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Channel: Cronaca Giudiziaria
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Napoli, morto per soffocamento all’ospedale San Paolo mentre i medici litigavano: 7 indagati

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 Napoli. Sette tra medici e infermieri sono stati iscritti sul registro degli indagati per la morte di Maurizio De Gregorio, il 55enne originario di Pianura deceduto lo scorso 18 maggio all’ospedale San Paolo per soffocamento da un boccone di pizza. I sette sono accusati di omicidio colposo e omissione di soccorso. Ora si resta in attesa dei risultati dell’autopsia che dovrà chiarire le cause dell’assurda morte dell’uomo e stabilire eventuali colpe mediche. Secondo la denuncia dei familiari di De Gregorio infatti sarebbero trascorsi ben dieci minuti dal suo arrivo in ospedale alla comparsa dei medici per praticargli le manovre salvavita. L’uomo morì per asfissia probabilmente dovuta all’occlusione della trachea di un pezzo di mozzarella. Nella mani degli investigatori c’è un video, consegnato da uno dei familiari, dai quali si evince una animata discussione tra medici su chi doveva praticare la manovra salva vita e in che modo, e nel frattempo il paziente era morto per asfissia.

Cronache della Campania@2018


Droga al parco Verde con la complicità del carabiniere ‘Marcolino’ : chiesti 2 secoli di carcere per il boss Fucito e altri 18

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Mano pesante della Dda nelle richieste di condanna per il clan del parco Verde di Caivano che gestiva le piazze di spaccio e importava fiumi di cocaina dall’Olanda. Quasi due secoli di carcere il pm Maria Di mauro ha chiesto nei confronti dei 19 imputati (dei 62 arresti nel blitz dell’aprile del 2018) che hanno scelto il rito abbreviato. La condanna più alta è chiesta per il boss Pasquale Fucito, vero ‘padrone’ del parco Verde che aveva la capacità anche di corrompere alcuni carabinieri tra cui Lazzaro Cioffi detto ‘Marcolino’ indagato anche nell’inchiesta sull’omicidio del sindaco ‘pescatore’ di Pollica nel Cilento, Angelo Vassallo. Per Fucito, a cui fu sequestrata, tra le altre cose una abitazione con arredamento molto kitch, la richiesta di condanna è di 20 anni di carcere. A seguire 15 anni per i suoi fedelissimi Ciro Astuto e Pasquale Cotroneo entrambi di Caivano e poi Fulvio Russo della zona di Poggioreale. Per Anna Benderi, di Caivano ma domiciliata a Cesa sono stati chiesti 14 anni, per Stefano Tjeere Bianco e Michele Culierso, di Secondigliano 12 anni e 8 mesi, per Raffaele Bianco, di Stella Cilento (in provincia di Salerno), Luigi Damasco, di Giugliano e Francesco Vasaturo, di Villaricca chiesti 8 anni Invece per Emilia D’Albenzio, moglie del carabiniere Lazzaro Cioffi 6 anni, per Giovanni Esposito, di Scampia 5 anni e 6 mesi, per Rosa Palumbo, di Caivano 3 anni. E Infine due anni e sei mesi di carcere per Raffaele Garofalo, di Caivano, Vincenzo Gimmelli, del rione Monterosa a Secondigliano, Giuseppe Granato, di Scampia, Domenico laccarino, di Caivano, Francesco Salvati e Vittorio Serulo di Mondragone. Il gup del tribunale di Napoli, Linda Cornelia, dovrebbe emettere la sentenza a fine luglio. Hanno scelto invece di essere processati con rito ordinario, invece, i quattro carabinieri coinvolti: Lazzaro Cioffi, di Maddaloni, Salvatore Argentato, di Volla, Luca Manca, di Portici e Raffaele Munno, di Macerata Campania.

Cronache della Campania@2018

Torre del Greco, deve scontare 12 anni per violenza sessuale: arrestato 67enne

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Torre del Greco: deve scontare 12 anni per violenza sessuale: i carabinieri arrestano 67enne.
I militari della stazione di Torre del Greco hanno arrestatio, in esecuzione di un ordine di carcerazione emesso dalla procura di Torre Annunziata, un pensionato 67enne del luogo già noto alle forze dell’ordine che dovrà scontare 12 anni per violenza sessuale su minori commessa a Torre del Greco tra il 2000 e il 2003.

