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Channel: Cronaca Giudiziaria
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Scafati, morto dopo 15 giorni di agonia per un incidente: 20 i medici indagati

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Scafati. Ci sono anche venti medici indagati per il decesso di Raffaele Manna, il 32enne di Scafati morto dopo quindici giorni di agonia, a seguito di un incidente avvenuto a Ferragosto, a Nocera Superiore. Il giovane stava percorrendo con il suo scooter via Nazionale. La dinamica del sinistro fu ricostruita dai carabinieri. La prima a finire indagata fu una 19enne, che guidava l’auto in direzione del senso opposto di marcia a quello della vittima. Un sorpasso azzardato avrebbe provocato l’incidente, con l’auto finita nell’altra corsia e l’urto allo scooter del giovane. Di qui la corsa in corsa in ospedale, fino al decesso, sul quale la famiglia ha chiesto chiarezza. La procura di Nocera Inferiore ha iscritto nel registro degli indagati 20 medici, ma solo l’autopsia chiarirà le cause della morte del personal trainer di Scafati, accertando responsabilità o meno in chi lo aveva assistito, durante quel periodo di ricovero.

 Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2019


Caserta, stalking nei confronti della ex compagna: arrestato un 63enne di Frignano

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Caserta. Al termine delle indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Napoli Nord, i carabinieri di Frignano in provincia di Caserta hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Napoli Nord nei confronti di un 63enne, residente nella cittadina campana, per stalking nei confronti della ex compagna. L’indagato, dopo una denuncia della vittima per reitirati episodi vessatori, consistiti in molestie, appostamenti, aggressioni, minacce, telefonate e messaggi, era stato sottoposto alla misura cautelare personale del divieto di avvicinamento, successivamente aggravata, per mancato rispetto delle prescrizioni, nella misura cautelare degli arresti domiciliari. “Il provvedimento odierno si è reso necessario – scrive il procuratore Francesco Greco in una nota – in quanto l’uomo, non appena rimesso in libertà in seguito a sentenza di non doversi procedere per intervenuta remissione di querela da parte della vittima, riprendeva i comportamenti persecutori nei suoi confronti”.

Cronache della Campania@2019

Scarichi illegali nel fiume Sarno: sequestrato un autolavaggio di Castellammare di Stabia e denunciata la titolare

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I carabinieri del Noe di Napoli, nel corso delle attività finalizzate al contrasto dei reati ambientali legati al ciclo dei rifiuti urbani e speciali, hanno intensificato i controlli volti a verificare situazioni di inquinamento ambientale dell’area territoriale del fiume Sarno con particolare riferimento agli scarichi industriali provenienti dalle aziende private e agli scarichi urbani non depurati, immessi nel corso del fiume. Numerose le attività industriali\aziende sottoposte a controllo recependo tra l’altro segnalazioni di privati cittadini ed associazioni. Nel corso delle verifiche i militari del Noe hanno accertato che le acque reflue industriali di un autolavaggio a Castellammare di Stabia, utilizzate nel ciclo lavorativo, venivano immesse direttamente in un canale confluente del fiume Sarno, senza alcun trattamento o depurazione. L’impianto di depurazione infatti, seppur presente, non era funzionante e veniva bypassato attraverso una tubazione di plastica che dalla vasca di raccolta delle acque reflue recapitava nel canale di bonifica dell’adiacente fiume. E’ stato accertato inoltre uno stoccaggio illecito di fanghi delle fosse settiche che non venivano smaltite da oltre un anno. Al termine degli accertamenti l’autolavaggio, esteso su una superficie di circa 500 mq, è stato sottoposto a sequestro, e la titolare dell’attività è stata denunciata alla Procura della Repubblica di Torre Annunziata per gestione illecita di rifiuti e scarichi non autorizzati.

Cronache della Campania@2019

Permessi per costruire inesistenti, l’ex Commissario: “Mai approvato quel progetto”

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Marcianise. La delibera della giunta Velardi finita nel mirino della Finanza fondata su un provvedimento “inesistente” in favore “esclusivo” dell’Interporto
Un’interpretazione volutamente distorta e strumentale a finalità illecite della delibera del commissario straordinario di Marcianise”. Questo quanto messo nero su bianco dal gip del tribunale di Santa Maria Capua Vetere Orazio Rossi che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare a carico del patron dell’Interporto Sud Europa Giuseppe Barletta e del dirigente del comune di Marcianise Gennaro Spasiano, finiti agli arresti domiciliari, nell’inchiesta che vede indagato anche il sindaco Antonello Velardi ed i componenti della sua prima giunta.
Secondo quanto emerge dall’ordinanza, Spasiano avrebbe fondato i permessi a costruire concessi all’Interporto e finiti nel mirino della Guardia di Finanza su una delibera del 3 giugno 2016 firmata dal Commissario Straodinario Antonio Reppucci, in realtà priva di valore provvedimentale.
Per comprendere meglio la vicenda bisogna fare un passo indietro e precisamente al 2006, quando è scaduto l’Accordo di Programma, siglato nel 1996 tra Regione Campania, Provincia di Caserta e Comuni di Marcianise e Maddaloni, per il completamento dell’interporto con l’approvazione del progetto urbanistico particolareggiato. A distanza di 10 anni, alla scadenza di quell’accordo, non c’è stato alcun tipo di rinnovo da parte di tutti i soggetti sottoscrittori e quindi l’accordo era, di fatto, non più valido.
Proprio la mancata validità dell’accordo di programma del 1996 è stata alla base di successivi provvedimenti di diniego da parte del Comune di Marcianise di permessi a costruire nel 2011 ed anche nel 2015 dallo stesso Suap, con quest’ultimo provvedimento che portò la Ise Spa a diffidare l’Ente cosa che “costiturà la vase motivazionale della relazione istruttoria-proposta deliberativa (non accolta dal Commissario Straordinario) redatta dal dirigente Spasiano il 23 maggio 2016 e confluita nella delibera commissariale”, scrive ancora il gip.
Inoltre per il giudice il provvedimento del commissario era una mera presa d’atto con cui si dava incarico all’eligenda amministrazione (sarà poi quella Velardi) di proseguire l’azione amministrativa. Circostanza confermata agli inquirenti dallo stesso Reppucci: “Non avendo le cognizioni di natura urbanistica, tali da consentirmi di individuare la tipologia di provvedimento da adottare che poteva richiedere il coinvolgimento di altra amministrazioni decisi di lasciare alla eligenda amministrazione un progetto predisposto dall’ingegnere Spasiano che doveva essere posto al vaglio del Consiglio Comunale che si sarebbe insediato”, ha detto l’ex Commissario ai magistrati.
Tuttavia “i preposti organi comunali (dirigente e giunta nda) hanno posto in essere un’azione amministrativa basata sull’infondato, quanto inesistente, presupposto che con la stessa deliberazione commissariale fossero state approvate dal Commissario Straordinario le proposte formulate dallo Spasiano”, con l’approvazione di varianti progettuali (di competenza del Consiglio Comunale) con il conseguente rilascio dei titoli autorizzativi, considerati dalla Procura illeciti, che “costituiscono l’esito, rispetto ai soli interessi delle società del Gruppo Barletta”.

