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Channel: Cronaca Giudiziaria
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Truffe delle carte di credito clonate, il riesame di Salerno: “Domiciliari per due degli indagati”

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Salerno. Truffe con le carte di credito clonate: ai domiciliari due degli indagati. Il tribunale del Riesame di Salerno, ha alleviato la misura cautelare nei confronti di Giuseppe Manzi di Domicella in provincia di Avellino, e Emilio Ascoli di Agropoli, difesi dall’avvocato Calogero Montalto. I giudici, riunitisi per decidere sulla libertà dei due soggetti, ha stabilito – contrariamente a quanto si paventava – di sostituire la misura della custodia cautelare in carcere con quella meno afflittiva degli arresti domiciliari, ritenuto scemato il pericolo di reiterazione dei reati, che aveva fatto propendere il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vallo della Lucania per l’emissione della dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere applicata agli indagati l’11 aprile scorso. Il procedimento, avente ad oggetto numerose ipotesi di reato tra le quali associazione per delinquere, riciclaggio, autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, aveva come nucleo fondante una presunta truffa perpetrata ai danni di diversi soggetti tramite la clonazione di carte di credito, per un giro che gli inquirenti ritengono milionario. L’avvocato dei due indagati, Calogero Montalto, non ha inteso commentare la notizia della scarcerazione, lasciando intendere di essere a lavoro per i successivi round che si terranno nelle competenti sedi giudiziarie.

Cronache della Campania@2018


Maxi truffa alle assicurazioni, il pm chiede pene severe per gli avvocati napoletani coinvolti nel raggiro

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Maxi truffe alle assicurazioni: dodici richieste di condanna, con pene che oscillano tra i 4 anni e gli 8 anni di reclusione, per i promotori del raggiro. Oggi requisitoria del pubblico ministero Salvatore Prisco al processo con rito abbreviato per la maxi-truffa alle assicurazioni che nell’ottobre dello scorso ottobre portò all’esecuzione di un’ordinanza in carcere e ai domiciliari per 18 avvocati. La condanna più alta è stata chiesta per i due organizzatori, Vincenzo e Umberto Cocozza: ciascuno di loro rischia 8 anni di reclusione e 15mila euro di multa. Chiesta la condanna a 5 anni anche per i soli due avvocati che hanno optato per il rito abbreviato. Il processo è in corso dinanzi al giudice per le indagini preliminari Ciollaro del Tribunale di Napoli. Dalle indagini emerse che l’organizzazione reclutava i finti testimoni in alcuni dei quartieri più ‘poveri’ di Napoli e assicurava a ciascun finto testimone ben 180 euro per la deposizione dinanzi ai giudici di pace, questi ultimi estranei all’inchiesta.

Cronache della Campania@2018

Salerno: chiesta una nuova condanna per il maresciallo che causò la morte del 21enne facendolo cadere dallo scooter

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Salerno. Morte di Massimo Casalnuovo, le parti civili chiedono la condanna per il maresciallo Giovanni Consolo. L’avvocato difensore della famiglia della vittima ha chiamato a testimoniare un ragazzo del posto che avrebbe assistito all’omicidio. Nel corso di una nuova udienza a carico del maresciallo Giovanni Consolo, accusato della morte di Massimo Casalnuovo, le partiti civili hanno chiesto la condanna per omicidio preterintenzionale presso la Corte d’Appello di Salerno. La richiesta di condanna della parte civile arriva dopo quella dello scorso 15 aprile formulata dalla Procura Generale che ha chiesto l’assoluzione del maresciallo. Il giovane di soli 21 anni – secondo l’accusa – sarebbe morto a Buonabitacolo la sera del 20 agosto del 2011, dopo un calcio sferrato contro il motorino da parte del maresciallo ad un posto di blocco. Ma quest’ultimo, nel 2013, è stato assolto dal tribunale di Sala Consilina con formula dubitativa dall’accuso di omicidio preterintenzionale, mentre nel 2015 condannato, dalla Corte d’Assise di Potenza, alla pena di 4 anni e 6 mesi con interdizione per cinque anni dai pubblici uffici proprio per il reato di omicidio preterintenzionale. Ma, nel 2017, la Cassazione ha annullato la sentenza di condanna con remissione degli atti presso la Corte d’Appello per un nuovo giudizio. La prossima udienza sarà il 6 maggio.