Cronache della Campania@2018

Villaggio “Svedese” sequestrato, indagati i 39 proprietari delle villette

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La Procura ha escluso la buona fede nell’acquisto degli immobili sottoposti a sequestro
Trentanove persone della provincia di Caserta hanno ricevuto l’avviso di chiusura indagine con l’accusa di lottizzazione abusiva dopo l’acquisto di alcuni immobili all’interno della nota struttura balneare dell’ex Villaggio Svedese a Baia Domizia.
Sotto accusa in questa inchiesta, sono finiti anche un notaio e un noto imprenditore del posto. Secondo l’inchiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere, pubblico ministero Giacomo Urbano, l’imprenditore avrebbe venduto illegalmente singolarmente le villette, acquistate in blocco da una società di Stoccolma. La Procura ha escluso quasi per tutti gli indagati la buona fede nell’acquisto degli immobili sottoposti a sequestro preventivo.

Cronache della Campania@2018

Si difese dal bandito durante una rapina, lui gli sparò con un fucile: chiesto il processo

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Processo con l’accusa di rapina aggravata e tentato omicidio, per l’irruzione armata effettuata all’interno di un bar, un 61enne noto alle forze dell’ordine, residente nel napoletano. L’uomo, originario di Ottaviano, detenuto per altro, dopo la conclusione delle indagini preliminari, attende ora l’udienza preliminare fissata davanti al gup del tribunale di Nocera Inferiore. I fatti risalgono al sei febbraio 2017, secondo le accuse, quando l’imputato si presentò armato, imbracciando un fucile all’interno del bar “La rotonda”, a San Marzano sul Sarno. Una volta entrato, puntò convinto l’arma contro i dipendenti dell’esercizio, per farsi consegnare l’incasso in contanti.

Cronache della Campania@2018

La ragazzina vittime del prete falso esorcista: sarà in aula faccia col suo orco

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La quindicenne vittima degli abusi di don Michele Barone sarà sentita nel processo a carico dell’ex prete del Tempio di Casapesenna. E’ quanto ha deciso il giudice Francica del tribunale di Santa Maria Capua Vetere che ha sciolto le riserve e disposto l’escussione della ragazzina, con la modalità protetta, in aula.
Una decisione che era già nell’aria, quella adottata dai giudici del tribunale sammaritano davanti ai quali si sta celebrando il processo, che nel corso dell’udienza di oggi ha assunto il crisma dell’ufficialità con la nomina di una psicologa che coadiuverà giudici ed avvocati nell’escussione della giovanissima testimone. Ora la 15enne – che ha subito vere e proprie violenze nel corso di presunti riti esorcistici da parte dell’ex sacerdote, al punto da procurarsi lesioni permanenti ad un orecchio – dovrà confermare le accuse.
Intanto nel corso della giornata di oggi è continuato il “pellegrinaggio” nell’aula di giustizia della schiera di fedeli di don Michele Barone, chiamati a testimoniare dai difensori dell’ex prete (oggi presente solo l’avvocato Camillo Irace). Si tratta delle stesse persone che affollano i corridoi del primo piano del tribunale quando si celebrano le udienze, insomma della claque del sacerdote.
Oggi sul banco dei testimoni sono sfilati 2 uomini, tra cui un pizzaiolo che ha esercitato anche a Medjugorje, e due donne. Tutti hanno parlato della santità di don Michele Barone e del rigore morale dei suoi costumi. Inoltre i testimoni della difesa hanno negato, o meglio sminuito, le violenze e le palpatine del sacerdote, accusato anche di violenza sessuale nei confronti di altre due ragazze.
I fedeli, inoltre, hanno escluso la possibilità approcci sessuali durante le confessioni che avvenivano in una stanza accessibile a tutti, con gente che entrava ed usciva nel corso del colloquio con il prete (altro che segreto del confessionale).
Il processo si aggiorna a metà giugno quando sono in programma due udienze. Nel collegio difensivo sono impegnati anche gli avvocati Maurizio Zuccaro, Carlo De Stavola (che difende il dirigente della polizia di Maddaloni Luigi Schettino), Giuseppe Stellato ed Umberto Pappadia (che difendono i genitori della ragazzina). Le presunte vittime di violenza sessuale, invece, si sono costituite parte civile al processo assistite dagli avvocati Rossella Calabritto e Luigi Mordacchini.

