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Channel: Cronaca Giudiziaria
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Operaio morì folgorato nel cimitero di Villa Literno: condannati i titolari della ditta

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Caserta. Operaio morì folgorato mentre lavorava alla costruzione di nuovi loculi al cimitero di Villa Literno: condannati i titolari dell’impresa per la quale lavorava Raffaele Venditto, che nove anni fa lasciò moglie e tre figli per un tragico incidente sul luogo di lavoro. Oggi la sentenza del tribunale di Santa Maria Capua Vetere (presidente  Carotenuto) che ha condannato in solido per concorso in omicidio colposo per mancate norme di sicurezza sul lavoro: il titolare della ditta, l’imprenditore Pasquale Mastrominico a due anni e dieci mesi; l’ingegnere Luciano Pianese ad un anno e sei mesi; e Vincenzo Schiavone a due anni e due mesi. Il giudice ha assolto Antonio Fabozzi, difeso dall’avvocato Mario Griffo, responsabile dell’ufficio tecnico del comune di Villa Literno e Giuseppe Nolè un tecnico della ditta. Nel procedimento si sono costituite parte civile la Cgil e la Regione Campania. Il giudice ha condannato i responsabili della ditta dove lavorava l’operaio alle spese processuali e ad una provvisionale di circa 200 mila euro a favore dei familiari della vittima, costituiti parte civile con l’avvocato Rossella Calabritto.

Cronache della Campania@2019


Truffa al Comune, ex consigliere e assessore di Acerra rinviato a giudizio

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Acerra. Truffa aggravata nei confronti del Comune: ex assessore di Acerra rinviato a giudizio. Vincenzo Iorio, dimessosi da assessore alla Polizia municipale lo scorso 3 settembre per ‘motivi personali’, ed accusato di truffa aggravata nei confronti del Comune dovrà affrontare il processo a dicembre prossimo. I fatti risalgono al 2015, quando l’ex assessore era consigliere comunale e, secondo le accuse, avrebbe beneficiato di permessi retribuiti per attività istituzionali non svolte per un totale di 24 ore nel mese di novembre, arrecando un danno all’Ente di poche centinaia di euro. Le accuse sono state mosse dopo che la società per la quale lavorava l’allora consigliere comunale, l’impresa di vigilanza privata dello stabilimento Fca di Pomigliano d’Arco, lo ha licenziato e denunciato per aver abusato dei permessi istituzionali per assentarsi dal proprio posto di lavoro. L’11 settembre, il Comune si è costituito parte civile in quanto ‘parte offesa’ nel procedimento che vede Iorio accusato di truffa con l’aggravante di aver commesso il fatto in danno ad un ente pubblico. Il processo inizierà a dicembre. “Il rinvio a giudizio del mio assistito – afferma l’avvocato Mimmo Paolella, legale dell’ex assessore – non corrisponde alla sua responsabilità. Andremo a dibattimento e dimostreremo la sua estraneità ai fatti contestati nei modi consentiti dal dibattimento”.

Cronache della Campania@2019

Acerra, truffa ai danni del Comune: rinviato a giudizio l’ex assessore Iorio

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Rinvio a giudizio per Vincenzo Iorio, ex assessore di Acerra, dimessosi da assessore alla Polizia municipale lo scorso 3 settembre per ”motivi personali”, ed accusato di truffa aggravata nei confronti del Comune. I fatti risalgono al 2015, quando l’ex assessore era consigliere comunale e, secondo le accuse, avrebbe beneficiato di permessi retribuiti per attività istituzionali non svolte per un totale di 24 ore nel mese di novembre, arrecando un danno all’Ente di poche centinaia di euro. Le accuse sono state mosse dopo che la società per la quale lavorava l’ allora consigliere comunale, l’ impresa di vigilanza privata dello stabilimento Fca di Pomigliano d’Arco, lo ha licenziato e denunciato per aver abusato dei permessi istituzionali per assentarsi dal proprio posto di lavoro. L’ 11 settembre, il Comune si e’ costituito parte civile in quanto ”parte offesa” nel procedimento che vede l’ex assessore accusato di truffa con l’aggravante di aver commesso il fatto in danno ad un ente pubblico. Il processo inizierà a dicembre. ”Il rinvio a giudizio del mio assistito – afferma l’ avvocato Mimmo Paolella, legale dell’ex assessore – non corrisponde alla sua responsabilità. Andremo a dibattimento e dimostreremo la sua estraneità ai fatti contestati nei modi consentiti dal dibattimento”.