Sono undici le persone indagate nell’ordinanza eseguita questa mattina dagli uomini delle Fiamme Gialle di Caserta nell’inchiesta sull’Interporto Sud Europa. Concorso in abuso d’ufficio è questo il reato di cui deve rispondere il sindaco di Marcianise, Antonello Velardi. Il primo cittadino, infatti, secondo le accuse della Procura di Santa Maria Capua Vetere, diretta dalla dott.ssa Maria Antonietta Troncone, figura tra gli indagati nell’operazione che ha portato agli arresti domiciliari 3 persone, il patron Giuseppe Barletta di Maddaloni, l’amministratore Antonio Campolattano di Maddaloni ed il dirigente del Comune di Marcianise Gennaro Spasiano, oltre ad una quarta persona che ha avuto l’obbligo di dimora, l’amministratore Nicola Berti di Milano. Invece, insieme al primo cittadino Velardi, risultano indagati per concorso in abuso d’ufficio: gli attuali assessori di Marcianise ai lavori pubblici e urbanistica Tommaso Rossano e al bilancio Nicola Salzillo (finanziere) oltre agli ex assessori del Comune: Concetta Marino, Angelo Musone, Antonietta Paolella e Gabriele Trombetta.L’indagine della Procura riguarda tre permessi a costruire irregolari rilasciati dal dirigente del Comune al gruppo imprenditoriale facente capo al patron Barletta per la realizzazione di capannoni industriali nell’area adiacente al parco commerciale Campania di Marcianise. L’abuso d’ufficio, contestato al sindaco ed altri amministratori, così come scrive il gip Orazio Rossi “riguarda l’ingiusto vantaggio patrimoniale alla società Interporto Sud Europa Spa a causa della mancata corresponsione della imposta municipale unica Ici e Imu per le annualità pregresse. Oltre allo scopo di favorire il gruppo Barletta la monetizzazione degli standard ad un valore di mercato di 25 euro al metro quadro, valore palesemente inferiore al valore delle aree circostanti dalla medesima amministrazione comunale, sia ai valori già previsti dalla medesima amministrazione per aree omogenee, sia alle quantificazioni fatte dalle autorità giudiziaria per lotti omogenei”.

Cronache della Campania@2019

Sorpreso a fornire coca a un noto commerciante: scarcerato il ras dello spaccio di Scafati

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Scafati – Poggiomarino. Sul finire del mese di luglio Domenico Albano, 52 enne pluripregiudicato appartenente alla famiglia dei narcotrafficanti scafatesi dei benedetti era stato arrestato in flagranza di reato perché aveva ceduto una dose di cocaina ad un noto commerciante di Poggiomarino sotto gli occhi delle forze dell’ordine. Con lui era stato arrestato anche Ambrosio Pasquale, anch’egli gravato da innumerevoli precedenti. Era stato quest’ultimo a cedere materialmente la sostanza stupefacente all’acquirente. I carabinieri di Poggiomarino avendo visto il noto commerciante in evidente agitazione, col telefono in mano, in attesa del rifornimento dello sballo si erano appostati ed avevano intercettato lo scambio. Dopo la cessione, una pattuglia aveva  fermato Albano ed Ambrosio mentre altri carabinieri avevano bussato alla porta del tossicodipendente che era stato bloccato mentre stava consumando la dose ed aveva ancora il naso sporco di cocaina. In sede di direttissima, i due erano stati mandati in carcere, in quanto l’acquirente aveva riconosciuto nella persona dell’Albano lo spacciatore che lo aveva rifornito. Tra l’altro, si trattava di cessione avvenuta sotto gli occhi dei carabinieri.  Lo stesso acquirente aveva precisato che il numero telefonico dello spacciatore gli era stavo fornito da altri pusher e che Albano faceva parte di un sistema organizzato di spaccio. Nell’abitazione del pluripregiudicato furono rinvenuti un bilancino di precisione, un rotolo di buste di cellophane ed alcune bustine termosaldate che erano state gettate nel secchio della spazzatura. Sulla base di questa gravità indiziaria, il giudice aveva ritenuto sussistente il 73 primo comma del testo unico stupefacenti ed aveva spedito in carcere i due pusher dal curriculum assolutamente allarmante. La difesa dei due indagati affidata all’avvocato Gennaro De Gennaro aveva prontamente impugnato l’ordinanza cautelare dinanzi al tribunale della libertà. Il riesame che si è svolto nella giornata di mercoledì ha accolto le eccezioni difensive ed ha scarcerato i due indagati mandandoli agli arresti domiciliari.
La difesa ha provato che il bilancino serviva alla figlia del pregiudicato per la sua dieta, in quanto la donna pesava oltre 200kg. Non solo ma che vi erano prove che l’acquirente conoscesse l’Albano e che non era vero che il numero gli era stato dato da altri pusher in quanto la moglie del commerciante aveva sempre noleggiato l’auto presso l’agenzia di noleggio dell’indagato e vi era traccia di contatti personali tra lo spacciatore e l’acquirente. Di fatti era stato smentito il tossicodipendente facendolo bollare come inattendibile. Elementi di prova “nuovi” che sono serviti al collegio a considerare la questione di minima entità. Sul finire di settembre è attesa la sentenza su questa ipotesi di reato ormai ridimensionata ma nel frattempo i due indagati sono stati miracolosamente scarcerati ed hanno visto ricondurre la vicenda contestata nel V comma dell’articolo 73 che comporterà una notevole riduzione di pena.

