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Channel: Cronaca Giudiziaria
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La vedova Cerciello: ‘L’assassinio di Mario non resti impunito’. Domani inizia il processo ai due americani

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“Ricorre domani il settimo mese del barbaro assassinio di mio marito Mario, credente, valoroso Carabiniere, che aveva dedicato la propria vita cristiana al servizio del prossimo e in particolare degli ultimi, assassinio che non puo’ e non deve restare impunito”. Lo afferma in una nota Maria Rosaria Esilio, moglie del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega ucciso a Roma il 26 luglio scorso. “La nostra storia di giovani sposi – prosegue la donna – stroncata da mani criminali, ha commosso il mondo, ha scosso le coscienze e turbato la serenita’ delle tante persone umili, semplici, che sperano nella provvidenza come sperava l’amatissimo Mario, persone che debbono competere ogni giorno con una minoranza che tende ad avvelenare la societa’ con efferati delitti. Con la morte di Mario e’ finita anche la mia famiglia, perche’ nella tomba sono finiti anche i nostri figli mai nati e tutti i nostri sogni, di modo che l’esistenza si e’ ridotta a vivere di ricordi e immaginare come sarebbe stato straordinario vivere insieme”.
Compariranno in aula per la prima volta, salvo cambiamenti dell’ultima ora, i 20enni californiani Finnegan Lee Elder e Christian Gabriel Natale Hjort, in carcere da fine luglio per l’omicidio del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega, ucciso con 11 coltellate. Domani a Roma si apre il processo in corte d’assise che vede i due americani rispondere di concorso in omicidio, tentata estorsione, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni (in relazione alle ferite riportate nella colluttazione dal carabiniere Andrea Varriale, il collega della vittima); gli avvocati degli imputati sono pronti a dare battaglia per dimostrare che Elder non sapeva che l’uomo aggredito in bermuda e ciabatte fosse un militare dell’Arma e che Hjort era stato maltrattato quando venne portato in caserma al momento del fermo. L’udienza si annuncia affollata con decine di richieste di accredito pervenute alla corte d’assise da parte di giornalisti, fotografi ed emittenti televisive, soprattutto americane.
Cerciello Rega fu ucciso il 26 luglio scorso dopo essere stato aggredito nel quartiere Prati a pochi passi dall’hotel Le Meridien dove alloggiavano i due americani. Qualche ora prima, Elder e Hjort erano stati a Trastevere alla ricerca di un po’ di droga: imbrogliati da un pusher, i due se la presero con un intermediario, Sergio Brugiatelli, al quale portarono via uno zaino contenente soldi e documenti. Per la restituzione della borsa, in cambio di soldi, i due californiani concordarono con Brugiatelli un appuntamento nel quartiere Prati. All’incontro, pero’, si presentarono Cerciello Rega e Varriale che furono aggrediti da Elder e Hjort: il vicebrigadiere ebbe la peggio e mori’. Gli aggressori scapparono ma il loro arresto scatto’ dopo qualche ora.

Cronache della Campania@2020


Camorra, cronista diffamato dal boss La Torre: al via il processo a Napoli

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Defini’ un giovane cronista “pseudo-giornalista” e “portavoce della Procura” nel corso di un intervista resa ad un sito. Il boss della camorra casertana Augusto La Torre e’ comparso oggi in Tribunale di Napoli per difendersi dall’accusa di diffamazione aggravata contestata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli sulla base della querela presentata dal cronista, il 31enne Giuseppe Tallino di Cronache di Caserta (difeso da Francesco Parente); non e’ stata pero’ contestata l’aggravante mafiosa. La Torre, detenuto dal 1996, si e’ presentato in aula con un cappotto color cammello, accompagnato da tre poliziotti dei Reparti speciali della Penitenziaria; recluso a Campobasso, avrebbe potuto, come tanti altri camorristi, collegarsi in video-conferenza, ma ha voluto essere presente. Il suo legale ha chiesto poi che il processo si svolgesse a porte chiuse “per la sicurezza del mio assistito e della parte offesa”, e il giudice monocratico Roberta Attena ha accettato; il legale del boss ha inoltre sollevato eccezione di incompetenza territoriale chiedendo al giudice di disporre lo spostamento del processo ad Ivrea, in quanto l’intervista fu resa da La Torre proprio nel carcere piemontese, o in subordine a Santa Maria Capua Vetere, dove e’ stata presentata la denuncia. Il giudice ha poi disposto la costituzione di parte civile per Tallino e il suo giornale Cronache di Caserta; il cronista e’ tuttora sottoposto a vigilanza dinamica da parte della Polizia di Stato

Cronache della Campania@2020

Bancarotta e riciclaggio, l’ex senatore Nespoli, referente della Lega in campania: condannato a 8 anni di carcere

