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Channel: Cronaca Giudiziaria
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Caserta, scandalo rifiuti Eco4: rideterminate le pene in appello

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Truffa ai danni dello Stato, falso in atto pubblico e corruzione. Di questi reati rispondevano a vario titolo i quattro imputati di un altro filone dell’inchiesta Eco4 che si è chiusa oggi dinanzi al giudice Alabiso della seconda sezione della Corte d’appello di Napoli nel giudizio di rinvio dalla Cassazione. Assolto l’architetto casertano, Claudio De Biasio dalla truffa ai danni dello Stato. Rideterminata la pena per l’imprenditore Giuseppe Diana di Mondragone in 3 anni e 8 mesi, rideterminata la pena per l’imprenditore Sergio Orsi di Casal di Principe (Caserta) a 2 anni e tre mesi, rideterminata la pena per Giuseppe Valente a 4 anni e 10 mesi di reclusione. In questo procedimento fu indagato anche il fratello di Sergio Orsi, Michele che nel 2008 venne ucciso dal gruppo Setola. Orsi era considerato l’imprenditore legato ai Bidognetti e, per questo, favorito proprio nella gara d’appalto per l’individuazione della società che avrebbe dovuto supportare il braccio operativo del Ce 4, (di cui era presidente Valente). Nel collegio difensivo gli avvocati Carlo De Stavola, Elisabetta Carfora, Domenico Esposito, Mauro Valentino e Antonio Abet.

Cronache della Campania@2019


Sistema Romeo: chiesto il giudizio anche per due carabinieri

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Figurano anche due carabinieri del Nas, Sergio Di Stasio e Vincenzo Romano, nella lista delle persone per le quali la Procura di NAPOLI ha chiesto il rinvio a giudizio nell’ambito dell’inchiesta dei pm Carrano, Raffaele e Woodcock sul cosiddetto “sistema Romeo”. I militari sono accusati di rivelazione di segreto d’ufficio in concorso con Ciro Verdoliva, attuale direttore dell’Asl NAPOLI 1 e, all’epoca dei fatti contestati, direttore dell’ufficio economato dell’ospedale Cardarelli. Secondo gli inquirenti il carabiniere Di Stasio – padre di Iolanda, deputata napoletana del M5s, del tutto estranea alla vicenda – avrebbe rivelato a Verdoliva notizie relative ad alcuni procedimenti pendenti presso la Procura. Si trattava di indagini coordinate da due pm frutto di esposti anonimi sui presunti comportamenti scorretti di un medico. Stesso reato viene contestato anche all’altro militare del Nas, Vincenzo Romano, per avere rivelato, sempre a Verdoliva, notizie coperte da segreto riguardanti due diverse indagini, una delle quali sulle pompe funebri.

Cronache della Campania@2019

Sistema Romeo: emerge anche dossieraggio contro de Magistris

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Uno dei dirigenti del Comune di Napoli per il quale la Procura di Napoli ha chiesto il rinvio a giudizio nell’ambito dell’inchiesta sul cosiddetto “Sistema Romeo”, Giovanni Annunziata, avrebbe anche acquisito, tra il dicembre 2015 e il febbraio 2016, in previsione delle elezioni amministrative comunali del giugno 2016, “dati sensibili e riservati concernenti la gestione del patrimonio immobiliare” comunale “da parte della precedente amministrazione, gestione affidata alla NapoliServizi”. Dati da utilizzare – si legge nella richiesta di rinvio a giudizio – per la redazione di un documento richiesto ad Annunziata “da Antonio Bassolino e della segreteria di questi”, che Annunziata “redigeva con la complicità e l’apporto dei vertici della Romeo Gestioni spa, potenzialmente compromettente” e finalizzato, emerge, a danneggiare la ricandidatura di De Magistris alla guida del Comune. All’inizio del 2016 Bassolino, già sindaco di Napoli, partecipò alle primarie del centrosinistra per la scelta del candidato da opporre a de Magistris nelle amministrative di primavera. Le primarie furono vinte, tra le polemiche, dalla dem Valeria Valente, mentre de Magistris prevalse nelle comunali con ampio margine e fu confermato sindaco per il secondo mandato, tuttora in corso.

Cronache della Campania@2019

I pentiti: ‘Anche Di Lauro portava rispetto a Montescuro o menuzz’. I NOMI DEI 52 INDAGATI

