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Channel: Cronaca Giudiziaria
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Assolto ‘perché il fatto non sussiste’, il dirigente della stradale accusato di abuso d’ufficio e costretto ad andare in pensione

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E’ terminata nel pomeriggio di oggi 25 settembre l’odissea giudiziaria di Luigi De Felice, una vita dedicata a servire lo Stato come sostituto commissario e comandante della Polizia stradale di Caianello, fino al 2012, quando una fantomatica accusa di abuso d’ufficio, costatagli il rinvio a giudizio, lo aveva indotto ad abbandonare la sua ineccepibile carriera.

Oggi l’assoluzione con formula piena pronunciata dal Collegio del Tribunale di Trieste, per il quale “il fatto non sussiste”. L’ipotesi accusatoria era connessa ad un sinistro stradale, avvenuto sette anni fa, che vedeva coinvolta la figlia del sostituto commissario, anche lei rinviata a giudizio insieme alla sorella, proprietaria del veicolo, ed anche lei assolta, così come tutti gli imputati.Proclamatosi innocente fin dal primo momento, De Felice non aveva retto il peso di quella che considerava una grave ingiustizia, ed aveva scelto di andare in pensione.

“La sentenza con la formula assolutoria più piena – dichiara soddisfatto il penalista Damiano De Rosa, oggi anche sindaco di Prata Sannita  – dimostra che la linea difensiva scelta, basata sulla fedele ricostruzione degli accadimenti e su una altrettanto puntuale esibizione di documentazione inoppugnabile, ha dimostrato la fragilità e l’inconsistenza della contestazione di abuso d’ufficio, che non ha evidentemente retto al vaglio dibattimentale di primo grado; tant’è che la sentenza, ben motivata e solida, non è nemmeno stata oggetto di impugnazione da parte della Procura, che pure avrebbe potuto contestate l’impianto motivazionale.Esprimo solidarietà e vicinanza al comandante De Felice – aggiunge De Rosa – oltre che come suo difensore di fiducia, anche come suo ex collega, perché fino a settembre 1999 ho indossato la sua stessa uniforme e posso solo immaginare, da ex poliziotto come lui, quanto possa essere difficile riuscire a portare il peso di un’ accusa che – alla luce della sentenza emessa – era ingiusta e fin da subito si percepiva come tale”.

Cronache della Campania@2019


Il caso degli Isee tarocchi nell’Agro Nocerino per i diplomi falsi: via agli interrogatori

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“Lo scorso luglio abbiamo evidenziato il caso, segnalatoci da una cittadina, delle false attestazioni Isee redatte da un Caf di Pagani che, senza autorizzazione, aveva acquisito i dati personali di alcuni cittadini producendo documentazioni non autorizzate. Il caso, portato all’attenzione della Procura di Salerno della vittima, ha generato l’avvio di un procedimento giudiziario che si sta allargando anche ad altri comuni dell’Agro Nocerino. Sono già iniziati gli interrogatori e speriamo che a breve si possa fare chiarezza su questo assurdo caso”. Lo afferma il consigliere regionale dei Verdi Francesco Emilio Borrelli. “Le false attestazioni – prosegue Borrelli – hanno impedito alla cittadina di accedere alle misure di sostegno al reddito, causandole grave nocumento e pregiudicando il sostentamento della sua famiglia. Qualora la truffa venisse confermata in giudizio ci aspettiamo pene esemplari per i responsabili”.

Cronache della Campania@2019

Uccise il detenuto in semilibertà e ne bruciò il corpo: fine pena mai

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Uccise con due colpi di pistola un uomo e poi ne rinchiuse il cadavere nel bagagliaio dell’auto, per poi dare fuoco a tutto. La Corte d’Assise del tribunale di Avellino ha condannato all’ergastolo Francesco Vietri, e a sei anni di reclusione Pasquale Rainone, che aiuto’ Vietri a disfarsi del cadavere di Michele Tornatore. I giudici Luigi Buono e Giulio Argenio, pur accogliendo la ricostruzione del pm della Dda di Napoli, Simona Rossi, hanno escluso l’aggravante del metodo mafioso. Tornatore era detenuto nel carcere di Avellino ma aveva un permesso di lavoro. Vietri e Rainone lo attesero il 4 aprile 2017 all’uscita dal carcere per condurlo in una zona isolata di Contrada. Li’ Vietri gli sparo’ due colpi alla testa e uno al torace. Secondo la ricostruzione dei magistrati, Michele Tornatore, ritrovato poi carbonizzato nella sua auto il 7 aprile 2017, non avrebbe saldato i suoi debiti negli ambienti criminali. Di qui la decisione di punire il pregiudicato. I due imputati si sono sempre professati innocenti, ma contro di loro intercettazioni e prove scientifiche che hanno indotto i giudici e la giuria popolare a emettere la sentenza dopo poco piu’ di due ore di camera di consiglio

Cronache della Campania@2019

Camorra, la sua azienda come base logistica di 4 omicidi: ergastolo per un imprenditore

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Accusato di aver fornito la sua azienda come base logistica per una strage di camorra, condannato questa mattina all’ergastolo dalla Corte di Assise di Appello di Napoli, l’imprenditore Giancarlo Iovine, 56 anni di San Cipriano d’Aversa (Caserta). Confermata la tesi dell’accusa: il professionista, giovanissimo all’epoca dei fatti, avrebbe fornito la sede del Consorzio Agrario come supporto per fare gli appostamenti ad un quadruplice omicidio avvenuto il 22 aprile del 1989 a Casal di Principe, nel periodo della faida tra i Casalesi dell’agro aversano e la Nco di Raffaele Cutolo. Nell’agguato morirono: Antonio Pagano, Giuseppe Mennillo, Giuseppe Orsi e Giuseppe Gagliardi. Il quadruplice omicidio è stato già trattato nel processo Spartacus 1, conclusosi con la condanna all’ergastolo di alcuni esponenti del sodalizio criminale casalese, tra cui Antonio Iovine, Raffaele Diana e Giuseppe Caterino, ritenuti gli esecutori materiali dell’omicidio ordinato dai vertici del clan dei casalesi. A distanza di quasi 30 anni dai fatti Giancarlo Iovine è stato arrestato due anni fa per quei fatti di sangue grazie alle testimonianze di alcuni collaboratori di giustizia, tra cui proprio Antonio Iovine e Dario De Simone. Questa mattina dopo la conferma della sentenza di primo grado si sono costituiti parte civile per i familiari delle vittime gli avvocati Francesco Parente e Francesco Lavanga.