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La terza sezione penale del Tribunale di Napoli(collegio A, presidente Amelia Primavera) ha condannato a otto anni di reclusione Vincenzo Nespoli (difeso dagli avvocati Rosario Pagliuca e Salvatore Pane) ex sindaco di Afragola, ex senatore di Alleanza Nazionale e attualmente referente della Lega in Campania. Nespoli è stato pure condannato alla confisca di circa 1,7 milioni di euro ed assolto dall’accusa dall’accusa di voto di scambio. La Procura di Napoli (pm Woodcock, Varone e Piscitelli, attualmente procuratore aggiunto) ha contestato a Nespoli i reati di voto di scambio (in relazione elezioni alle elezioni politiche 2001 e 2006), riciclaggio (per 4,5 milioni di euro) e bancarotta fraudolenta (della Sean Immobiliare spa, per 10 milioni di euro). Nespoli, durante l’udienza, ha chiesto e ottenuto la facoltà di rendere dichiarazioni spontanee durante le quali ha rinunciato alla prescrizione in riferimento al reato di bancarotta. I giudici hanno condannato anche il commercialista Maurizio Matacena, a 4 anni e 6 mesi di reclusione, per riciclaggio, all’interdizione dai pubblici uffici per una durata di cinque anni e alla confisca di beni per 306mila euro. Parzialmente accolte le richieste formulate dal pm Daniela Varone che, al termine della requisitoria, ha chiesto 8 anni e 6 mesi di reclusione per Nespoli; 5 anni per il commercialista Maurizio Matacena e 4 anni e 6 mesi per Tommaso Redine. Il pm ha chiesto l’assoluzione dei restanti imputati. Lo scorso 2 maggio la Corte di Cassazione (quinta sezione) ha rinviato ad altra sezione della Corte di Appello di Napoliil procedimento stralcio un’altra bancarotta fraudolenta l’istituto di vigilanza privata “La Gazzella” per 30 milioni di euro, per la quale Nespoli era stato condannato in primo e secondo grado a 5 anni di reclusione. Nel 2010 fu chiesto l’arresto (ai domiciliari) di Nespoli ma il Senato nego’ l’autorizzazione a procedere. Decaduto da senatore, tra il 2011 e 2012 rimase circa 9 mesi ai domiciliari. Il giudice ha deciso di assolvere i restanti imputati: Tommaso Redine, Enrico Esposito e Giuseppe Boemio. La difesa dell’ex senatore ha annunciato il ricorso in Appello.

Cronache della Campania@2020

Processo per l’omicidio Cerciello: in aula i due americani e la vedova

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Il processo per l’omicidio di Mario Cerciello Rega si apre con oltre un’ora di ritardo, in un’aula, al primo piano della palazzina A di Piazzale Clodio, più che affollata, a dispetto delle raccomandazioni anti Coronavirus. I due imputati entrano in silenzio, nella stessa aula in cui siede la vedova del vicebrigadiere, Maria Rosaria Esilio. Attraverso i loro difensori chiedono di non esser ripresi, né fotografati. Finnegan Lee Elder indossa una felpa grigia e una camicia blu a quadri: in terza fila, dietro i tanti avvocati presenti, assistono all’udienza i genitori che arrivano e vanno via, mano nella mano, senza rilasciare alcuna dichiarazione. In aula c’è anche Gabriel Christian Natale Hjorth, maglione blu e camicia bianca, accusato, insieme all’amico, di omicidio aggravato ed estorsione.Sui banchi dell’accusa la pm Maria Sabina Calabretta e il procuratore aggiunto Nunzia D’Elia, mentre siedono tra le parti civili i legali dell’Avvocatura dello Stato, che rappresentano il ministero dell’Interno e della Difesa e, oltre alla vedova e ad alcuni familiari del militare ucciso, il collega Andrea Varriale, che lo accompagnava la notte dell’omicidio, l’Associazione vittime del dovere, e Sergio Brugiatelli, vittima della tentata estorsione messa in atto dai due imputati.Durante l’udienza la difesa chiede, l’ammissione di oltre cento testi, l’acquisizione del video che ritrae Hjorth bendato, in caserma, e quella di una serie di intercettazioni dei colloqui in carcere dei due imputati, sulle quali, già nei giorni scorsi, aveva evidenziato presunti errori di traduzione. L’omicidio risale alla notte del 26 luglio: dopo un tentato acquisto di droga da parte dei due ventenni, non andato a buon fine, i due rubarono lo zaino di Sergio Brugiatelli, l’uomo incontrato in strada, a Trastevere, che aveva indicato loro il pusher. Brugiatelli chiese aiuto al 112, e Cerciello e il collega Andrea Varriale intervennero all’appuntamento fissato da Elder e Hjorth, che avevano chiesto a Brugiatelli 100 euro per restituire il maltolto. Quando i militari cercarono di bloccare i due americani, Elder reagì colpendo Cerciello con 11 coltellate prima di darsi alla fuga con l’amico.La mattina dopo, i carabinieri fermarono i due americani, che avevano dormito in una camera dell’albergo Le Meridien, poco distante dal luogo dell’omicidio. Erano pronti a lasciare l’Italia e avevano nascosto in un controsoffitto l’arma usata nell’agguato: un coltello a lama fissa lunga 18 centimetri tipo ‘Trenknife’ Kabar Camillus, modello marines, che Eder aveva portato dagli Stati Uniti, imbarcandolo nella stiva dell’aereo durante il volo di andata.