Cronache della Campania@2018

Mozzarella con latte di vaccino spacciata per Dop, chieste 12 condanne per i proprietari del caseificio e i complici

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Mozzarella con latte di vaccino spacciata per Dop: dodici richieste di condanna nei confronti di altrettanti imputati, nel mirino per l’inchiesta dei carabinieri sul caseificio Cantile di Sparanise. Si è svolta ieri la requisitoria del pm Pannone della procura di Santa Maria Capua Vetere, che ha chiesto pene severe nei confronti degli imputati, accusati a vario titolo di adulterazione della mozzarella, sversamento di rifiuti nei Regi Lagni e associazione a delinquere.
A capo del gruppo, riporta ‘Cronache di Caserta’, vi sarebbe stato Guido Cantile: per l’imprenditore di San Cipriano d’Aversa il pm ha chiesto 8 anni di reclusione. Sei anni a testa invece per i figli Pasquale e Luigiantonio Cantile, 5 anni e mezzo la condanna richiesta per Luigi Bacco e Giuseppe Genovese. Per il loro apporto all’organizzazione criminale il pm ha invocati 4 anni e mezzo a testa nei confronti di Paola Mormile, Assunta Di Caprio, Eleana Micillo, Antonio Di Feo, Amedeo Fasulo, Agostino Verde e Luigi Cammisa.

Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Camorra, il blitz al rione Traiano: la ‘santa alleanza’ contro i Tommaselli e l’agguato a Minichini per vendicare Sorianiello

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Napoli. I ‘capipiazza’ del rione Traiano erano obbligati a pagare una tangente ai vertici delle organizzazioni criminali per poter
spacciare sul loro territorio. E” quanto emerso nel corso delle indagini che ieri ha portato al blitz contro il clan Cutolo e i reduci dei Petrone-Puccinelli con 21 arresti, firmati dal gip Fabrizio Finamore. L’inchiesta ha portato alla luce non solo l’ingente traffico di droga che i clan gestivano al rione Traiano sotto il controllo di Vincenzo Cutolo, 33enne figlio del boss Salvatore detto ‘Borotalco’ e detenuto in regime di 41 bis e del cognato Vincenzo Carra già indagato per un presunto caso di stupro nei confronti di una ragazzina di 15 anni figlia di un ex affiliato minacciato insieme coni i suoi familiari a colpi di pistola e costretto a scappare dal quartiere. Grazie al racconto dei pentiti è stato scoperto anche che fu lo stesso Carra insieme con il complice Bruno annunziata, a compiere l’agguato contro Francesco Minichini, avvenuto il 15 gennaio 2013. L’uomo, legato alla cosca nemica dei Tommaselli di Pianura, era alla guida della sua auto quando fu affiancato da una moto con in sella Carra e Annunziata. Partirono i colpi che ferirono solo alle gambe Minichini, sospettato di essere l’autore del fallito agguato contro il boss Alfredo Sorianiello o’ biondo. Ma dalle indagini è emerso anche come i Cutolo negli anni scorsi avevano favorito la “scissione” dei Lazzaro-Basile dalla cosca egemone dei Puccinelli-Petrone culminata con una serie di omicidi e tentati omicidi nell’estate 2016 prima del blitz con oltre 100 arresti nel gennaio del 2017 che smantellò l’intero sistema malavitoso del rione Traiano. Ma anche la partecipazione alla “grande coalizione” criminale voluta dal boss Alfredo Vigilia o’ nir insieme con i Puccinelli-Petrone, i Bernardo e i Sorianiello contro i Tommaselli. Un’inchiesta quindi che fa luce sugli ultimi anni di scontri e di alleanze ma anche di affari al rione Traiano a Soccavo e a Pianura. Nel blitz oltre a Cutolo junior, al cognato Carra e Annunziata sono finiti in carcere Vincenzo Gravina, Patrizio Allard, Antonio D’Angelo, Paolo Perrella, Ciro Pauciullo, Benito Iovine, Dario Vicedomine, Salvatore Basile, Gennaro Cozzolino, Salvatore Lazzaro, Emanuele Manauro e Gianluca Orfeo. Agli arresti domiciliari invece sono finiti Domenico Equabile, detto Mimmuccio” (padre di Arturo, il giovane che si credeva fosse sul motorino sfuggito a un posto di blocco e su cui viaggiava Davide Bifulco,il giovane ucciso da un militare durante l’inseguimento nel settembre del 2014), e ancora Francesco Esposito, Rosa Pisa, Gennaro Tranchese e Luigi Carillo. Per altri nove indagati il gip non ha accolto la richiesta di arresto avanzata dai pm.