Cronache della Campania@2019

Camorra, duplice omicidio dal barbiere: ordinanza in carcere per i capi della Vanella Grassi

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L’omicidio di Giuseppe Parisi e Giuseppe Ferraro sancì la scissione dal clan Amato Pagato dei cosiddetti ‘girati’ di via Vanella Grassi, determinati ad espandersi in territori di Secondigliano dove a fare affari, prevalentemente con la droga, erano proprio gli ‘Scissionisti’. A sostenerlo sono i carabinieri e la DDA di Napoli che oggi hanno notificato nuove accuse ai due boss di via Vanella Grassi. Si tratta di Antonio Mennetta e Fabio Magnetti, ritenuti mandanti, organizzatori ed esecutori materiali di quel duplice assassinio, avvenuto nel 2011, nel negozio di un barbiere del rione Berlingieri di Scampia. Un omicidio mirato progettato per estromettere gli Amato-Pagano dai quartieri a nord di Napoli: a sparare fu Mennetta, che prima colpì alla testa Ferraro e poi uccise Parisi mentre scappava. I due daranno poi vita, dopo qualche mese, alla terza faida di Scampia, che li vide prevalere sul gruppo degli Abete-Abbinante.

Cronache della Campania@2019

Napoli, mazzette ai finanzieri per ‘chiudere un’occhio’: arrestati un imprenditore, un noto commercialista e due militari

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Napoli. Quando si è accorto che i rilievi sollevati dai finanzieri durante i controlli incrociati alla documentazione contabile del suo cliente, l’imprenditore Francesco Truda, erano di carattere penale, il commercialista, Alessandro Gelormini, molto noto in città per i suoi trascorsi di campione di rugby e già finito in un’altra inchiesta in estate, li ha convinti a ‘convertirli’ in rilievi amministrativi in cambio di 4mila euro. E i due militari – dei quali non e’ stata al momento resa nota l’identità – hanno accettato. Al suo cliente, pero’, il commercialista ne ha chiesti 6mila, per intascarne 2mila. Figurano anche due finanzieri tra le quattro persone arrestate per corruzione oggi dalla Guardia di Finanza del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Napoli. Per un militare è stata disposta la custodia cautelare in carcere. Il gip ha disposto, invece, gli arresti domiciliari per l’altro militare, per un imprenditore che lavora nel settore della logistica e della manutenzione e per il commercialista.

Al centro dell’attività criminosa, secondo l’ipotesi accusatoria, avvalorata dall’ordinanza emessa, risultano il noto professionista napoletano Alessandro Gelormini, consulente fiscale anche di importanti società di trasporti marittimi operanti sul territorio nazionale, e i due appartenenti al Corpo in servizio a Napoli, i quali nel corso di un controllo presso una delle società clienti dello studio professionale, operante nell’ambito dei servizi ambientali e gestita di fatto dall’imprenditore Francesco Truda, sono stati remunerati per alterare il contenuto di un verbale, con il preciso scopo di evitare la denuncia penale nei confronti degli amministratori della società verificata.
Nel corso dell’attività d’indagine è emersa la figura del commercialista, pronto a intervenire allo scopo di sanare la situazione che avrebbe potuto condurre alla configurazione di reati tributari, anche procedendo a corrompere i due finanzieri. Questi ultimi, nel corso di un controllo incrociato nei confronti della società del Truda presso lo studio del professionista, hanno accettato la dazione complessiva di 4.000euro al fine di non far emergere condotte di rilievo penale (utilizzo di fatture per operazioni inesistenti) concordando con il commercialista la strategia per dare un’apparente regolarità ai verbali redatti.
Nell’illecita trattativa il Gelormini, inoltre, tratteneva per sé una somma pari a 2.000 euro, in realtà indirizzata agli stessi finanzieri come parte della dazione corruttiva, ma in effetti terminata nelle sue tasche.
Nella giornata odierna, quindi, sono state eseguite le misure cautelari nei confronti dei quattro protagonisti dell’attività illecita accusati di corruzione in concorso.
domiciliari.

Cronache della Campania@2019

Scafati,clan Matrone-Buonocore di nuovo alla sbarra

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Scafati. Inizia il secondo round per il processo Buonocore – Matrone. Si chiude un capitolo ma se ne apre subito un altro. La storia continua come nelle telenovele.
Il gruppo scafatese nuovamente alla sbarra. Si passa alla fase due con la DDA di Salerno che impugna le 4 assoluzioni del primo grado e le altre condanne riportate dai vertici del presunto sodalizio malavitoso. La pena più alta quella di Buonocore Giuseppe, alias zio Peppe ( difeso da Massimo Autieri e Stella Criscuolo) per la Dda salernitana deve essere aumentata.
Zio Peppe viene considerato dagli inquirenti il promotore della stagione delle bombe e delle estorsioni. Colui che aveva dichiarato guerra al clan Cesarano ed aveva portato gli scafatesi a rialzare la testa.Stesso discorso per Panariello Pasquale ( difeso dall’avvocato Anna Fusco) che si era presentato presso il supermercato IperG dicendo “ci manda l’ultimo che è uscito a Scafati, vi conviene pagare”. Per questi imputati le condanne sono state contenute rispetto alle richieste. Non sono sfuggiti alla richiesta di aggravamento delle pene altri due soggetti ritenuti dagli inquirenti molto pericolosi e che avevano estorto denaro ai commercianti con metodo mafioso ovvero Giovanni Barbato e Palma Antonio (entrambi difesi dall’avvocato Gennaro De Gennaro). Il Barbato aveva sparato nella saracinesca di un tabacchi in via passanti Scafati ed era stato ripreso dalle telecamere. Lo stesso Barbato aveva consumato materialmente l’estorsione ma la vittima non aveva pagato ed aveva subito la ritorsione.
Per entrambi ma anche per Panariello e Buonocore, la Procura sostiene che le pene sono leggere ed andrebbero aumentate perché il gruppo aveva creato una vera e propria associazione camorristica. Continua la via crucis processuale anche per quattro imputati per i quali la Procura aveva chiesto condanne di 5 anni e che sono stati assolti dal Gip di Salerno. Erano state quattro le assoluzioni su undici imputati. In primo grado sono stati assolti Elvira Improta, Palma Pasquale, Panariello Marcello e Patrone Nicola (tutti difesi dall’avvocato Gennaro De Gennaro).
Per questi la DDA ritiene che non dovevano essere assolti perché le prove li incastravano. Intercettazioni ambientali e telefoniche che parlavano chiaro. Secondo i pubblici ministeri Patrone Nicola aveva partecipato all’estorsione ai danni dell’Iper G facendo il palo. Ed era stato assolto. Grave anche la posizione di Panariello Marcello e Palma Pasquale considerati coloro che recuperavano le armi per il gruppo.Lo scontro processuale continua. Ora l’appello sarà chiamato a pronunciarsi sulle condanne già applicate e sulle quattro assoluzioni.
Da una parte c’è chi vuole l’aggravamento. Dall’altro le assoluzioni. La parola passa alle aule di tribunale.