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Napoli. Anche l’ex super boss Paolo Di lauro “ciruzzo o’ milionario” aveva “rispetto” per Camine Montescuro  o’ munuzz, anziano boss della “piccola Svizzera”di  Sant’Erasmo finito in carcere l’altro giorno a 87 anni insieme con altri 21 tra suoi affiliati e boss di altri clan con il quale intratteneva rapporti. Il suo ruolo di grande mediatore e paciere della camorra, una figura simile a quella portata sugli schermi di Gomorra con o’ stregone del centro storico di Napoli, è sviscerato ampiamente nelle 1194 pagine dell’ordinanza cautelare firmata dal gip Alessandra Ferrigno del Tribunale di Napoli. L’episodio che lo vide “confrontarsi” con Paolo di Lauro è stato raccontato ai magistrati dal pentito Maurizio Prestieri (ex uomo di fiducia dei Di Lauro)  e in modo particolare al ruolo “diplomatico” da mediatore di Montescuro nelle trattative per la risoluzione del conflitto tra i clan Alleanza di Secondigliano e Mazzarella, organizzando un incontro con i massimi esponenti delle due fazioni.Prima di lui anche il pentito Giuseppe Missi aveva parlato del ruolo di grande mediatore di Carmine Montescuro nello scontro tra i Mazzarella e l’Alleanza di Secondigliano. Racconta infatti Missi:
“(. . .) … omissis … in merito a Mazzarella Ciro posso riferire che, dopo poco tempo dalla
mia scarcerazione del 1999, questi mi mandò l’imbasciata che voleva incontrarmi.
L’incontro ci fu in un basso che si trova a Vico Sedil Capuano n. 6 di proprietà della
suocera di Sasà Mirante. All’incontro era presente anche Mazzarella Michele, figlio
di Vincenzo il quale, però, benché fosse un nipote di Mazzarella Ciro, in realtà, era
più legato a me che a lui .. . omissis .. . Mazzarella Ciro mi propose di mettere da parte il
mio odio verso le famiglie di Secondigliano ed in cambio mi offri di partecipare ai suoi
traffici di sigarette … omissis . .. Quell’incontro non portò a nulla, poiché, ovviamente, non era mia intenzione accettare quella proposta, cosa che feci puntualmente presente a
Mazzarella Ciro … omissis .. .Posso ancora riferire che tra te trattative che portarono alla
cessazione della guerra tra i Mazzarella e l’ Alleanza di Secondigliano si colloca una riunione alla quale partecipò anche Mazzarella Ciro. Questi si incontrò con Di Lauro Paolo e mediatore di quell’incontro fu Zl’ Menuzzo di S. Erasmo. Ne sono a conoscenza per averne parlato con Mazzarella Ciro, Mazzarella Vincenzo, Mazzarella Gennaro, Ottaviano Paolo ed altri … omissis … ( … )”. E proprio come rappresentante del clan Mazzarella, impegnato nella complessa trattativa finalizzata ad una tregua con il clan dell’Alleanza di Secondigliano, Prestieri Maurizio, appartenente ad una delle storiche famiglie legate al cartello facente capo a Di Lauro Paolo, riconosceva la caratura di zì munuzz ·, nella delicata mediazione che si avviava con Paolo Di Lauro.
Nel dettaglio invece scende Maurizio Prestieri:
“( … ) … omissis … Del clan Mazzarella ho conosciuto, poi, tale zi’ Menuzz. Ciò è
accaduto in occasione della faida tra l’Alleanza di Secondigliano e i Mazzarella.
Siamo nel periodo successivo all’omicidio di Mazzarella Francesco ucciso fuori al
carcere di Poggioreale da CutarelliEgidio, affiliato ai Lo Russo. Paolo Di Lauro
cercava, infatti, una mediazione per risolvere quel conflitto che, come sempre accade,
comunque finiva per danneggiare economicamente un po’ tutti. Questo Zi’ mennuzz
veniva in rappresentanza dei Mazzarella ed, in particolare, di Mazzarella Ciro
detto o’ scellone. Ebbi modo di comprendere che, al di là delle apparenze, quella
persona anziana aveva un forte carisma criminale tanto che lo stesso Di Lauro
Paolo si mostrava molto rispettoso nei suoi confronti. D’altra parte zi’ Menuzz aveva
evidentemente il potere di rappresentare in una situazione così delicata i
Mazzarella cui avevano ucciso il padre. Quell’incontro che si tenne nella casa
ove si appoggiava Di Lauro nel Terzo Mondo mise, effettivamente, le basi per la
tregua cui si arrivò … omissis … ( … )”.

L’inchiesta della Dda ha portato alla luce l’esistenza di un clan, quello dei Montescuro, capace con il suo anziano patriarca di far sedere attorno ai tavoli della pace i clan in conflitto e di dividere le somme delle tangenti alle ditte che lavorano nel Porto di Napoli e  quelli che effettuano i lavori in tutta la zona orientale della città. In carcere sono finiti in 22, un 23esimo è latitante. Ma gli indagati complessivamente sono 52. ecco i nomi:

1. MONTESCURO Carmine, alias o’ Munuzz, nato a Napoli 1934;
2. MONTESCURO Antonio, nato a Napoli .1966;
3. MONTESCURO Massimiliano, nato a Napoli 1973;
4. ARGANO Nino, nato a Napoli .1964;
5. MONTESCURO Carmine, alias Zazà, nato a Napoli 1960;
6. DE FRANCESCO Salvatore, nato in Germania 1965;
7. MILONE Vincenzo, alias o’ Tetti/lo, nato a Napoli 1970;
8. ALTAMURA Raffaele, alias Muscettino, nato a Napoli i1958;
9. APREA Gennaro, alias o’ Nonno, nato a Napoli 1973;
10. ARAGIONE Salvatore, alias o’ Mericano, nato Napoli1957;
11. AVOLIO Giovanni, nato a Napoli 1957;
12. BARILE Salvatore, alias Totoriello, nato a Napoli 1984;
13. CALDARELLI Francesco Luca, nato a Napoli 1975;
14. CALDARELLI Gennaro, nato a Napoli 1968;
15. CALDARELLI Vincenzo, alias Lulù, nato a Napoli 1979;
16. CAMPAGNA Maria, nato a Napoli 1969;
17. CAPASSO Antonio, nato a Napoli 1952;
18. CASABURRO Pasquale, alias o’ Lione, nato a Napoli 1974;
19. CASELLA Vincenzo, alias a’ Scignetella, nato a Napoli 1974;
20. CIRIELLO Vincenzo, alias o’ Zullus, nato a Napoli 1960;
21. COPPOLA Alberto, nato a Napoli 1967;
22. COZZO LINO Giuseppe, nato a Napoli 1955;
23. CRISCUOLO Ciro, alias o’ Tumore, nato a Napoli 1969;
24. D’AMICO Salvatore, alias o’ Pirata, nato a Napoli 1973;
25. FLORIO Ivan, nato a San Giorgio a Cremano (NA) 1979;
26. GEMEI Gaetano, nato a Napoli.1986;
27. GRASSIA Sergio, alias Sergiolino, nato a Napoli 1972;
28. !OVINE Vincenzo, alias Enzuccio Ottocento, nato ad Ercolano 1960;
29. LINGUITI Vittorio, nato a Napoli 1942;
30. MARI Raffaele, nato a Napoli 1959;
31. MARIGLIANO Antonio, alias o’ Silano, nato a San Giorgio a Cremano1982;
32. MARIGLIANO Stanislao, alias o’ Si/ano, nato a Napoli 1957;
33. MAURO Francesco, alias Cicciariello, nato a Napoli 1966;
34. MAZZARELLA Ciro, alias Ciruzzo, nato a Napoli 1971;
35. MONTESCURO Carmine, alias Campione, nato a Napoli.1992;
36. OLIVIERO Raffaele, alias o’ Popp, nato a Napoli 1977;
37. PISANI Carlo, alias o ‘figlio e Pippone, nato a Napoli 1993;
38. PISANI Giuseppe, alias Pippone, nato a Napolì 1975;
39. RAIA Ciro, nato a Napoli 1970;
40. REALE Mario, alias o’ Pazzo, nato a Napoli 1969;
41. RICCARDI Salvatore, alias Banana, nato a Napoli 1980;
42. RINALDI Ciro, alias My Way, nato a Napoli 1963;
43. RINALDI Gennaro, alias o’ Lione, nato a Napoli 1959;
44. RUCCO Antonio, nato a Napoli 1953;
45. RUCCO Elisabetta, nata a Napoli 1982;
46. TARASCIO Gennaro, alias o’ Chalet, nato a Napoli 1960;
47. TROIANIELLO Alfonso, nato a Napoli 1956;
48. TROIANIELLO Massimo, nato a Napoli 1963;
49. VASTANO Antonio, alias Ottò, nato a Napoli 1957;
50. VASTANO Fabio, nato a Napoli 1986;
51. VATIERO Giuseppe, alias Peppe a’ Besetta, nato a Napoli 1961;
52. DARIO CARLO, nato a Napoli 1977

