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Channel: Cronaca Giudiziaria
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Corruzione, al via l’ispezione a Napoli dopo gli arresti dei giudici di Salerno

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Napoli. Il pool ispettivo del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, composta dai consiglieri Gianpiero D’Alia, Alberto Liguori e Francesco Lucifora, ha iniziato oggi a Napoli l’ispezione straordinaria presso la Commissione regionale tributaria della Campania. L’ispezione era stata decisa all’unanimità dal Plenum del Cpgt a seguito della vicenda penale che ha coinvolto i giudici tributari della sezione distaccata Salerno, Fernando Spanò e Giuseppe De Camillis, arrestati con l’accusa di corruzione. Secondo gli inquirenti i due, insieme ad alcuni imprenditori e consulenti fiscali, avevano creato un sistema per condizionare i procedimenti tributari originati dagli accertamenti dell’Agenzia delle entrate e dalla Guardia di finanza di Salerno. Per Spanò era stata immediatamente disposta anche la sospensione dal servizio. Il presidente del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, Antonio Leone, in un’ottica di collaborazione istituzionale ha doverosamente e formalmente informato il procuratore di Salerno, Luca Masini, titolare del fascicolo d’indagine a carico dei magistrati, dell’inizio della visita ispettiva, le cui risultanze al termine potranno essere messe a disposizione degli inquirenti.

Cronache della Campania@2018


Noemi, i fratelli Del Re avevano fatto altri sopralluoghi anche al Pallonetto per uccidere Nurcaro: ci sono altri indagati

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Il gip Roberto D’Auria del Tribunale di Napoli ha firmato due nuove misure cautelari a carico di Armando e Antonio Del Re, i due fratelli, figli di Vicienz ‘a pacchiana narcotrafficante legato prima ai Di lauro e poi agli Amato-Pagano, ritenuti responsabili dell’agguato dello scorso tre maggio in piazza Nazionale in cui rimasero feriti Salvatore Nurcaro, (il vero obiettivo dell’agguato) e la piccola Noemi insieme con la nonna Immacolata Molino. Ci sono elementi nuovi nelle indagini ma soprattutto ci sono altri indagati. Alcuni già noti, altri in via di identificazione. Sono quelli che hanno aiutato i due fratelli a compiere l’agguato. In maniera particolare quelli che hanno nascosto e tengono ancora nascosti il famoso Benelli giallo (risultato rubato) e in sella del quale Armando Del Re è andato il pomeriggio del tre maggio scorso in piazza Nazionale per compiere l’agguato. E poi la pistola utilizzata. Sia la moto sia la pistola non sono state ancora trovate. Ci sono due tracce che portano per il primo a Secondigliano e per la pistola ai Quartieri Spagnoli. Dalle indagini è emerso anche che i due fratelli Armando e Antonio Del Re avevano premeditato e pianificato l’agguato. Nei giorni precedenti al tre maggio sono stati intercettati dalle telecamere di video sorveglianza cittadina nella zona del Pallonetto di Santa Lucia dove Salvatore Nurcaro attualmente vive e dove i due avevano fatto dei sopralluoghi alla ricerca della vittima. Dalle indagini è emerso un quadro di legami familiari complesso e articolato da parte della famiglia Nurcaro. Il padre Mario, è cugino dei boss Reale del rione Pazzigno, e per loro conto secondo gli investigatori ha gestito una piazza di spaccio. Salvatore Nurcaro ha avuto un figlio da una nipote dei fratelli Formicola di Taverna del Ferro e poi ha avuto un’altra relazione con la figlia di uno degli elementi di spicco del clan Elia del Pallonetto di Santa Lucia. Ma nonostante i suoi pregressi legami familiari con i Formicola qualche giorno prima dell’agguato Salvatore Nurcaro era andato a San Giovanni a Teduccio nella zona gestita dai D’Amico e abbia affrontato quattro giovani gestori di una piazza di spaccio (tra cui tre fratelli) e abbia preteso con maniere violente dei soldi da loro. Uno dei quattro fu addirittura sequestrato e poi dopo averlo rilasciato trattenne le chiavi della sua auto. E così qualche giorno dopo sono entrati in azione i due fratelli Armando e Antonio Del Re amici intimi di Stanislao Marigliano, figlio del boss Antonio o’ Silano, con il quale insieme con una quarta persona pochi giorni prima erano andati ad Amsterdam a vedere la gara del quarti di finale di Champions League tra Ajax e Juventus. I due fratelli Del Re trafficano droga per conto del gruppo Margliano-Formicola e il loro intervento contro Nurcaro sarebbe stato “comandato” dai vertici della cosca. Ma anche su questo versante le indagini continuano. Ora si aspettano le prossime novità davanti ai giudici del Riesame.

Cronache della Campania@2018

Camorra, il pentito: ‘I Cutolo borotalco avevano un accordo con Walter Mallo’