Cronache della Campania@2019

Caso Consip, Scafarto davanti al gup: ‘Non ho mai messo a rischio l’indagine’

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“Non ho mai messo a rischio l’indagine, non ho mai rivelato alcuna notizia coperta da segreto: questa e’ la verità e spero che venga affermata anche dal punto di vista giudiziario”. E’ quanto afferma il maggiore dei carabinieri Gian Paolo Scafarto, ex ufficiale del Noe, che ha rilasciato dichiarazioni spontanee davanti al gup di Roma, Clementina Forleo, nell’ambito dell’udienza preliminare del procedimento sul caso Consip che vede indagati, tra gli altri, l’ex ministro Luca Lotti, l’ex comandante generale dei carabinieri, Tullio Del Sette. “Al giudice ho confermato – ha riferito Scafarto fuori dall’aula – quello che ho sempre sostenuto. Per questa vicenda la mia vita e’ stata stravolta, prima ero in ufficio di polizia giudiziaria ora mi occupo di logistica”. Secondo l’impianto accusatorio Scafarto, a cui è contestata la rivelazione e depistaggio, avrebbe riferito ad un giornalista le prime iscrizioni nel registro degli indagati, in particolare quella dello stesso Del Sette, nel procedimento avviato dalla procura di Napoli nel dicembre del 2016 e poi trasmesso per competenza nella Capitale.

Cronache della Campania@2019

Napoli, torna libero il primario del Cardarelli ed ex sindaco di Capua accusato di legami coi Casalesi

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Napoli. Affronterà il processo, peraltro già iniziato, da uomo libero Carmine Antropoli, ex sindaco di Capua nonchè primario dell’ospedale napoletano Cardarelli, arrestato su richiesta della DDA di Napoli con l’accusa concorso esterno in associazione camorristica. A deciderlo, oggi, è stato il Tribunale del Riesame partenopeo. Antropoli, difeso dagli avvocati Vincenzo Maiello e Mauro Iodice, venne arrestato lo scorso 4 febbraio. Per gli inquirenti negli anni in cui e’ stato sindaco di Capua, tra il 2006 e il 2016, Antropoli avrebbe garantito l’assegnazione di alcuni appalti alle ditte riconducibili all’imprenditore Francesco Zagaria (già in carcere e anch’egli coinvolto nella stessa in inchiesta), ritenuto organico al clan guidato dal boss Michele Zagaria, di cui non e’ parente. Il 6 giugno scorso la quinta sezione della Corte di Cassazione annullo’ (con rinvio a un’altra sezione del Riesame di Napoli) la decisione adottata sempre dal Riesame di Napoli, che il 22 febbraio scorso aveva confermato la misura cautelare in carcerazione per il professionista.

Cronache della Campania@2019

Camorra, il clan Imparato aveva la gestione degli impianti anti incendio. I NOMI DEI 18 INDAGATI