Cronache della Campania@2019

Sistema Romeo: suite, spa e hotel per corrompere i funzionari pubblici. I NOMI DEI 55 INDAGATI

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Orologi di valore, assunzioni e consulenze, cene in prestigiosi ristoranti, soggiorni in albergo con accessi alla spa, nelle isole del Golfo e anche nelle suite del suo hotel: e’ questo il “sistema Romeo” ipotizzato dalla Procura di Napoli, attraverso il quale l’imprenditore Alfredo Romeo sarebbe riuscito ad ottenere importanti vantaggi da funzionari pubblici. I sostituti procuratori della Repubblica di Napoli Celeste Carrano, Francesco Raffaele e Henry John Woodcock hanno chiesto 55 rinvii a giudizio, per diverse ipotesi di reato (tra le quali figura anche l’associazione a delinquere finalizzata alla corruzione) nei confronti di 54 persone e della Romeo Gestioni Spa. Per gli inquirenti l’obiettivo del “sistema Romeo” era commettere una lunga serie di reati contro la pubblica amministrazione (corruzione in concorso, turbata libertà degli incanti, falso ideologico aggravato, favoreggiamento) per aggiudicarsi e farsi assegnare appalti per i servizi di pulizia negli edifici e nelle strutture pubbliche e per la gestione di patrimoni immobiliari delle pubbliche amministrazioni. Il tutto in cambio di tangenti e utilità di vario genere frutto di provviste economiche realizzate attraverso l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Tra coloro per i quali la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio, oltre all’imprenditore Alfredo Romeo, a suo figlio Diego, e al suo collaboratore Ivan Russo, figurano anche l’ex parlamentare Italo Bocchino, l’ex presidente della Regione Campania Stefano Caldoro (a cui si contesta il traffico di influenze) e l’attuale direttore dell’Asl Napoli 1 Ciro Verdoliva (a cui viene contestato, tra l’altro, il favoreggiamento). Italo Bocchino e Alfredo Romeo, sempre secondo i pm titolari dell’inchiesta, sarebbero promotori e organizzatori dell’associazione a delinquere. Bocchino, in particolare, avrebbe avuto il compito di pianificarne e gestirne l’attività illecita: accuse, secondo l’ex deputato, “frutto di errori di valutazione da parte della Procura, che dal 2015 ad oggi non ha mai ritenuto di interrogarmi per avere un chiarimento”. Della lunga lista di coloro per i quali è stato chiesto il giudizio, però, fanno parte anche dirigenti del Comune di Napoli (uno avrebbe ‘cucito’ un bando di gara su misura per la Romeo Gestioni da 800mila euro), un medico, direttore esecutivo di un contratto di appalto per le pulizie nell’ospedale Cardarelli, dirigenti della Romeo Gestioni che collaboravano con i funzionari pubblici, un agente della Polizia Municipale che avrebbe elevato contravvenzioni in cambio di voucher per accedere alla spa dell’hotel Romeo, intermediari di presunte transazioni corruttive e anche un funzionario della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio di Roma che avrebbe, sempre secondo gli inquirenti, omesso di menzionare, nell’ambito di una ristrutturazione di un noto palazzo della capitale che nel sito era presente un “reticolato” di epoca romana emerso durante gli scavi. Vestigia poi classificate come opere probabilmente risalenti al ‘700. Un grosso favore, in sostanza, in cambio di soggiorni per sè e per la figlia a Napoli, e per sè e per un’amica a Ischia, rispettivamente del valore di 640 euro (per un giorno) e 5183 euro (per una settimana). Infine chiesto il giudizio anche per due carabinieri del Nas, Vincenzo Romano e Sergio Di Stasio, quest’ultimo padre della deputata M5s Iolanda, del tutto estranea alla vicenda. Ai militari viene contestata la rivelazione di segreto d’ufficio in concorso con l’ex direttore dell’ufficio economato del Cardarelli Ciro Verdoliva. L’udienza preliminare davanti al gup di Napoli Simona Cangiano è stata fissata per il 6 dicembre.

I NOMI DEGLI INDAGATI

Amore Donatella,Angelico Fabio,  Annunziata Giovanni, Bocchino Italo, Bottini Antonio, Caldarera Emanuele, Caldoro Stefano, Cappellini Ivan, Castiello Biagio, Coppola Attilio, D’Ambrosio Domenico, D’Ambrosio Francesco, De Angelis Stefania, De Felice Leandro, De Simone Gennaro, Della Magna Gennaro, Di Maro Elio, Di Mezza Ferdinando, Di Stasio Sergio, Èrcole Antonello, Esposito Salvatore. Esposito Vincenzo. Facchini Giovanni, Grezio Arturo, laccarino Agostino, Infante Vincenzo, Ippolito Aniello, Lanza Maria, Leonessa Elena, Leonessa Mario, Lo Castro Natale, Malerba Tommaso, Mannelli Carlo, Martino Antonio, Mattiucci Salvatore, Minopoli Carmen, Montuoro Gaia, Órlandi Federico, Paragliela Giovanni, Perrone Gaia, Pesoli Rossella, Romano Vincenzo, Romeo Alfredo, Romeo Diego, Rosanova
Sergio, Russo Francesca, Russo Ivan, Salzano Vincenzo, Scala Raffaele, Silvestre Gennaro, Soprano Roberto, Tatangelo Achille, Trombetta Enrico, Verdoliva Ciro, Romeo Gestioni

Cronache della Campania@2019

Salerno, duplice omicidio di Fratte: ergastolo per il boss, il figlio e il killer

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Salerno. Confermata la sentenza di primo grado: ergastolo per il boss Guido Vaccaro, il figlio e il killer I giudici della Corte d’Assise d’Appello non fanno sconti ai tre imputati accusati del duplice omicidio di Fratte, ovvero dell’agguato mortale ad Antonio Procida ed Angelo Rinaldi. Pene confermate, dunque, per Matteo Vaccaro, ritenuto il mandante; Roberto Esposito, ritenuto dalla Dda di Salerno colui che avrebbe premuto il grilletto della pistola ed esploso i tre colpi assassini; e per il figlio del boss, Guido Vaccaro che era alla guida dello scooter sul quale viaggiava il killer.