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Non solo droga ed estorsioni ma anche legami e contatti con altri clan. Il clan Cutolo “Borotalco” del rione Traiano aveva legami con Walter Mallo e con il giovane aspirante boss del rione don Guanella aveva stretto accordi. Lo ha ricordato in uno dei suoi interrogatori ricco di omissis il pentito Salvatore Romano detto Muoll Muollo” Presso il rione della 44 Ho conosciuto Walter Mallo e Paolo Russo detto a’ patana di Secondigliano, mi furono presentati da Enzo Cutolo e Genni Carra come loro ‘compagni’ di Secondigliano che nell’occasione erano venuti a ritirare una moticletta rubata. Io non conoscevo Walter Mallo ma qualche giorno prima di incontrarlo presso la 44 avevo visto tre motorini Sh con in sella sei persone, due per ogni motorino, scendere per via Cupa Terracina che era la zona dove noi Mele avevamo una base operativa. E in quella occasione ci preoccupammo nel vedere queste persone con il casco integrale scendere in fretta da via Cupa Terracina. Quando poi ho conosciuto Walter Mallo nella 44 qualche giorno dopo insieme a Vincenzo Mele, lo stesso Mele riconobbe un tale Rudi che si accompagnava con Mallo come una delle persone che si trovava sui motorini. Quindi chiesi a Mallo se erano loro sui motorini e cosa ci facessero a via Cupa Terraciona. Mallo confermò che effettivamente erano loro e che erano andati a trovare un loro compagno”

Cronache della Campania@2018

Pen-drive di Zagaria: il poliziotto è accusato anche di aver truffato 5 persone

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“Abusando della qualifica di pubblico ufficiale quale appartenente alla squadra mobile di Caserta ha raggirato e truffato cinque persone facendo loro credere che erano prossime alla cattura della Dda di Napoli inducendo in errore le persone offese”. E’ quello che si legge nel capo di imputazione che ha portato al rinvio a giudizio di Oscar Vesevo dinanzi al gup del tribunale di Napoli, colui che partecipò all’arresto del super latitante dei Casalesi Michele Zagaria. E’ accusato di peculato e truffa “per aver venduto”, secondo la Dda di Napoli, la pen drive che il boss latitante all’epoca nascondeva nel suo covo di via Mascagni a Casapesenna dove fu arrestato il 7 dicembre del 2011.
Ma non solo: perché Vesevo è accusato anche di aver truffato anche delle persone nell’acquisto di immobili che potevano essere agevolmente rivenduti attraverso delle presunte aste pubbliche di cui lui fosse affidatario come esponente delle forze dell’ordine. Le 5 vittime sono originarie di Casal di Principe, San Cipriano, Trentola Teverola e Aversa: sono state truffate della somma di 500mila euro. Questa mattina nel corso dell’udienza preliminare si sono costituite parte civile con l’avvocato Vittorio Giaquinto. Vesevo deve rispondere anche di altri reati: corruzione ed accesso abusivo ai sistemi informativi aggravati dall’articolo 7 in seguito all’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia. Il processo è stato fissato per il 13 ottobre prossimo dinanzi al tribunale di Napoli Nord. Il poliziotto è difeso dall’avvocato Giovanni Cantelli.

Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Camorra: faida tra i Casalesi, ordinanza per 3 esponenti del clan Mazzara accusati di due omicidi

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 Tre ordinanze di custodia cautelare in carcere sono state notificate dai carabinieri a tre esponenti del clan casertano “Mazzara”, accusati di due omicidi di camorra avvenuti oltre 10 anni fa. Vittime due esponenti del clan dei Caterino-Ferriero, con cui i Mazzara erano in guerra per il controllo degli affari illeciti nel comune di Cesa. I provvedimenti sono stati emessi dal Gip del Tribunale di Napoli a carico dei fratelli di 64 e 61 anni Giovanni e Nicola Mazzara, gia’ detenuti da tempo, e del 46enne Alberto Verde, che stamani era libero. Determinanti le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Tammaro Scarano, autoaccusatosi dei delitti, e di Nicola Schiavone, figlio primogenito del capoclan Francesco “Sandokan” Schiavone, da cui i Mazzara dipendevano. Secondo la Dda di Napoli che ha coordinato le indagini, gli indagati avrebbero ucciso Michele Caterino il 20 maggio 2006, e Cesario Ferriero il giorno di Natale del 2007. 

Cronache della Campania@2018

Violenza sessuale su minori, arrestato un 55enne di Castellammare di Stabia

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La Polizia di Stato di Castellammare di Stabia, ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari, emessa su richiesta della Procura della Repubblica di Torre Annunziata, dal Gip del Tribunale oplontino, nei confronti di un 55enne. L’uomo è accusata di violenza sessuale aggravata su minori, il gip ha disposto gli arresti domiciliari presso la propria abitazione per l’indagato. Secondo le indagini, il 55enne avrebbe molestato sessualmente alcuni minorenni. Ad incastrare l’uomo una serie di riscontri alle dichiarazioni di una delle vittime. In particolare il Gip ha ritenuto che la testimonianza di una delle vittime trovassero “puntuale e granitico riscontro nella comparazione dei referti biologici” effettuata dalla Polizia Scientifica.

Cronache della Campania@2018

Firme false per la lista: indagato il sindaco Velardi e altre 5 persone per le elezioni a Marcianise

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Marcianise. Elezioni amministrative 2016: indagato il sindaco Antonello Velardi e altre 5 persone. Svolta nelle indagini sulle firme false presentate a sostegno della lista ‘Orgoglio Marcianise’ che appoggiò la candidatura a sindaco di Antonello Velardi alle elezioni amministrative del 2016. I pubblici ministeri della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere Vincenzo Quaranta ed Alessandro Di Vico hanno chiuso le indagini sulle circa 100 firme ritenute false che sarebbero state presentate a corredo della lista, ma che non sarebbero state apposte dai cittadini in prima persona. Insieme col sindaco di Marcianise sono indagate altre cinque persone, tra dipendenti comunali e presentatori della lista. Il sindaco ha ricevuto l’avviso di garanzia che gli è stato consegnato dai carabinieri.