Cronache della Campania@2019

Castellammare, condannato il figlio del boss per il falò contro i pentiti che “devono morire abbruciati”

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Castellammare. E’ stato condannato a due anni e otto mesi di carcere Francesco Imparato, figlio del più noto Michele detto zi peppe, uno dei boss del rione Savaorito in carcere da una settimana e insieme con il fratello Salvatore o’ paglialone e un’altra dozzina di affiliati. Il giovane è uno dei protagonisti del famoso falò dell’Immacolota dello scorso anno contro i pentiti che devono “morire abbruciati”.  Il gup del tribunale di Napoli, Tommaso Perrella, lo  condannato a due anni e otto mesi di reclusione per istigazione a delinquere aggravata dal metodo mafioso.
Tra una settimana invece inizierà il processo con rito ordinario, dinanzi al tribunale di Torre Annunziata per gli altri due maggiorenni  identificati. Si tratta di Fabio Amendola, 31enne con piccoli precedenti, e del 18enne Antonio Artuso, entrambi difesi dall’avvocato Francesco Schettino. Altri due ragazzi non hanno ancora 18 anni e stanno attendendo sviluppi del procedimento avviato dalla Procura per i Minorenni di Napoli.
Durante il processo ad Amendola e Artuso, saranno ascoltati una decina di testimoni tra i quali ci sono anche il sindaco di Castellammare, Gaetano Cimmino, e Ciro Marciano, in arte Tony Marciano, il noto cantante neomelodico di Torre Annunziata, in carcere più volte per legami con il clan Gionta e che con le sue canzoni aprì la festa del falò della camorra, ringraziando il boss “Salvatore della Faito per aver reso possibile tutto questo”.

Cronache della Campania@2019

Delitto Della Corte: il pg chiede la conferma della pena in appello

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Un delitto efferato, un motivo più che futile, una condanna esemplare e senza alcun sconto di pena. Questi in sintesi i punti salienti della requisitoria del procuratore generale della Corte d’Appello di Minori, Anna Grillo, nel ricostruire le responsabilità di tre ragazzi imputati per l’omicidio di Franco Della Corte, il vigilantes ucciso il 13 marzo 2018 davanti la stazione della metropolitana nel quartiere di Piscinola a Napoli. L’uomo fu aggredito dal ‘branco’ con un bastone per rapinargli la pistola. Chiesta dunque la conferma del carcere per tutti e tre gli imputati, una condanna a 16 anni e 6 mesi. Alla sbarra, anche Ciro U., 18enne da poco, al centro delle polemiche per le foto che sono state pubblicate sui social da una familiare durante un permesso premio ricevuto per festeggiare in una sala parrocchiale il compimento della maggiore eta’. In aula anche i figli della vittima, parte civile nel procedimento

Cronache della Campania@2019

Camorra, la Dda chiede l’arresto di 2 ex consiglieri comunali di Capua

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Capua. Due ex consiglieri comunali capuani Marco Ricci e Guido Taglialatela sono indagati a piede libero nell’inchiesta che portò all’arresto dell’ex sindaco di Capua Carmine Antropoli.
Nella mattinata di ieri si è tenuta presso il Tribunale del Riesame (Decima Sezione) l’udienza relativa alla posizione dei due ex esponenti dell’Assise per i quali la Dda aveva chiesto l’arresto, mai concesso dal giudice per le indagini preliminari.
Gli avvocati difensori ed i giudici si sono riservati due mesi di tempo per decidere sulla loro posizione. L’ex primo cittadino Carmine Antropoli è tornato a Capua da 9 giorni, dopo la revoca dei domiciliari. Entro metà novembre si conoscerà la decisione dei giudici.

Cronache della Campania@2019

Casavatore, pensionato morto schiacciato nella falegnameria: chiesti 3 rinvii a giudizio

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La Procura di Napoli Nord (sostituto procuratore Antonio Vergara) ha chiesto il rinvio a giudizio delle tre persone indagate per la morte di Pasquale Battaglia, il pensionato deceduto all’eta’ di 75 anni, l’11 luglio 2018, mentre si trovava con alcuni parenti in una falegnameria di Casavatore. L’uomo venne schiacciato davanti agli occhi della moglie da una pesantissima pila di pannelli in truciolato instabili crollata dopo essere stata urtata da un muletto in manovra. I tre indagati – la rappresentante legale della falegnameria, il titolare e il conducente del muletto – sono accusati di omicidio colposo in concorso. La Procura di Napoli Nord, dopo la tragedia, apri’ un fascicolo e dispose il sequestro dei locali dell’azienda. I familiari della vittima, sono assistiti dal consulente Luigi Cisonna e dallo Studio3A. Gravi le violazioni riscontrate e contestate dagli inquirenti: nessuna separazione tra aree pedonali, carrabili e di stoccaggio; pavimentazione disconnessa; segnaletica inidonea; uso (vietato) di muletti a scoppio in ambienti chiusi; scaffalature fai da te non certificate; nessun piano di sicurezza; addestramento inadeguato dei dipendenti; deposito incontrollato di rifiuti speciali. Il gip del Tribunale di Napoli Nord Nicola Erminio Paone ha fissato per il 25 ottobre 2019 (ore 9.30), l’udienza preliminare.