Cronache della Campania@2019

Camorra ad Avellino: lo scontro tra il figlio del boss Genovese e Pasquale Galdieri dietro gli attentati di settembre

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AvellinoCi sarebbe il nuovo clan Partenio dietro agli attentati dello scorso mese di settembre. E’ quanto emerge dagli ultimi atti depositati dagli inquirenti presso il Tribunale del Riesame. Circa 200 pagine di intercettazioni ambientali e telefoniche riferite agli ultimi mesi. A settembre due attentati scossero la tranquillità di Avellino. Prima una bomba artigianale fatta esplodere nell’auto di un imprenditore locale e poi 5 auto crivellate di proiettili e appartenenti a Damiano Genovese, figlio del boss Amedeo ed incensurato. E’ proprio dalle intercettazioni che riguardano questi ultimi due che emerge come, dietro agli attentati, potrebbe esserci la mano di Pasquale Galdieri, arrestato nell’ambito dell’operazione ‘Partenio 2.0’ e considerato dagli inquirenti il capo del nuovo clan. In una intercettazione ambientale, Damiano Genovese spiega a un suo interlocutore che, dietro all’attentato ai suoi danni ci sarebbe Galdieri, ricostruendo anche la dinamica di quella notte con due ragazzi in fuga su uno scooter dopo aver esploso i proiettili. Un’altra intercettazione ambientale, invece, viene registrata nel carcere di Parma dove si trova recluso il padre, Amedeo, che nel corso di un colloquio con un suo parente sottolinea tutte le sue preoccupazioni per quanto sta avvenendo ad Avellino, chiedendo di avvertire il figlio di stare alla larga da Galdieri e i suoi uomini, temendo per la sua vita. Soprattutto quello che emerge dalle intercettazioni è che, il legame che c’era tra Galdieri e la famiglia Genovese si sarebbe interrotto negli ultimi mesi, una situazione, questa, ancora da chiarire dagli inquirenti, ma che Amedeo Genovese teme molto perché, sempre in una intercettazione chiede al suo interlocutore di fare di tutto per mettere pace ad Avellino tra il figlio Damiano e Galdieri che definisce come il suo ‘erede’.

Cronache della Campania@2019

Portici, faida contro gli ‘scissionisti’: ordinanza in carcere per il boss Pietro Vollaro e un suo affiliato

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Su delega della Procura Distrettuale Antimafia di Napoli, la Polizia di Stato ha dato esecuzione ad ordinanza di applicazione di misura cautelare in carcere nei confronti di Pietro  Vollaro(cl. 1963) e  Antonio Romagnoli (cl. 1964), capo ed affiliato della organizzazione di stampo camorristico dei Vollaro operante a Portici, ritenuti responsabili di omicidio in concorso tra loro, con l’aggravante di avere agito con premeditazione e di aver commesso il reato al fine di agevolare l’attività della organizzazione di stampo camorristico dei Vollaro operante a Portici.

Alle ore 18,40 del 10 gennaio 2002, personale della Squadra Mobile di Napoli e del Commissariato di Portici – Ercolano, interveniva alla via Rossano di Portici ove veniva segnalata l’esplosione di colpi d’arma da fuoco. Il personale intervenuto riscontrava la veridicità dell’evento rinvenendo sui scalini di accesso al civico 8 il cadavere di un uomo, identificandolo successivamente in Giuseppe Obermayer di anni 27. Contemporaneamente giungeva all’ospedale Maresca di Torre del Greco una persona attinta da colpi d’arma da fuoco, identificato successivamente per Lorenzo Cozzolino di anni 32, che veniva immediatamente sottoposto ad intervento chirurgico all’esito del quale veniva estratto dal suo corpo un proiettile che veniva sequestrato.

Le indagini condotte dalla Squadra Mobile di Napoli – Sezione Criminalità Organizzata e dal Commissariato di Portici – Ercolano, sotto la direzione e il coordinamento della D.D.A. partenopea, permettevano di inquadrare da subito l’evento omicida nella faida all’epoca in atto tra il clan Vollaro ed alcuni “scissionisti” tra cui il Lorenzo Cozzolino ed il defunto suocero di questi, Attilio Belsole, ucciso anch’egli a colpi d’arma da fuoco pochi mesi prima. Nel corso degli anni sono stati raccolti pregnanti indizi probatori a carico degli arrestati, suffragati dalla collaborazione di collaboratori di giustizia, che, ritenuti validi dal G.I.P. del Tribunale di Napoli emetteva la misura cautelare della custodia in carcere su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. Gli arrestati venivano raggiunti dalla misura nei luoghi di detenzione, ove già trovasi ristretti per altri reati.

La protesta delle mamme a #Fuorigrotta

Publiée par Francesco Emilio Borrelli sur Jeudi 31 octobre 2019

Cronache della Campania@2019


Sistema Romeo: tra i 55 indagati anche 7 appartenenti alle forze dell’ordine

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Figurano ben sette rappresentanti delle forze dell’ordine – due carabinieri, due finanzieri e tre poliziotti – nel lungo elenco di nominativi, 55 in tutto, per i quali la Procura di NAPOLI ha chiesto il rinvio a giudizio nell’ambito dell’inchiesta sul cosiddetto “Sistema Romeo”, la presunta “cricca” che – secondo i sostituti procuratori Celeste Carrano, Francesco Raffaele e Henry John Woodcock – sarebbe stata messa in piedi dall’imprenditore Alfredo Romeo per condizionare l’assegnazione degli appalti pubblici e non solo. Lunga e’ anche la lista dei reati che gli inquirenti contestano, a vario titolo, a coloro per i quali hanno chiesto il processo, nella quale figurano, oltre la corruzione, il falso e il favoreggiamento, anche la frode nelle forniture pubbliche, l’accesso abusivo alle banche dati delle forze dell’ordine e la rivelazione di informazioni coperte da segreto investigativo. A fruirne maggiormente dei benefici derivanti dalla violazione di quest’ultimo reato sarebbe stato, secondo gli investigatori, l’attuale direttore dell’Asl NAPOLI 1 Ciro Verdoliva, all’epoca dei fatti direttore dell’Ufficio Tecnico e dell’Economato dell’ospedale Cardarelli. I finanzieri Biagio Castiello e Gennaro Silvestro, secondo i pm, in cambio di assunzioni, avrebbero fornito informazioni segrete a Verdoliva, anche relativamente all’indagine sul cosiddetto “Sistema Romeo” e, soprattutto, sulle infiltrazioni della camorra nell’appalto per le pulizie nell’ospedale Cardarelli. Al manager avrebbe pure riferito che erano state sistemate microspie presso l’abitazione di un boss del clan Lo Russo. Uno dei tre poliziotti coinvolti, Aniello Ippolito, avrebbe preso visione e si sarebbe anche appropriato di documenti inseriti in un fascicolo giudiziario riguardante il manager, mentre l’altro agente, Francesco D’Ambrosio gli avrebbe procurato invece informazioni su alcuni soggetti accedendo abusivamente alle banche dati delle forze dell’ordine. Il tutto, sempre secondo gli inquirenti, in cambio di favori per una ditta di un cugino di Ippolito e della promessa di una assunzione per D’Ambrosio. L’agente Elio Di Maro, invece, sempre accedendo alla banca dati SDI, aveva fornito a Verdoliva informazioni su un sindacalista con il quale aveva avuto un diverbio. Di rivelazione di segreto d’ufficio a beneficio del manager della sanita’ sono accusati anche i due carabinieri del Nas Sergio Di Stasio e Vincenzo Romano, sempre relativamente a informazioni su procedimenti giudiziari in corso. I pm hanno chiesto il giudizio anche per un dirigente del Ministero della Giustizia, Emanuele Caldarera, che in cambio della promessa dell’assunzione della figlia nella Romeo Gestioni avrebbe sbloccato i pagamenti delle fatture emesse sempre dalla Romeo Gestioni per i servizi di pulizia espletati nel Palazzo di Giustizia di NAPOLI, da tempo in hold a causa di presunte irregolarita’.