Cronache della Campania@2018


Droga tra i giovani del Casertano, in 8 rischiano il processo

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La procura di Santa Maria Capua Vetere ha chiuso le indagini nei confronti degli 8 indagati per il giro di spaccio di droga fermato dall’indagine dei carabinieri della Compagnia di Piedimonte Matese, che due settimane fa portò all’esecuzione di 5 ordinanze nei confronti di Mauro Iasalvatore (carcere), Giuseppe Di Muccio e Giuseppe Junior Di Muccio (domiciliari), Umberto Passariello (obbligo di presentazione alla polizia) e Diego Cancelmo (obbligo di dimora).
Come emerso dalle indagini, lo spaccio avveniva previo contatto telefonico per concordare gli incontri e le cessioni si verificavano in maniera discreta e veloce in luoghi abitudinari quali la villa comunale, la stazione ferroviaria, il centro storico “La Sorgente”, nei pressi di alcuni esercizi pubblici della Piazza Carmine – cuore della cittadina matesina – e nella frazione di Sepicciano. Ora la stessa procura dovrà decidere se chiedere al giudice per le indagini preliminari il rinvio a giudizio degli indagati.

Cronache della Campania@2018

Omicidio del calciatore Perinelli: chiesti 30 anni di carcere per Galasso

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Trent’anni di carcere per omicidio volontario aggravato dai futili motivi: questa la richiesta della Procura di Napoli (pm Capuano) nei confronti di Alfredo Galasso, 31 anni, reo confesso dell’omicidio di Raffaele, detto Lello, Perinelli, il calciatore 21enne assassinato con una coltellata al petto, davanti a un circolo ricreativo di Miano, il 6 ottobre del 2018. Il processo con rito abbreviato dinanzi al gip Pietro Carola oggi si e’ spostato nell’aula bunker del Tribunale. Nella precedente udienza l’assassino ha chiesto perdono alla famiglia, in particolare alla mamma e alla sorella di Raffaele, Adelaide Porzio e Francesca, difese dall’avvocato Enrico Di Finizio, le quali hanno sempre sostenuto che l’uccisione di Lello, dopo una violenta lite scoppiata in una discoteca, una settimana prima dell’assassinio, fosse stata premeditata da Galasso, persona che i Perinelli conoscevano bene. Nel corso della requisitoria il pm ha piu’ volte sottolineato la scelta di Raffaele di intraprendere la strada della legalita’ malgrado fosse figlio di un camorrista e malgrado il contesto “a rischio” nel quale viveva. Dichiarazioni accolte con soddisfazione dalla madre e dalla sorella della giovane vittima, Adelaide Porzio. La sentenza e’ attesa per il prossimo 28 giugno, dopo le arringhe dell’avvocato della famiglia Perinelli Enrico Di Finizio e degli altri avvocati.

Cronache della Campania@2018

Peculato: fissata per il 5 giugno l’udienza per moglie e figlie di De Mita

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Si conoscera’ il 5 giugno prossimo la decisione del gup del tribunale di Avellino, Vincenzo Landolfi, per la richiesta dei pm di rinvio a giudizio nei confronti di Annamaria Scarinzi e delle figlie Floriana e Simona De Mita, che devono rispondere a vario titolo, insieme all’ex presidente della Aias di Avellino, Gerardo Bilotta, e ad altre 6 persone, di peculato, riciclaggio, malversazione ai danni dello Stato e truffa aggravata. Nell’udienza di questa mattina sono intervenuti i difensori di Bilotta e di due imprenditori fornitori dei centri di assistenza agli spastici gestiti dalla signora De Mita. L’udienza riprendera’ il 5 giugno proprio con la difesa della moglie dell’ex presidente del Consiglio. L’inchiesta, condotta dal procuratore aggiunto di Avellino, Vincenzo D’Onofrio, ha svelato una gestione personalistica dei centri di assistenza, chiusi lo scorso anno per un rosso nei conti di circa 6 milioni di euro. Nell’ambito delle indagini furono adottati anche dei provvedimenti cautelari, che videro la signora De Mita destinataria di una misura con l’obbligo di firma. All’ex presidente dell’Aias Bilotta furono sequestrati conti e beni immobili per oltre un milione di euro. Le due figlie di De Mita avrebbero invece ottenuto il pagamento di prestazioni professionali mai eseguite per circa 6mila euro complessivamente.