Cronache della Campania@2018

Camorra, il pentito: ‘Il clan Cutolo incassava 20mila euro al giorno con i passaggi di mano di cocaina’

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Napoli. C’è una cupola composta da quattro persone che controlla il clan Cutolo del rione Traiano e che gestiscono gli affari del clan e le sette otto piazze di spaccio in tutto il quartiere. Lo ha raccontato il pentito Alfredo Sartore, ex uomo di fiducia di Totoriello Barile, parente e uomo del vertice del clan Mazzarella. Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia sono contenute nell’ordinanza cautelare che tre giorni fa ha portato in carcere 21 esponenti della cosca del boss Salvatore “Borotalco” e dei loro alleati dei Basile-Lazzaro. Ha raccontato il pentito: “… di tale gruppo fanno parte Enzo Cutolo che ne è il capo, suo cognato Genny Carra, Francesco Pietrolungo detto Checco, cugino di Enzo Cutolo, molto vicino a enzo e con poteri decisionali in sua assenza e anche killer e Patrizio Allard tutto fare e soprattutto killer. Ho incontrati una prima volta Cutolo, Carra e Allard , che però già conoscevo in quanto cognato di Celeste Riera a sua volta cognata di Barile, in un ristorante in via Campana. Io ero im compagnia di Salvatore Barile che voleva dirimere una questione sorta tra i Cutolo e altre persone che si erano rivolte a lui in caso di uno scontro armato con i Cutolo. Poi dopo l’arresto di Barile ho continuato a frequentare le persone del gruppo Cutolo. Ho favorito anche un incontro tra Enzo carra e Marco Mariano sempre in un ristorante di via Campana…Il gruppo di Enzo Cutolo controlla sette otto piazze di spaccio al rione Traiano, il resto le controlla il gruppo di tale Francesco, figlio di Pocchi Pocchi che saprei riconoscere fotograficamente…Fino a qualche anno fa il gruppo di cutolo si riforniva di cocaina dal clan Lo russo di Miano e acquistava a 42mila euro al chilogrammo. la droga veniva tagliata in una abitazione del parco san Paolo con circa 200 grammi di mannite o altre sostanze e poi rivenduta a 51mila euro al chilo ai capi piazza.Questo permetteva all’organizzazione di incassare 20mila euro al giorno solo con i passaggi di mano…”.

Cronache della Campania@2018


Nonno orco, il pm chiede 18 anni di carcere, 8 per la mamma della bimba

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Diciotto anni di carcere per il nonno orco di Roccapiemonte ed 8 per sua figlia, è la richiesta avanzata dal pubblico ministero Palmieri del tribunale di Nocera Inferiore dove è in corso il processo. L’anziano, A.R. di 70 anni originario di Nocera Superiore, è accusato di abusi e violenze sessuali sulla nipotina di 10 anni e su di una amichetta più piccola, mentre la figlia, M.R.di Roccapiemonte, è ritenuta colpevole di mancata vigilanza e di essere stata a conoscenza delle violenze e di non aver fatto mai nulla per impedirle. L’arresto dei due risale al 16 agosto scorso, a far scattare le indagini, due anni prima, i sospetti di una giovane madre che abitava nello stesso stabile di A.R. L’uomo era da poco uscito dal carcere dove aveva scontato 8 anni di reclusione per aver abusato della propria figlia, la stessa che ora è accusata di non aver impedito a suo padre di ripetere le stesse aberranti azioni sulla nipotina. La vicina di casa aveva notato da subito gli strani comportamenti del figlio piccolino e preoccupata aveva denunciato il fatto alle assistenti sociali del Comune di Roccapiemonte che avevano subito provveduto ad informare, a loro volta, la locale stazione dei Carabinieri.
A determinare il buon esito delle indagini anche l’intervento delle maestre che si erano accorte di strani comportamenti manifestati dalle bambine, la nipotina del nonno orco e la sua amica di giochi, entrambe oggetto delle attenzioni particolari da parte dell’uomo. Il 70 enne è ancora in carcere mentre la figlia, scarcerata il primo settembre scorso, sta attendendo in libertà l’esito del processo. Il pm ha chiesto la dura condanna poiché il consulente nominato dal Tribunale, il dott. Imperatore, ha ritenuto il racconto dei testi non contraddittorio escludendo nella maniera più assoluta una possibilità di suggestione da parte di terzi.Il processo si è aggiornato al 7 giugno per la discussione degli avvocati dei due imputati.

Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Voti comprati per le elezioni nel Casertano, chiesto il processo per 24 persone