Cronache della Campania@2019

Accusata di concorso morale nell’omicidio del padre: assolta

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La Corte d’Assise di SALERNO ha assolto Daniela Tura De Marco, figlia del carrozziere salernitano ucciso la sera del 20 febbraio 2016 nella sua abitazione del quartiere Fornelle, a SALERNO. La giovane era imputata per concorso morale in omicidio e la Procura (pm Elena Guarino), lo scorso 23 maggio, aveva chiesto per lei una condanna a 21 anni di reclusione. Stamattina i giudici della Corte d’Assise (presidente Vincenzo Ferrara, a latere Gabriella Passaro) hanno assolto l’ imputata (difesa dagli avvocati Antonietta Cennamo e Francesco Saverio Dambrosio) che, al momento della lettura del dispositivo, e’ scoppiata in lacrime. Contestualmente la Corte ha disposto la trasmissione degli atti alla Procura affinche’ proceda per l’ipotesi di reato di favoreggiamento personale. Per l’omicidio del 62 enne Eugenio Tura De Marco e’ stato condannato a 16 anni e otto mesi di reclusione (condanna confermata dalla Cassazione pochi giorni fa) Luca Gentile, ex fidanzato di Daniela.

Cronache della Campania@2019

Inchiesta sui Centri di accoglienza nel Sannio, in 36 a processo

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Non ha partecipato al giro di affari e di corruzione per gestire l’accoglienza dei migranti ed e’ risultato l’unico tra i 37 indagati che questa mattina sono comparsi di fronte al Gup Loredana Camerlengo per discutere la richiesta di rinvio a giudizio. Antonio Calvano, 40 anni di Frasso Telesino, e’ stato prosciolto. Non ha avuto la stessa sorte il suo amministratore Paolo Di Donato, 49 anni di Sant’Agata de’ Goti, considerato l’uomo chiave dell’inchiesta che un anno e mezzo fa porto’ anche all’arresto di un funzionario prefettizio, di un cancelliere dalla procura di Benevento e di un carabiniere. Il processo per Di Donato, ex amministratore del consorzio Maleventum, che comprendeva 12 strutture di accoglienza in diversi comuni sanniti, si terra’ il 7 gennaio prossimo dinanzi al tribunale di Benevento. Dovranno rispondere di associazione per delinquere, falso, turbata liberta’ degli incanti, truffa, concussione, rivelazione di segreti di ufficio, tra gli altri, anche Felice Panzone, il funzionario della prefettura che si premurava di avvertire in anticipo di ispezioni e controlli nei centri di accoglienza. Panzone avviso’ anche di una visita dei funzionari dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati. A giudizio pure il carabiniere Salvatore Ruta, in servizio a Montesarchio e Giuseppe Pavone, impiegato nella procura di Benevento, che insieme avvertirono Di Donato delle indagini avviate proprio sulla sua gestione. Con loro amministratori, dipendenti, collaboratori e anche un ex funzionario dell’ufficio immigrazione della questura di Benevento, Lucio Di Maio. L’indagine parti’ dai riscontri su alcune strutture e dalle verifiche su alcuni appalti. I controlli della Digos di Benevento svelarono come venivano accolti i migranti:in strutture fatiscenti, senza servizi igienici, ammassati in strutture che non potevano contenere un elevato numero di ospiti e soprattutto rifocillati con alimenti scaduti o in pessime condizioni.

Cronache della Campania@2019

Romeo Gestioni: ”Serenamente certi di poter dimostrare l’assoluta estraneità’

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Romeo Gestioni è “serenamente certa di poter dimostrare la propria assoluta estraneità ad ogni accusa”. E’ quanto si legge in una nota della società, per la quale la Procura di Napoli ha chiesto il rinvio a giudizio insieme a 55 persone, tra le quali lo stesso Alfredo Romeo. Nella nota Romeo Gestioni interviene sugli “articoli apparsi sulla stampa sulla richiesta di rinvio a giudizio per 55 imputati coinvolti in un presunto ‘sistema Romeo’, che a distanza di oltre undici anni dalla prima evidenza di questa formula, e nonostante sentenze della Cassazione che ne negano l’esistenza, viene ancora usata per eccitare i mass media”. Nella nota si sottolinea che “l’accusa di associazione a delinquere è già stata precedentemente esclusa categoricamente e motivatamente dal Tribunale di Napoli in sede cautelare” e che “l’intero impianto accusatorio è costruito sull’ipotesi di una turbativa d’asta per l’assegnazione e aggiudicazione di appalti, mentre i fatti contestati non riguardano gare, né appalti, né assegnazioni di gare”. Inoltre, “a fronte di narrazioni e titolazioni pregiudizialmente colpevoliste, il dato oggettivo della notizia è che si è solo in una fase di richiesta di rinvio a giudizio, che sarà serenamente valutata dal gup Simona Cangiano il 6 dicembre prossimo. Non a caso si sottolinea il serenamente, in quanto agli atti risulta evidente l’abissale distanza tra i capi di imputazione della richiesta e i fatti oggettivamente contestati dai pm. Ragione per cui – conclude la nota – la scrivente società è altrettanto serenamente certa di poter dimostrare la propria assoluta estraneità ad ogni accusa”.
Una “enfasi mediatica” data alla notizia “inversamente proporzionale alla assoluta non-novità del fatto”. Così Romeo Gestioni in merito agli articoli apparsi oggi sulla stampa sulla richiesta di rinvio a giudizio presentata dalla Procura di Napoli per 55 imputati e una società, la stessa Romeo Gestioni, nell’ambito dell’inchiesta sui rapporti tra Romeo e pubbliche amministrazioni. Nella nota, Romeo Gestioni ricorda che “si tratta di cose risapute dal febbraio del 2018, un anno e nove mesi, fatti per i quali è già in corso un processo per un azionista di questa società, Alfredo Romeo. Dal che il paradosso di un ‘parallelismo divergente’, con due procedimenti contemporanei e separati: al presunto corruttore da una parte e ai presunti corrotti dall’altra. A riprova forse – conclude la nota – che non è importante cogliere la verità, ma colpire nel mucchio e, con cento titoli di stampa, emettere una sentenza”.