Cronache della Campania@2019

Si chiude la vicenda Bloody Money per De Luca: archiviato

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Volge al termine la vicenda giudiziaria dell’ex assessore al Bilancio di Salerno, Roberto De Luca, figlio del governatore della regione Vincenzo De Luca. Coinvolto nell’inchiesta Bloody Money, avviata nel 2018 dal sito Fanpage.it, De Luca si era dimesso mentre le indagini della Procura di Napoli cominciavano a perquisire ufficio e casa del giovane De Luca.
Nei giorni scorsi la vicenda ha subito un brusco e, almeno apparente, definitivo arresto con l’accettazione da parte della Procura della richiesta di archiviazione del caso avanzata a febbraio e accettata a luglio dal GIP.

L’inchiesta

Il tutto era partito da un’inchiesta di Fanpage.it, nominata “Bloody Money”, e sventolata sui social, in una versione “a puntate”, come il più spettacolare dei Gomorra, ma con persone e soldi veri di mezzo.
L’ex boss della camorra Nunzio Perrella si era infatti messo a disposizione, dopo aver scontato 21 anni di arresti domiciliari, per mettere in luce, tramite Fanpage.it, il problema delle mazzette nella gestione dei rifiuti in Campania. Un incontro, quello fra Perrella e Colletta, apparente “intermediario” dell’accordo, che aveva visto De Luca coinvolto nel discutere nel proprio ufficio di appalti per l’assegnazione dell’incarico di smaltimento in luoghi inadatti e parlando di questioni competenti direttamente alla Regione, guidata dal padre.

Ciò che creò lo scandalo maggiore, tuttavia, fu il successivo incontro fra Perrella e Colletta, ripreso con una telecamera nascosta, dove Colletta mostrava le percentuali delle tangenti di tale appalto, descrivendo a Perrella come l’intera vicenda potesse “fruttare” diverse migliaia di euro per i personaggi coinvolti e apparentemente eseguendo ordini provenienti dal “mandante” De Luca.
Oltre lo scandalo iniziale, in seguito a quella vicenda ripresa da Fanpage.it, Roberto De Luca rassegnò le dimissioni da assessore del Bilancio del comune di Salerno e la Procura di Napoli partì con le indagini.

Il processo e la chiusura

Da subito De Luca si dichiarò estraneo ai fatti, inconsapevole di ciò che stava succedendo alle sue spalle e vittima di una “trappola” ai suoi danni. Le indagini procedettero comunque, con una perquisizione dell’ufficio e dell’appartamento di De Luca e il danno d’immagine al 34enne ben avviato in politica.
A luglio 2019 il Giudice per le Indagini Preliminari accetta la richiesta, formulata a febbraio, di archiviazione del caso, in quanto De Luca risultava estraneo ai fatti e senza alcuna correlazione con gli altri personaggi coinvolti. Né dà comunicazione a settembre proprio il diretto interessato, Roberto De Luca, in un video in cui illustra la richiesta avanzata e ne commenta i punti, con la soddisfazione di chi può togliersi un peso che ha già gravato pesantemente sulla propria vita.

Il video

È proprio sui social, dove era diventata virale la notizia dello scandalo, che De Luca appare a dare comunicazione dell’assoluzione, con un filmato di 3 minuti in cui legge la richiesta e ribadisce come tutta la vicenda sia avvenuta nella sua totale inconsapevolezza, oltre che definire “un giorno positivo per me, per la mia famiglia e per tutti coloro che mi sono stati vicini in questi mesi, ma anche per la stessa città di Salerno” la data di avvenuta archiviazione. A quanto pare De Luca programma anche un incontro dal vivo per spiegare i fatti e ringraziare tutti, dando però precedenza ai festeggiamenti per il Santo Patrono.
Nel video, l’uomo si mostra soddisfatto e fiducioso, riportando estratti della richiesta:

“Ricorderete l’inchiesta pseudo-giornalistica nella quale ero stato coinvolto oltre un anno e mezzo fa – scrive Roberto de Luca su Facebook, nel post che accompagna il video – Ebbene, oggi possiamo ribadire che è stata messa in piedi una vera e propria trappola in mio danno e a mia insaputa: non lo dico io, ma la richiesta della Procura della Repubblica di Napoli di febbraio 2019 accolta dal GIP nel luglio scorso, con la quale è stata accertata la mia totale estraneità alla macchinazione organizzata da persone che, senza che io sapessi nulla, hanno ordito una trama gravemente dannosa per la mia immagine. Complesse indagini hanno consentito di accertare che tutta la vicenda è avvenuta nella mia completa inconsapevolezza. «È assolutamente esclusa – si legge nella richiesta – la consapevolezza del De Luca rispetto all’incontro tra Colletta e Perrella. È escluso che Colletta rispondesse ad istruzioni ricevute da De Luca»”.

Toni duri, quelli dell’ex-assessore, nei confronti di Fanpage.it, il cui servizio viene definito “inchiesta pseudo-giornalistica“, sottolineando da subito l’obiettivo, almeno apparente, di creare uno scandalo con l’ausilio di attori e danneggiando l’immagine di un giovane politico, senza peraltro coinvolgere in maniera preventiva la Procura in quello che era già scontato sarebbe diventato un caso giudiziario.
De Luca poi continua:

“È un giorno positivo per me, per la mia famiglia e per tutti coloro che mi sono stati vicini in questi mesi, ma anche per la stessa città di Salerno: perché anche solo l’ipotesi che un suo amministratore potesse essere minimamente sfiorato dal sospetto di comportamenti non corretti o illeciti era un’ombra su tutta la città. Organizzeremo a breve un incontro per spiegare come si sono svolti i fatti e per ringraziare tutti dal vivo. Non lo facciamo in questi giorni perché credo sia più opportuno onorare il Santo Patrono, però presto ci vedremo tutti insieme. Grazie a tutti. E grazie anche gli organi inquirenti per aver fatto chiarezza sulla vicenda”.