Cronache della Campania@2020

In Senato la proposta di una commissione d’inchiesta sull’omicidio del ‘sindaco pescatore’

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Un nuovo slancio all’inchiesta sull’omicidio del sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, destinato a diventare un “Cold Case” potrebbe arrivare dal parlamento italiano. Il senatore Matteo Richetti di Azione ha infatti, presentato, lo scorso novembre, una proposta istitutiva di una commissione parlamentare d’inchiesta sull’omicidio del “sindaco pescatore”. La proposta è stata firmata anche dai senatori Pittella, Fedeli, Paragone, Lenzi e Garavini dimostrando “la trasversalità del sostegno alla proposta in questione e consentendo l’approvazione in Senato in tempi rapidi”. “E’ necessario che la capigruppo del Senato proceda con la calendarizzazione della legge in tempi rapidi – afferma Richetti – anche perché la durata prevista dalla legge, dei lavori della Commissione d’inchiesta é di 24 mesi e, a questo punto, la legislatura non può attendere oltre. Qui, è ora di dimostrare che c’è la volontà politica di fare luce rendendo giustizia alla memoria di Angelo Vassallo. Lo dobbiamo non solo alla famiglia del “sindaco Pescatore” ma a tutti gli italiani e in particolar modo a tutti quei sindaci impegnati in prima linea e che ci stanno chiedendo, nelle ultime settimane a gran voce, di procedere con la commissione d’inchiesta. Chiedo alla Presidente Casellati e a tutti i capigruppo di dare un segnale in questo senso”. “E’ fondamentale – afferma Dario Vassallo, presidente della fondazione Vassallo – approvare subito questa legge affinché i tempi che restano a questa legislatura siano sufficienti per approvare la legge e diventare, immediatamente, operativi. Il Parlamento ha l’occasione di riscattare 10 anni nei quali non é stato possibile fare luce sull’omicidio di Angelo e portare una verità giudiziaria ad uno dei casi di maggiore rilievo legati alla politica e all’amministrazione del mezzogiorno, in particolar modo della Campania”.

Cronache della Campania@2020

Confiscati beni per 25 milioni di euro all’imprenditore televisivo casertano Pasquale Piccirillo

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All’esito di mirati accertamenti economico-patrimoniali, delegati dalla Procura della Repubblica e, dopo una prolungata istruttoria in contraddittorio con la parte, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – Sezione Misure di Prevenzione ha disposto la confisca di beni mobili e immobili, nonché di partecipazioni societarie e relativi compendi aziendali, per un valore stimato in circa 25 milioni di euro, nella disponibilità di Pasquale Piccirillo, di 56 anni, imprenditore operante nei settori sanitario, editoriale, delle telecomunicazioni e immobiliare, nei confronti del quale è stata, altresì, applicata la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di anni 2. Il provvedimento è in corso di esecuzione da parte dei militari del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Caserta in Campania, Lazio, Veneto e Svizzera. L’odierna attività costituisce l’epilogo di un’articolata attività investigativa svolta dalle Fiamme Gialle e coordinata da questo Ufficio giudiziario, finalizzata alla ricostruzione del profilo di pericolosità sociale del Piccirillo e all’individuazione dei proventi illeciti che gli hanno permesso un ingiustificato arricchimento personale e l’accumulazione nel tempo di un ingente patrimonio. Il Piccirillo è stato, infatti, riconosciuto quale imprenditore connotato da una pericolosità sociale del tipo “economico-finanziaria” alla luce del suo coinvolgimento, nel periodo 2007-2017, in molteplici vicende giudiziarie concernenti, in particolare, numerosi e diversi delitti a sfondo patrimoniale, quali truffe aggravate per il conseguimento di erogazioni pubbliche. riciclaggio. appropriazione indebita e delitti tributari per evasione fiscale ed utilizzo ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. Sulla base di queste evidenze, già nel marzo del 2018 veniva sequestrato il patrimonio nella disponibilità dell’imprenditore e iniziava così una prolungata fase istruttoria dinanzi al collegio giudicante che, esaminate le deduzioni difensive e gli esiti degli ulteriori approfondimenti investigativi svolti, riconosceva la pericolosità sociale del proposto, disponendo la confisca, delle quote societarie e relativi complessi aziendali di n. 2 imprese (tra cui la società “cassaforte”, utilizzata quale schermo per disporre del patrimonio illecitamente accumulato), n. 98 immobili (ubicati nelle province di Caserta, Napoli, Latina, Avellino, l’Aquila e in territorio svizzero), n. 15 autoveicoli e n. 1 motoveicolo nonché delle disponibilità finanziarie presenti in numerosi conti correnti, conti di deposito e altri investimenti finanziari, per un valore totale stimato superiore ai 25 milioni di euro. Gli esiti di questa attività, che per peculiarità, rilevanza e approccio investigativo, non ha precedenti sul territorio provinciale, costituiscono ulteriore chiara testimonianza del costante presidio esercitato da questa Procura, per l’aggressione dei patrimoni illecitamente accumulati attraverso la commissione di gravi reati economico-finanziari.