Cronache della Campania@2019

Camorra: anche l’Appello conferma la ‘Piazza Pulita ‘ a Forcella. TUTTE LE CONDANNE

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Il processo Piazza Pulita ha avuto la conferma delle pesanti condanne anche in Appello. Era il 26 febbraio 2007 quando polizia e carabinieri arrivarono tra i vicoli di Forcella, nel cuore del centro antico di Napoli. Una risposta dello Stato al ‘sistema Giuliano’ che per quattro decenni aveva gestito ogni tipo di affare, legale e illegale, tra i vicoli. Le forze dell’ordine perquisirono oltre mille case e arrestarono 170 persone. Fecero piazza pulita (e difatti fu chiamata così la retata) di vecchi boss e delle nuove leve dei clan, che erano sotto il controllo dei Mazzarella. Una ‘guerra’ che tre anni prima aveva portato alla morte della 14enne Annalisa Durante, colpita da una pallottola vagante esplosa da un rampollo dei Giuliano, Salvatore ‘o russo’, finito nel mirino di killer dei Mazzarella. Tutt’ora i vicoli sono divisi tra le due cosche. Ma oggi la prima sezione penale della Corte d’Appello di Napoli ha confermato nella quasi totalità la sentenza di primo grado, infliggendo quasi settecento anni di carcere agli imputati. Tra questi ci sono i vertici del vecchio clan, ma anche Salvatore Ponticelli, Giuseppe e Ciro De Tommaso, padre e zio di Gennaro detto ‘a carogna, nonché Enrico e Renato Ferraiolo, boss del gruppo della Maddalena. E poi ci sono nomi altisonanti dei Giuliano, i cugini Guglielmo, Salvatore ed Erminia ‘Celeste’ Giuliano, sorella dell’ex boss Luigi O’ rre da anni pentito. Alla donna erano stati inflitti 30 anni di reclusione per associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti promossa dal clan Giuliano. In Appello sono diventati 24. Le pene per tutti oscillano tra i 30 e gli 8 anni di reclusione. Le condanne d’appello sono arrivate a distanza di circa dodici anni. I giudici dell’Appello hanno anche confermato l’assoluzione del boss del Vasto, Patrizio Bosti, il cognato del padrino Eduardo Contini O romano: Bosti era stato accusato da alcuni
collaboratori di giustizia di aver fornito dei quantitativi di droga ai Giuliano.

LE CONDANNE NEL DETTAGLIO

Annunziata Egidio 3 anni
Avagliano Pasquale  3 anni e 10 mesi
Bassaras Fortunata 2 anni e 4 mesi
Bottone Vincenzo 20 anni
Brancaccio Salvatore 20 anni
D’Alpino Giovanni 20 anni e 6 mesi
D’Avino Vincenzo 18 anni
De Martino Nunzio 3 anni e 4 mesi
De Tommaso Ciro  18 anni e 6 mesi
De Tommaso Giuseppe  18 anni e 6 mesi
Falanga Annunziata 20 anni
Ferraiuolo Enrico   16 anni
Ferraiuolo Renato   16 anni
Filangieri Ciro 19 anni e 2 mesi
Giordano Pasquale 7 anni
Giuliano Erminia 24 anni
Giuliano Guglielmo CI. 1951  6 anni e 8 mesi
Giuliano Guglielmo CI. 1976  23 anni
Giuliano Salvatore  6 anni e 8 mesi
Lauro Gennaro 7 anni e 10 mesi
Magri Antonio 21 anni e 4 mesi
Marino Salvatore 21 anni e 6 mesi
Marino Vincenzo 5 anni
Minichino Angelo 18 anni e 6 mesi
Monacella Ciro 18 anni e 6 mesi
Overa Maurizio  3 anni e 4 mesi
Pacifico Vincenzo 7 anni e 4 mesi
Perugino Antonio 14 anni
Postiglione Rosario 19 anni e 6 mesi
Prisco Luigi  18 anni e 6 mesi
Quaglìariello Pasquale 18 anni e 6 mesi
Raia Giovanni 28 anni
Riccio Salvatore  16 anni
Santoro Carolina 16 anni
Schinardi Bruno 11 anni
Schinardi Ciro 16 anni
Schinardi Pasquale 16 anni
Schlemmer Ferdinando 18 anni e 6 mesi
Sibilio Antonio 7 anni
Vicorito Antonio 21 anni e 4 mesi

Cronache della Campania@2019

Camorra: o’ menuzzo è già a casa ai domiciliari. Il pentito: ‘Un ufficiale della Finanza fa uscire la droga dal porto’