Cronache della Campania@2019

Confermate le condanne per i tre giovani assassini del vigilante Francesco Della Corte

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La Corte di Appello di Napoli ha confermato la pena di 16 anni e mezzo di carcere inflitta in primo grado ai tre giovani accusati della morte di Francesco Della Corte, la guardia giurata colpita a morte alla testa, con una spranga, il 3 marzo 2018, davanti a una stazione della linea 2 della metropolitana di Napoli, e deceduta in ospedale dopo oltre dieci giorni di agonia. Nei giorni scorsi ha suscitato un vespaio di polemiche e, soprattutto la disapprovazione della famiglia del vigilante, la decisione di concedere, nell’ambito di un programma di riabilitazione, dei permessi di uscita dall’istituto penale dove e’ ristretto a uno dei tre ragazzi, Ciro, che cosi’ ha potuto festeggiare i suoi 18 anni a casa e di sostenere un provino da calciatore, nel Beneventano.

Cronache della Campania@2019


Napoli, minacce al giornalista Carlo Alvino: assolti i tre ultras

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Il Tribunale di Napoli (giudice Sandra Lotti, quarta sezione penale) ha assolto i tre ultras del Napoli accusati di violenza privata nei confronti del giornalista Carlo Alvino mentre stava tenendo una diretta tv all’esterno dello stadio San Paolo in occasione della partita Napoli-Torino, disputatasi il 6 maggio 2018. Ai tre, uno difeso dagli avvocati Emilio Coppola e Paolo Caterino, gli altri due solo da Coppola, vennero notificate altrettante ordinanze di divieto di dimora a Napoli. Per tutti gli inquirenti hanno chiesto una condanna a un anno e mezzo di reclusione per violenza privata aggravata. Dopo un’istruttoria durata oltre un anno il giudice ha deciso di non dovere procedere perché, spiega l’avvocato Coppola, “il fatto, qualificato come violenza privata, era in realtà una minaccia per la quale, pero’, non é stata presentata una querela”.

Cronache della Campania@2019

Pompei, morte del parrucchiere del Vip: 4 medici del Ruggi di Salerno rinviati a giudizio

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Salerno. Sono stati rinviati a giudizio i quattro medici che tennero in cura il coiffeur di Pompei, Umberto Schettino deceduto a gennaio 2018 nel reparto malattie infettive dell’azienda ospedaliera San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona. Il processo a carico di quattro medici del reparto, Nicola Boffa, Renato Santoro, Alfonso Campagna ed Ettore Butrico, è previsto il prossimo 19 novembre davanti al giudice monocratico D’Agostino della prima sezione penale del Tribunale di Salerno così come disposto ieri dal gup Mastrangelo al termine dell’udienza preliminare. Fu proprio la moglie del parrucchiere (che appunto si è costituita parte civile) a presentare una denuncia penale per fare luce su cosa fosse realmente accaduto al marito deceduto a soli 45 anni: da qui le indagini della magistratura con l’apertura di un fascicolo. La vedova Schettino, Caterina Iezza, raccontò l’odissea del marito durata un paio di mesi.Umberto Schettino durante un primo accesso al Pronto Soccorso era stato sottoposto ad accertamenti, come riferito dalla moglie, e dopo avergli prescritto la cura fu dimesso.

Durante la cura però l’uomo sentiva peggiorate le sue condizioni di salute, tanto da recarsi in una clinica privata di Pompei dove avrebbe svolto ulteriori esami. Ritornato al Pronto soccorso del San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno, Schettino fu trasferito presso la Cardiologia dello stesso nosocomio e fu ricoverato per una settimana. Una volta dimesso, il parrucchiere stabiese sarebbe dovuto ritornare al Ruggi per un nuovo controllo pochi giorni dopo. agli inizi di gennaio del 2018 le sue condizioni si erano aggravate e il sui medico curante gli avrebbe consigliato un nuovo ricovero a Salerno. Dopo una prima cura antibiotica, fu sottoposto all’aspirazione del liquido dai polmomi ma nella stessa notte si aggravò e fu disposta una Tac al torace con esame batteriologico. Fu poi trasferito nel reparto malattie infettive per ulteriori cure. Questo fino al 10 gennaio quando fu riscontrata la presenza di liquidi ai lati dei due polmoni. Cosi il giorno dopo, fu effettuato l’aspirazione del liquido ma dopo una ventina di minuti Umberto Schettino morì.