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La camorra dei manifesti elettorali scoperta grazie alle indagini sullo spaccio di droga: la Dda ha chiesto ufficialmente il rinvio a giudizio di 24 persone coinvolte nella maxi inchiesta dei carabinieri di Caserta: l’udienza è stata fissata ad inizio luglio. Rischiano di finire sotto processo Agostino Capone, 51 anni di Caserta ma residente a Casagiove; Giovanni Capone, 54 anni di Caserta; Pasquale Carbone, 61 anni, ex sindaco di San Marcellino; Paolo Cinotti, 34 anni di Caserta; Ferruccio Coppola, 31 anni di Caserta; Pasquale Corvino, 57 anni, ex vice sindaco di Caserta; Silvana D’Addio, 46 anni di Caserta; Mario De Luca, 50 anni di Casal di Principe; Giovanni Gualtieri, 41 anni di San Nicola la Strada; Antimo Italiano, 59 anni di Caserta; Antonio Merola, 37 anni di Caserta; Roberto Novelli, 54 anni di Caserta; Rosario Palmieri, 46 anni di Caserta; Vincenzo Rea, 59 anni di Caserta; Pasquale Valerio Rivetti, 26 anni di Caserta; Gianfranco Rondinone, 39 anni di Caserta; Alberto Russo, 39 anni di Caserta; Modestino Santoro, 47 anni di Caserta; Virginia Scalino, 36 anni di Caserta; Mariagrazia Semonella, 46 anni di Caserta; Francesco Alberto Spaziante, 44 anni di Caserta; Salvatore Vecchiarello, 43 anni di Napoli; Clemente Vergone, 49 anni di Caserta; Antonio Zarrillo, 52 anni di Capodrise. Nel collegio difensivo sono impegnati gli avvocati Nello Sgambato, Alfonso Iovino, Vittorio Caterino, Roberto Garofalo, Alessandro Diana, Gaetano Laiso, Michele Di Fraia, Stefano Alessandrelli, Domenico Antonucci, Giuseppe Foglia, Romolo Vignola.
Le indagini hanno permesso di accertare che Giovanni Capone, all’epoca detenuto, utilizzando dei “pizzini” aveva dato precise disposizioni al fratello Agostino Capone affinché si occupasse dell’affissione dei manifesti elettorali nella città di Caserta. Quest’ultimo, avvalendosi della collaborazione materiale di Vincenzo Rea, Antimo Italiano, Antonio Merola e Antonio Zarrillo, imponeva ai candidati di fare riferimento alla società di servizi “Clean Service”, a lui riconducibile in quanto intestata alla moglie, Maria Grazia Semonella. Tale imposizione avveniva sia con intimidazioni esplicite, come captato nel corso delle intercettazioni, sia attraverso minacce rivolte ai singoli soggetti sorpresi ad affiggere i manifesti a tarda notte, sia coprendo i manifesti affissi senza ricorrere alla loro società, facendo poi arrivare il messaggio che tale inconveniente non si sarebbe verificato se si fossero rivolti alla società Clean Service. Tale condotta, di fatto, ha limitato la libertà contrattuale dei candidati, i quali, pur di poter continuare a svolgere la campagna elettorale anche attraverso l’affissione di manifesti, erano costretti ad affidare l’incarico di stampa ed affissione ad una ditta non scelta liberamente. Tra i candidati costretti a rivolgersi a Agostino Capone si segnala la presenza di Luigi Bosco, Consigliere regionale in carica, il quale ha confermato che a Caserta vi erano state alcune anomalie, in quanto per avere visibilità era necessario rivolgersi ad un determinato gruppo di persone.
A conferma di ciò Bosco ha raccontato agli inquirenti che un suo collaboratore, durante l’affissione dei manifesti nel Comune di Caserta, era stato aggredito da alcune persone che gli avevano intimato di allontanarsi, in quanto a Caserta nessuno poteva affiggere senza il loro consenso. Dopo tale episodio, inoltre, Vincenzo Rea si era presentato presso il suo comitato elettorale con fare spavaldo, garantendo che affidando a loro l’affissione dei manifesti avrebbe avuto la giusta visibilità, viceversa avrebbe avuto dei problemi. Come emerge dalle conversazioni captate tra gli indagati, i proventi di tale attività ammontavano a circa 17.000 euro, dei quali una parte erano destinati a rimpinguare le casse della fazione del clan riferibile a Giovanni Capone, con particolare riferimento al mantenimento degli affiliati all’epoca detenuti in carcere.
Pasquale Corvino e Pasquale Carbone (il primo ex vice sindaco di Caserta, il secondo ex sindaco di San Marcellino, nda), entrambi candidati con il “Nuovo Centro Destra – Campania libera” durante le elezioni regionali del 2015, sono destinatari della misura cautelare degli arresti domiciliari poiché indagati per aver chiesto agli esponenti del clan Belforte di procurare loro i voti di soggetti legati all’associazione camorristica, in cambio dell’erogazione di somme di denaro e di altre utilità. In particolare Pasquale Corvino avrebbe chiesto l’appoggio elettorale nel territorio di Caserta, promettendo a Agostino Capone e Vincenzo Rea la somma di 3.000 euro ciascuno, buoni spesa e buoni carburante, oltre ad un “regalo“ per Giovanni Capone Anche il candidato Pasquale Carbone, attraverso un intermediario, si era rivolto a Antonio Merola, affiliato al clan Belforte, fazione di Capone, per ottenere i voti del clan e, come corrispettivo, aveva versato la somma di 7.000 euro, in cambio di cento voti nel Comune di Caserta. A termine elezioni, Carbone otteneva nel capoluogo meno voti di quelli promessi, 87 anziché 100, motivo per il quale chiedeva la parziale restituzione della somma versata per il procacciamento dei voti. Di particolare interesse risultano le conversazioni intercettate tra gli indagati, nelle quali Agostino Capone minacciava delle persone al fine di assicurarsi i voti “se non escono i voti devi vedere! Ti togliamo la macchina da sotto!”, a dimostrazione della forza intimidatrice utilizzata per ottenere i voti per Pasquale Corvino Ulteriormente rilevanti, sono le esternazioni sulle modalità con le quali sarebbe stato controllato il rispetto dei patti, cioè che i voti promessi a Covino sarebbero effettivamente stati dati dagli elettori che avevano ricevuto i buoi spesa o carburante: “li vado a prendere… li porto a votare fino a dentro! Con il telefono in mano faccio la foto, devo vedere sul telefono se no non hanno niente!”. A conferma della spregiudicatezza degli indagati, è stato accertato come Agostino Capone in persona, si fosse occupato di accompagnare con la sua autovettura alcune persone anziane al seggio, facendole entrare nella cabina elettorale insieme alla moglie, per controllare se avessero votato bene. Lo stesso Capone, in una conversazione ambientale, raccontava alla moglie di aver controllato le schede prima di farle imbucare e di aver corretto con la matita il nome del candidato in Corvino, arrivando persino ad intimidire il presidente del seggio “non mi ha detto proprio niente perché io lo stavo menando a quello là dentro!”
Nel corso delle indagini sul conto di Agostino Capone, è emerso come lo stesso fosse anche coinvolto nell’attività di spaccio di sostanze stupefacenti su Caserta ed ambisse a divenire l’unico fornitore per gli spacciatori al dettaglio di Caserta. Dalle intercettazioni emergeva infatti che Capone aveva ottenuto a credito, grazie all’intermediazione di Mario De Luca, una significativa partita di stupefacente del tipo cocaina da malavitosi dell’agro aversano, finalizzata all’approvvigionamento di altri spacciatori al dettaglio del capoluogo, identificati in Rosario Palmieri, Roberto Novelli, Modestino Santoro, Salvatore Vecchiariello e Giovanni Gualtieri. Agostino Capone inoltre, avvalendosi dell’intermediazione di Alberto Russo personaggio in collegamento con la criminalità organizzata del Parco Verde di Caivano, aveva acquistato, insieme a quest’ultimo, grosse partite di hashish da cedere al dettaglio attraverso piccoli spacciatori, identificati in Clemente Vergone, Silvana D’Addio, Ferruccio Coppola e Giovanni Gualtieri. L’obbiettivo di Agostino Capone era chiaramente quello di ottenere il controllo delle piazze di spaccio di Caserta, sfruttando la sua stabile appartenenza al clan camorristico dei Belforte e la sua ascesa criminale come referente del clan su Caserta. Tale ambizione di accreditarsi come referente dello spaccio nel capoluogo, naufragava a causa delle difficoltà incontrate da Capone nell’onorare il debito contratto con i suoi fornitori, i quali, spazientiti dai continui ritardi, arrivarono persino a prelevarlo da casa sua e a trattenerlo in una località sconosciuta fino al pagamento di parte del debito.

Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Napoli, uccisero e travolsero con un’auto un 21enne di Secondigliano: pene dimezzate in Appello

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Napoli. Pene quasi dimezzate dai giudici della quarta sezione della Corte di Assise di Appello nei confronti dei tre baby killer di Secondigliano che la notte tra il 9 e 10 aprile 2016 uccisero il 21enne Fabio Giannone, travolgendolo con un’auto e poi organizzarono un finto incidente stradale. In primo grado erano stati tutti condannati a 30 anni di carcere ma la Corte di Assise di Appello ha quasi ribaltato le condanne riducendole sensibilmente. Vincenzo De Luca è stato condannato a 19 anni e otto mesi; Pasquale Paolo condannato a 17 anni e infine a Simone Scaglione la pena minore, ovvero 14 anni di reclusione. Una storia di violenza e di vendette familiari incredibili all’interno di un contesto criminale e camorristico anche se lo sfortunato Fabio Giannone era estraneo a quel contesto. Una storia incredibile.

I primi due avevano investito con un’ auto rapinata Giannone, che viaggiava in sella uno scooter, per vendicarsi di un pestaggio subito ad opera di Giannone e del fratello il 4 gennaio 2016, nel quale De Luca aveva riportato numerose fratture. Il pestaggio era stato causato dal danneggiamento delle vetrine di un negozio di abbigliamento di proprietà di uno zio dei fratelli Giannone, avvenuto nella notte del Capodanno 2015 da parte di De Luca. Il cadavere di Giannone fu trovato sotto una “Citroen C3”, abbandonata al centro della carreggiata con le porte aperte. Accanto vi era uno scooter “Honda SH” di proprietà di Giannone. Grazie alle immagini di alcune telecamere di videosorveglianza gli agenti della Squadra Mobile di Napoli e del Commissariato Secondigliano accertarono che Giannone fu investito volontariamente da De Luca. Il giovane, noto come ‘o dannato, che era evaso dagli arresti domiciliari, si era poi costituito la stessa notte dell’omicidio al Commissariato di Polizia di Giugliano. Pasquale Paolo, anch’egli ai domiciliari ma per droga, è il figlio di Raffaele detto “o’ Rochets”, detenuto e considerato in passato uno dei capipiazza dei Di Lauro, vicino in particolare al boss Paolo detto “Ciruzzo o’ milionario” per la zona di Secondigliano. Giannone infine, era il figlio di Ciro, ammazzato il 1 febbraio 2002 in un agguato di camorra: secondo gli investigatori proprio il clan lo decise perché avrebbe dato fastidio in qualche maniera, ma l’indagine si è conclusa senza l’individuazione dei responsabili, almeno finora. Un altro congiunto della vittima del finto incidente stradale è Claudio, suo zio, finito in manette per armi anni fa. Vincenzo De Luca sarebbe stato l’ideatore dell’omicidio per vendicarsi del pestaggio avvenuto il 4 gennaio del 2016, tre giorni dopo che la vetrina del negozio di abbigliamento dello zio di Giasone era andata in frantumi nel corso dei festeggiamenti per il nuovo anno. Il 21enne gli addebitava la responsabilità dell’accaduto e così era scattata la spedizione punitiva. “O’ dannato”, che non è ritenuto legato alla criminalità organizzata così come l’amico Pasquale Paolo, ha un tatuaggio che riporta il soprannome, che evidentemente gli piace molto e rispecchia il suo carattere: uno che non si arrende mai.