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Napoli. E’ già a casa agli arresti domiciliari per motivi di salute il boss di Sant’Erasmo, Carmine Montescuro detto o’ menuzzo. Il boss “paciere” era stato arrestato la scorsa settimana insieme con altre 22 persone tra cui tre suoi congiunti oltre a boss di altri clan napoletani con il quale l’anziano patriarca della “piccola svizzera” intratteneva rapporti di affari. Il boss a 85 anni già compiuti è riuscito ad ottenere gli arresti domiciliari. E ora in attesa che gli avvocati preparano il Riesame emergono altri particolari dall’inchiesta. Ci sarebbero un alto ufficiale della Guardia di Finanza e altri funzionari pubblici in servizio al Porto di Napoli che aiuterebbero i clan della camorra a far uscire dal porto i container carichi di cocaina proveniente dalla Colombia. E’ quanto mette nero su bianco il pentito del clan Mariano, Maurizio Overa in alcuni verbali, il primo dei quali datato 1 marzo 2016 e inserito nelle 1194 pagine dell’ordinanza cautelare firmata dal gip Alessandra Ferrigno con la quale è stato sgominato il clan del “paciere” della camorra, in stile o’ stregone di Gomorra, ovvero Carmine Montescuro o’ menuzzo. Racconta il pentito Overa: “… Hanno favorito tutti i clan di Napoli e provincia”. E a quel punto il magistrato della Dda che lo sta interrogando gli chiede: “Ma nel traffico di droga hanno favorito diversi clan di Napoli anche grazie all’appoggio, si dice nell’ambiente malavitoso … di un alto ufficiale della Finanza?” . E Overa senza esitazioni risponde di si. E spiega: “…lo conoscono loro e poi lo conosce pure Carmine Montescuro ‘o Munuzzo… Loro hanno la possibilità di prendere un container … “. Il pentito viene interrotto dal pm che gli chiede: ”Ad un aggancio con un alto ufficiale della Guardia di Finanza … ?”. E Overa continua nel suo racconto: “Sì, a loro dire, però può darsi pure che non sia ufficiale della Finanza e sia qualcun altro, la cosa è certa: che loro hanno affidata nel Porto di Napoli di prendere un container, portarselo via, fare le loro cose e poi riportarlo indietro. Lo prendono, lo portano via, tolgono la droga e poi lo riportano indietro e lo mettono a posto un’altra volta… So pure il sistema che hanno, che quando viene fatto il container in Colombia o in un altro paese del Sud America, quando parte … “. Poi ci sono gli omissis. Ma nel verbale del 4 novembre del 2016 il pentito Maurizio Overa è ancora più esplicito e racconta altri particolari inediti: “…Conosco bene Montescuro Carmine, detto “o Munuzzo”, con il quale mi sono incontrato svariate volte; so per certo, per cognizione diretta, che il Montescuro è quello che gestisce tutti gli affari del Porto, nel senso che è quello che da una parte divide le quote delle estorsioni pagate dagli imprenditori ai clan e dall’altra gestisce il sistema delle mazzette destinate ai pubblici ufficiali del Porto; al riguardo voglio aggiungere che il Montescuro Carmine è in grado di arrivare ai “pezzi grossi” che lavorano al Porto, parlo di pubblici ufficiali. Preciso che al riguardo faccio riferimento a fatti e vicende che arrivano fino all’anno scorso, e cioè fino al mio arresto.
Il Montescuro Carmine è una vera e propria potenza nel Porto di Napoli, nel senso che è in grado di far entrare ed uscire dal Porto droga ed altro; a dimostrazione della potenza del Montescuro Carmine aggiungo che… omissis…, titolare di un negozio alla via Marina, mi raccontò che il Montescuro era venuto a sapere che avevano un contatto all’interno del Porto di Napoli che gli consentiva di far entrare la cocaina che arrivava dal sud America (al riguardo lo stesso  mi disse che loro avevano più di un contatto, parlandomi di una “squadra” di pubblici ufficiali); in altri termini, per quanto mi raccontò lo stesso avevano una strada ovvero un collegamento con un pubblico ufficiale, ovvero con un appartenente alle Forze dell’ordine, che lavorava nel porto che gli faceva portare fuori dal Porto la droga che si facevano arrivare nei container con le navi e che, poi,… omissis… unitamente a Giannino o Palombo (mi pare che il nome sia D’Alpino Giovanni ed è mio coimputato nel processo Piazza pulita) di Forcella; il sodalizio tra…omissis… e Giannino o palombo è andato avanti sicuramente fino al 2014 e posso dire che  hanno dato personalmente a me e a Marco Mariano due chili di cocaina nel 2012, anno del matrimonio della prima figlia di Marco Mariano. Omissis …. Ebbene, tornando al Montescuro, omissis mi disse che il Montescuro Carmine era venuto a sapere del loro contatto nel porto e che voleva anche lui la sua parte su ogni sbarco di cocaina…”.

Rosaria Federico

Cronache della Campania@2019

Omicidio dell’imprenditore Noviello, dopo l’annullamento della sentenza chiesto un nuovo ergastolo per Cirillo

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Castelvolturno. Nuova richiesta di ergastolo, dopo l’annullamento della sentenza di condanna da parte di una precedente sezione della Corte d’Assise d’Appello di Napoli, per l’imputato Francesco Cirillo, accusato di aver preso parte all’omicidio di Domenico Noviello, l’imprenditore ucciso a Castelvolturno il 16 maggio del 2008 dai sicari dell’ala stragista dei Casalesi vicino al boss Giuseppe Setola. Cirillo fu assolto in Appello dalla condanna all’ergastolo ma la Procura impugnò l’assoluzione in Cassazione che ha rinviato il processo davanti ad una nuova sezione: oggi, il Procuratore generale, ha riformulato la richiesta di condanna all’ergastolo per Cirillo. Noviello, è emerso dal processo, aveva denunciato e fatto arrestare anni prima gli estorsori del clan, tra cui proprio Cirillo. Per il delitto Noviello sono già stati condannati mandanti ed esecutori materiali, tra cui Giuseppe Setola e altre otto persone. Cirillo fu arrestato e condannato prima del delitto per le estorsioni commesse ai danni della vittima, titolare di un’autoscuola a Castelvolturno. A causa di quell’arresto il clan si vendicò uccidendo Noviello, circostanza riferita dallo stesso Setola. La Corte ha fissato per il 25 novembre prossimo l’udienza per le discussioni dei difensori.

Cronache della Campania@2019


False pensioni ai parenti: c’era anche un “tariffario” della corruttela

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truffa

“C’era pure un tariffario della corruttela, che per una invalidità pari al doppio di quella reale, era di 5000 euro” scrive il gip Raffaele Coppola del tribunale di Napoli Nord a proposito della posizione dell’ex sindaco di San Marcellino (Caserta), Pasquale Carbone, finito agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta delle false pensioni della guardia di Finanza di Aversa. E’ accusato di corruzione, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e falso insieme ad altre tre persone lo stesso finite ai domiciliari e ai 75 indagati a piede libero. In una intercettazione telefonica tra l’ex primo cittadino e un altro degli indagati scrive inoltre il gip “è chiara la conversazione in cui si parla della ricompensa che bisognava dare ad un altro degli arrestati perché Carbone aveva ottenuto illegittimamente la pensione di invalidità a favore di un parente”. Proprio dal nome dell’ex sindaco l’operazione è stata denominata “Carbonella” dai Finanzieri di Aversa

Cronache della Campania@2019

Il cannibale di Salerno ora è in cura a Marzanello: ‘Uccise la mamma e cucinò a fuoco lento le viscere’