Cronache della Campania@2020

Racket dei calzini sugli Autogrilli, per la Cassazione quella dei 9 nove napoletani è ‘un’associazione a delinquere’

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Una banda di pregiudicati campani, inutilmente sottoposti a misure di prevenzione e fogli di via, per anni a partire almeno dal 2013, ha costretto con la forza gli automobilisti che si fermavano sulla A1 negli Autogrill tra Piacenza e Milano a comprare nelle piazzole di sosta calzini di pessima qualità a prezzi esorbitanti – anche 70 euro al paio -, e le minacce, in alcuni casi sfociate in aggressioni, avevano bersagliato anche i direttori e i funzionari della sicurezza dei punti di ristoro che hanno cercato di mandarli via. A dire che si tratta di una banda organizzata – che ha preso di mira soprattutto gli Autogrill di Somaglia (Lodi), San Zenone al Lambro (Milano) e Fiorenzuola d’Adda (Piacenza) – e non di soggetti ‘slegati’ che agiscono in modo “estemporaneo”, è la Cassazione che ha accolto il ricorso del pm di Piacenza Matteo Centini contro l’ordinanza del Tribunale di Bologna che in funzione di giudice del riesame, lo scorso due settembre, ha annullato gli ordini di carcerazione per nove persone collegate tra loro e dedite al racket del calzino ritenendo non provata l’associazione per delinquere. Invece, secondo gli ‘ermellini’ ci sono tutti gli elementi per dire che si tratta di una banda organizzata, come motivato in prima battuta dal gip di Piacenza che il sei agosto scorso li aveva messi tutti in carcere, e il riesame di Bologna “non risulta aver fatto buon governo dei principi di diritto” sui clan delinquenziali. In proposito, i supremi giudici evidenziano che agli atti ci sono cinque delitti di estorsione consumata e tentata, uno di danneggiamento aggravato dal metodo mafioso e “perlopiù in palese collegamento con una attività di vendita di calzini che risulterebbe essere soltanto la modalità di approccio per ottenere” soldi dagli automobilisti taglieggiati – numerose le denunce negli anni – “sulla base di molestie che spesso sfociavano in violenza e minaccia”. Oltre ai calzini, la banda voleva soldi per la sosta delle macchine. Inoltre la Cassazione ricorda che c’e’ la prova di “risalenti e protratte relazioni degli indagati” – tutti di Napoli e del napoletano, eccetto uno nato a Dortmund – che avevano “coordinato le loro attività” in modo da non essere mai più di tre nello stesso luogo e per “sottrarsi ai controlli della polizia”. Quella che per la Cassazione e’ una banda organizzata – cosa della quale adesso dovrà prendere atto anche il Tribunale di Bologna rivedendo la sua ordinanza – concordava anche “la destinazione dei proventi e la spartizione”. Insieme i nove indagati gestivano, tra l’altro, “il pagamento delle spese sostenute per gli spostamenti” dalla Campania. Tutti questi elementi, conclude la Cassazione (sentenze 8120, 8124 e 8125), “permettono di evidenziare la presenza di una pluralità di illeciti commessi da persone pacificamente collegate, che ben conoscevano l’attività reciproca come emerge dalle intercettazioni telefoniche, che rispondevano alle direttive dettate da alcuni di loro, che spartivano i profitti delle loro attività”.

Cronache della Campania@2020

Napoli, morta dopo il parto a Villa Betania: indagati sei medici

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La Procura di Napoli ha iscritto nel registro degli indagati, per omicidio colposo in ambito sanitario, sei medici della struttura ospedaliera evangelica Villa Betania di Napoli, nell’ambito dell’indagine sulla morte di Rosa Andolfi, 29 anni, deceduta la notte tra il 19 e 20 febbraio dopo avere partorito un bambino (che sta bene). Lo rende noto il legale della famiglia della giovane mamma deceduta, l’avvocato Amedeo Di Pietro. Il prossimo 3 marzo ci sarà il giuramento dei quattro consulenti (un medico legale, un ginecologo, anestesista rianimatore e anatomopatologo) nominati dal sostituto procuratore titolare del fascicolo. Lo stesso giorno sarà fissata la data dell’autopsia alla quale assisteranno anche i consulenti nominati dall’avvocato Di Pietro (i professori Pietro Tarsitano e Domenico Caruso e il dottore Maurizio Municinò). Secondo la ricostruzione dell’accaduto fatta dal legale, alla luce di tre incontri con la paziente l’anestesista dell’ospedale Villa Betania incaricato di analizzare il caso della donna, affetta da una lieve forma di sindrome di Tourette (tic motori e fonatori incostanti), aveva deciso di evitare una anestesia parziale (attraverso l’ epidurale) in favore di quella totale, per evitare che eventuali spasmi dei muscoli laringo-faringei determinati dalla coscienza di quanto stava accadendo (il parto attraverso taglio cesareo) potessero determinare problemi respiratori. La donna, nei giorni di ricovero, è stata anche sottoposta, come da prassi, a una visita cardiologica dalla quale non sarebbero emersi problemi cardiologici ma una cosiddetta “fame d’aria”, di natura nervosa. Rosa Andolfi, il successivo mercoledì, venne sottoposta a un taglio cesareo con una anestesia locale (attraverso l’epidurale). Dopo essere entrata in sala operatoria alle 16,30 ha partorito il suo bambino alle 17,10. A mezzanotte i sanitari hanno comunicato al compagno, al fratello e a tutta la sua famiglia il decesso sul quale ora gli inquirenti stanno cercando di fare luce.

