del procuratore Federico Cafiero de Raho e di Raffaele Cantone, all’epoca entrambi in servizio alla procura di Napoli. Il penalista fu condannato per diffamazione e calunnia aggravati dal metodo mafioso. Il processo scaturi’ dalla lettura di una istanza di remissione fatta dall’avvocato Santonastaso, nell’interesse dei boss dei Casalesi, Antonio Iovine e Francesco Bidognetti, nell’aula bunker di Poggioreale durante una udienza del processo Spartacus. Nella istanza si lanciavano accuse a Saviano e Capacchione e ai due magistrati che si erano occupati di inchieste sui Casalesi. Il processo fu diviso in due tronconi: quello che vedeva i magistrati napoletani come parti lese si svolse a Roma, mentre per le minacce allo scrittore e alla giornalista, Santonastaso fu condannato a Napoli a un anno di reclusione (mentre furono assolti i boss Iovine e Zagaria). Per la Corte di Appello si e’ ritenuta incompetente a giudicare e ha trasmesso gli atti alla procura che dovra’ inviarle ai colleghi della capitale.

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Caso Consip, la Procura di Roma sente il pm Lucia Musti dopo le dichiarazioni fatte al Csm

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Roma. Lucia Musti, capo della Procura di Modena, è stata sentita oggi pomeriggio a Roma come testimone dai magistrati capitolini che indagano sulle fughe di notizie legate al caso Consip. Alla Musti il procuratore Giuseppe Pignatone, l’aggiunto Paolo Ielo e il pm Mario Palazzi hanno chiesto spiegazioni e chiarimenti dopo aver ottenuto le trascrizioni dell’audizione che il magistrato ha reso lo scorso luglio al Csm quando ha parlato dell’inchiesta sulla coop Cpl Concordia, passata per ragioni di competenza territoriale da Napoli a Modena, e in particolare del contenuto dei colloqui con gli ex ufficiali del Noe titolari all’epoca di tutti gli accertamenti, dal colonnello Sergio De Caprio (ex Capitano Ultimo) all’attuale maggiore Gianpaolo Scafarto. A determinare l’audizione, la necessità di approfondire il contenuto delle dichiarazioni fatte dalla Musti il 17 luglio scorso al Csm in merito alle vicende Consip e coop Cpl Concordia, con particolare riferimento a colloqui, nel 2015, avuti con il maggiore dei carabinieri Gianpaolo Scafarto, indagato dalla procura di Roma per rivelazione del segreto d’ufficio e falso, e Sergio De Caprio, il capitano Ultimo, già responsabile del Noe. Nell’audizione all’organo di autogoverno dei magistrati, il procuratore di Modena avrebbe definito i due “esagitati”, “spregiudicati”, come “presi da un delirio di onnipotenza”. L’audizione della Musti a Palazzo dei Marescialli rientrava in un accertamento avviato dalla prima commissione che indaga sulla fuga di notizie del luglio 2015 riguardante le telefonate dell’anno prima tra l’attuale segretario Pd Matteo Renzi e il generale della Guardia di Finanza Michele Adinolfi, in cui il primo esprimeva giudizi negativi sull’allora premier Enrico Letta.

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Camorra, il pentito fa altri nomi per l’omicidio di Salvatore Cipolletta: fu Giovanni Esposito ’o muorto

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“Posso riferire anche di altri omicidi, uno di questi è quello di Salvatore Cipolletta, ammazzato da Giovanni Esposito. A riferirmelo sono stati Massimiliano Vinciguerra e Salvatore Roselli”. E’ il pentito Pasquale Riccio che parla e apre agli investigatori scenari investigativi nuovi. Un impulso alle indagini per chiarire molti degli omicidi dalle prima faida di Scampia rimasti ancora “Cold Case” . Come nel caso dell’omicidio di Salvatore Cipolletta. Anche se le sue dichiarazioni contraddicono quello di un altro pentito storico come Biagio Esposito che il 26 febbraio del 2010, come riporta Il Roma, si autoaccusò dell’omicidio sostenendo di averlo ucciso insieme con Carmine Calzone.