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Salerno. Lui era nudo, a letto, mentre la madre giaceva morta in bagno. Le viscere della donna, anziché essere al loro posto nella pancia, cuocevano a fuoco lento su una griglia in cucina. Il cannibale di Salerno ora è in cura nella struttura sanitaria dell’Asl di Marzanello, nell’Alto Casertano, dove trascorrerà molti anni. Lino Renzi, il cannibale di Salerno, tre anni fa uccise la madre 73enne. L’uomo è stato ufficialmente dichiarato incapace di intendere e volere e soprattutto pericoloso. La polizia fece irruzione nell’appartamento nel rione Torrione a Salerno dove trovò Lino Renzi nudo, a letto, e chiuso nel suo silenzio mentre la madre giaceva morta in bagno. Una macabra quanto orrenda scena si presentò agli occhi delle forze dell’ordine. Secondo gli inquirenti, la donna sarebbe stata uccisa e i suoi resti sarebbero stati in seguito cucinati. Il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale, Elisabetta Boccassini, destinò Renzi, giudicato incapace di intendere e di volere, nella struttura in cui tuttora si trova in custodia.

Cronache della Campania@2019

Nocera: scarcerato Pignataro, uno dei killer di Simonetta Lamberti uccisa per errore nell’agguato al padre giudice anti camorra

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Carcere di Opera (Milano), dopo oltre due anni per decorrenza dei termini di custodia, Antonio Pignataro, 62 anni, ex esponente di spicco della Nuova Camorra Organizzata e della Nuova Famiglia, al centro del maxi processo “Un’altra storia” con l’accusa di associazione di stampo camorristico e scambio elettorale politico-mafioso. Il tribunale di Nocera Inferiore, infatti, ha accolto l’istanza del suo legale concedendogli l’obbligo di dimora nello stesso comunale, con il divieto di uscire dalla sua abitazione dalle 22 di sera fino alle 8 del mattino seguente.
Numerose le condanne a carico di Pignataro. Tra queste, una a 30 anni di carcere, per l’assassinio di Simonetta Lamberti, la figlia 12 enne del giudice Alfonso Lamberti, avvenuto il 29 maggio 1982 a Cava de’ Tirreni. Ad ammettere le sue colpe lo stesso killer che avrebbe fatto parte del commando che prima fece rallentare l’auto del magistrato e poi tentò di ucciderlo ma una pallottola vagante colpì la bimba.

Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2019

Sarno: scoperto e arrestato un 33enne extracomunitario latitante

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Gli uomini della Polizia di Stato ieri pomeriggio, hanno tratto in arresto in C.So Vittorio Emanuele, nei pressi della stazione ferroviaria, Larbi Dernatida 33 anni. Sull’ imam, latitante da diversi mesi, pende un decreto di espulsione: residente sul territorio senza permesso di soggiorno, lo stesso si è reso responsabile di reati penali. Giudicato nel 2018 per detenzione illegale di arma da fuoco a 2 anni e 2 mesi di reclusione, deve lasciare l’Italia per ritornare in Marocco. In Africa non arriverà mai. Emesso il mandato di cattura, ieri agenti in borghese lo hanno identificato e arrestato. La sua posizione è al vaglio degli inquirenti.

Cronache della Campania@2019

Traffico di cocaina dalla Nigeria: sedici arresti in provincia di Caserta. I capi erano tre nigeriani

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Caserta. Un collegamento transnazionale nel traffico di eroina con Castel Volturno, centro nevralgico dello smistamento della droga. E’ quanto hanno scoperto in 4 anni di indagine i carabinieri della Compagnia di Santa Maria Capua Vetere, coordinati dalla Dda di Napoli; un’indagine che ha portato questa mattina all’arresto di 16 persone (13 in carcere e 3 ai domiciliari) prevalentemente cittadini di nazionalità nigeriana e ghanese, ma anche italiana, per associazione per delinquere dedita all’importazione, distribuzione in Europa e in Italia e alla cessione sul territorio nazionale di ingenti quantitativi di eroina. L’organizzazione era composta prevalentemente da nigeriani che attraverso i cosiddetti ‘corrieri ovulatori’ e bagagli a doppio fondo riuscivano a importare la droga dal Pakistan all’Italia attraverso la Nigeria, il Niger, il Malawi, l’Uganda, la Tanzania, il Ruanda, la Turchia e l’Olanda. Capi e promotori del gruppo erano tre nigeriani, di cui due con dimora rispettivamente a Castel Volturno e Villa Literno e un altro in Ruanda. La droga una volta in Italia veniva ulteriormente lavorata e poi ceduta ad una fitta rete di spacciatori nelle province di Napoli, Caserta, Roma, Palermo, Firenze e Cagliari. Alto il giro di denaro intorno alla rete. Si andava dai 40mila euro per acquistare all’ingrosso un chilo di eroina, mentre il prezzo corrisposto ai corrieri ovulatori variava a seconda della complessità del viaggio, dai 3mila euro fino ai 6mila euro per trasportare droga nello stomaco dall’Uganda all’Italia. Dalle indagini è emerso che il gruppo utilizzava spesso anche donne per importare la droga che veniva nascosta o nelle parti intime oppure attraverso ovuli che venivano ingeriti. I militari dell’Arma hanno fermato persone collegate alla banda ai vari aeroporti con addirittura più di un chilo di droga nello stomaco. L’alta possibilità che il corriere non arrivasse sano e salvo in Italia, si scopre dalle intercettazioni, faceva si’ che prima di ogni viaggio dei corrieri, i capi dell’organizzazione contattassero dei maghi per dei riti tribali nigeriani per assicurare fortuna ai corrieri. Dalle intercettazioni è emerso anche che gli importatori sarebbero stati aiutati da forze di polizia dei Paesi africani e dipendenti delle dogane africane che, dietro compenso, avrebbero facilitato il loro passaggio ai varchi degli aeroporti. Per evitare intercettazioni, il gruppo era solito usare non solo un linguaggio criptico per indicare la droga, ma sostituiva continuamente le schede telefoniche intestate a terze persone, oppure usavano skype o posta elettronica con provider esteri. Durante le indagini, sono state registrate 24 importazioni di droga dall’estero e 117 episodi di cessione a terzi e arrestati in flagranza di reato 19 persone. Proprio in uno di questi arresti, i Carabinieri hanno intercettato un summit tenuto a Castel Volturno tra i promotori locali e quelli africani che discutevano delle nuove strategie per eludere i controlli e gli arresti. Nel corso dell’intera operazione sono stati sequestrati complessivamente 976 ovuli e 2 pacchi occultati nei bagagli per un peso di 19 chili.

Cronache della Campania@2019

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