Cronache della Campania@2020


Clan Maiale, a processo imprenditore e direttore della Agenzia delle Entrate

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Il gup del Tribunale di Salerno ha deciso, nell’ambito dell’inchiesta “tre stelle”, di rinviare a giudizio un imprenditore caseario, il direttore provinciale dell’Agenzia delle entrate di Salerno e Giovanni Maiale, l’ex collaboratore di giustizia per decenni a capo dell’omonimo clan camorristico operante nella Piana del Sele. Sono accusati di presunta corruzione messa in atto dall’imprenditore ebolitano nei riguardi del direttore dell’Agenzia delle entrate. Decisivo, anche il ruolo di Giovanni Maiale che avrebbe favorito l’imprenditore negli acquisti all’asta attraverso una serie di intimidazioni. Sempre secondo le accuse della Procura, il direttore delle Entrate avrebbe «aggiustato» in favore dell’imprenditore pendenze con il fisco in cambio di regalie.

Cronache della Campania@2020

Processo Jambo, la Cassazione annulla le condanne: tutto da rifare

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Svolta in Cassazione per gran parte degli imputati coinvolti nell’inchiesta sulle infiltrazioni della camorra al Jambo di Trentola Ducenta e che avevano proceduto con rito abbreviato, con 14 condanne in Appello. La Suprema Corte ha annullato gran parte dei verdetti della Corte Partenopea pronunciati nel settembre del 2018.

I giudici hanno annullato la condanna per l’imprenditore Gaetano Balivo (condannato in Appello a 14 anni). Per lui i giudici hanno annullato per intero il verdetto. Annullamento anche per l’ex vigile urbano Nicola Picone (condannato a 9 anni in Appello) e per l’ex assessore, oggi collaboratore di giustizia, Luigi Cassandra (condannato in appello a 6 anni e mezzo). Il colpo di spugna della Cassazione riguarda anche altre posizioni per le quali è stato disposto l’invio degli atti ad una nuova sezione della Corte d’Appello per un nuovo processo di secondo grado. Nel collegio difensivo sono stati impegnati, tra gli altri, gli avvocati Vincenzo Maiello, Von Arx, Giovanni Aricò e Mario Griffo.

Nel settembre del 2018, nell’ambito dello stesso procedimento, venne condannato anche il boss Michele Zagaria a 20 anni. Il capoclan non ha impugnato il verdetto. Secondo l’accusa il centro commerciale sarebbe stato una creatura del boss ed avrebbe ricevuto sostegno da politici ed imprenditori per la sua crescita esponenziale

Cronache della Campania@2020

Accusato di abusi sessuali a una ragazza conosciuta in discoteca: ridotta la condanna al 26enne di Quarto

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Si è tenuto il 27 febbraio l’appello per il 26enne G. B, dinanzi alla 4 Sezione della Corte di appello di Napoli che, in riforma della sentenza di primo grado, e riconoscendone le attenuanti, ha diminuito la pena da 5 a 3 anni di reclusione.
In primo grado era stato condannato, con rito abbreviato, alla pena di anni 5 di reclusione, alla interdizione dai pubblici uffici per 5 anni, oltre alla interdizione perpetua da qualunque ufficio attinente alla tutela e alla curatela.
Si era reso “reo-confesso” ed il giudice di prime cure aveva negato le attenuanti in quanto la sua collaborazione era frutto di una convenienza processuale e non di effettiva resipiscenza. L’imputato, è stato difeso in grado di appello dall’avvocato Massimo Viscusi, del foro di Benevento.
L’inchiesta, come si ricorderà, riguarda un caso di abuso sessuale, verificatosi, presumibilmente, l’8 dicembre 2018, di cui sono ancora tanti i punti ancora in sospeso.
La denuncia era partita dalla ragazza, che dopo aver trascorso una serata in una discoteca di Pozzuoli, il “Club Partenopeo”, e aver fumato hashish e bevuto alcoolici, si era trovata dapprima nella macchina, nel parcheggio del locale, con 5 ragazzi, dal quale riuscì a dileguarsi in un secondo momento (e del quale stranamente nessuna indagine è stata effettuata da parte del Nucleo Operativo dei Carabinieri di Pozzuoli in merito a tale rilevante circostanza) ; e, poi, dopo aver chiesto un passaggio all’imputato, che glielo concedeva, da Pozzuoli a Quarto, salendo nella macchina del suo amico G. C., insieme alla ragazza, facevano scalo a casa dell’imputato, il quale dopo aver preso la sua autovettura, accompagnava la ragazza sotto casa sua.
Nel tragitto, a detta della Procura di Napoli (indagini coordinate dal P. M. Tittaferrante) si sarebbe consumato un “rapporto orale”, denunciato dalla ragazza, la quale si è avvalsa di psicologi specializzati onde poter ricostruire la vicenda.
Per l’imputato, a seguito di riesame, è stata attenuata la misura dell’ordinanza cautelare intramuraria presso il carcere di Poggioreale, con quella degli arresti domiciliari.