Le parole che colpiscono di più sono quelle legate all’interesse per l’aver risolto un sospetto d’illecito all’interno dell’amministrazione comunale. Lo stesso incontro, pubblicizzato da De Luca, pare essere volto proprio a ribadire la pulizia degli organi amministrativi nella vicenda, oltre che chiarire il proprio punto di vista e lo svolgimento dei fatti.
Dopotutto, nella visione dei filmati, appare evidente come De Luca stia solo discutendo con Perrella, senza agire in alcun modo.

Si chiude quindi questo brutto capitolo della storia dei De Luca, ormai vera e propria dinastia politica, che tuttavia lascia alcuni interrogativi aperti sulla posizione dell’ex-assessore in tutta la vicenda. Una vicenda, quella di Bloody Money, che ancora una volta punta i riflettori sulla poca trasparenza nella gestione del problema delle ecoballe in Campania. Il problema continua infatti a perpetrarsi negli anni e i milioni di rifiuti continuano comunque a non avere risoluzione certa e definitiva.

Cronache della Campania@2019


Cardito, colpo di scena di Telefono Azzurro in aula: ‘La sorellina di Giuseppe aveva avvertito le maestre’

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Cardito. “Finalmente sono andata via da quella casa … Io l’ho detto alle maestre, ma loro non mi hanno capito”. A riferire queste parole, pronunciate dalla sorellina di Giuseppe, il Bimbo ucciso a Cardito  dalla furia del patrigno, Tony Essoubti Badre, lo scorso 27 gennaio, è l’avvocato Clara Niola, legale dell’Associazione Akira e di Telefono Azzurro, costituitesi parti civili al processo che ha preso il via oggi a Napoli, davanti alla terza corte di assise. La piccola, anche lei vittima della furia di Badre, venne ascoltata in ospedale, dopo la tragedia, nell’ambito delle indagini sull’uccisione del fratellino. “Tutti sappiano – ha aggiunto Niola – che noi ci siamo e siamo pronti a intervenire in loro aiuto. Sul comportamento delle maestre dei bambini – dice ancora Niola – c’è una indagine della Procura di Napoli Nord”. Badre, difeso dall’avvocato Pietro Rossi, è accusato dell’omicidio del piccolo Giuseppe e del tentato omicidio della sorellina, oltre che di maltrattamenti nei confronti dei due bambini e dell’atra figlia della compagna. Di comportamento omissivo è invece accusata la madre dei bambini, Valentina Casa, anche lei destinataria di una misura cautelare come il compagno. “Sono ben sei i capi di imputazione contestati a vario titolo nel processo e tutti molto gravi”, ha detto Pierfrancesco Moio, legale di parte civile delle sorelline di Giuseppe, una vittima di tentato omicidio e maltrattamenti e la seconda di maltrattamenti. Le prossime udienze sono state fissate il 16 e il 30 ottobre. Poi si procederà ogni mercoledì.

Cronache della Campania@2019

Uccise l’imprenditrice del clan, arrestato killer del clan Moccia

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In data odierna, gli agenti della Squadra Mobile della Questura di Napoli e i carabinieri del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa, nell’ambito delle indagini svolte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, dal GIP del Tribunale di Napoli nei confronti di PUZIO Michele, già condannato in primo grado per il suo ruolo di affiliato del clan Moccia di Afragola, in quanto gravemente indiziato per il reato di concorso nell’omicidio in pregiudizio di CAPONE Immacolata, occorso in Sant’Antimo il 17 marzo 2004, aggravato dalla finalità di agevolazione di associazione di stampo camorristico e dei correlati reati in materia di porto d’armi.
La vittima, all’epoca, svolgeva l’attività di imprenditrice nel campo del movimento terra nei comuni di Casoria ed Afragola.
La CAPONE nel corso della sua attività imprenditoriale aveva assunto il ruolo di fiduciaria degli interessi economici del clan MOCCIA, non disdegnando di stringere, nel periodo antecedente l’omicidio, rapporti economici con altre organizzazioni camorristiche.
L’omicidio, secondo la ricostruzione accusatoria, è da ascrivere alla volontà del clan MOCCIA di “punire” la donna, perché ritenuta mandante dell’omicidio del marito SALIERNO Giorgio, a sua volta fiduciario dei vertici dell’organizzazione, ed al fine di impedire il rafforzamento dei legami economici fra l’attività imprenditoriale facente capo alla CAPONE e clan diversi dal clan MOCCIA.
Il ruolo di killeral PUZIO Michele, emerso nel corso delle indagini, trova conferma altresì negli esiti delle indagini di natura scientifica.
Il killer durante le fasi concitate dell’omicidio, caratterizzate da un disperato tentativo di fuga della vittima all’interno di un esercizio commerciale, aveva infatti perso un cappellinoche indossava al momento dell’esecuzione e che era stato sottoposto a sequestro nelle immediate adiacenze del luogo del delitto.
A distanza di anni, ed anche grazie al progresso delle metodologie di accertamento è emersa, a seguito di investigazioni scientifiche condotte nel contraddittorio con la difesa ed il consulente dell’indagato, la presenza proprio del DNA del PUZIO su più punti del cappellino.
Sono stati svolti accertamenti altresì sulla esistenza di un potenziale alibi a favore dell’indagato, smentito dagli accertamenti specificatamente svolti in proposito.

Cronache della Campania@2019

La Cassazione conferma il carcere per don Barone, il falso esorcista

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E’ stata confermata dalla Cassazione la detenzione in carcere per Michele Barone, l’ex sacerdote di Casapesenna espulso dalla Chiesa con decreto firmato da papa Francesco e ridotto, lo scorso maggio, allo stato laicale dopo le denunce per abusi sessuali e maltrattamenti durante gli esorcismi. A suo carico è in corso il processo a porte chiuse davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Con un verdetto depositato oggi, i supremi giudici – sentenza 39972 – hanno respinto il ricorso della difesa di Barone contro la misura cautelare degli arresti in cella. L’ex prete, che è in prigione da più di un anno e mezzo, è stato arrestato nel febbraio 2018. E’ accusato di violenza sessuale e lesioni commesse ai danni di tre donne, tra cui una ragazzina di 15 anni, che avrebbero subito gli abusi durante riti di liberazione dal ‘male’. Barone venne fermato dalla Polizia all’Aeroporto di Napoli Capodichino, insieme ai genitori della minorenne, di ritorno da un viaggio a Cracovia nel febbraio 2018. Secondo la Procura di Santa Maria Capua Vetere, il sacerdote avrebbe ingenerato nelle vittime la convinzione di essere possedute dal demonio, e le avrebbe sottoposto a trattamenti disumani e lesivi della loro dignità dopo essersi approfittato della loro fiducia. Nel corso dei quotidiani riti di ‘liberazione e purificazione dell’anima’, le vittime – secondo gli inquirenti – sarebbero state violentemente percosse, ingiuriate, minacciate e costrette a subire atti sessuali e pratiche degradanti.