Cronache della Campania@2019

Carabiniere travolto dal treno, condannato a cinque anni il ladro che stava inseguendo

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Cinque anni di carcere, di cui uno già quasi del tutto scontato. È la condanna ricevuta nel processo con rito abbreviato da Pasquale Attanasio, il ladro che con la sua fuga lo scorso 6 novembre ha ‘provocato’ la morte del vicebrigadiere Emanuele Reali. Come riporta ‘Il Mattino’, nel processo Attanasio rispondeva esclusivamente del reato di furto aggravato e resistenza a pubblico ufficiale. Il tentativo della Procura di incriminarlo per morte a seguito di altro reato era stato già bocciato dal gip Campanaro, che non aveva trovato un nesso diretto tra fuga e decesso. Attanasio, assieme e tre complici, nella mattina del 6 novembre aveva svaligiato un appartamento di Caserta. Nel pomeriggio era scattato quindi il blitz dei carabinieri, da ore sulle loro tracce, con tre ladri bloccati rapidamente, Cristian Pengue, Pasquale Reale e Salvatore Salvati.
Il quarto, Attanasio, era invece riuscito a scappare venendo inseguito dal vicebrigadiere Reali nei pressi della stazione di Caserta. Qui Attanasio aveva scavalcato il muro finendo sui binari, seguito da Reali che venne però travolto da un treno in transito, morendo sul colpo.
La fuga di Attanasio terminò quattro giorni dopo la tragedia, quando il ladro del rione Traiano di Napoli si consegnò alle forze dell’ordine.

Cronache della Campania@2019

Scafati, l’armiere del clan Matrone spacciava dai domiciliari: dopo 48 di carcere torna a casa

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Scafati. Per la Dda salernitana è considerato un rampollo del clan Buonocore-Matrone. Si tratta di Marcello Panariello, ventenne scafatese, che sebbene giovanissimo può vantare il triste primato di avere innumerevoli processi alle spalle, un folto curriculum di pendenze criminali. Era stato portato a processo con l’accusa di essere un jolly del crimine scafatese pronto a nascondere armi e droga per conto del clan ed a piazzare bombe ai negozi, partecipando attivamente al racket estorsivo. La sua partecipazione all’associazione del Buonocore era confermata dai pizzini che riceveva dal carcere il giovane. Nell’ultimo processo dedicato al Clan scafatese che aveva preso l’avvio dopo le bombe che gli uomini di racket avevano collocato, Marcello Panariello, sebbene il pm aveva chiesto una condanna di 3 ann, ha riportato l’assoluzione.
Qualche mese fa il giovane aveva impugnato una pistola e si era diretto presso l’abitazione della compagna, colpevole di non avergli dato la possibilità di vedere il figlio per diversi mesi. In piena notte Panariello aveva esploso 5 colpi di pistola sulla porta d’ingresso della ragazza presso la sua abitazione di Pompei. Le strade della città mariana erano diventate un far west. In quella circostanza Panariello era stato arrestato ma dopo qualche giorno di cella era stato immediatamente scarcerato.
La storia si è ripetuta con il ritorno nuovamente in carcere del Panariello.Nella giornata del 18 settembre i carabinieri di Scafati avevano bussato alla sua porta per una normale perquisizione. Il giovane che doveva risultare detenuto si trovava al di fuori della sua abitazione. I militari hanno deciso di perquisire il suo appartamento trovando marijuana e crack oltre a dei bigliettini che dimostravano che il giovane lavorava, dagli arresti domiciliari, in un sistema di spaccio. Per finire sono stati rinvenuti 2 bilancini di precisione oltre al denaro di piccolo taglio. Il pm del tribunale di Nocera, dottoressa Fasano, aveva disposto il trasferimento dell’arrestato in carcere. Secondo il pubblico ministero solo il carcere poteva essere la misura cautelare più idonea a salvaguardare le esigenze di tutela sociale. Nella convalida in carcere, il giovane ha negato gli addebiti. Il Giudice dopo aver sentito la difesa dell’imputato affidata all’avvocato Gennaro De Gennaro, ha accolto la tesi difensiva ed ha disposto la sua immediata scarcerazione. Il giovane ha potuto così lasciare il carcere di Fuorni per fare ritorno presso l’abitazione della famiglia per riprendere gli arresti domiciliari disposti nella vecchie procedura della minaccia intimidatoria a colpi di pistola fatta dal giovane ai danni della compagna.