Cronache della Campania@2020

Strage del bus ad Avellino: dissequestrate le barriere sui viadotti dell’A14

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Ancora un dissequestro di barriere autostradali nell’ambito dell’inchiesta bis della procura di Avellino dopo la strage del viadotto Acqualonga sulla A16, quando morirono 40 turisti che viaggiavano a bordo di un bus precipitato nella scarpata. Il gip di Avellino ha accolto l’istanza di Autostrade per l’Italia relativa al dissequestro delle barriere di sicurezza bordo-ponte installate sui viadotti Colonnella e SS.n 150 del Vomano lungo l’autostrada A14. “Il dissequestro temporaneo – informa una nota – consente alla direzione di tronco di Pescara della societa’ di procedere con i lavori di cantierizzazione necessari per la sostituzione delle barriere di sicurezza; gli interventi verranno svolti secondo le modalita’ indicate dagli uffici tecnici del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Per quanto riguarda il viadotto SS. n.150 del Vomano inoltre la configurazione di cantiere consentira’ di riaprire entro la mattina di domani, martedi’ 3 marzo, lo svincolo di Roseto in direzione Nord, mentre entro la giornata di mercoledi’ sara’ garantito pieno accesso a tutti i rami di svincolo. Per chi proviene da Ancona si consiglia, fino alla completa riapertura del casello autostradale, di uscire a Teramo Giulianova e tramite la SS80 e la SS16 raggiungere Roseto”.

Cronache della Campania@2020

Camorra, confisca beni per 300mila euro a due esponenti del clan Belforte

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La Guardia di Finanza di Marcianise ha confiscato dei beni per un valore di circa 300.000 euro, disposta dal Tribunale di Napoli nei confronti di due prestanomi della famiglia Marciano di Maddaloni , imprenditori affiliati al ”clan Belforte – fazione di Maddaloni”, che operavano nel settore della gestione di slot machine. Già nel maggio del 2018, le fiamme gialle avevano eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 11 persone, emersi come responsabili dei reati di estorsione, trasferimento fraudolento di beni e illecita concorrenza con minaccia o violenza, tutti aggravati dall’utilizzo del “metodo mafioso”. Nel corso delle indagini, era emerso che la famiglia Marciano, era riuscita a imporre nuovamente agli esercizi pubblici di Maddaloni e dei Comuni vicini, l’installazione delle slot machine attraverso due ditte individuali intestate a soggetti prestanome. Sono state rimosse da una ventina di esercizi pubblici, 127 slot che costituivano il patrimonio aziendale delle ditte, ed anche un’auto di grossa cilindrata, un Range Rover, acquistata con i guadagni delle attività criminose del clan. Il Giudice per le Indagini Preliminari di Napoli ha riconosciuto colpevoli 3 imputati, condannandoli da 2 a 4 anni di reclusione, disponendo anche la confisca delle due ditte individuali e dell’auto, sottraendole così all’organizzazione criminale.

Cronache della Campania@2020

Portici, omicidio nelle palazzine Ina Casa: presi due killer del clan Vollaro

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Stamattina gli agenti della Polizia di Stato del Commissariato di Portici -Ercolano hanno dato esecuzione alla misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di Pasquale SCAFO, 50enne, e Antonio ROMAGNOLI, 55enne, porticesi ed affiliati al clan “VOLLARO” di Portici, per omicidio premeditato in concorso tra loro e con BIFULCO Massimiliano, 42enne di Massa di Somma, già condannato in via definitiva all’ergastolo per analogo reato.
I due uomini sono gravemente indiziati dell’omicidio del pluripregiudicato Luciano SANTILLO avvenuto alla via Dalbono di Portici il 13 settembre 2007 quando, intorno alle ore 11,30 di quel giorno, la vittima stazionava all’esterno di una baracca adibita a vendita di bibite posta all’interno del complesso delle palazzine INA-CASA.
Nell’occasione SANTILLO venne colpito da almeno tre colpi d’arma da fuoco che, dopo immediato trasporto presso l’ospedale “Loreto Mare” di Napoli e delicato intervento chirurgico, ne causavano la morte.
I gravi indizi di colpevolezza, raccolti nel corso degli anni da questo Ufficio, suffragati da dichiarazioni di alcuni collaboratori di Giustizia, hanno consentito alla Direzione Distrettuale Antimafia di richiedere ed ottenere dal Tribunale di Napoli — Sezione del Giudice per le Indagini Preliminari — la misura cautelare della custodia in carcere a carico dei due uomini.
Lo SCAFO, da pochi mesi scarcerato, veniva associato alla Casa Circondariale di Napoli Poggioreale, mentre il ROMAGNOLI riceveva la notifica del provvedimento presso la Casa di Reclusione ove è detenuto per altra causa.