Cronache della Campania@2019

Manager russo detenuto a Napoli, nei prossimi giorni la Corte d’Appello deciderà sulla scarcerazione

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Napoli. E’ attesa nei prossimi giorni la decisione dei giudici della Corte d’Appello di Napoli sulla richiesta di scarcerazione per Alexandr Korshunov, 57enne manager russo della United Engine Corporation, società sussidiaria della Rostec, arrestato lo scorso 30 agosto all’aeroporto di NAPOLI Capodichino su richiesta degli Stati Uniti per spionaggio industriale. La richiesta avanzata dai legali di Korshunov, gli avvocati Nicola Di Mario, Carlo Cornicchia e Natale Perri, è stata discussa oggi davanti all’ottava sezione della Corte d’Appello di Napoli: presente in aula anche Korshunov, oltre al sostituto procuratore generale Lorenzo Salazar, ai suoi legali e a un traduttore in lingua russa. I legali di Korshunov hanno depositato un’ulteriore memoria difensiva e hanno evidenziato la questione della giurisdizione degli Stati Uniti “per fatti che, per lo stesso bureau americano, si ritiene siano stati commessi in Italia”. Il termine per la decisione, non ordinatorio, è di 5 giorni. Korshunov, spiega l’avvocato Di Mario, “è in buone condizioni fisiche, certamente provato da questa vicenda, ma è uomo di esperienza e spessore: confida nella giustizia italiana e nell’accoglimento della nostra richiesta”.

Cronache della Campania@2019

Inchiesta Universiadi, il commissario Basile: ‘Siamo sereni’

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“Siamo sereni, abbiamo lavorato in piena trasparenza su centinaia di appalti e tutti i nostri atti sono a disposizione. Ora aspettiamo il lavoro della magistratura”. Cosi’ Gianluca Basile, commissario dell’Aru, l’agenzia regionale che ha gestito le Universiadi, commenta la notizia dell’indagine aperta dalla procura di NAPOLI sugli appalti relativi a ospitalita’ e trasporti. “Tutti gli appalti – ha ricordato Basile sollecitato dai cronisti a margine dell’audizione nella commissione comunale di monitoraggio delle Universiadi – hanno ricevuto parere preventivo dell’Anac, ma quando si fanno centinaia di appalti gli interessi in gioco sono tanti e considerato che su navi e casette c’e’ stata una forte polemica trovo corretto che si facciano tutte le verifiche del caso. Noi siamo a disposizione per fornire tutte le informazioni possibili. Ma al momento non sappiamo molto di piu’. Se non che sono stati acquisiti dei documenti su navi e trasporti prima e subito dopo l’evento”.- “Al momento nessuno della struttura – ha proseguito Basile rispondendo ai giornalisti – e’ stato convocato dai magistrati”. Il commissario ha ricordato anche i motivi che portarono a optare tra mille polemiche a una distribuzione del villaggio degli atleti, con il noleggio di due navi da crociera da ancorare nel porto di NAPOLI, e altre soluzioni fuori citta’ (alberghi a Caserta e campus di Fisciano). “C’era il problema – sottolinea il commissario – di concentrare 8000 atleti in un unico posto, con grosse difficolta’ in fatto di tempistica e con un impatto economico enorme”. A Basile, infine, e’ stato chiesto se ritiene che dietro l’inchiesta ci possa essere qualche impresa esclusa dagli appalti: “Lavorando su centinaia di appalti – dice – e’ probabile che ci sia qualcuno che si e’ sentito leso. E’ possibile anche che c’entri la scelta delle navi, che fu preceduta da tante polemiche e fu sofferta perche’ eravamo a pochi giorni dalla manifestazione. Tra l’altro ricordo che con le navi fu ripresa l’idea originaria che era stata messa da parte dal commissario Latella in favore delle casette alla Mostra d’Oltremare. Salvo poi tornare sulla prima scelta. Questo potrebbe aver attivato una verifica”.

Cronache della Campania@2019

Chemioterapia rinviata, per la Cassazione il paziente non ha diritto al risarcimento

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Non ricevera’ un risarcimento danni un paziente dell’ospedale Frangipane di Ariano Irpino che aveva citato in giudizio la Asl di Avellino dopo aver subito il rinvio – seppure per pochissimi giorni – di un ciclo di chemioterapia. La sesta sezione civile della Cassazione ha confermato la sentenza emessa dal tribunale di Benevento che aveva negato il diritto dell’uomo ad avere un risarcimento, affermando che non potessero ravvisarsi gli estremi della “colpa” nel comportamento tenuto dal personale sanitario dell’ospedale: il paziente, infatti, si era recato presso il nosocomio per sottoporsi alla chemioterapia ma, data l’assenza di un infermiere uomo che avrebbe dovuto eseguire l’intervento, l’appuntamento era saltato. Adirato per questo, l’uomo si era rivolto alla polizia municipale incontrata per caso fuori dall’ospedale, con la quale era rientrato nella struttura sanitaria e aveva ottenuto un nuovo appuntamento: per quanto accaduto, aveva poi deciso di presentare una richiesta di risarcimento danni, che era stata ‘bocciata’ dal giudice di pace di Ariano Irpino – il quale ritenne che quello patito dal paziente fosse “un mero fastidio” – e poi anche dal tribunale di Benevento, che aveva rilevato come i sanitari avessero invitato il paziente, una volta tornato assieme alla municipale, a sottoporsi subito alle cure, cosa a cui egli rinuncio’. L’appuntamento per le terapie, quindi, venne fissato per due giorni dopo e, in ogni caso – aveva osservato il giudice di secondo grado – il personale dell’ospedale si era subito attivato per trovare un “valido sostituto” dell’infermiere mancante. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’uomo: “Non essendoci un danno risarcibile – si legge nell’ordinanza depositata oggi – e’ superfluo discorrere sull’esistenza o sull’inesistenza di una condotta colposa del personale sanitario” e “stabilire se una certa condotta illecita abbia causato una lesione alla salute, se tale lesione sia stata o non sia stata grave, se abbia o non abbia avuto conseguenze futili” sono, conclude la Cassazione, “apprezzamenti di fatto” riservati ai giudici del merito e non riguardanti il giudizio di legittimita’.