Cronache della Campania@2018

Napoli, 18 anni di carcere per Elia jr: il giovane killer che spara con due pistole

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Napoli. A soli diciotti anni già si è beccato 18 anni di carcere ‘il killer che spara con due pistole’: Michele Elia junior nipote omonimo del boss del Pallonetto di Santa Lucia e figlio di Ciro detto o’ Mucillo. E’ accusato dell’omicidio di Agostino Di Fiore, un 28enne di Secondigliano ucciso l’undici giugno del 2018 all’esterno di una discoteca di Coroglio, e del tentato omicidio di Giuseppe Iaselli avvenuto in piazza Trieste e Trento il 13 maggio. In quell’occasione come testimoniano le immagini delle telecamere di video sorveglianza pubbliche il giovane rampollo della famiglia clan che gestiva lo spaccio a santa Lucia e sul Lungomare di Napoli si rese protagonista di una plateale sparatoria stile pistoleri dei film Western di Sergio Leone alzandosi sui pedalini dello scooter e sparando con due pistole contemporaneamente contro la vittima designata. Nel corso del processo che si è svolto con rito abbreviato il giovane Elia -come riporta Il Mattino-ha spiegato che non voleva uccidere Di Fiore ma solo incutergli timore e che la sua era una bravata. Il giovane di Secondigliano fu assassinato all’esterno di una discoteca di Coroglio dopo aver litigato con il suo amico Francesco Esposito detto o’ chiatto che dopodomani sarà a processo davanti al gup del Tribunale di napoli perché accusato di essere il mandante di quell’omicidio.

Cronache della Campania@2018

Napoli, blitz al rione Traiano: ottiene i domiciliari uno dei 10 arrestati

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Napoli. Ieri sono terminate le procedure di riesame relative all’ordinanza di custodia cautelare emessa a carico di 10 persone che, circa 15 giorni fa, ha portato in carcere tutti i presunti componenti della piazza di spaccio a cielo aperto del parco Ises di via Catone, ritenuta dagli inquirenti una delle più fiorenti del rione Traiano dove infatti era possibile acquistare ogni tipo di sostanza. Le indagini sono state svolte con mirati servizi di osservazione posti in essere anche con l’ausilio di un furgone “spia” attrezzato per fare fotografie e video. Così facendo gli inquirenti, utilizzando come attività di riscontro anche le dichiarazioni e le individuazioni fotografiche degli acquirenti fermati poco dopo la acquisto della droga, sono riusciti ad individuare tutti i responsabili della vendita di droga. Al riesame l’impianto accusatorio ha retto, tuttavia, per Cristian Pengue difeso dall’avvocato Marco Bernardo, il tribunale ha disposto l’annullamento della misura disponendo la sua immediata scarcerazione. L’avvocato Bernardo è infatti riuscito a dimostrare come gli elementi raccolti a carico del suo assistito fossero troppo pochi per ritenere che lo stesso certamente facesse parte dell’organizzazione dedita al traffico di stupefacenti. Cristian Pengue è persona già nota alle cronache poiché era uno dei componenti di quel gruppo di ladri di appartamento nel cui inseguimento, qualche mese fa, morì travolto da un treno il carabiniere Emanuele Reali. In quella circostanza, nonostante l’ordinanza per associazione finalizzata ai furti in appartamento che gli fu notificata, l’avvocato Bernardo riuscì ad ottenere per il suo assistito, all’esito del Riesame, gli arresti domiciliari ai quali Pengue è nuovamente tornato dopo l’annullamento dell’ultima misura di ieri.