Cronache della Campania@2020

Bomba davanti al vescovado di Avellino: 8 anni carcere per l’attentatore

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Nell’agosto scorso, per ritorsione per una presunta indifferenza del vescovo alle sue condizioni di vita difficile, mise un ordigno artigianale all’ingresso del vescovado di Avellino, con il chiaro intento di colpire monsignor Arturo Aiello. Nelson Lamberti, 49 anni, di Forino, e’ stato condannato a 8 anni di reclusione dal gup di Avellino. Il pm Antonella Salvatore ne aveva chiesti 5 per lesioni personali, incendio doloso, danneggiamento, minacce e fabbricazione ed esplosione di ordigni esplosivi. Lamberti, ex tossicodipendente con disagio sociale, prima che il giudice si ritirasse per emettere la sentenza ha anche chiesto scusa per il suo gesto, che non colpi’ il vescovo di Avellino, ma feri’ un vigile urbano che, intervenuto per rimuovere l’ordigno dopo una prima esplosione, fu investito dalla seconda, e il direttore della Caritas, Carlo Mele.

Cronache della Campania@2020


Bimbo schiacciato dalla cisterna nel Salernitano: chiuse le indagini a carico dei genitori

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Sono accusati di omicidio colposo i genitori del piccolo Luigi Marino,3 anni, morto lo scorso mese di settembre, a Montesano sulla Marcellana, schiacciato da una cisterna.
La Procura di Lagonegro, infatti, ha chiuso le indagini a loro carico ed ora si resta in attesa dell’eventuale rinvio a giudizio. Il perito incaricato dal pm Colella nell’avviso di conclusioni delle indagini a carico dei due, avrebbe fatto emergere come la presenza sul carrello – con a bordo due cisterne – del bambino e della mamma potrebbe aver determinato la tragedia. Intanto l’avvocato difensore dei genitori ha nominato un perito di parte per esaminare sia il carrello che le cisterne, e confutare la tesi in un eventuale processo.
Il dramma si consumò in un terreno situato nei pressi dell’abitazione della famiglia Marino. Su un carrello con due ruote e di metallo erano collocate due cisterne da riempire con l’acqua. Una ne aveva già a sufficienza, doveva essere riempita l’altra. Sul carrello anche il bambino e la madre, ma qualcosa non andò storto: il carrello si piegò in modo anomalo, e una cisterna crollò sul piccolo Luigi. Inutili i tentativi dei sanitari del 118 di salvargli la vita.

Cronache della Campania@2020

Scafati, scarcerata la ‘signora dello spaccio’ Anna Albano

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Il giudice del tribunale di Torre Annunziata ha accolto l’istanza presentata dall’avvocato Gennaro De Gennaro ed ha scarcerato un’altra componente della famiglia di spacciatori arrestati il 10 febbraio dai Carabinieri di Boscoreale.
I militari avevano scoperto una vera e propria centrale dello spaccio a carattere familiare che aveva il suo centro propulsore a Scafati, nella zona periferica della cittadina al confine con Boscoreale.
Un’intera famiglia era stata tratta in arresto dai carabinieri di Boscoreale. Erano stati arrestati Alessandro Lanzieri, 52enne, Anna Albano, 48enne e la loro figlia Annabella Guarracino di 27 anni.
Erano state rinvenute tre sostanze di stupefacenti diverse: 72 grammi di marijuana, 45 grammi di cocaina e 27 di crack. Con la droga anche un bilancino di precisione e 120 euro in contante, ritenuto provento illecito.
Il PM aveva chiesto il carcere per tutti gli indagati visto l’ingente quantitativo per complessivi 120 g di stupefacente e le cessioni intercettate.
Il difensore dei tre indagati l’avvocato penalista Gennaro De Gennaro è riuscito ad ottenere dal giudice la concessione del beneficio degli arresti domiciliari in sede di direttissima della figura centrale dello spaccio ovvero Annabella Guarracino che aveva confessato le sue responsabilità.
Ieri è stata riportata a casa anche Anna Albano appartenente alla famiglia dei benedetti o cavallari residenti nella “zona 28” a Scafati.

Intrusione in archivi riservati non attinenti alle indagini: carabiniere condannato a sei mesi di reclusione

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Eboli. Sei mesi di reclusione, pena sospesa, per un carabiniere che violava il sistema informatico. Per ben trentatré volte, il militare era entrato nello Sdi, il sistema di indagine, cioè la banca dati delle forze dell’ordine, dove vengono archiviati le notizie relative alle pendenze ed ai reati di tutti i cittadini.