Cronache della Campania@2019

Inchiesta Olimpo, il teste in aula racconta la genesi delle indagini. Gli avvocati di Greco: ‘E’ un festival’

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Aula-Siani-TorreAnnunziata

Castellammare di Stabia. Dopo una lieve battuta d’arresto riprende con il processo Olimpo che vede imputati, con l’imprenditore Adolfo Greco, alcuni esponenti della criminalità organizzata dell’area stabiese: Raffaele Carolei, Michele Carolei, Luigi Di Martino, Umberto Cuomo, Attilio Di Somma.  Adolfo Greco, ancora una volta, ha deciso di non partecipare al collegamento in videoconferenza dal carcere di Secondigliano. Non hanno rinunciato Di Somma Attilio e Carolei Michele detenuti nella stessa casa circondariale. Presente, in viedeoconferenza, Di Martino Luigi detenuto nel carcere di Milano in regime del 41 bis, ovvero carcere duro. Presenti in aula il pm Cimmarotta, gli imputati Carolei Raffaele e Cuomo Umberto. Questa mattina, il nuovo collegio giudicante presieduto dal giudice Iannone, ha ascoltato il primo teste di polizia giudiziaria, l’ispettore della Squadra Mobile di Napoli Albrizio Diego, coordinatore dell’azione investigativa. L’ufficiale di polizia giudiziaria ha raccontato la genesi dell’inchiesta nata nel Marzo 2013 dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Salvatore Belviso.  Un esame durato più di un’ora nel quale il teste ha risposto alle domande del pubblico ministero. Non sono mancate le polemiche della difesa dell’imprenditore assistito dagli avvocati Maiello e Stravino. Ed è proprio Stravino ad andare su tutte le furie quando il teste commenta una dichiarazione di un collaboratore di giustizia negli anni ’80 nella quale sosteneva che Adolfo Greco fosse referente della Nuova Camorra Organizzata a Castellammare di Stabia. “Cominciamo a commentare le sentenze – dice Stravino – l’ispettore ha detto che un collaboratore di giustizia ha deposto dicendo che Greco era referente della NCO. E’ un fatto escluso con sentenza del Tribunale. Assurdo”.  Non è stata un’indagine semplice – ha riportato il teste – è stata  articolatissima durata oltre tre anni, la vastità dell’indagine è stata dovuta anche al fatto che gli interessi imprenditoriali di Greco sono ampi tanto da superare anche la Provincia di Napoli, dove in un primo momento la figura dell’imprenditore era apparsa come vittima della criminalità organizzata, per il quale si è costituito parte civile contro i clan, ma poi ritenuta anche carnefice. Una buona parte della deposizione si è focalizzata sulla vicenda relativa all’estorsione dell’imprenditore Giuseppe Imperati da parte del Clan Afeltra, dove l’imprenditore aveva chiesto aiuto a Greco a seguito del furto di due camion carichi di merce. Nello specifico Imperati aveva chiesto dei consigli su come affrontare la delicata questione. “Siamo innanzi ad un festival di considerazioni personali – ha esclamato l’avvocato Maiello – Non si fanno così gli esami rispetto ad ipotesi di reato circoscritti in un preciso tempo”. L’ispettore di polizia, dopo gli attacchi della difesa, si è semplicemente limitato a rispondere che stava riportando delle dichiarazioni di Greco tratte dall’attività di intercettazione. “Poiché è in corso un’attività di trascrizione allora dovrebbe essere inibito al teste qualificato di intrattenersi su un contenuto che oggi non è ufficiale” – ha ribadito Maiello. Attualmente la completa mole di intercettazioni non è nelle disponibilità delle parti. Lo scorso Luglio il Tribunale ha nominato i periti che sono a lavoro per la trascrizione delle telefonate delle utenze monitorate. Così il pubblico ministero Cimmarotta ha proposto la sospensione della deposizione del teste in attesa delle trascrizioni. “Noi difendiamo imputato detenuto ed il processo presenta esigenze di urgenza non credo che tutti i testi indicati dal pubblico ministero debbano rispondere a domande connesse alle intercettazioni telefoniche – ha detto il legale di Greco, Stravino –  Si proceda subito perché abbiamo urgenza. Non possiamo rimandarle per un’attività che il pm poteva compiere con incidente probatorio in fase di indagine preliminare. Poteva con incidente probatorio procedere alle trascrizioni, oggi non si può rinviare il dibattimento”. Si ritornerà in aula il 15 ottobre. (emidav)

Cronache della Campania@2019


Camorra, si pente il figlio del boss del rione Pazzigno

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Napoli. Un nuovo pentito fa tremare i clan della camorra di Ponticelli e in particolare quella del rione Pazzigno. Tommaso Schisa figlio del boss ergastolano Roberto Schisa e Luisa De Stefano pure lei condannata al massimo della pena il mese scorso per il duplice omicidio del circoletto di Ponticelli dell’estate del 2016 in cui furono uccisi Raffaele “Ultimo” Cepparulo e l’innocente Ciro Colonna. Il neo pentito (la notizia della sua collaborazione viene anticipata da Cronache di Napoli in edicola oggi) è anche nipote di Giuseppe Schisa ucciso a Ponticelliil 18 marzo del 2002 quando in giro di diffuse la voce di un suo possibile pentimento. Il neo collaboratore di giustizia era legato al gruppo dei “mariglianesi” di Luigi Esposito o’ sciamarro ed è stato condannato a 13 anni di carcere nel luglio scorso. Dopo il recente pentimento di Luigi D’Amico o’ lione, legato ai Mazzarella, ora il pentimento di un ‘nemico’ dei ‘pazzignani’ legati al cartello guidato dal boss Ciro Rinaldi mauè. Le dichiarazioni di Schisa sono quindi destinate a dare nuove informazioni investigative sul versante Ponticelli-San Giovanni a Teduccio e quindi portare la Dda a dare la spallata definitiva alla camorra della zona Est. Quella delle stese e degli agguati, delle estorsioni a tappeto, del traffico di droga ma soprattutto quella che non ha rispetto dei bambini e che costringe le tante persone per bene che abitano nella zona a non uscire di casa di sera per paura di restare coinvolti in sparatorie.