Cronache della Campania@2018

Appalti sui rifiuti, per la Procura di Salerno sono irregolari: chiesti 20 rinvii a giudizio, EcoAmbiente sotto accusa. Tutti i nomi

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Affare rifiuti, richiesta di rinvio a giudizio per venti persone, tra componenti del consiglio d’amministrazione, consulenti, funzionari e dipendenti della società Ecoambiente e delle società che sarebbero state favorite. Al centro delle indagini le gestioni dal 2011 e al 2017 ma sarà il gup, Gennaro Mastrangelo, a vagliare la richiesta di rinvio a giudizio Secondo la procura le procedure di affidamento di lavori e servizi per la realizzazione dell’impianto di trattamento del percolato proveniente dalla discarica di Macchia Soprana non sarebbero state regolari: Ecoambiente avrebbe adottato procedure «illecite» per favorire la Gel Spa ammettendola alla gara nonostante un ’offerta tecnica ritenuta «anomala». Si prevedeva, infatti, un im pianto della capacità di 150 me al giorno, sovradimensionato rispetto al bando e al capitolato di gara ma – secondo le accuse – le quantità di rifiuti giornalieri da trattare venivano increm entate del 20% causando un aumento dei costi a carico di Ecoambiente. E quando venne attribuita ad Ecoambiente la gestione della discarica Parapoti, venne modificato l’oggetto del contratto estendendolo anche al nuovo sito nonostante la necessità di tecniche diverse e così, al posto di redigere una nuova gara, venne esteso «in modo illegittimo» (secondo la procura) l’originario appalto. Le ipotesi contestate a vario titolo vanno dalla turbata libertà degli incanti alla turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, falsità ideologica e peculato. Davanti al gup compariranno Gianluca De Santis, direttore generale della società; Attilio De Nigris, membro della commissione di gara; Mario Capo, amministratore delegato; Domenico Ruggiero, presidente della commissione gara e direttore tecnico di Ecoambiente Salerno; Giuseppe D’Acunzi anche lui presidente commissione di gara; Marco Senatore, consulente esterno; Vincenzo De Vizia, socio e presidente Cda della De Vizia Trasfer; Marisa Lombardi, socio della De Vizia; Luigi De Rosa socio della Smet Spa; Cosimo Montesfusco, responsabile unico del procedimento per Ecoambiente; Vincenzo Manzo, membro della commissione di gara; Maurizio Buccella, direttore dei lavori per Ecoambiente; Aroldo Berto legale rappresentanti della Gel Spa; Sara Fariello componente del consiglio di gestione; Roberto Bellizia, revisore unico presente al consiglio di gestione; Giovanni D’Antonio membro del consiglio di gestione; Vincenzo Albini e Marco Lauretti, imprenditori e rappresentanti della Gbs General Broker service srl ed Rm srl; Walter Elizzi, rappresentante della Credit Land srl e Vincenzo De Prisco dell’istituto italiano anticorruzione.

Cronache della Campania@2018

Inseguì e tentò di abusare di una 15enne: a processo con rito immediato

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Oltre ad aver avvicinato la minore per strada, l’uomo avrebbe più volte pedinato la vittima più volte all’uscita di scuola o di casa, rivolgendole frasi a sfondo sessuale e arrivando a minacciare anche i genitori
Perseguitò una minore di 15 anni per mesi, arrivando anche a palparle il sedere per strada. Finisce a processo con il rito immediato un 51enne cavese, finito in un’indagine della procura di Nocera qualche mese fa. Oltre ad aver avvicinato la minore per strada, lo scorso 8 marzo, solo per palpeggiarla, avrebbe anche più volte pedinato la vittima più volte all’uscita di scuola o di casa, rivolgendole frasi a sfondo sessuale e arrivando a minacciare anche i genitori. Per queste accuse, il giudice firmò la misura cautelare personale del divieto di dimora in provincia di Salerno