Cronache della Campania@2019

Napoli, staccò l’orecchio a morsi al rivale in amore: 4 anni e 4 mesi e arresti domiciliari per il figlio di Tina Rispoli

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Napoli. E’ stato condannato a 4 anni e  4 mesi di carcere (a fronte dei nove richiesti dalla pubblica accusa)  Crescenzo Marino, il figlio 23enne del defunto boss di Secondigliano Gaetano Marino e di Tina Rispoli, salita agli onori delle cronache negli ultimi mesi per quello che è stato etichettato come il ‘matrimonio-trash’ e che ha suscitato grandi polemiche – con il cantante neomelodico Tony Colombo. Il gup  Marco carbone, nel processo che si è svolto con rito abbreviato, ha anche disposto che il giovane sconti il resto della pena agli arresti domiciliari. Marino é accusato di lesioni personali gravi ai danni di un altro giovane, suo rivale in amore, al quale nell’aprile scorso aveva strappato a morsi parte di un orecchio al culmine di una violenta lite. Il giovane, come è emerso dalle indagini, aveva scoperto dei messaggi scambiati da un suo amico di 25 anni con la sua ex ragazza e lo avrebbe atteso in strada per il ‘chiarimento’. Crescenzo Marino é incensurato ed è il figlio di Gaetano, soprannominato “moncherino” (aveva perso le mani in una esplosione, ndr) che fu trucidato nell’agosto del 2012, in un agguato di camorra scattato sul lungomare di Terracina dove si trovava in vacanza con la famiglia. Si era nel pieno della terza faida di Scampia con gli Abete-Abbinante-Notturno da una parte e i Marino e il clan della Vanella-Grassi dall’altra.

Cronache della Campania@2019

Napoli, droga per il clan Di Lauro al rione Berlingieri: 100 anni di carcere

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Il Tribunale di Napoli (IV sezione, collegio C), al termine del processo celebrato con il rito ordinario a presunti esponenti del clan Di Lauro, ha condannato undici imputati che figurano tra i circa cento destinatari dell’imponente ordinanza di custodia cautelare emessa nel 2013 nei confronti dell’organizzazione camorristica di Secondigliano. Il giudice ha emesso nei loro confronti pene complessive per 97 anni di carcere. Due le assoluzione, tra le quali figura anche quella di Valentina Licciardi, accusata di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e di due cessioni di cocaina, per la quale la Dda aveva chiesto una condanna a 14 anni di reclusione. Valentina Licciardi, difesa dall’avvocato Nicola Pomponio, è stata assolta per non avere commesso il fatto. I giudici hanno anche scagionato i ras Giuseppe De Luca detto Peppe ‘a scarola e Giovanni Bellone dall’accusa di essere i capi promotori dell’organizzazione.  Queste, invece, nel dettaglio le condanne inflitte agli undici imputati: Giuseppe De Luca, 16 anni in continuazione; Giovanni Bellone, 14 anni; Gennaro Balsamo, detto o’ scheletro 13 anni e 4 mesi in continuazione;Anna Matuozzo, 12 anni e 6 mesi Raffaele Chiummo e Giuseppe De Martino, 10 anni;  Gianmarco Magliozzi, 7 anni. Angela Di Marzo e Carmine Del Medico, 6 anni; Giuseppina Puddu, 5 anni; Carmela Giordano, detta Melania 3 anni. Molti degli imputati sono in libertà.

Cronache della Campania@2019

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Salumiere della Pignasecca morto durante la rapina: chiesti 12 anni di carcere per l’autore

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Il pm Rosa Volpe ha chiesto 12 anni di reclusione per Luigi Del Gaudio, il 46 enne accusato di aver provocato la morte, nel corso di una rapina, di Antonio Ferrara detto Pietruccio, un commerciante di 64 anni del quartiere napoletano della Pignasecca. Il reato contestato è tentata rapina e omicidio colposo e la sentenza è prevista per il 23 ottobre. Oggi oltre al pm hanno discusso l’avvocato di parte civile, Annalisa Senese, e l’avvocato dell’imputato Diego Pedicini. L’imputato, armato di pistola giocattolo, il 7 dicembre del 2018 fece irruzione in una salumeria per rapinare dell’incasso Pietruccio, il quale d’istinto reagì per poi morire d’infarto pochi minuti dopo. Quattro giorni dopo il 46 enne si consegnò inventandosi un alibi che fu poi smantellato passo dopo passo, fino alla sua confessione.