“L’omicidio è avvenuto nel 2008 nel rione lotto G. Le ragioni per cui Cesare Pagano decise di far uccidere Salvatore Cipolletta sono diverse e sono maturate nel tempo in quanto Cipolletta ha avuto un ruolo fondamentale nel clan. Una di queste ragioni fu la circostanza che due persone quali Andrea Parolisi e il “Gassusaro” avevano poi collaborato con la giustizia. Si tratta di due soggetti estranei che era stato proprio Cipoletta a fare entrare nel clan. Inoltre, Cipoletta aveva rapporti con troppe cosche diverse, tipo Sant’Antimo, Caserta e a Cesare non piaceva. Non comprendeva perché mantenesse l’amicizia con soggetti anche di spicco di altri clan e venisse così a sapere fatti da questi. Era una cosa che Cesare Pagano non gradiva, ma non glielo aveva mai contestato apertamente. Quindi ne parlava con noi alle spalle e ciò era pericoloso perché se Cesare glielo avesse contestato apertamente, voleva dire che per lui era una cosa superabile. Diceva: io a questo Cipolletta non lo capisco, perché si impiccia di tutte queste cose?”. Biagio Esposito, nello stesso verbale d’interrogatorio, sostenne pure che Cesare Pagano temeva che qualche pentito potesse raccontare lo stratagemma che lui stava preparando per far uscire Salvatore Cipolletta che era stato il compare di nozze di Nicola Torino e perciò il padre, il ras Salvatore “’o gassusaro”, fu invogliato a entrare nel clan degli “scissionisti” capeggiato da Raffaele Amato “a’ vecchierella” e Cesare Pagano. In quel periodo c’era un accordo per i traffici di droga con la camorra del rione Sanità.

(nella foto Giovanni Esposito ‘ o muort)

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La Cassazione annulla la condanna al consigliere regionale Gambino

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La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio in Appello la condanna a 2 anni e 8 mesi decisa per l’ex sindaco di Pagani e consigliere regionale, Alberico Gambino e l’ex consigliere comunale Giuseppe Santilli. Per quest’ultimo  l’annullamento è definitiva, per Gambino invece il rinvio è in Corte d’Appello. Gambino era stato condannato  per concussione a 2 anni e 8 mesi per Gambino. L’Antimafia aveva chiesto un nuovo processo con l’accusa stavolta di scambio elettorale politico-mafioso, la difesa e la Procura generale avevano invece puntato sull’annullamento della condanna.
Il processo che partì nel 2011 si basava su un presunto “sistema Pagani”, con a capo l’attuale consigliere regionale ed ex sindaco, Alberico Gambino. Per il pm Vincenzo Montemurro, della Dda di Salerno, Gambino – accusato insieme ad altri di scambio elettorale politico-mafioso – avrebbe gestito la cosa pubblica con l’aiuto e il supporto del clan Fezza-Petrosino D’Auria (che avrebbe tratto a sua volta beneficio tra gestione parcheggi e comparto rifiuti), per poi imporsi sulle principali attività economiche ed imprenditoriali della zona. Una decina di imputati che dopo una serie di assoluzioni assoluzioni si sono ridotti a due, ovvero Gambino e Santilli accusati per il solo reato di concussione. Ora la Cassazione da un ulteriore colpo di spugna con l’assoluzione completa di Santilli e il rinvio in secondo grado per Gambino.

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Mugnano, resta ai domiciliari il 24enne che uccise l’ex fidanzata trascinandola con la sua auto

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ìResta agli arresti domiciliari Giuseppe Varriale, il il 24enne di Mugnano accusato di aver ucciso l’ex fidanzata Alessandra Madonna di Melito, Il tribunale del Riesame non ha accolto il ricorso presentato dai suoi legali. Il giovane è accusato di aver trascinato per diversi metri la ragazza con la propria autovettura in via via Cesare Pavese a Mugnano la notte tra l’8 e il 9 settembre, dopo che la ragazza gli aveva chiesto di riallacciare la loro relazione sentimentale. La prossima settimana saranno rese note le perizie tecniche eseguite sull’autovettura di Varriale e quelle medico-legali, grazie alle quali si potrà capire qualcosa in più su quanto accaduto quella notte. Il ragazzo sostiene di non essersi accorto che la ballerina ed ex fidanzata si era appesa alla portiera dell’auto quando ha cercato di allontanarsi e poi di essersi fermato quando aveva sentito un rumore. L’aveva soccorsa e portata in ospedale dove Alessandra morì il pomeriggio seguente.