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L’indagine dei carabinieri che ha portato all’esecuzione di 12 misure cautelari a Castellammare e che ha colpito il clan Imparato detto i paglialoni del rione Savorito nasce da un attentato dinamitardo il 22 febbraio 2015 ai danni di supermercato della catena 365. Un attentato arrivato alle 22:40 circa della notte, effettuato con una bomba carta che oltre a determinare danni alle porte di ingresso del market danneggio’ anche i vetri delle case e le vetture parcheggiate nelle immediate vicinanze. Il titolare dell’esercizio commerciale riferì ai carabinieri di aver già ricevuto altri tre ‘avvertimenti’, due nei punti vendita di Solofra  nel 2008 e nel 2010, e uno l’anno precedente proprio nel negozio a Castellammare di Stabia, anche se non aveva avuto esplicite richieste estorsive. Un mese dopo l’uomo tornò dai militari dell’Arma accompagnato dal fratello per raccontare come il giorno prima un loro dipendente, che poi venne identificato come pregiudicato residente nel rione Savorito, roccaforte la famiglia Imparato vicina al clan D’Alessandro, i cui vertici, Michele detto Zi Peppe e Salvatore, sono tra i destinatari della misura cautelare emessa dal gip Leda Rossetti. L’imprenditore raccontò che l’uomo gli aveva detto di essere stato avvicinato proprio da Salvatore Imparato che voleva incontrarlo per parlargli dell’attentato. Qualche giorno dopo, suo fratello era stato avvicinato al parcheggio di un loro capannone da una persona che si era presentata come Zi’ Peppe, soprannome di Michele Imparato appunto, che gli aveva detto di occuparsi di impianti antincendio e che gli voleva presentare un preventivo. In effetti, Michele Imparato, sottoposto all’epoca alla libertà vigilata, è stato assunto come dipendente da una ditta che si occupa di prevenzione incendi. Intercettazioni sulla sua utenza telefonica e ambientali sull’auto in uso alla società, che guidano prevalentemente lui e il titolare della ditta, Domenico Fortunato, anche lui tra i destinatari delle misure cautelari eseguite oggi, hanno permesso di ricostruire estorsioni operate dai due ai danni delle ditte concorrenti per procurarsi fette sempre più ampie di mercato, ma anche la gestione della piazza di spaccio del rione Savorito, noto anche come Arancia Faito, che gli Imparato controllano da almeno 20 anni.
Il boss Michele Imparato, detto Zi’ Peppe, destinatario di una delle 9 misure cautelari in carcere emesse dal gip di Napoli nell’ambito di una indagine dei carabinieri sul gruppo che da 20 anni gestisce il rione Savorito a Castellamamre di Stabia e che ha visto notificare anche 3 misure del divieto di dimora, puntava al monopolio della fornitura di estintori a Castellammare di Stabia. Un obiettivo perseguito anche attraverso la Effedì, azienda di Domenico Fortunato, detto Mimmo,  nella quale Zi’ Peppe risulta assunto. Le intercettazioni dei cellulari dei due e a bordo di una Fiat Punto van che è intestata alla ditta e in uso ai due rivelano agli inquirenti il dipanarsi del progetto. Anzitutto le conversazioni tra il boss e l’imprenditore, legato a Imparato da una amicizia pregressa di suo padre con il boss, consolidata da una gestione ‘allegra’ degli introiti dell’azienda da parte di Fortunato, cui Imparato mette riparo. “Tu oggi ti devi apparare…ti devi rimettere in carreggiata”, dice Imparato a Fortunato più volte in conversazioni del marzo 2016. E nel ‘rimettersi in carreggiata’, c’è anche il recupero del rapporto con il padre Fiorenzo, titolare della Fort Antincendio, “cosi’ da creare un loro esclusivo rapporto di monopolio nel territorio stabiese”, annota il gip. Poi partono le pressioni estorsive ad aziende del settore per estrometterle e a imprenditori per aumentare i clienti. A novembre 2015, il boss già ammoniva Domenico Fortunato: “A Castellammare estintori non li deve mettere nessuno più”. Un mese prima, il disegno si era già concretizzato imponendo a una ditta di trasporti locale di piazzare quelli della ‘famiglia’ sui loro mezzi, risolvendo il contratto decennale con un’altra ditta. Anzi, come si evince dalle intercettazioni ambientali, il titolare dell’impresa del settore mobilita’, dopo essersi informato sul socio occulto della Effedi’, ossia Zi’ Peppe, si propone di trovare altre 25 ditte come loro clienti. Poi Imparato si pone come obiettivo gli alberghi della costa stabiese, dai quali le altre ditte “se ne devono scappare proprio”; e l’azienda che vantava tra i suoi clienti proprio molti titolari delle strutture ricettive riferirà agli inquirenti che a fine 2015 iniziano a piovere disdette ai suoi contratti “anomali”. Le minacce di Imparato, forte anche dei suoi rapporti con il clan D’Alessandro, arrivano agli imprenditori della zona portuale di Castellammare, e anche lì con successo. Tuttavia, in un cantiere navale, la vecchia ditta fornitrice di estintori, per vendetta, si porta via quelli della Effedì, ma zi’ Peppe, provvede subito a far rientrare la protesta, minacciando di “rompere l’accordo e andare anche nella zona di Sorrento”.

Ecco i nomi dei 18 indagati

1. AMODIO Ciro (detto Caramella), nato a Castellammare di Stabia, 45 anni

2. AMORE Catello, nato a Castellammare di Stabia , 57anni;

3. CAPASSO Nicola, nato a Napoli,48 anni

4. CABRIGLIA Pasquale, nato a Napoli, 55 anni

5. CESARANO Gregorio (detto o’Criolo), nato a Castellammare di Stabia, 45 anni;

6. D’AURIA Catello, nato a Castellammare di Stabia, 50 anni;

7. DI MAlO Giovanni (detto o’ Topo), nato a Castellammare di Stabia di 23 anni;

8. FORTUNATO Domenico (detto Mimmo) Castellammare di Stabia,35 anni

9. GARGIULO Ciro (detto o’ puffo), nato a Castellammare di Stabia, 39 anni;

10. IMPARATO Michele (dettozi Peppe), nato a C.mmare di Stabia il 04.06.1970;

11. IMPARATO Salvatore (detto Totore o’ paglialone ), Castellammare di Stabi, 52 anni

12. LONGOBARDI Giovanni (detto o’ Malomm), nato a Castellammare di Stabia, 32 anni

13. MARTINO Catello (detto o’ puparuole/o o’ Russ), Castellammare di Stabia, 48 anni

14. MASSA Francesco (detto Faruk), nato a Castellammare di Stabia, 63 anni

15. NATINO Luigi, nato a Castellammare di Stabia, 25 anni;

16. ONORATO Silvio, nato a Castellammare di Stabia, 30 anni;

17. SCELZO Carlo detto Carluccio, nato a Càstellammare di Stabia,35 anni

.18 SCHETTINO Annamaria, nata a Castellammare di Stabia, 45 anni;

Cronache della Campania@2019


Processo Olimpo, il giudice Adele Marano si astiene: cambia il collegio giudicante