Cronache della Campania@2018

Torre del Greco: crac Deiulemar i risparmiatori truffati organizzano bus per essere presenti in udienza

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Torre del Greco. Nonostante le difficoltà economiche gli obbligazionisti Deiulemar sono riusciti ad organizzare due bus con partenza dalla litoranea di Torre del Greco, il prossimo venerdì 17 maggio per essere presenti all’udienza. Si celebrerà infatti in Cassazione la sentenza definitiva del terzo grado di giudizio che stabilirà la certezza della pena nei confronti dei cinque responsabili rimasti vita del colossale fallimento che ha colpito oltre 13mila famiglie di Torre del Greco e dei comuni vicini. Saranno in partenza dunque due bus dal deposito autobus di via litoranea alle ore 04:45. Effettueranno alcune fermate in Torre del Greco e poi prenderanno la direzione Roma. Grande attesa per gli obbligazionisti truffati e familiari. Grande attesa anche tra la cittadinanza tutta per l’esito di una triste vicenda che rappresenta per la città di Torre del Greco una ferita ancora sanguinante.

Giorgio Kontovas

Cronache della Campania@2018


Fece uccidere due testimoni di una strage: processo per il boss ex pentito Belforte

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E’ fissata per il prossimo 16 maggio davanti al Gup del tribunale di Napoli l’udienza preliminare per il delitto di Orlando Carbone. Unico imputato in questo procedimento è il boss di Marcianise ed ex collaboratore di giustizia, Salvatore Belforte. Secondo l’accusa il capo clan avrebbe mentito sulla morte di Angela Gentile, una donna scomparsa per lupara bianca nel 1991 perché amante del fratello Domenico, circostanza non digerita nella famiglia del gruppo dei cosiddetti ‘Mazzacane’. Per questo motivo la Procura di Napoli, su ordine del Viminale e disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia, decise di revocare la protezione al capoclan Salvatore Belforte nel 2017. I resti delle ossa di Orlando Carbone sono stati fatti ritrovare nelle campagne di Marcianse nell’aprile del 2015 da Belforte, a pochi mesi dalla sua collaborazione. Carbone fu ucciso a soli 20 anni insieme a un’altra persona, Giuseppe Tammariello.  “Orlando Carbone e Giuseppe Tammariello, sono stati uccisi da me e da Remo Scoppetta qualche giorno dopo la strage di San Martino avvenuta a Marcianise l’11 novembre 1986.  Sono stati eliminati perché dei testimoni scomodi”, è stata questa la confessione del boss Belforte.  I resti di Carbone sono stati rinvenuti dai carabinieri mentre delle spoglie del secondo che si chiamava Giuseppe Tammariello, soprannominato ‘Pinuccio o’ romano’ classe 1932, invalido in quanto gli mancava un braccio non è stato trovato nulla. Fu sciolto nell’acido, sotterrato e interrato nel cemento. Belforte ha raccontato che dopo la strage di San Martino, che diede il via alla faida con il clan Piccolo per il controllo degli affari illeciti nella città di Marcianise e nei comuni limitrofi, “sono avvenuti almeno 100 omicidi fino al coprifuoco di fine anni ’90”. Tra questi cento omicidi, almeno 25 sono stati ordinati o eseguiti da Salvatore Belforte. “Ho iniziato a collaborare per fare una vita diversa e farla fare anche ai miei figli. Mio figlio Vincenzo ha 17 anni e l’ho visto in tutta la sua vita appena 4 mesi e mezzo perché sono sempre stato in carcere”. Sono le parole di qualche anno fa di Salvatore Belforte, riferite al pm Luigi Landolfi, dal killer ed ex capo del clan dei “mazzacane” Ma il giudizio sulla sua attendibilità è cambiato un anno fa quando gli stessi pm della Dda di Napoli hanno capito che il boss non diceva tutta la verità soprattutto su alcuni fatti di sangue e d’onore della famiglia Mazzacane come il delitto Gentile. L’amante del fratello sparì il 28 ottobre 1991, dopo aver accompagnato la figlia a scuola. Quella figlia avuta proprio dal fratello, Domenico Belforte. Secondo la Dda, sulla base delle confessioni dei collaboratori di giustizia, però, la vicenda andò in maniera diversa da quanto raccontato. In questa vincenda, infatti, è indagata anche la cognata di Salvatore Belforte, Maria Buttone moglie di Mimì ‘Mazzacane’. “Tutta Marcianise sapeva che aveva avuto una figlia con lei e per questo aveva perso la faccia nei confronti delle altre donne del clan”. Quindi, quel giorno, fu prelevata da tre uomini nell’ex parcheggio dell’ospedale dove la sua auto, una Marbella, fu poi ritrovata. Il corpo “fu seppellito a Puzzaniello di Marcianise, vicino ai pilastri della ex Pontello”. “L’ho uccisa per errore” avrebbe confessato recentemente Mimì Belforte. Ma per la Procura non fu un errore. Il corpo della 33 enne non è mai stato trovato. La figlia, inconsapevole di tutta questa storia, dopo la scomparsa della madre, fu poi prelevata con un atto di forza dalle zie che vivevano a Caserta e ‘adottata’ dai Belforte.