Cronache della Campania@2019

Il figlio del boss ed ex consigliere comunale aveva una pistola rubata in casa: arrestato

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Possesso di arma e ricettazione aggravata. Con queste accuse e’ finito in carcere Damiano Genovese, 36 anni, gia’ consigliere comunale di Avellino e figlio di Amedeo Genovese, considerato il capo del Clan del Partenio, che sta scontando la condanna all’ergastolo. L’arma, una pistola semi automatica calibro 7,65, insieme al caricatore e ad otto cartucce, e’ stata scoperta dai carabinieri del Comando provinciale di Avellino nascosta all’interno di un armadio nella abitazione di Genovese. Altre pallottole erano state occultate in un calzino. Genovese, imprenditore, e’ stato trasferito nel carcere avellinese di Bellizzi. Le indagini dei carabinieri hanno accertato che l’arma era stata rubata in un’abitazione di Avellino nel 201

Cronache della Campania@2019

Il medico legale conferma: la piccola Jolanda fu soffocata con un cuscino

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La piccola Jolanda Passariello morì soffocata con un cuscino. La conferma, di quanto già ipotizzato nel luglio scorso dai giudici del Riesame, è arrivata dal medico legale, che ha depositato i risultati dell’autopsia svolta sul corpo della piccola di otto mesi, deceduta nella notte tra il 21 e il 22 giugno scorso, nella frazione di San Lorenzo a Sant’Egidio del Monte Albino. “Jolanda fu uccisa soffocata da un cuscino per mano del padre, Giuseppe Passariello”. Avevano scritto i giudici del Tribunale del Riesame, nelle motivazioni cheavevano portato alla conferma della custodia in carcere per il 37enne di Pagani, indagato insieme alla moglie, Immacolata Monti, per maltrattamenti e omicidio aggravato in concorso. Secondo i giudici l’uomo avrebbe ucciso la figlia nella notte tra il 21 e il 22 giugno scorso, per poi “mentire spudoratamente” su tutto. Dalla volontà di volerla curare, al tentativo di soccorrerla, fino alle sue giustifiche su quando fu trovato in stazione, a Salerno, dove “in realtà voleva fuggire, ben consapevole che una volta che i medici avessero visto il corpo martorizzato della figlia, lo avrebbero arrestato”. Il pm Roberto Lenza della Procura di Nocera Inferiore si appresta a firmare la richiesta di giudizio immediato per entrambi i genitori. L’accusa è di maltrattamenti e omicidio volontario in concorso.

Cronache della Campania@2019

Ballerina morta, per i giudici ‘l’ex fidanzato sapeva che era aggrappata alla sua auto’. LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA

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L’ex fidanzato della ballerina Alessandra Madonna, morta a 24 anni, dopo essere stata investita la notte tra il 7 e l’8 settembre 2017 a Mugnano, non poteva non sapere che accelerando avrebbe potuto mettere a rischio l’incolumita’ della ragazza. E’ quanto sostengono i giudici della quinta sezione della Corte di Appello di Napoli che il 15 luglio scorso hanno condannato Giuseppe Varriale a 8 anni e 2 mesi di reclusione per omicidio preterintenzionale. Per i giudici, in sostanza, Varriale s’era reso perfettamente conto che Alessandra era aggrappata allo sportello del suo suv. Nelle trenta pagine che racchiudono le motivazioni della sentenza viene spiegato perche’ dall’accusa di omicidio stradale del primo grado si e’ giunti invece a contestate l’omicidio preterintenzionale. Determinanti, per questo orientamento, sono state le dichiarazioni rese da Varriale e la compatibilita’ con quanto invece emerso dalle ricostruzioni formulate sulla base delle prove acquisite. Varriale, ascoltato nell’immediatezza dei fatti, riferi’ che Alessandra si era aggrappata alla macchina, una dichiarazione, secondo l’avvocato difensore Nicola Pomponio, inutilizzabile perche’ formulata come mera supposizione. Poi, secondo i giudici di secondo grado, la circostanza che conferma che Varriale era consapevole che Alessandra si fosse aggrappata, e’ riconducibile alle parole proferite quanto ai medici una volta giunto davanti al pronto soccorso dell’ospedale: le telecamere della videosorveglianza lo inquadrano mentre chiede aiuto dicendo “si e’ aggrappata”. Frase che gli investigatori hanno ricavato analizzando il labiale di Varriale. La Corte di Appello sottolinea anche che non era sua intenzione uccidere Alessandra. Pero’, viene evidenziato, Varriale, compiendo quell’accelerazione, “per sottrarsi alla mal sopportata invadenza della sua ex fidanzata”, mentre lei era aggrappata, non poteva non prevedere che lei “potesse farsi male cadendo o sbattendo”. La ricostruzione della dinamica dei fatti, infine, esclude, come invece sostenuto dalla famiglia attraverso dei periti di parte civile, che Varriale potesse avere investito Alessandra volontariamente, dopo avere ingranato la retromarcia.