Cronache della Campania@2018

Poliziotto sotto processo per la pen-drive con i segreti del boss Zagaria

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Il gup del tribunale di Napoli ha rinviato a giudizio il poliziotto Oscar Vesevo, accusato di aver fatto sparire la pen drive del boss Michele Zagaria dal covo nel quale il capoclan dei “Casalesi” fu individuato il 7 dicembre 2011, in via Mascagni, a Casapesenna. Secondo la Dda di Napoli – che ha coordinato l’indagine, partita dopo l’arresto del boss – nella pen drive, un supporto incastonato in un ciondolo a forma di cuore della Swarovski, ci sarebbero stati i segreti del boss. Vesevo, difeso dall’ avvocato Giovanni Cantelli, è accusato di peculato e corruzione con l’aggravante mafiosa, e di accesso abusivo ai sistemi informatici. Nei mesi scorsi e’ stato assolto, sempre nell’ambito dell’inchiesta sulla pen drive, l’imprenditore Orlando Fontana, ritenuto colui che avrebbe acquistato per 50 mila euro la pennetta. Per i giudici non fu raggiunta la prova dell’acquisto. Il processo a carico di Vesevo – tuttora in servizio nella Polizia di Stato – inizierà il 14 ottobre prossimo davanti ai giudici della prima sezione del Tribunale di Napoli Nord, Collegio B.

Cronache della Campania@2018

Fidanzati uccisi per gelosia: fine pena mai per il professore

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Carcere a vita per il professore Stefano Perale condannato per l’omicidio di Biagio Buonomo Jr, di Sant’Arpino, e della sua fidanzata Anastasiia Shakurova. La Corte d’Assise d’Appello di Venezia ha respinto il ricorso dei legali del docente che avevano invocato l’assoluzione per infermità mentale.
I giudici di secondo grado del tribunale di Venezia hanno confermato – così come richiesto sia dal procuratore generale sia dalle parti civili, rappresentate dagli avvocati Raffaele Costanzo e Michele Maturi – la sentenza pronunciata con abbreviato nel primo grado di giudizio quando Perale venne condannato alla pena dell’ergastolo. Perale uccise Biagio, che ha frequentato il Diaz a Caserta, ed Anastasia dopo averli invitati a cena ed averli storditi rendendoli inermi. Il movente del delitto era da ricercarsi nella folle gelosia di Perale nei confronti di Anastasia, che era anche incinta quando venne brutalmente ammazzata dal docente.

Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Camorra, a processo il primario del Cardarelli per legami coi Casalesi

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Il Gup di Napoli ha rinviato a giudizio l’ex sindaco di Capua, Carmine Antropoli, chirurgo dell’ospedale Cardarelli di Napoli con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Andranno al dibattimento anche altri quattro imputati, tra cui l’imprenditore Francesco Zagaria, ritenuto vicino al clan dei Casalesi, e gli ex consiglieri comunali di Capua Guido Taglialatela e Marco Ricci. Un quinto imputato ha chiesto invece il rito abbreviato. Antropoli era stato arrestato ad inizio febbraio insieme all’ imprenditore Zagaria, con l’accusa di aver stretto un patto con il clan dei Casalesi. L’ex sindaco, per la Dda, si sarebbe accordato con la fazione guidata da Michele Zagaria, attraverso l’imprenditore Francesco Zagaria (omonimo del boss), per avere sostegno elettorale, dando in cambio appalti. Nell’ordinanza d’arresto eseguita nel febbraio scorso, il Gip di Napoli Fabio Provvisier fu molto duro con l’ex sindaco di Capua. Durante le indagini, si legge nell’ordinanza, è emerso che nello studio di Antropoli il 3 maggio 2016, due giorni prima della presentazione delle liste il candidato Giuseppe Di Lillo fu preso a schiaffi da Francesco Zagaria per costringerlo a ritirare la candidatura. “Antropoli – scrisse il Gip – ha rappresentato, prima come sindaco e poi come consigliere, il referente politico-istituzionale del clan dei casalesi sul territorio di Capua”. L’imprenditore Zagaria risponde anche di concorso nel duplice omicidio di Sebastiano Caterino e Umberto De Falco, commesso a Santa Maria Capua Vetere il 31 ottobre 2003. Per gli inquirenti, l’imprenditore avrebbe svolto un ruolo di supporto ai killer su ordine del boss Michele Zagaria. 