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Portici, lavori sbagliati al waterfront: chiuse le indagini per i 7 indagati

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Portici. Avrebbero attestato lo stato di avanzamento dei lavori per la realizzazione del waterfront, lavori che però non erano mai stati effettuati, erogando i fondi dalle casse del comune alle ditte. Il Pubblico Ministero Ida Frongillo ha chiuso nelle scorse ore le indagini a carico di dirigenti, tecnici comunali e i rappresentanti delle due aziende che avrebbero beneficiato di contributi pubblici.
I magistrati puntano il dito contro Vincenzo Onorato e Carlo Addrizza, rispettivamente legale rappresentante e responsabile dei lavori della CCC, società aggiudicataria dell’appalto per la realizzazione di una passeggiata a mare che a Portici ancora non esiste, i quali avrebbero attestato lavori mai svolti per farsi riconoscere soldi non dovuti. L’ente aveva pagato per la realizzazione di pavimentazioni stradali e pedonali con sottoservizi, segnaletica, impianti di irrigazione e meccanici con il verde pubblico ma nulla di tutto ciò era stato fatto. Secondo i pm la dirigente dell’ ufficio tecnico e il responsabile comunale del progetto PIU Europa avrebbero istigato il direttore dei lavori e al Rup (responsabile unico del procedimento) «alla formazione materiale di uno stato di avanzamento dei lavori ideologicamente falso in quanto redatto in assenza di verifica diretta e sulla base dei dati falsi dati fornitigli, previo accordo con Onorato, da Addrizza». Il documento fu redatto a fine dicembre 2015 in tempo limite per non perdere i fondi e immediata fu la liquidazione delle fatture presentate al comune. L’indagine era scattata in seguito alla denuncia di un consigliere comunale allora all’opposizione, il quale aveva verificato tramite le immagini di Google Earth che i lavori attestati non erano stati effettuati ed era subito corso in Procura. I reati ipotizzati sono il falso ideologico e truffa ai danni dello Stato. Ai tecnici comunali viene contestata l’aggravante di aver causato un danno patrimoniale di rilevante gravità.

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Camorra, ecco un’altra vittima innocente, il pentito: “Scherillo fu ucciso per errore”

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C’è un’altra vittima innocente nel lungo elenco delle croci che hanno segnato la prima faida di Scampia. E’ Dario Scherillo, un incensurato di 26 anni di Casavatore ucciso la sera del sei dicembre del 2004. La vittima fu massacrata mentre tornava a casa in sella alla sua moto. lavorava come dipendente di un’agenzia di pratiche automobilistiche a Secondigliano. Si pensò che fosse stato ucciso perché a conoscenza di qualche segreto lavorando a Secondigliano o che fosse entrato in contatto con i pregiudicati coinvolti nella faida e per questo ucciso. Ma il pentito Pasquale Riccio nel suo oramai famoso verbale del 18 marzo 2015 in cui ha chiarito alcuni omicidi inediti di quella guerra di camorra parla anche dell’agguato a Scherillo: “Fu un omicidio commesso dagli scissionisti, nei sentii parlare da Rito Calzone, che mi disse che vi era stato uno scambio di persona, relativo alla vittima da abbattere”. Lo sapevano bene i suoi familiari e soprattutto il fratello Pasquale che da anni si batte per riabilitare la memoria di Dario andando in giro per l’Italia a raccontare la sua storia: ” “Dario aveva lo stesso scooter, dello stesso colore e con una targa simile a quello di un pusher della zona che fino a pochi minuti prima aveva stazionato in quella strada. Era innocente. Si trovava nel posto sbagliato, al momento sbagliato”.

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Camorra, calunniò l’ex capo della Mobile: condannato il boss pentito

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Tre anni e sei mesi di carcere sono stati inflitti dalla Corte di Appello di Napoli all’ex capo dell’ormai disciolto clan dei “Capitoni” di Miano, ovvero quel Salvatore Lo Russo, temuto boss fino agli anni Novanta e poi diventato uno dei primi capi camorra a passare dalla parte dello Stato. E accusato di aver calunniato l’ex capo della Squadra mobile di Napoli, Vittorio Pisani.

Lo Russo raccontò ai magistrati della Dda di Napoli di avere versato 160mila euro a Pisani in diverse “tranche” per ottenere in cambio presunti favori e privilegi. Un’accusa infamante che costò anche un’ordinanza di custodia cautelare il 30 giugno del 2011, al giovane dirigente di polizia destinato a una grande carriera in virtù dei suoi successi investigativi ma troncata da quella macchia. Ora anche i giudici di secondo grado (presidente Vincenzo Alabiso) hanno così confermato il verdetto del Tribunale condannando a tre anni e sei mesi il pentito-bugiardo.

 

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