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Castellammare di Stabia. Il giudice a latere Adele Marano si astiene: slitta l’udienza del processo Olimpo. Temporanea battuta d’arresto per il procedimento che vede imputati con l’imprenditore Adolfo Greco anche alcuni esponenti della camorra dell’area stabiese: Michele e Raffaele Carolei, Umberto Cuomo, Luigi Di Martino, Attilio Di Somma. Stamane si sarebbe dovuta tenere l’udienza per ascoltare i primi quattro testimoni della pubblica accusa rappresentata dal pm della Dda Giuseppe Cimmarotta. Ma un improvviso colpo di scena ha bloccato il processo. Uno dei giudici a latere, Adele Marano, figlia del giudice Catello Marano già presidente del tribunale di Nocera Inferiore ha fatto richiesta al presidente del Tribunale di astenersi.
Il giudice originaria di Castellammare ha motivato la sua decisione che al momento non è stata ancora nota, che è stata accolta dal Presidente. Il processo dovrebbe tenersi domani mattina, ma probabilmente per questioni tecniche subirà un breve rinvio e verrà assegnato al nuovo collegio giudicante presieduto dal giudice Iannone.
I giudici faranno salve, probabilmente, le questioni formali fatte nelle prime udienze con la costituzioni delle parti civili e delle liste testi, a meno che non vi saranno le opposizioni da parte della difesa. Molto dipenderà dai motivi che hanno spinto il giudice Marano a dichiarare la sua astensione dal processo a quattro mesi dall’avvio del procedimento del giudizio ordinario. Solitamente la richiesta di astensione viene fatta nelle primissime fasi del processo oppure se nel corso dello svolgimento intervengono cause particolari che potrebbero portare ad una ricusazione da parte degli imputati. Tra le cause di astensione previste dal codice vi sono anche quelle riconducibili ai rapporti familiari del magistrato. Bisognerà leggere il decreto emanato dal presidente Aghina per capire i motivi della ritardata richiesta di astensione. Il processo scaturito dall’operazione Olimpo riguarda ipotesi di accusa molto gravi tra le quali diversi episodi di estorsione e tentata estorsione aggravati dal metodo mafioso. L’imprenditore del ‘latte’ Adolfo Greco figura come imputato e come vittima, il colletto bianco – oltre a pagare tangenti a esponenti dei clan D’Alessandro e Cesarano – avrebbe fatto da tramite tra la camorra e altri imprenditori per il pagamento delle estorsioni. Greco è in carcere da dicembre scorso. Gli imputati sono stati incastrati da una serie di intercettazioni ambientali e telefoniche nelle quali sono registrati i contatti tra i vari coimputati. (r.f.)

Cronache della Campania@2019

Arzano, infiltrazioni camorristiche e incandidabilità: notificati i primi decreti di citazione a giudizio da parte del Tribunale di Napoli Nord

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Arzano. Infiltrazioni camorristiche, incandidabilità ad ampio raggio dopo lo scioglimento. Notificati i primi decreti di citazione a giudizio da parte del Tribunale di Napoli Nord. Tra i destinatari vi sarebbero l’ex sindaca Fiorella Esposito, gli ex assessori Anna Errichiello e Alessandro Merenda, e l’ex consigliere Rosario Errichiello uomo di punta della maggioranza e ritenuto negli atti pubblici dello scioglimento, in rapporti diretti con ambienti controindicati. Il decreto, se confermato dopo l’udienza di Camera di Consiglio che si terrà a breve, prevede che gli amministratori responsabili di azioni che hanno portato allo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose sono incandidabili nel primo turno elettorale successivo allo scioglimento in ciascun livello di governo nella loro regione: in pratica, non è sufficiente per esempio che si svolgano elezioni in alcuni Comuni per riaprire le porte alla candidatura in altri, perché in ogni caso il semaforo rimane rosso se non ci sono stati altri turni elettorali nell’ente in cui ci si presenta al voto. Non solo: lo stop è esecutivo dopo la dichiarazione definitiva di incandidabilità anche se nel periodo fra lo scioglimento del Comune e questa pronuncia si siano svolte elezioni in regione. Se l’incandidabilità dovesse essere confermata con lo svolgimento di un processo, dall’esito dello stesso non si esclude la trasmissione degli atti al MIUR. (gdn)

Cronache della Campania@2019

Schiavone parla dei tre imprenditori nel processo all’ex sindaco: ‘Erano i miei referenti’

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Nicola Schiavone non è a conoscenza del sostegno del clan dei Casalesi per la campagna elettorale in favore dell’ex sindaco di Capua, Carmine Antropoli, scarcerato nel pomeriggio dopo 7 mesi tra carcere e domiciliari. Lo ha ammesso lo stesso figlio di Sandokan, che da oltre un anno sta collaborando con gli inquirenti della Dda, nel corso dell’udienza celebrata stamattina dinanzi alla Corte d’Assise del tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Un’udienza fiume, svolta dinanzi al collegio presieduto dal giudice Napoletano, nel processo che vede alla sbarra con l’ex sindaco Antropoli, l’imprenditore vicino al clan Francesco Zagaria (diventato nei mesi scorsi collaboratore di giustizia), Armando Porciello, 47enne di Capua; l’ex consigliere comunale Marco Ricci e l’ex assessore Guido Taglialatela.
I TRE IMPRENDITORI: “ERANO I MIEI REFERENTI A CAPUA”
Schiavone durante la sua testimonianza ha tirato in ballo tre imprenditori (al momento non formalmente indagati) ritenuti una diretta emanazione della fazione Schiavone sul territorio di Capua, al punto da avere anche una discreta autonomia e mantenere buoni rapporti con l’amministrazione comunale. Ma sul sostegno politico-elettorale da parte dei tre imprenditori edili e dello stesso clan dei Casalesi ad Antropoli ed al suo gruppo politico, Schiavone ha dichiarato di non esserne a conoscenza per il 2006. Discorso diverso per le elezioni successive, nel 2011, in quanto Schiavone già era detenuto al 41 bis e quindi estromesso dalle dinamiche del clan.