Cronache della Campania@2019

Cold Case camorra: ordinanza in carcere per il boss Esposito di Sessa Aurunca

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I carabinieri hanno notificato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere al 60enne Mario Esposito, detenuto a Milano, ritenuto il capo dell’omonimo clan camorristico attivo nel Casertano, in particolare nel comune di Sessa Aurunca, sul litorale domizio e nel basso Lazio. Esposito è accusato di aver preso parte all’omicidio avvenuto nel febbraio del 1993 di Ferdinando Brodella, esponente del clan La Torre di Mondragone, vittima di lupara bianca. Brodella, hanno accertato le indagini condotte dai carabinieri della Compagnia di Sessa Aurunca e coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, fu ucciso perche’ pur sapendo di essere ammalato di Aids, avrebbe avuto rapporti con donne del clan, cosi’ trasmettendo o rischiando di trasmettere loro la malattia, e attraverso queste ultime al boss Augusto La Torre. L’omicidio di Brodella, e’ emerso, fu ordinato da La Torre; la vittima era un fedelissimo del boss di Mondragone. Esposito, accusato da numerosi collaboratori di giustizia, risponde dei reati di omicidio premeditato, detenzione illegale di armi e distruzione di cadavere, aggravati dall’aver commesso il fatto al fine di agevolare un clan camorristico.Il provvedimento cautelare e’ stato notificato al termine della procedura di recepimento del mandato d’arresto europeo da parte della Spagna, paese nel quale Mario Esposito era stato arrestato per essere poi estradato in Italia. La Spagna ha accordato una estensione della pregressa estradizione, onde permettere all’Esposito di essere giudicato in Italia anche per questo omicidio.

Cronache della Campania@2019

Muore per una sepsi all’ospedale di Frattamaggiore: i familiari chiedono giustizia

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Frattamaggiore. Va in ospedale con forti dolori all’addome ma i medici non si accorgono che aveva feci riversate nell’addome, la operano solo dopo cinque giorni ma la donna dopo due mesi muore. Ora la famiglia chiede che vengano accertate eventuali responsabilità mediche e si sono rivolte all’avvocato Vincenzo Esposito. I fatti risalgono al febbraio scorso. la vittima si chiamava Luigia Bassolino. La donna il giorno tre  fu ricoverata presso l’Ospedale S. Giovanni di Dio di Frattamaggiore per forti dolori alla pancia. Sta di fatto che dai primi accertamenti i medici non si accorgono che la signora aveva le feci riversate nell’addome, sottoponendola ad intervento chirurgico solo il giorno 8,  ovvero dopo 5 giorni quando si accorgono che non si trattava di semplici diverticoli, ma di peritonite da perforazione dell’intestino-sigma, diverticolosi al colon. Dopo l’intervento la signora va in coma e muore per effetto di sepsi il giorno 11 aprile. I familiari, coadiuvati dall’avvocato Vincenzo Esposito, hanno avanzato esposto presso la Procura della Repubblica di Napoli Nord. Attualmente sono in corso le indagini per accertare un’eventuale responsabilità del personale dell’Ospedale.

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Dipendente delle Poste di Afragola si appropria dei soldi di anziani correntisti: chiesto il processo

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Dipendente di Poste Italiane – filiale di Afragola – San Marco, chiesto il rinvio a giudizio perché si era appropriato di somme di denaro di alcuni anziani correntisti. In particolare la vicenda vede vittime alcune anziane che dopo essersi accorti degli ammanchi sui propri conti avevano presentato una denuncia ai Carabinieri di Afragola .Le indagini dei militari sono riusciti a portare alla luce la truffa: il dipendente delle Poste tale Vincenzo Caiazza, si era appropriato di cospicue somme di denaro dai conti correnti approfittando dell’avanzata età delle vittime. La Procura della Repubblica di Napoli Nord ha chiesto il rinvio a giudizio del dipendente ed attualmente è fissata udienza innanzi al tribunale di Napoli Nord per il giorno 24 ottobre. Le vittime assistite dall’avvocato Vincenzo Esposito si costituiranno parti civili contro Caiazza chiamando in causa quale responsabile civile la società Poste Italiane.

Cronache della Campania@2019

La Cassazione conferma i sei secoli di carcere per i ‘Girati’ della Vanella Grassi. TUTTE LE CONDANNE