Cronache della Campania@2018

Napoli, omicidio di Lello Perinelli, la famiglia e l’avvocato in aula: ‘Fu premeditato’

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 Napoli. Per Adelaide Porzio e Francesca Perinelli, rispettivamente madre e sorella di Raffaele Perinelli – il giovane calciatore ucciso a Miano, il 6 ottobre 2018, da Alfredo Galasso, reo confesso – come anche per il loro avvocato, Enrico Di Finizio, il delitto di Lello fu premeditato. “Da almeno sette giorni – spiega l’avvocato Di Finizio – c’era la volontà di compiere l’assassinio. Era solo questione di trovare l’occasione giusta. E Galasso conosceva benissimo le abitudini di Lello”. La famiglia, comunque, malgrado non sia stata contestata la premeditazione, si è sostanzialmente ritenuta soddisfatta della richiesta avanzata dal sostituto procuratore Capuano. Nel corso della requisitoria il pm ha più volte detto che Lello “era un bravo ragazzo, era veramente un bravo ragazzo”. Capuano ha anche spiegato i motivi che avrebbero portato Galasso ad uccidere Lello: “Galasso nutriva rancore e gelosia nei confronti di Lello per via di una sua ex ragazza che in precedenza era stata la fidanzata del giovane calciatore. Una relazione, tra Galasso e questa ragazza, che pero’ era ormai finita. Galasso, secondo l’accusa, temeva che Lello e questa giovane fossero tornati insieme. “Dopo l’alterco cercato da Galasso davanti alla discoteca di Coroglio – sottolinea Di Finizio – durante il quale ebbe la peggio, il 31enne disse a tutti, in giro, che si sarebbe vendicato, sia per l’epilogo della sua vicenda sentimentale che per lo sfregio sul viso che riporto’ durante la colluttazione in discoteca”

Cronache della Campania@2018


Scambio di voto a Scafati, Loreto in aula conferma l’incontro tra Aliberti e Andrea Ridosso

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Scafati. Scambio di voto: Romolo Ridosso dà forfait al processo che si sta celebrando a Nocera Inferiore nei confronti dell’ex sindaco Angelo Pasqualino Aliberti, la moglie Monica Paolino e i suoi coimputati. Stamane, il collaboratore di giustizia non si è presentato a testimoniare adducendo motivi di salute. E’ stato convocato nuovamente per il 5 giugno prossimo e non è escluso che la difesa dia il consenso per l’acquisizione del verbale reso dinanzi al pm Vincenzo Montemurro, nelle prime fasi della sua collaborazione. Stamane, dunque, si è completato il controesame del pentito più importante del processo ‘Sarastra’, Alfonso Loreto. Fonzino Loreto, figlio di Pasquale, ha risposto alle domande di Roberto Acanfora, difensore di Andrea Ridosso, Ciro Giordano avvocato di Ciro Petrucci, ex vicepresidente dell’Acse e Gregorio Sorrento per Roberto Barchiesi, zio dell’ex moglie di Loreto e ex consigliere comunale che secondo l’accusa sarebbe state eletto per garantire gli interessi del clan Ridosso-Loreto nell’amministrazione comunale guidata da Aliberti. Il processo che si è celebrato all’indomani del voto amministrativo di Scafati in cui bisognerà decidere chi sarà il successore di Aliberti, il sindaco arrestato per voto di scambio con la camorra, ha visto la difesa puntualizzare alcuni aspetti delle dichiarazioni rese da Alfonso Loreto. L’avvocato Roberto Acanfora ha fatto al collaboratore alcune domande sulla personalità di Andrea Ridosso, fratello di Luigi, e figlio di Salvatore. In particolare, Alfonso Loreto, ha confermato che Andrea – contrariamente ai fratelli – non è stato mai organico al clan, né spartiva i proventi dell’organizzazione, e che il giovane aveva ambizioni politiche. Ambizioni che furono disilluse allorquando Aliberti decise di non candidarlo a causa delle sue parentele e del cognome che portava. Loreto ha confermato che prima delle elezioni amministrative del 2013 ci fu un incontro tra Aliberti e Andrea Ridosso con numerose altre persone ma ha ribadito di non conoscere il nome dei presenti, in quanto le notizie apprese gli venivano fornite da Luigi Ridosso, fratello di Andrea. Nel corso del processo, sempre su domanda dell’avvocato Roberto Acanfora, Loreto ha identificato l’uomo indicato come ‘carluccio ‘o napulitan’ ‘quello del Macel bar’ in Carlo Lamboglia, parente dei Ridosso e autore di un pestaggio nei confronti di Roberto Barchiesi, avvenuto nel corso del suo mandato di consigliere comunale. Il pestaggio, secondo l’accusa, sarebbe stato ordinato perché Barchiesi non favoriva gli interessi della cosca. La difesa tende a dimostrare che l’aggressione derivò da altri motivi, indipendenti dal ruolo che in quel momento rivestiva Barchiesi all’interno dell’amministrazione comunale. Loreto poi risposto alle domande della difesa di Ciro Petrucci, ex vicepresidente dell’Acse, e ritenuto l’uomo del clan nella partecipata comunale. Anche in questo caso, Loreto ha spiegato che Petrucci non era organico al clan era amico però di Luigi e Andrea Ridosso. Alfonso non ha potuto chiarire gli aspetti riguardanti le richieste di appalto fatte dai Ridosso nella partecipata comunale in quanto nel periodo in cui Petrucci fu nominato era in carcere. L’avvocato Gregorio Sorrento per Roberto Barchiesi ha evidenziato alcune circostanze relative all’elezione del suo assistito, sottolineando che Roberto Barchiesi proprio nelle roccaforti elettorali dei Ridosso e dei Loreto ebbe pochissimi voti. La difesa, nel controesame, ha insistito molto sulle motivazioni che hanno spinto Alfonso Loreto a diventare un collaboratore di giustizia.
Si torna in aula il 5 giugno quando il pubblico ministero dovrebbe sentire l’altro testimone di giustizia, Romolo Ridosso, zio di Luigi e Andrea Ridosso. 