Cronache della Campania@2019

Maltratta il figlio perché voleva andare a vivere con la madre, dopo la separazione

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Rischia il processo un uomo di Scafati, per quanto commesso nel 2015, così come chiesto dalla procura di Nocera Inferiore. L’accusa è di maltrattamenti aggravati. Stando alle accuse, l’uomo avrebbe ingiuriato il figlio, ogni volta che mostrava segni di ribellione, per poi sedersi sul suo sterno, impedendogli di muoversi e facendogli mancare il fiato, oltre a farlo vomitare.
In quel modo, avrebbe “domato” l’irruenza del figlio, costretto a vivere in un clima di sofferenze fisiche e morali, al punto da rendergli «mortificante e intollerabile». L’inchiesta fu condotta dai carabinieri della tenenza di Scafati: la vittima aveva 10 anni, all’epoca dei fatti. Ora, tutti gli elementi finiranno al vaglio del gip, in udienza preliminare, già fissata. In quella sede, l’indagato potrà fornire la sua spiegazione riguardo le accuse mosse. Sarà poi il giudice a decidere per la fissazione di un processo.

Cronache della Campania@2019

Napoli, permesso premio all’assassino della guardia giurata: le polemiche di sindacati e Coisp

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Napoli. “Ciò che fa rabbia non è certo il compimento dei 18 anni festeggiati da un ragazzo ma vederli festeggiare come se il ragazzo in questione non si fosse macchiato di un atroce delitto ai danni di un umile guardia giurata che lavorava di notte per garantire un futuro alla sua famiglia. Ancora più triste che si parli di permesso premio, ma premio de che?
Come collega del defunto Della Corte e Presidente della associazione nazionale guardie particolari giurate chiedo a viva voce che nei successivi gradi di giudizio di questo processo i giudici siano meno indulgenti nei permessi premio poiché la futilità e l’aggressività premeditata con cui gli assassini hanno infierito sul dalla corte agonizzante è davvero da film horror”. E’ quanto dichiarato da Giuseppe Alviti, leader delle guardie giurate particolari sulla vicenda del permesso premio accordato al 18enne Ciro U.dopo neanche un anno di cella e con una condanna a 16 anni e mezzo per aver ucciso “con crudelta’” il vigilante Franco Della Corte, colpito a morte il 16 marzo 2018 all’esterno della metro di Piscinola, a Napoli. “E’ vergognoso che, dopo neppure un anno di detenzione, il killer di Piscinola sia stato ‘premiato’ nonostante abbia ucciso un uomo a sangue freddo: non possono esserci sconti o concessioni verso chi si e’ macchiato di reati tanto gravi”. Così in una nota Domenico Pianese, segretario generale del sindacato di Polizia Coisp. “Uno Stato che premia” chi è stato condannato per “l’omicidio di un tutore dell’ordine, permettendogli di festeggiare il suo 18esimo compleanno insieme a parenti e amici e con tanto di foto sui social network, di fatto non è uno Stato di diritto: è uno Stato in cui la giustizia è morta. La nostra vicinanza oggi va ai familiari della vittima e al profondo dolore che inevitabilmente staranno provando in queste ore”, conclude.

Cronache della Campania@2019

Smascherati gli ‘specialisti’ dei fallimenti: sei misure cautelari. Colpiti imprenditori e professionisti napoletani

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Nella odierna mattinata, all’esito di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Napoli, sezione reati di criminalità economica, militari del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli con l’ausilio di militari dipendenti del Gruppo Pronto Impiego del capoluogo partenopeo, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Napoli applicativa della misura degli arresti domiciliari nei confronti di 3 soggetti e della misura dell’obbligo di firma nei confronti di altri 3 soggetti, ritenuti responsabili, a vario titolo, di partecipazione ad un’associazione per delinquere, finalizzata alla realizzazione di diverse condotte di bancarotta fraudolenta, per distrazione e documentale.
Si è, altresì, proceduto al sequestro d’urgenza della società gestita dagli indagati e attualmente attiva, e a quindici perquisizioni.
Le indagini partirono dopo il fallimento di 4 società, tutte operanti nel settore dell’abbigliamento e tutte ricollegabili a vario titolo ai soggetti indagati che si sono avvicendati nei diversi ruoli di amministratori legali e soci delle stesse.
Attraverso le relazioni dei curatori fallimentari, le sommarie informazioni rese da alcuni creditori e le attività di approfondimento degli Ufficiali della Guardia di Finanza è stata accertata l’esistenza di una organizzata struttura criminale, i cui membri, alternandosi nelle compagini sociali, hanno realizzato attraverso l’acquisto di società inattive da tempo o comunque con un diverso oggetto sociale una costante attività di svuotamento delle società in attivo e lo smembramento – formale e sostanziale – delle fallite, condotte distrattive per un valore di circa 2.450.000 euro.
Le indagini hanno consentito, inoltre, di accertare che i diversi soggetti giuridici sono stati gestiti in totale assenza di trasparenza, senza predisporre e depositare, in molti casi, i bilanci societari e con una tenuta e conservazione della contabilità del tutto inadeguata e confusa, tale da rendere particolarmente difficile una completa ricostruzione del patrimonio e del volume d’affari delle società.