L’8 giugno del 2017 arriva la svolta nelle indagini. Il pm ascoltando le intercettazioni tra i familiari di Vincenzo De Luca al carcere di Poggioreale dov’era detenuto decidono di eseguire un decreto di perquisizione. All’interno della cella sequestrano al ragazzo il giubbotto di colore blu scuro con il quale era entrato in galera il giorno che si è consegnato e le lettere che aveva ricevuto dai familiari. Nel coro del sequestro il ragazzo crolla e decide di rendere dichiarazioni spontanee. Dice di aver voluto dare una lezione a Giannone per motivi personali. La sera dell’omicidio aveva percorso più volte le vie del quartiere alla ricerca di Fabio. Di averlo visto affacciato al balcone e di essere stato istigato dallo stesso. Motivo per il quale lo aveva speronato con l’intento di procurargli lesioni. Però lo aveva travolto e non riuscendo a fermare il veicolo lo aveva ucciso, ma non voleva. Tre giorni dopo un nuovo interrogatorio, questa volta davanti al pm, ma con delle correzioni. Secondo l’accusa perché indottrinato dal padre.

De Luca Vincenzo: «Eh, mi sono accusato del reato. Ed si. Si. Cosa. Hanno detto, noi sappiamo che sei stato minacciato».

De Luca Raffaele: «Eh, ti sei fatto. Ti sei messo a piangere? Cose».

Vincenzo: «Come».

Raffaele: «Che non lo volevi fare apposta?».

Vincenzo: «Come. Che io non lo volevo fare apposta. Ha detto: noi lo sappiamo che è una famiglia di infami, che ti hanno fatto male, hai fatto un sacco di ricoveri. E poi è così, è così, è così, è così. Chi ci stava con te? Io stavo solo io, stavo solo io nella macchina, l’ho visto arrivare al lato sinistro e l’ho…».

Raffaele: «…incomprensibile…».

Vincenzo: «No, di lato! Ho detto, io l’ho solo tamponato. L’ho solo tamponato però non sono riuscito a prendere il controllo della macchina e l’ho fatto, non lo so se, gli sono passato per dosso. Non so nulla. Hanno detto, noi questo lo sappiamo che è stato un omicidio volontario e poi mi ha dato le carte, 575 e 577».

Raffaele: «Che?».

Vincenzo: «Omicidio aggravato».

Raffaele: «Aggravato?».

Vincenzo: «Poi cala la pena, hai capito?».

Raffaele: «Si sapeva».

Vincenzo: «Ah!».

Raffaele: «Si sapeva».

Vincenzo: «Erano tre di loro vennero, c’era l’ispettore quello con gli occhiali».

Raffaele: «Quello con il mellone? Quello quella quarta sezione di Secondigliano».

Vincenzo: «Eh. Ispettò io tengo 21 anni. Senza che perdiamo tempo, ho detto io. Sono stato io. E lui mi fa: “De Lù la mia parola contro la tua”. Io ti aiuto però l’indagine non la chiudo».

Raffaele: «Hai detto che la strada era a senso unico?».

Vincenzo: «No».

Raffaele: «Non stava a senso unico sto ragazzo?».

Vincenzo: «No».

Raffaele: «Non stava a senso unico?».

Vincenzo: «No».

Raffaele: «Da dietro?».

Vincenzo: «Di lato».

Raffaele: «Le telecamere non pigliavano bene, le telecamere non si pigliavano bene».

Vincenzo: «Però mi ha riconosciuto la coscia».

(da sinistra nella foto  Vincenzo De Luca, Pasquale Paolo e la vittima Fabio Giannone)

Cronache della Campania@2018

Scarcerata la sorella del boss Zagaria, va ai domiciliari in provincia di Frosinone

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E’ agli arresti domiciliari in un piccolo centro in provincia di Frosinone Elvira Zagaria, sorella del boss del clan dei Casalesi Michele Zagaria. La donna, che deve scontare una condanna a sette anni di reclusione, per gli inquirenti dell’antimafia, si sarebbe occupata della gestione economica del clan dopo l’arresto del fratello e di gran parte dei membri della famiglia.Arrestata quattro anni fa, è stata reclusa nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, dopo la condannata a sette anni di reclusione con l’accusa di associazione camorristica per essersi occupata della gestione economica del clan dei Casalesi. Una settimana fa è stata accolta  la richiesta del beneficio degli arresti domiciliari presentata dal suo avvocato Sergio Cola. Rimane reclusa l’altra sorella di Zagaria arrestato il 7 dicembre del 2011 dopo diversi anni di latitanza, Beatrice, come pure gli altri fratelli Antonio e Pasquale. Questi ultimi, secondo recenti attività investigative della Dia di Napoli, che si sono avvalse di intercettazioni dei colloqui dei detenuti indagati, hanno consentito di ricostruire i nuovi affari imprenditoriali ed economici che questa famiglia continuava a gestire nonostante fossero in regime di detenzione speciale.