Cronache della Campania@2018

Fiumi di droga tra Scafati e vesuviano, chiesti oltre 50 anni di carcere

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Fiumi di droga sulle piazze di Scafati, la Dda ha chiesto pene pesanti per i quattro imputati sotto processo per un’inchiesta dell’Antimafia tra il comune dell’Agro e paesi del vesuviano. Sono 56 gli anni chiesti in totale dal pubblico ministero Vincenzo Senatore, con la requisitoria tenuta giorni fa. La sentenza è prevista per il prossimo 18 ottobre.
L’accusa è di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti. Le prime attività investigative, condotte dall’allora sostituto procuratore Rosa Volpe, nel 2006, aveva permesso di ricostruire un grosso giro d’affari con al centro l’acquisto e la vendita di cocaina ed eroina. Individuare i singoli profili, molte posizioni hanno già definito il loro iter giudiziario, fu possibile grazie alle intercettazioni telefoniche e ai verbali riempiti da alcuni collaboratori di giustizia. Secondo le accuse il gruppo, composto inizialmente da 12 persone, avrebbe gestito le piazze di spaccio nell’area di Scafati e anche della vicina Poggiomarino. L’operazione portò a diversi sequestri di droga, in un caso anche ad un chilo di cocaina. A gestire le piazze erano nomi di spicco e volti noti alle forze dell’ordine, con la collaborazione dei corrieri, la maggior parte degli indagati, specializzati nell’approvvigionamento dello stupefacente. Alcuni avevano anche contatti con l’estero. Dopo le richieste del pubblico ministero, toccherà agli avvocati difensori discutere le singole posizioni, prima che il collegio si pronunci con la sentenza.

Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Il pentito accusa: ‘Il carabiniere ci avvisava se vi erano indagini su di noi’