Cronache della Campania@2019

Da San Giovanni a Teduccio a Miami: il fallimento dei fratelli Bonavita arrestati ieri

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Si erano affacciati anche al mondo del calcio professionistico i fratelli Bonavita arrestati ieri dalla Guardia di Finanza con l’accusa di bancarotta. Nel primo anno del ritorno alla serie B della Juve Stabia targata Piero Braglia erano diventati il main sponsor della squadra di Castellammare aprendo anche un punto vendita in centro città. Un solo anno di sponsorizzazione per poi sparire. Si vantavano di vestire noti rapper americani ma anche personaggi come Mike Tyson e Fabrizio Corona. Di recente avevano aperto uno store anche a Miami in Florida con la presentazione di noti artisti americani. Da ieri sono in carcere i fratelli Giuseppe, Francesco e Umberto Bonavita, rispettivamente di 45, 43 e 41 anni e residenti i primi due Portici e il terzo a San Giovanni a Teduccio. La guardia di Finanza sotto il coordinamento del pm Maria Sepe, procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli, sezione Criminalità economica della Procura di Napoli ha scoperto il vorticoso buco da due milioni di euro e il giro di società fatto dai tre fratelli. Il gip Anna Tirone, che ha firmato le ordinanze cautelari, ha disposto l’obbligo quotidiano di firma nei confronti di tre donne, accusate di aver fatto da prestanome per la gestione sulla carta di alcune delle società finite all’attenzione degli inquirenti. Si tratta di Rosa e Assunta Bonavita, di 38 e 42 anni, e di Laura Scognamiglio, di 41 anni. Al centro delle indagini sono finite 6 società la Bonavita, la Gfu, la Hombre, la Dako, la Domino e la Bona unipersonale tuttora operativa (queste ultime due costituite ad hoc dopo il fallimento organizzato delle prime quattro).

 

Cronache della Campania@2019


Montecorvino Pugliano, si era fatto consegnare 40mila euro e monili d’oro da un’anziana: ai domiciliari il truffatore napoletano

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Montecorvino Pugliano. Si era fatto consegnare 40mila euro in contanti e monili d’oro da un’anziana con il solito raggiro del figlio coinvolto in un incidente: è stato arrestato e messo ai domiciliari E. G., 32enne napoletano, pregiudicato. I carabinieri di Montecorvino Pugliano della compagnia di Battipaglia hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare a carico dell’uomo che nel settembre del 2018, agendo con un complice, si recò a casa della donna facendole credere che il figlio era stato coinvolto in un incidente. I due si finsero prima avvocati e poi carabinieri facendosi consegnare i 40mila euro in contanti e tutti i monili d’oro che l’anziana era in casa per ‘risolvere’ il problema del figlio. Poche ore dopo la donna si accorse della truffa e denunciò tutto ai carabinieri della locale stazione che dopo una lunga indagine hanno identificato uno dei due truffatori, incastrato anche dai tabulati telefonici, al quale oggi è stato notificato l’ordine di arresto ai domiciliari con il braccialetto elettronico.

Cronache della Campania@2019

Fondi Lega, la Cassazione conferma ‘non luogo a procedere’ per Bossi e figlio: manca la querela. Belsito condannato

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La Cassazione ha confermato la sentenza di non luogo a procedere per l’ex leader della Lega, Umberto Bossi, e per suo figlio Renzo nell’ambito del filone milanese del procedimento sui fondi del Carroccio. Per l’ex segretario della Lega e suo figlio non ci sara’ dunque alcun nuovo processo, dopo che la Suprema Corte ha respinto il ricorso della Procura di Milano, che chiedeva di estendere anche ai due Bossi la querela presentata dal leader della Lega Matteo Salvini nei confronti del solo ex tesoriere Belsito, accusato di appropriazione indebita in merito alla vicenda della truffa elettorale. I giudici della terza sezione penale della Cassazione, infatti, hanno ritenuto “inammissibile” il ricorso presentato dalla Procura generale di Milano che aveva contestato l’assoluzione per Umberto Bossi e il figlio Renzo, nei confronti dei quali il segretario del Carroccio Matteo Salvini aveva deciso di non sporgere querela. Per l’ex segretario della Lega e suo figlio non ci sarà dunque alcun nuovo processo per aver fatto fronte a spese personali con i soldi dei rimborsi elettorali del Carroccio. In primo grado invece Bossi era stato condannato a 2 anni e 3 mesi e il Trota a un anno e 6 mesi. Due anni e 6 mesi, invece, la pena inflitta in primo grado all’ex Tesoriere del Carroccio, Francesco Belsito. Da quanto era emerso dalle indagini della procura di Milano, poi confluite nel processo conosciuto come ‘The Family’, tra il 2009 e il 2011 l’ex tesoriere della Lega si sarebbe appropriato di circa mezzo milione di euro, mentre l’ex leader del Carroccio avrebbe speso con i fondi del partito oltre 208mila euro. A Renzo sono stati addebitati, invece, più di 145mila euro, tra cui migliaia di euro in multe, 3000 euro di assicurazione auto, 48mila euro per comprare un’Audi A6 e 77mila euro per la “laurea albanese” conseguita all’università Kristal di Tirana.

Cronache della Campania@2019

La Cassazione assolve i due pm di Catanzaro che sollevarono dalle indagini ‘Why Not’ l’allora pm Luigi de Magistris

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La sesta sezione penale della Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza della Corte d’Appello di Salerno che aveva dichiarato il non doversi procedere per intervenuta prescrizione per i reati di abuso d’ufficio contestati all’ex procuratore aggiunto di Catanzaro, Salvatore Murone (difeso da Mario Murone), e all’avvocato generale Dolcino Favi (difeso da Francesco Favi), i quali avevano adottato provvedimenti atti a sollevare dalle indagini ‘Why Not’ e ‘Poseidone’ l’ex pm Luigi De Magistris, adesso sindaco di Napoli. L?annullamento senza rinvio comporta la piena efficacia della sentenza di primo grado del Tribunale di Salerno che aveva assolto i magistrati catanzaresi legittimando i provvedimenti adottati. La sentenza mette la parola fine a un procedimento iniziato nel 2008 con le perquisizioni e i sequestri effettuati negli uffici giudiziari di Catanzaro. A dirimere quello che venne definito lo scontro tra Procure (quella di Salerno e quella di Catanzaro) dovette intervenire l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il procedimento che si è concluso ieri ha avuto inizio nel 2007 a seguito di numerose denunce presentate da De Magistris il quale sosteneva che gli fossero state illegittimamente sottratte le indagini. “Il tribunale di Salerno, con sentenza resa irrevocabile dalla Corte di Cassazione, ha stabilito la doverosità dei provvedimenti tenuti dai magistrati Murone e Favi in quanto devono ritenersi illegittimi i comportamenti tenuti da De Magistris che hanno portato all?adozione dei provvedimenti di revoca e di avocazione”, ha commentato subito dopo il pronunciamento l’avvocato Mario Murone.