Cronache della Campania@2018

Falsi incidenti stradali: condanne complessive a 61 anni di carcere per 12 avvocati

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Sono 12 le condanne – per complessivi 61 anni di reclusione – chieste dalla Procura di Napoli nei confronti di altrettanti avvocati coinvolti lo scorso anno in una maxi inchiesta sulle frodi alle assicurazioni mediante la simulazione di incidenti falsi. Le richieste di condanna sono state chieste dal pm al termine dell’udienza davanti al gup del tribunale di Napoli per 12 avvocati che hanno scelto il rito abbreviato.  Il giudice si esprimerà a fine giugno anche per altri 28 imputati che proseguiranno con il rito ordinario, per decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio, mentre per altre 20 posizioni sono stati eseguiti degli stralci. L’accusa è di associazione a delinquere finalizzata alla truffa, riciclaggio e l’aggravante della trans nazionalità in quanto è stato riscontrato un flusso di danaro verso Malta. Le pene chieste in abbreviato vanno dai 4 agli 8 anni. Tra le compagnie assicurative danneggiate e frodate la Verti e la Genertel che si sono affidate, per la loro tutela, allo studio legale Lucia Piscitelli di Caserta.

Cronache della Campania@2018

Scavi di Pompei, l’ex commissario Fiori: “Ricorro in cassazione, in Italia teatri antichi ospitano spettacoli”

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Il recupero del Teatro Grande di Pompei e la sua valorizzazione finalizzata ad ospitare spettacoli “era un progetto della Soprintendenza speciale di Pompei, non mio”, e comunque un progetto “coerente con l’utilizzo dei teatri antichi in Italia, dall’Arena di Verona a Taormina fino al Colosseo”. Così Marcello Fiori, ex commissario straordinario degli Scavi archeologici di Pompei, condannato in appello dalla Corte dei Conti a risarcire 400mila euro in favore del Dipartimento della Protezione Civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri per il restauro del Teatro Grande. All’Adnkronos Fiori ricorda “l’assoluzione con formula piena” un anno e mezzo fa da parte della Corte dei Conti della Campania, competente per territorio, sentenza contro la quale la Procura regionale della Corte dei Conti ha proposto appello. Fiori, che annuncia il ricorso in Cassazione sicuro che “ripristinerà il giudizio di primo grado che era di assoluta estraneità”, sottolinea come “l’intera esecuzione dei lavori sia stata seguita dai tecnici e dagli archeologi della Soprintendenza, tant’è che nessuna contestazione è stata fatta rispetto a presunte violazioni del codice dei beni culturali”, e respinge in particolare l’interpretazione della terza sezione d’appello della Corte dei Conti secondo cui il restauro del Teatro Grande non ha rappresentato una valorizzazione dello stesso ma solo uno “sfruttamento” per fini di natura imprenditoriale e commerciale: “Un’idea che – spiega Fiori – va a contestare tutti i soprintendenti d’Italia, perché in tutti i teatri antichi si fanno spettacoli. Io sono un dirigente dello Stato e lascio ad altri la definizione di valorizzazione, ma non credo che questa debba arrivare dalla Corte dei Conti. Tra l’altro questo è un nodo già sciolto, se pensiamo che gli altri soprintendenti già organizzano spettacoli ad esempio nell’Arena di Verona o nel Teatro antico di Taormina, che ospitano intere stagioni teatral