Cronache della Campania@2018

Intascava i soldi delle scommesse dei clienti: 35enne di Pagani a processo

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Avrebbe prelevato soldi destinati alla società di scommesse con la quale aveva stipulato un contratto di lavoro. Per questo il titolare di un’agenzia di scommesse di Pagani dovrà difendersi, in un processo, dall’accusa di appropriazione indebita. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, a seguito di una denuncia, il 35enne paganese, dopo aver avviato la collaborazione con una società attiva nel settore del gioco on-line (partite di calco, match sportivi e eventi di vario genere) per l’attivazione delle offerte destinate ai clienti, invece di inoltrare, come prevede la legge, la quota settimanale spettante alla società in questione, incassava direttamente lui il denaro versato dai giocatori che si recavano nel suo centro scommesse. La cifra complessiva ammonta a più di 16 mila euro.
Non solo. Ma l’imputato si sarebbe impossessato delle apparecchiature concesse in comodato. Si tratta, in particolare, di attrezzature audiovisive ed informatiche, appartenenti alla stessa società, con l’aggravante di aver commesso il fatto con “abuso di prestazione d’opera”. I fatti contestati risalgono al 2015. Ora il 35enne sarà processato dinanzi al giudice monocratico di Nocera Inferiore.

Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Bancarotta e frode fiscale coi supermercati ‘365’: sei indagati

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Nella mattinata odierna, il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli, sotto il coordinamento della locale Procura della Repubblica, sta dando esecuzione a un’ordinanza applicativa di sequestro preventivo, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Napoli, nei confronti della struttura aziendale dei supermercati a marchio “365” con contemporanea perquisizione delle sedi legali delle società e delle abitazioni dei 6 soggetti indagati (amministratori di fatto e di diritto), ritenuti responsabili dei reati di bancarotta fraudolenta e frode fiscale

Cronache della Campania@2018

Crisi dei rifiuti in Campania, il pentito Nicola Schiavone: Cosentino diede il ‘la’ agli affari

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Le dichiarazioni rese dal pentito Nicola Schiavone continuano a pesare come macigni sulle teste dei personaggi che man mano ne risultano coinvolti. Dagli stralci del verbale del 14 novembre il pentito parla di una “intuizione brillante” da parte di un politico e di un uomo di governo all’apice della sua carriera nazionale: un’intuizione che di lì a poco sarebbe comunque riuscita a far sbloccare i faraonici affari della crisi dei rifiuti a Napoli e in Campania, quando la crisi divenne di risonanza nazionale, dando così il via libera alla cavalcata elettorale di Silvio Berlusconi. L’ex primula rossa del clan dei Casalesi punta l’indice contro l’ex sottosegretario al governo Berlusconi, Nicola Cosentino, nel corso di un verbale finito in questi giorni agli atti del processo d’appello – sempre e comunque a carico di Cosentino: processo “il Principe e la ballerina”, sui finanziamenti a un centro commerciale mai realmente nato.

Cronache della Campania@2018


Estorsione al titolare di un campo di calcetto per conto dei Casalesi: 7 ordinanze cautelari

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Nella mattinata odierna, a Capua e presso la casa circondariale di Civitavecchia , i Carabinieri della Stazione di Santa Maria Capua Vetere hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal GIP del Tribunale di Napoli, su conforme richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea, nei confronti di sette persone (due in carcere, due agli arresti domiciliari, tre all’obbligo di dimora nel comune di residenza con contestuale obbligo di presentazione alla p.g.), gravemente indiziate a vario titolo dei reati di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso in concorso ed associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri
Il provvedimento cautelare costituisce l’esito di un’articolata attività investigativa coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia e condotta dal predetto Reparto dell’Arma dall’ottobre del 2018 al marzo del 2019.
In particolare le indagini, svolte attraverso l’acquisizione delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, l’analisi dei contenuti degli interrogatori resi da collaboratori di giustizia nonché mediante intercettazioni telefoniche, corroborate da attività di osservazione, perquisizione e sequestro, hanno consentito di:

  • accertare la realizzazione, da parte di due degli indagati, di un tentativo di estorsione, commesso con minaccia derivante dal riferimento all’organizzazione camorristica “clan dei casalesi, nei confronti del gestore di alcuni campi da calcetto, con annesso angolo bar, a cui era stato richiesto di rifornirsi di bevande, in via esclusiva, presso la società riconducibile a due dei correi;
  • riscontrare come i destinatari del provvedimento cautelare, ciascuno con specifici compiti, avessero costituito un’associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri, operante in Napoli e Capua;
  • trarre in arresto, lo scorso 04 marzo, uno degli indagati per il reato di contrabbando di tabacchi lavorati esteri (art. 291 bis D.P.R. n. 43/1973), in quanto trovato in possesso di 140 stecche di sigarette, per un peso complessivo di 35 kg.;
  • appurare che tra il 12 febbraio ed il 5 marzo u.s., è stato realizzato il contrabbando di circa 95,600 kg. di sigarette, per un totale di 478 stecche.
    I contenuti delle intercettazioni captate, che hanno consentito di riscontrare l’attendibilità della persona offesa a seguito dell’attività estorsiva posta in essere da taluni degli indagati, ha altresì evidenziato le modalità con cui i destinatari dell’odierno provvedimento cautelare svolgevano l’attività di vendita di bibite all’ingrosso e quella inerente al contrabbando di tabacchi lavorati esteri.
    È stato infatti accertato che la richiesta di acquisto di TLE da parte del promotore e degli organizzatori dell’associazione avveniva tramite contatto sull’utenza telefonica in uso al fornitore il quale, previa intesa sul prezzo – che variava a seconda della marca dai 21 ai 28 euro a stecca -, approvvigionava il gruppo del quantitativo, di volta in volta, richiesto. Le sigarette, prive del marchio del monopolio di Stato, venivano poi vendute al dettaglio presso una vera e propria base logistica sita in Capua, luogo di residenza dei sodali.