Il carabiniere vi era entrato senza la necessaria autorizzazione, in primis senza alcuna indagine che potesse giustificare le sue connessioni abusive. Pur essendo un militare, dunque, aveva infranto la legge. Da qui è nata l’indagine che ha poi portato al processo da poco concluso al tribunale di Salerno con la condanna in primo grado. Attraverso il suo avvocato di fiducia, il carabiniere ha scelto un rito alternativo. Così il processo si è svolto senza testimoni. La pena è stata patteggiata e sospesa. Condanna ridotta secondo quanto previsto dalla legge per chi ammette le proprie responsabilità. Il carabiniere, a quanto è trapelato, non perderà il posto di lavoro. La sentenza non è definitiva.

A Salerno si è celebrato il processo di primo grado. Nel frattempo, però, il militare è stato trasferito in un’altra caserma, a Eboli non svolgerà più attività. Il trasferimento era già avvenuto mesi fa motivandolo con un “provvedimento disciplinare”. Del reato commesso si è appreso solo in seguito. A processo celebrato. Ora il militare avrà un altro incarico, in altra sede, lontano dalle complicità che si era creato entrando abusivamente sui profili di persone ignare, su cui non aveva alcun diritto di conoscere pendenze e dettagli penali. L’articolo 12 della legge 121/81 punisce “il pubblico Ufficiale che comunica o fa uso di dati ed informazioni in violazione delle disposizioni della presente legge”.

Non è dato sapere per quali fini il carabiniere si fosse introdotto nello Sdi e avesse consultato i profili di tante persone. Né se dal sistema di indagine avesse “sconfinato” nelle altre banche dati interforze acquisendo ulteriori informazioni senza la necessaria autorizzazione. Non è il primo caso di un pubblico ufficiale che viola la privacy dei cittadini per scopi personali e non di indagine. Vi sono, in proposito, anche diverse sentenze della Corte di Cassazione che hanno analizzato a fondo la condotta illecita, distinguendone diversi profili. In alcuni casi, meno gravi, si è trattato solo di “abuso” della propria autorizzazione, in altri, invece, il pubblico ufficiale in questione aveva “rivenduto” le informazioni raccolte in favore di agenzie di investigazione. Al momento non è trapelato altro riguardo il carabiniere un tempo in servizio a Eboli. Non è escluso che le informazioni acquisite dallo Sdi potrebbero creare problemi ad altre persone.

Cronache della Campania@2020

Donna va in ospedale, poi torna a casa e muore: due medici indagati a Sarno

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Due medici dell’ospedale “Martiri del Villa Malta” di Sarno sono indagati con l’accusa di omicidio colposo a seguito del decesso di una donna del posto di 59 anni, M.M le sue iniziali, originaria di Pagani.Secondo quanto ricostruito finora la 59enne, nella notte tra mercoledì e giovedì, è stata condotta al pronto soccorso dell’ospedale sarnese perché lamentava dolori al petto e all’addome. Viene classificata al triage con il codice verde e subito dopo visitata dal personale sanitario di turno. I medici non avrebbero riscontrato alcuna particolare patologia e per questo l’hanno successivamente dimessa facendola tornare a casa. Soltanto che, nonostante la terapia farmacologica prescritta, la donna si sente nuovamente male. A chiamare i soccorsi è il marito. Ma, purtroppo, i sanitari del 118, giunti presso la sua abitazione, non hanno potuto fare altro che confermarne il decesso. Ora sarà l’autopsia, disposta dalla Procura di Nocera Inferiore, a fare chiarezza sulla dinamica della morte della 59enne, i cui familiari hanno sporto denuncia al locale commissariato di Polizia.

Cronache della Campania@2020

Camorra, fu il ras Salvatore Fido ad uccidere Vincenzo Di Pede: ordinanza cautelare

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Napoli. Le confessioni dei pentiti e i riscontri investigativi hanno permesso di fare luce su uno dei tanto omicidi della guerra di camorra degli anni scorsi tra il clan Mazzarella e il clan Formicola. Infatti stamane, su delega della Procura della Repubblica- Direzione Distrettuale Antimafia, di Napoli, la Polizia di Stato ha dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere, emessa dal GIP in data 21.2.2020, nei confronti del ras Salvatore Fido di 33 anni, gravemente indiziato di un omicidio aggravato commesso nell’ambito dello scontro armato tra il clan Mazzarella ed il clan Formicola. E in particolare dell’omicidio di Vincenzo Di Pede, avvenuto in data 25 agosto del 2012, che ha segnato, infatti, la rottura definitiva dei rapporti tra il clan Mazzarella ed il clan Formicola, un tempo alleati, e ha costituito il primo passo verso la formazione di una nuova alleanza Rinaldi-Reale-Formicola.

Cronache della Campania@2020

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