Cronache della Campania@2018

Appalti nelle mense, archiviazione per l’ex sindaco di Maiori

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L’ex vice sindaco di Maiori Antonio Romano può tirare un sospiro di sollievo dopo circa 4 anni di vicenda giudiziaria che lo ha visto coinvolto. Era il settembre del 2015 quando Romano si trovò coinvolto nell’inchiesta della Procura di Napoli su appalti truccati, cibo contraffatto e dossieraggio a imprese concorrenti. Furono 17 le persone implicate nell’inchiesta sulle mense scolastiche campane.
Tra questi vi era appunto l’ex vice sindaco del comune della Costiera per il quale, esaminata la richiesta formulata dal pubblico ministero a seguito della requisitoria, il giudice per le indagini preliminari (Gip) del settimo ufficio del tribunale di Napoli, ha disposto l’archiviazione.
«Non mi sono mai preoccupato del giudizio della gente, temo molto di più i morsi della mia coscienza – ha detto, subito dopo aver appreso la notizia dell’archiviazione Antonio Romano, difeso nel procedimento dal professor Giuseppe Della Monica – Ma poi il giudizio di quali persone? Di chi si diverte a scrivere solo per il gusto di imbrattare la carta e l’immagine delle persone? La mia coscienza sa essere molto più dura e cinica! Ringrazio tanto chi mi è stato vicino e i numerosissimi che mi hanno attestato la loro stima. Ringrazio soprattutto la mia famiglia che ha sostenuto la prova più dura. E confido in un paese e un’Italia migliore».
Secondo gli inquirenti , la presunta associazione a delinquere operava frodi, corruzione, estorsione e promesse di posti di lavoro e riusciva a vincere le gare da appalto per la fornitura dei pasti in diverse scuole nelle province di Napoli, Avellino e Salerno, escludendo altre aziende. La decisione è arrivata dal Gip del Tribunale di Napoli

Cronache della Campania@2018

Castellammare, il pentito: ‘Convocammo i gestori dei lidi balneari e chiedemmo 10mila euro ad ognuno di loro’