Cronache della Campania@2019

‘Mi è venuta voglia di buttare giù una ventina di guardie’, le intercettazioni choc del boss Imparato

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“Mi è venuta voglia di prende­re due 9×21, andare fuori alle caserme di finanza, polizia e carabinieri e buttare giù una ventina di guardie”. E’  Michele Imparato, detto zi Peppe fratello del boss Salvatore, che controlla la piazza di spaccio del Rione Savorito di Castellammare per conto dei D’Alessandro. Il camorrista si dice seccato per i ripetuti blitz delle forze dell’ordine nel quartiere: poche ore prima, pro­prio i carabinieri, erano riusciti a scovare un grosso quanti­tativo di droga che era stata nascosta sotto i tombini. “E’ un danno da 100mila euro”, si sfo­ga ancora il Michele con l’imprenditore complice Domenico Fortunato. I due Imparato, l’imprenditore degli impianti anti incendio diventato loro complice, e un’altra decina di affiliati di primo piano sono stati arrestati due settimane fa in un blitz coordinato dalla Dda di Napoli.Le intercettazioni choc sono contenute nelle 268 pagine dell’ordinanza cautelare firmata dal gip Leda Rossetti. La piazza di spaccio del Savorito, rione della periferia Nord di Castellammare diventato famoso per il famoso falò contro i pentiti “che devono morire abbruciati”, è una delle più fiorenti economicamente in tutta la provincia di Napoli, e il blitz dei carabinieri aveva infastidito e non poco la cosca tanto che “Zi Peppe”
organizza dei veri e propri blitz per tentare l’attenzione delle vedette piazzate nei punti strategici del quartiere a pro­tezione dei pusher. In alcune occasioni, così come documen­tato dalle indagini, Michele Im­parato piomba alle spalle delle vedette e li richiama all’ordine: “Sono arrivato fin qui e non mi ha visto. Se erano le guardie che facevi?”.
Dalle numerose conversazioni captate tra Zi Peppe e Mimmo, emergono le “lamentele” del fratello del boss per il danno che i continui controlli svolti dai carabinieri della compagnia di Castellammare di Stabia avevano prodotto agli affari della piazza di spaccio.Zi Peppe giustificava la presenza della piazza in questione per la mancanza di lavoro, spiegando a Mimmo che gli “IMPARATO” erano rispettati da tutti perché avevano sempre espiato per intero le loro pene, senza mai dare segni di cedimento nel corso dei lunghi periodi di detenzione, così come mai si erano pentiti.”Di particolare rilievo-scrive il gip-è la conversazione nella quale emerge il preponderante ruolo ricoperto all’interno del sodalizio da Imparato Salvatore detto Tatore, unico a poter stabilire il prezzo di vendita dello stupefacente. Ed infatti, quando Imaprato Michele incontra nella piazza di spaccio un tale soprannominato ”Perzichiello che gli chiedeva di intercedere in suo favore presso il pusher di turno, Onotato Silvio affinché gli cedesse 3 dosi di cocaina da fumo (crack) per un controvalore di 50 euro a fronte dei 60 richiesti, Zi Peppe, dopo aver chiamato “SILVIO” ( ovvero Onorato Silvio pusher di turno, riconosciuto anche dagli agenti che effettuavano l’ascolto delle conversazioni dalla voce in quanto soggetto monitorato e più volte arrestato), gli chiedeva se aveva visto suo fratello Salvatore e, appreso che si trovava nelle vicinanze, riferiva che avrebbe chiesto a lui circa la possibilità di operare il richiesto sconto, facendo così intendere che non poteva decidere senza l’assenso del fratello.”

Ecco di seguito la parte dell’intercettazione in cui Imparato parlando con  Fortunato dice di voler uccidere una “ventina di guardie”

Domenico: Le guardie le Guardie. Li hai chiamati, Zi Pèeee ..