Queste le persone destinatarie del provvedimento cautelare:

Indagati destinatari della misura cautelare della custodia in carcere

  1. DELLA VALLE Antonio, cl’ 70
  2. DELLA VALLE Giuseppe, cl’ 99

Indagati destinatari della misura degli arresti domiciliari

  1. ARGENTINO Ciro, cl’ 71
  2. QUINTAVALLE Domenico, cl’64

Indagati destinatari della misura dell’obbligo di dimora nel comune di residenza con contestuale obbligo di presentazione quotidiana alla p.g.

  1. D. V. C., cl’ 66
  2. D. V. V., cl’99
  3. A. A., cl’88

Cronache della Campania@2018

Scafati, cambi di destinazioni d’uso: 10 indagati

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Scafati. Irruzione nell’ufficio comunale: sono dieci le persone indagate nell’inchiesta portata avanti dalla magistratura nocerina. Si tratta di dirigenti, attuali ed ex, del Comune di Scafati, e l’episodio di giovedì è stato collegato al fascicolo aperto qualche settimana fa dal procuratore capo Antonio Centore e su cui stanno operando gli agenti della polizia municipale di Scafati e agli ordini del comandante Giovanni Forgione. Sono 20 i fascicoli al vaglio della Procura che riguardano bar, appartamenti, cambi di destinazione d’uso e costruzioni di dehors. Il furto di giovedì è avvenuto dopo che, 48 ore prima, gli atti dell’inchiesta erano stati trasferiti in altri uffici comunali. L’attività di indagine è nata da una costola del processo Sarastra, che ha portato a stralciare le questione legate a tematiche di urbanistica, condoni, polizia locale, edilizia e viabilità messe in atto nel periodo per cui l’Ente di Palazzo Mayer è stato sciolto per infiltrazioni camorristiche.

Cronache della Campania@2018

Venti anni di carcere per il killer delle prostitute

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Carmine Ferrante, il killer delle prostitute, è stato condannato a 20 anni di carcere. La Corte di Cassazione lo ha giudicato per l’omicidio di Nikolova Temenuzhka, la prostituta bulgara di 37 anni uccisa ad agosto 2016, nella periferia di Pagani.
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso degli avvocati di Ferrante, i legali Agostino De Caro e Bernardina Russo. Ora la condanna è definitiva. Ferrante è indagato per un secondo omicidio, quello di Mariana Szekeres, la 19enne romena che fu uccisa nella notte tra il 30 aprile e il 1 maggio del 2016 a Salerno, poi ritrovata in via Dei Carrari.

Cronache della Campania@2018

Bidello arrestato per violenza sessuale a Castellammare, Borrelli, Schiano e Zabatta chiedono la sospensione

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“Riteniamo particolarmente gravi le evidenze che stanno emergendo in relazione alla vicenda del bidello arrestato con l’accusa di aver stuprato due studentesse 15enni in una scuola di Castellammare di Stabia. L’accusato era già stato trasferito da un’altra scuola, anni fa perche’ sorpreso a spiare le studentesse in bagno dalla serratura. Troviamo particolarmente grave che all’epoca non sia intervenuto alcun provvedimento sul piano disciplinare e l’arrestato se la sia cavata con un semplice trasferimento”. Cosi’ il consigliere regionale della Campania dei Verdi Francesco Emilio Borrelli, la delegata per le Pari Opportunità presso la Regione Campania Marilena Schiano Lo Moriello e la responsabile delle Donne Verdi della Campania Fiorella Zabatta. “Stavolta, tenendo conto dell’estrema gravità delle accuse, non può non sopravvenire la sospensione di questo individuo – hanno proseguito -, a prescindere dalla vicenda processuale che lo vedrà protagonista. Poi, qualora la magistratura dovesse ritenerlo colpevole dei reati per cui è accusato, non sarà accettabile un altro provvedimento che non sia il licenziamento. Ovviamente, qualora condannato, dovrà andare in galera e scontare fino all’ultimo giorno della pena”. “Tale vicenda è aggravata dal fatto che la violenza sessuale si sarebbe consumata all’interno di una scuola, un luogo che dovrebbe garantire la massima sicurezza agli studenti – hanno concluso Borrelli, Schiano Lo Moriello e Zabatta -. Vigileremo con la massima attenzione su questa vicenda e valuteremo la possibilità di costituirci parte civile nell’eventuale procedimento che verrà instaurato a carico dell’accusato”.

Cronache della Campania@2018

Laboccetta assolto anche in Appello: ‘Per me una bella giornata’

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“Sono stato assolto, anche in Appello, dall’accusa di favoreggiamento nei confronti di Francesco Corallo. E’ un bel giorno per me”. A dirlo e’ l’ex deputato di Forza Italia e presidente dell’associazione , Amedeo Laboccetta, annunciando la riconferma della sentenza di non colpevolezza gia’ emessa dal Tribunale di Roma negli anni scorsi. “La III Sezione della Corte di Appello della Capitale – ha aggiunto Laboccetta – ha riconosciuto la mia totale estraneità ai fatti rispetto alla ormai famosa vicenda del sequestro del pc portatile durante una perquisizione nell’abitazione di Francesco Corallo”. “Ho pagato tanto, in termini di serenità personale e familiare e di libertà politica, questa vicissitudine, ma non ho mai dubitato, anche grazie all’avvocato Andrea de Sanctis che mi ha assistito con professionalità e amicizia, nel trionfo della giustizia. Spero dal più profondo del cuore che i giornali che, all’epoca, spararono la notizia in prima pagina riescano a trovare il giusto spazio per restituire l’onore a chi e’ stato ingiustamente crocifisso per anni per un reato che non aveva mai commesso”.

Cronache della Campania@2018

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