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Napoli. Solo due piccoli sconti di pena per boss e affiliati dei clan Leonardi e della Vanella Grassi. le condanne, quasi sei secoli di carcere diventano definitive dopo il pronunciamento della Cassazione. Riduzione della condanna da 16 anni e 8 mesi a 12 anni per Vincenzo Esposito detto o’ muorto accusato di associazione camorristica e associazione dedita al narcotraffico. Pena ridotta da 8 anni e 8 mesi a 8 anni e 4 mesi, per Luigi Aruta. Per il resto i giudici della Suprema Corte si sono pronunciati con 25 inammissibilità e 9 rigetti. Il procuratore generale aveva chiesto di dichiarare inammissibili tutti i ricorsi e solo per Esposito aveva chiesto il rigetto. Circa sei secoli di carcere per i 49 imputati tra boss e gregari della Vanella-Grassi appartenenti al gruppo dei Leonardi, i “Girati” che scatenarono la terza faida di Scampia contro gli Abete-Abbinante e che in primo grado erano stati condannati a 641 anni di carcere. Dovranno tutti scontare condanne pesantissime, pentiti compresi, come il boss pentito Antonio Leonardi, ex braccio destro di Paolo Di Lauro, “Ciruzzo ‘o milionario”.
Ha incassato una condanna definitiva in continuazione a 18 anni mentre in primo grado era stato condannato a dieci anni e otto mesi nonostante ci fossero i benefici della collaborazione con la giustizia e lo sconto di un terzo per il rito abbreviato, la condanna lo inchioda comunque per il suo ruolo apicale. Mentre i figli Alfredo, Felice e Giovanni, anche loro collaboratori di giustizia, hanno rispettivamente rimediato 15 anni e 4 mesi, 12 anni e 10 mesi, 10 anni e dieci mesi di carcere.
Sei anni per Umberto Accurso, l’ultimo dei capi dei “girati” della Vanella-Grassi in ordine cronologico latitane per oltre due anni e arrestato nel maggio del 2016 a Qualiano dopo la sceneggiata dell’attentato contro la caserma dei carabinieri di Secondigliano; “solo” quattro anni invece per Rosario Guarino, alias Joe banana, altro esponente storico del gruppo della Secondigliano vecchia capace di strappare – a colpi di morti ammazzati – spazi di autonomia criminale prima contro i Di Lauro (siamo nel 2007), poi contro gli scissionisti del clan Abete.
Il processo ha svelato in larga parte quelli che sono stati gli scenari e le alleanze di una delle guerre di camorra più sanguinose dell’ultimo ventennio, quella, per intenderci, che ha visto il gruppo dei Leonardi e quello della Vanella Grassi contrapporsi al cartello residuo degli “Scissionisti” della prima ora, ovvero gli Abete-Abbinante. Nel biennio 2012-2014, le strade di Napoli Nord tornano così a essere inondate da un fiume di sangue. Poi, però, succede qualcosa. All’inizio del 2014 il boss Antonio Leonardi decide di interrompere il vincolo camorristico e di passare dalla parte dello Stato.
A stretto giro di posta fanno altrettanto i figli Alfredo, Felice e Giovanni. I ras iniziano così a parlare con gli inquirenti della Direzione distrettuale Antimafia, svelando volti e retroscena della Terza faida di Secondigliano. L’inchiesta approda rapidamente a una svolta. A giugno 2015 la Procura emette infatti 44 ordinanze di custodia cautelare in carcere. I reati contestati vanno dal 416 bis, al traffico di droga e di armi. Nel faldone finiscono anche due tentati omicidi, quello di Giovanni Esposito “’o  muort” (avvenuto il 4 luglio del 2012) e quello di Giovanni Giordano (il 12 novembre 2012), entrambi affiliati agli Abbinante. Tra i destinatari dell’arresto c’erano anche ras del calibro di Antonio Mennetta “Er Nino” e Arcangelo Abbinante, sul fronte opposto degli Abete.
L’inchiesta aveva tra l’altro preso il via anche grazie alle intercettazioni telefoniche e ambientali partite proprio in seguito tentato omicidio di Giovanni Esposito, cognato degli Abbinante, e dalla ricerca di alcuni latitanti dei clan in quel momento in guerra. Gli investigatori scoprirono così una lunga serie di retroscena in merito ai traffici di droga.
Saltarono quindi fuori anche le spedizioni a Roma di grossi carichi di cocaina e la disponibilità delle armi utilizzate per i due agguati e altre incursioni armate per la riconquista dei lotti G, H e K di via Labriola e della Vela celeste, piazze di spaccio contese tra la “Vinella” e gli Abete-Abbinante. Assai nutrito il gruppo di pentiti che ha supportato le indagini. In primo luogo, provenendo dall’interno ai massimi livelli, è risultata decisiva la collaborazione del boss Antonio Leonardi e dei figli. Riscontri importanti sono arrivati pure dalle vecchie conoscenze dei pm: su tutti Rosario Guarino “Joe banana”, i fratelli Annunziata, Gianluca Giugliano, Armando De Rosa, Mario Pacciarelli, Fabio Vitagliano e Giovanni Illiano. Ieri la stangata giudiziaria.

TUTTE LE CONDANNE 

ABATE LUIGI  12 anni e 8 mesi  ( 10 ANNI in primo grado)

ACCURSO UMBERTO confermati 6 ANNI

ANNUNZIATA CARMINE confermati 2 ANNI

ANNUNZIATA GAETANO confermati 2ANNI

ARUTA LUIGI  8 anni e 4 mesi (10 ANNI in primo grado)

AURILIO SALVATORE confermati 20 ANNI

BARBATO SALVATORE confermati 16 ANNI E 8 MESI

BARONE FRANCESCO  confermati 14 ANNI

BATTAGLIA CARMINE confermati 17 ANNI E 4 MESI

CAPALDO SALVATORE confermati 16 ANNI E 8 MESI

CAPUTO SALVATORE confermati 16 ANNI E 8 MESI

CASTIELLO CIRO confermati 6 ANNI E 8 MESI

CROCE MARIA  confermati 10 ANNI E 10 MESI

DATI VINCENZO  16 anni (18 ANNI E 4 MESI

DE SIMONE VINCENZO confermati 12 ANNI E 4 MESI

DI GENNARO ANTONIO confermati 20 ANNI

DELL’ANNUNZIATA LUCA confermati 8 ANNI

DELL’AVERSANA SALVATORE confermati 8 ANNI

ESPOSITO MARCO confermati 16 ANNI E 8 MESI

ESPOSITO VINCENZO  12 ANNI

GIANNINO VIRGINIO confermati 8 ANNI

GUARINO ROSARIO confermati 4 ANNI

IORIO GENNARO confermati 20 ANNI

LEONARDI ALFREDO confermati 15 ANNI E 4 MESI

LEONARDI ALFREDO CL. 85  confermati 8 ANNI

LEONARDI ANTONIO CL. 60 18 anni  (in primo grado 10 ANNI E 8 MESI)

LEONARDI FELICE  18 anni e 6 mesi ( in primo grado 12 ANNI E 10 MESI)

LEONARDI GIOVANNI  9 anni e 8 mesi ( in primo grado 10 ANNI)

LUCARELLI ANTONIO 16 anni e 4 mesi (in primo grado 6 ANNI)

MAGELLI GENNARO  confermati 10 ANNI

MAOLONI PIETRO confermati 16 ANNI E 8 MESI

MARCHESE GIUSTINA confermati 16 ANNI E 8 MESI

MARINO ANGELO  14 anni (in primo grado15 ANNI E 4 MESI)

MAROTTA ANTONIO confermati 12 ANNI E 4 MESI

MAROTTA VITTORIO confermati 12 ANNI E 4 MESI

MINCIONE ANTONIO  14 anni (in primo grado16 ANNI E 6 MESI)

MINCIONE NICOLA confermati 20 ANNI

MINCIONE PASQUALINA confermati14 ANNI E 8 MESI

MINCIONE RAFFAELE  15 anni e 4 mesi (in primo grado 20 ANNI)

MINICHINI GIUSEPPE confermati 5 ANNI E 4 MESI

PARZIALE GAETANO confermati 18 ANNI E 8 MESI

PIEDIMONTE SALVATORE  17 anni e 4 mesi (in primo grado 20 ANNI)

RICCIO GAETANO confermati 16 ANNI E 8 MESI

SELVA ADRIANO confermati 6 ANNI

SILVESTRO MICHELE confermati 20 ANNI

STRAZZULLI FRANCESCO confermati 15 ANNI

VANACORE ALFONSO  16 anni (in primo grado 18 ANNI)

ALTERA ANTONIO  9 anni e 8 mesi

(nella foto da sinistra Antonio Leonardi, Umberto Accurso, Nicola Mincione , Angelo Marino, Rosario Guarino, Pietro Maoloni, Antonio Di Gennaro, Alfonso Vanacore, Salvatore Piedimonte, Francesco Barone, Vincenzo Dati, Gaetano Parziale)

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