Cronache della Campania@2019

Permesso all’assassino del vigilante, l’avvocato: ‘Nessuno sapeva di quelle foto, ma il permesso per la festa era in regola’

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“Quando ho visto le foto, ho subito controllato il permesso. Era tutto in regola. Lo aveva chiesto lui al giudice di corte d’Appello e gli è stato concesso il 29 luglio”. Parla Nicola Pomponio, avvocato difensore di Ciro U., il neo diciottenne condannato a 16 anni e sei mesi per l’omicidio di Franco Della Corte, il vigilante ucciso il 3 marzo del 2018. Il giovane è in carcere ad Airola  e si è trovato al centro di polemiche dopo la pubblicazione sui social delle foto del suo compleanno in una canonica di una chiesa a pochi metri dall’istituto penitenziario. “Nessuno sapeva di quelle foto che poi sono scomparse 24 ore dopo la pubblicazione. Adesso però siamo concentrati sul processo d’appello”, ha spiegato l’avvocato. Giovedì 19 saranno in aula per il processo di secondo grado sia lui, che ha compiuto 18, che i suoi complici di 16 e 17 anni. Hanno rimediato in primo grado 16 anni e sei mesi di reclusione a testa, con il rito abbreviato. Intanto il ministro Alfonso Bonafede ha inviato gli ispettori in Corte d’Appello per valutare se il provvedimento del giudice sia stato corretto o meno.  “Siamo rimasti sconvolti nel vedere le foto sorridenti di chi ti ha tolto il sorriso. È dura e fa anche male”. A parlare è Marta Della Corte, figlia di Francesco Della Corte, il vigilante ucciso a Napoli il 13 marzo 2018. Uno dei tre killer ha beneficiato di un permesso premio per festeggiare i 18 anni e alcuni scatti che lo ritraggono felice e sorridente hanno indignato la famiglia della vittima. “Sappiamo che esiste una legge che lo consente. Il punto sono le foto, la festa in sé. Non ci vedo un intento rieducativo nel festeggiare un compleanno”, aggiunge Marta. “Quella foto sui social è uno schiaffo alla memoria di nostro padre”, dichiara invece l’altro figlio, Giuseppe. “Il 29 agosto è stato il compleanno di mio padre e mio padre non l’ha potuto festeggiare. Siamo potuti andare solo a trovarlo al cimitero e lui, invece, ha avuto un permesso per festeggiare i suoi 18 anni. Vorrei anch’io chiedere un permesso per riabbracciare mio padre”, ha aggiunto Giuseppe.

Cronache della Campania@2019

Camorra, ‘convocato’ al cospetto del nuovo boss ‘Gigino e Celeste’ per ricordargli il debito

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Prelevato dal proprio negozio e condotto all’interno di un deposito di materiale edile al cospetto di personaggi di spicco di una consorteria camorristica per ‘ricordargli’ di far fronte al debito vantato dai malavitosi. E’ uno degli episodi dell’inchiesta su racket e camorra che ha portato i carabinieri del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna (Napoli) ad eseguire nel territorio di Marano, a nord di Napoli, e nelle zone limitrofe, un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura partenopea. Sono 7 gli indagati, di cui 6 in carcere e uno agli arresti domiciliari, tutti ritenuti affiliati al clan Orlando-Polverino-Nuvoletta e accusati, a vario titolo, di estorsione e tentata estorsione aggravate dalle finalità mafiose. In un caso, peraltro, si è accertato che le vittime, per aderire alle richieste estorsive, avessero persino avviato le procedure per la vendita di un locale di loro proprietà. L’indagine, condotta dal Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna e coordinata dal pm Maria Di Mauro e dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli della Dda, ha consentito di documentare nel dettaglio tre episodi estorsivi di cui due consumati (per un ammontare di circa 72.000 euro) e uno tentato, verificatisi tra il 2015 e il 2019, ai danni di padre e figlio, titolari di un esercizio commerciale di Giugliano in Campania. Fondamentali per la ricostruzione dei fatti si sono rivelate le acquisizioni delle immagini dei sistemi di videosorveglianza dell’esercizio commerciale dove gli indagati si sono recati più volte, negli orari di apertura al pubblico, per estorcere con violenza e minaccia enormi somme di denaro per estinguere supposti debiti contratti da uno dei figli del titolare. L’ordinanza di custodia cautelare è solo un parziale esito di investigazioni più ampie e complesse che mirano a sfaldare l’organizzazione criminale degli Orlando che si arricchisce sempre di nuovi adepti: tra i colpiti Luigi Esposito, soprannominato ‘Gigino e Celeste’ che – spiegano i Carabinieri – appena scarcerato nell’estate 2017 dopo anni di detenzione si è rimesso al vertice del clan ormai decapitato, Carmine Carputo già affiliato ai Polverino a testimonianza della integrazione criminale dei due gruppi, e Sabatino Russo, già vicino ai clan giuglianesi.
I nomi degli arrestati:
Carmine Carputo, classe ’56
Luigi Del Prete, classe ‘90
Vittorio Di Giorgio, classe ‘75
Michele Di Maro, classe ‘72
Luigi Esposito, classe ‘59
Andrea Lollo, classe ‘80
Sabatino Russo, classe ‘65
Raffaele Scognamiglio, classe ‘75

Cronache della Campania@2019

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