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Castellammare di Stabia. I proprietari dei lidi balneari condotti in un magazzino di uno stabilimento balneare per parlare e fare loro una richiesta estorsiva a nome del boss Vincenzo D’Alessandro. Si tratta dei gestori di tre lidi che insistono sul territorio stabiese. A dirlo è Belviso Salvatore nelle sue deposizioni alla Direzione Distrettuale Antimafia che sono state depositate agli atti dell’inchiesta Tsunami e della chiusura indagini notificata il mese scorso a 30 tra boss e gregari del clan. Il collaboratore di giustizia racconta nel dettaglio quei momenti e il tipo di richiesta che avevano fatto agli imprenditori per conto del clan di Scanzano. “Pochi giorni dopo l’agguato di Antonio Scotognella – dice – io ho detto a Pasqua Beniamino che dovevamo chiamare i proprietari dei lidi balneari. Io avevo già detto a Vincenzo D’Alessandro che ero intenzionato a chiedere i soldi ai proprietari dei lidi. Vincenzo D’Alessandro mi aveva dato il suo via libera dicendo: basta che non ti fai arrestare”. Salvatore Belviso e Pasqua Beniamino in sella ad uno scooter raggiunsero gli stabilimenti balneari e riunirono tutti e tre i proprietari all’interno di un magazzino. “Pasqua Beniamino ha iniziato a parlare chiedendo ai tre proprietari dei lidi se erano compagni o se non erano compagni. Uno dei gestori ha interrotto il discorso dicendo che non c’erano problemi e che, entro un paio di giorni, ci avrebbe fatto un bel regalo”. A questa decisione si accodarono anche gli altri due imprenditori, secondo quanto emerge dal racconto del collaboratore di giustizia. “A quel punto – continua Belviso – io sono intervenuto dicendo ai tre che noi non volevano né regali, né elemosine e che non gli avevamo mai chiesto niente, che volevano diecimila euro per ciascuno (quindi 30mila in totale ndr) e che i parcheggi erano nostri. Ho anche detto ai tre, che avevano iniziato a prospettare loro problemi, per fargli capire che stavano agendo per conto di D’Alessandro Vincenzo, che, se gli stavo facendo un discorso del genere, non era perché mi ero svegliato quello stesso giorno decidendo di farlo. Ho detto ai tre di pensarci e che ci saremmo visti il giorno dopo”. Il giorno seguente Belviso e Pasqua si recano dagli imprenditori. “OMISSIS ci ha detto di non avere problemi a cacciare i soldi ma che aveva problemi a lasciarci il parcheggio offrendo la sua disponibilità a mettere a lavorare sul parcheggio le persone da noi indicate. Io ho detto all’imprenditore di cacciare i soldi e che l’hanno dopo ci saremmo presi il parcheggio”. Siccome questo imprenditore aveva debiti, grazie all’intercessione di un esponente del clan, il pagamento avvenne in modo dilazionato: tre tranche da 3mila, 4mila e 3mila euro. L’altro stabilimento balneare che era pronto a cacciare i soldi fu esentato dal pagamento su indicazione di Vincenzo D’Alessandro che disse “di non prendere i soldi ma limitarci solo a prendere il parcheggio”. “Io sono andato da OMISSIS il quale ha iniziato a lamentarsi dicendomi: come mai, proprio a me, dopo tanti anni”. L’imprenditore stava per pagare quando poi “io l’ho fermato dicendo che D’Alessandro Vincenzo aveva detto di lasciarlo stare. Quanto al parcheggio, il titolare ha detto che era gestito dalle persone che sul lido facevano i bagnini gratuitamente. Io gli ho detto che non mi interessava e che a lavorare sul parcheggio avremmo messo le persone scelte da noi. L’imprenditore alla fine ha detto: “Fate voi”. Inoltre “ha aggiunto che le persone che gestivano il parcheggio erano bravi ragazzi”. Dopo questo anche altri parcheggi finirono, secondo quanto raccontato da Belviso, sotto il controllo di Scanzano. Anche quelli gestiti da riferimenti di altri clan, non tutti, cedettero la gestione al clan D’Alessandro.