Zì Peppe : Ti ho detto … stanno casa e bottega …. Mimmo. Stanno da 10 giorni, da quando mio fratello ha litigato con questi cornuti. Stanno da allora … hai capito ? Stanno facendo casa e bottega. “quello è stato il Capitano a mandarli qui giù. Gli ha detto: non dovete fargli vendere niente!! … che ti credi

Domenico: Quello poi solo con il Capitano ha litigato?

Zì Peppe: Con il Capitano e con tutti quanti quella sera. Poi, adesso stiamo sotto feste

Domenico: Tengono anche il giubbotto addosso. Hai visto’!

Zi Peppe : Gli dissi ieri: ma cosa dovete fare con il giubotto antiproiettile addosso … ‘! Me che dovete … L’ ISIS deve arrivare’! … Veramente prenderei un paio di scemi … e me ne andrei in tutte le caserme e fare un solo botto a tutti e tre, Finanza, Carabinieri e polizia … Booum, Boumm Boumm! l Hai capito? Un solo botto a tutte e tre! Hai capì … Andrei la dentro …bOOOOO hai capito?

Domenico:Una cosa di queste sai cosa succederebbe poi …

Zi Peppe: Non lo sai cosa ho pensato ieri sera! Te lo giuro sulla cosa che ho di più caro.Prendere un paio di 9×21, con due caricatori …. entrare nella Questura, bum, bum, bum acchiappi, acchiappi … bum, bum, bum … di uccidere ad una ventina di loro!

Domenic : Ad ucciderli proprio?

Zi Peppe: Eh che me fotte … dopo mi uccidono!!. Perché … poi chi se lo deve andare a fare poi dopo l’ergastolo sano, sano. Perché là non ne esci proprio più. Per questo non hai benefici, non hai niente. Ti devi solo uccidere dopo. Va a fare in bocca! Però li devo uccidere ad una ventina di questi cornuti. hai capito!

Domenico : Uhm!

Zì Peppe :Ma va a fa n’bocca, li devo uccidere ad una ventina dì questi cornuti!

Domenico:ma ne vale fa pena?

Zi Peppe :No, non vale la pena … però sai cos’è … inc. Ci sono tanti che da dietro le scrivanie che rubano milioni di Euro, miliardi di Euro. Questo, quell’altro, i politici … Cioè cornuti e a noi per un pallino ci fate prendere venti anni di carcere. E poi, Lo volete tutti da qui giù , ma tu hai capito che ci sta?… La disoccupazione non fa vedete, ma uno come deve mangiare? Come deve campare? Come deve mangiare? Comunque, ma tu vuoi vendere la droga? no!Ma uno come deve mangiare?Se non la vendiamo noi non la vanno a comprare da un’altra parte?

Domenico: Prima era un’altra cosa eh? Prima mangiavano

Zi Peppe : Come … adesso si pigliano paura, adesso i pentiti sono assai. Il pentito per fare il piacere a voi devo perdere il posto, questo e quell’altro e poi alla fine devo andare anche in carcere … allora ogni volta si crea il problema … hai capi?

Domenico : inc…

Zi Peppe: Ci sta sempre la Guardia corrotta

Domenico : Prima zi Pè erano uomini, mo sono tutti

Zi Peppe: Mo che fai appena li arresti già inc. non salgono nemmeno e cominciano a parlare nelle macchine fino alla Questura … cose

Domenico : Si eh?

Zi Peppe: La galera non la vuole fare nessuno we Mimmo! !. Chi si fa la galera sono pochi gli stronzi in pochi siamo noi … Chi si è fatto tanti anni di carcere siamo noi, i guaglioni dei … D’Alessandro. Questi qua sono che si fanno la galera, Mimmo. Poi tutto il resto attorno … chi si vuole menare, chi si mena e chi si pente, hai capilo? Vogliono fare tutti i guallarosi … si atteggiano in mezzo alla strada. Tu dovevi vedere là dietro …chi ce la fa a farsii dieci anni o venti anni e chi non ce la fa neanche a farsi un giorno

Domenico : Ne hai visto di tutti i colori è zi Peppe? Gente che è vero in miezz a via e vogliono fare i guappi li dentro

Zi Peppe: La dentro non so quanta gente abbiamo dovuto prendere nelle brande con i miei fratelli! Non so quanti sono andati a piangere!! … A piangere … ma non a piangere così … a piangere!! Con i santi in mano, a piangere … le preghiere!!

Cronache della Campania@2019

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