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“G. D. M. partecipava alle no­stre riunioni e ci passava informazioni”. G.D.M. è un carabiniere che era in servizio presso una stazione della provincia di Salerno. Ad accusarlo in aula è stato il collaboratore di giustizia Sabino De Maio, ex affiliato al clan Pecoraro – Renna, tra l’altro cugino del militare.
E’ stato un fiume in piena, ieri in udienza, il collabora­tore di giustizia che da mesi sta ricostruendo l’assetto del clan Pecoraro – Renna e le at­tività illecite che avevano posto in essere sul territorio dei Picentini e della Piana del Seie.
Sabino De Maio ha spiegato, in videoconferenza, che il clan deteneva sei piazze di spaccio (Acerno – Monteorvino – Bellizzi – Pontecagnano – Salerno e Battipaglia) affi­date, ognuna ad una persona di fiducia. Su tutte poi sovrin­tendevano lui ed i fratelli En­rico e Sergio Bisogni. Talvolta, ha precisato il colla­boratore, il sodalizio si incontrava presso il “Barbiere”, ov­vero da Raffaele Mogavero, fratello di Francesco anche egli affiliato al clan Pecoraro – Renna. Sabino De Maio ha precisato che”dal Barbiere” si riunivano solo per parlare, fare riunioni, ma che lo stesso non c’entrava assolutamente nulla con il sodalizio. Apparteneva, invece, al gruppo, stando a quanto rac­contato dal collaboratore di giustizia, il papà di France­sco. Un’appartenenza che aveva di base l’obiettivo di far decollare la società di tra­sporti su gomma dei Moga­vero. Le accuse peggiori Sabino De Maio le ha riser­vate per il cugino carabiniere – infedele. Il militare avrebbe as­sunto comportamenti tali da favorire l’intero gruppo ca­peggiato dai Bisogni e da De Maio. Secondo quanto rife­rito dal collaboratore di giu­stizia G.D.M. avrebbe parteci­pato alle riunioni. “Ogni tanto ma non sempre gli facevamo qualche regalo in soldi. Inoltre, acce­deva ai terminali dell’Arma al fine di farci sapere se vi erano in atto delle indagini o altre cose contro di noi”. Avrebbe te­nuto sempre al corrente il cugino ed i suoi collaboratori su quanto stavano facendo le forze dell’ordine. E, sempre secondo il collaboratore, il militare talvolta partecipava anche alle loro riunioni. Successivamente, a Sabino De Maio sono state mostrate una serie di foto. Nel ricono­scere i soggetti ritratti non ha lesinato di aggiungere dei commenti per ognuno.Il processo è stato aggiornato al prossimo 16 lu­glio.

(nella foto da sinistra il pentito sabino De Maio, Francesco Mogavero, Enrico Bisogni, Sergio Bisogni)

Cronache della Campania@2018

Processo ai manifestanti anti-Salvini, striscioni contro la Lega fuori al tribunale

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Napoli. Scontri alla mostra d’oltremare mentre si svolgeva il comizio di Matteo Salvini: il processo ai nove imputati slitta per un difetto di notifica. Un nulla di fatto alla prima udienza per il processo in cui i nove imputati sono accusati di devastazione, saccheggio e resistenza a pubblico ufficiale, rinviate a giudizio a marzo scorso. Il presidente della terza sezione collegio C del Tribunale, Alessandro Cananzi, ha disposto il rinvio al 24 ottobre per un difetto di notifica e per una diversa composizione del collegio giudicante. Si sono costitute parte civile il comune di Napoli, la polizia di Stato, e l’Asia, azienda di igiene ambientale cittadina. Nella lista testi degli avvocati Emilio Coppola, Natalia Fuccia, Alfonso Tatarano e Carmine Malinconico ci sono il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, il presidente della Decima Municipalità di Napoli, Diego Civitillo, e l’allora presidente della Mostra d’Oltremare di Napoli, Donatella Chiodo. All’esterno del Tribunale alcuni manifestanti, in occasione dell’udienza, hanno affisso uno striscione firmato “Tifoserie calcio popolare” e “Mai Con Salvini” con la scritta “Non c’è cosa più bella che difendere la propria terra”. 

Cronache della Campania@2018

Delitto del sindaco di Cervino nel casertano, accusa e difesa puntano su nuovi testimoni

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Caserta. Al via il processo bis per l’omicidio di Giovanni Piscitelli, sindaco di Cervino in provincia di Caserta ucciso 11 anni fa. Questa mattina è cominciato il processo in Corte di Assise di Appello a Napoli dell’efferato delitto. Sotto accusa l’unico imputato Pietro Esposito Acanfora, ingegnere e responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Cervino, dopo la sentenza di assoluzione in primo grado e il ricorso in appello delle parte civili. Undici anni fa, il 28 febbraio del 2008 Piscitelli, fu ritrovato morto a Cervino a qualche metro di distanza dalla propria vettura data alle fiamme. Era riuscito a scendere dal veicolo per tentare di porsi in salvo, ma le ustioni non gli diedero scampo. Questa mattina la difesa e l’accusa hanno presentato un lungo elenco di testi, alcuni già ascoltati in fase di indagine. Esposito Acanfora è assistito dagli avvocati Carlo De Stavola e Rocco Trombetti per le parte civili gli avvocati Renato Jappelli, Carlo Madonna, Giovanni De Raffaele Carfora e Giovanni De Lucia per il Comune di Cervino. La prossima udienza è stata fissata per il 20 giugno.

Cronache della Campania@2018

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