Cronache della Campania@2018

Sequestrati viadotti sull’A16: per la Procura non sono sicuri

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La procura di Avellino ha sequestrato le barriere bordo ponte su 12 viadotti dell’autostrada A16, nel tratto compreso tra Baiano e Benevento. La decisione è scaturita nell’ambito dell’inchiesta Bis sulla sicurezza delle infrastrutture nata dopo la strage del Bus di Acqualonga dove un pullman precipitò dal viadotto nel 2013.
Per la Procura i 12 viadotti sono carenti sotto il profilo della sicurezza per l’incolumità pubblica. Le infrastrutture oggetto di sequestro sono nel tratto irpino dell’ A16 Napoli-Canosa-Bari tra le uscite di Baiano e Benevento. Era il 28 luglio del 2013 quando 40 persone morirono perchè caddero dal viadotto anche a causa di un sistema frenante del mezzo malandato. I sigilli giudiziari sono stati disposti nuovamente per il viadotto Acqualonga, e anche per altri 11 ponti, in particolare Pietra Gemma, Carafone, Vallonato I e II, F.Lenza Pezze, Scofeta Vergine, Sabato, Boscogrande, Francia, Vallone del Duca e Del Varco. Tre dirigenti di Autostrade per l’Italia risultano indagati per una serie di omissioni. Si tratta di Michele Renzi, ex direttore di tronco di Cassino, Massimo Giulio Fornaci e Costantino Ivoi. Renzi è stato già condannato in primo grado a cinque anni di reclusione nel processo per l’incidente di Acqualonga. Fornaci è stato invece assolto. Il terzo dirigente ha invece testimoniato nel processo. L’inchiesta avviata sul finire del processo parte proprio da alcuni atti processuali. Il procuratore di Avellino, Rosario Cantelmo, che nel procedimento ha rappresentato l’accusa, chieste infatti la trasmissione al proprio ufficio dei verbali di alcune testimonianze, delle delibere del Cda di Aspi e la perizia disposta dal giudice Luigi Buono e affidata al consulente Felice Giuliani. Incrociando questi elementi e con nuovi sopralluoghi sui Viadotti sequestrati oggi da parte del perito della procura Andrea Demozzi, che partecipo’ alla consulenza sull’incidente di Acqualonga, il procuratore Cantelmo ha ottenuto dal gip del tribunale di Avellino in via cautelare il sequestro dei viadotti. Il traffico lungo il tratto irpino della A16 resta aperto ma potrebbero esserci disposizioni per la limitazione della velocità per sopperire alle presunte carenze di materiali e sistemi di protezione.

Cronache della Campania@2018

Incarichi in Asl Salerno, danno di quasi 2 milioni: indagine della Corte dei Conti

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La procura della Corte dei Conti per la Campania, al termine di accertamenti delegati alla Guardia di Finanza di Salerno, ha riscontrato irregolarità nell’assegnazione di incarichi apicali all’Asl di Salerno, conferiti con selezioni interne e non con avvisi di evidenza pubblica. Tali procedure sono avvenute a seguito di formale atto aziendale, che, dando corso alla definitiva soppressione delle precedenti articolazioni funzionali e organizzative, ha inglobato in un’unica struttura amministrativa le aziende sanitarie di Nocera Inferiore, Salerno e Vallo della Lucania. Le indagini del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Salerno si sono focalizzate sulla attribuzione delle posizioni dirigenziali, avvenuta in maniera ritenuta “illegittima in quanto effettuata in violazione delle leggi vigenti in materia e sulle conseguenti ricadute economiche pregiudizievoli per l’azienda sanitaria di riferimento”, si legge in una nota. Così gli incaricati hanno potuto occupare posizioni apicali in carenza di procedure selettive aperte, percependo anche plurime indennità economiche, talvolta incompatibili fra di loro. Le indagini hanno messo in luce che con questa cattiva gestione delle risorse umane ed economiche, i vertici pro-tempore dell’Asl salernitana avrebbero cagionato un rilevante danno patrimoniali al Servizio sanitario nazionale quantificabile in euro 1.813.857,94. La procura contabile indaga 10 dirigenti con funzioni di commissari amministrativi, direttori generali e amministrativi pro tempore, nei cui confronti sono stati notificati atti di formale contestazione a seguito dei quali potranno presentare le proprie controdeduzioni per una valutazione complessiva della vicenda a conclusione della fase istruttoria. (

Cronache della Campania@2018


La Cassazione annulla la condanna per bancarotta all’ex senatore Nespoli

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La quinta sezione della Corte di Cassazione (specializzata per i reati fallimentari e societari) ha annullato con rinvio, ad un’altra sezione della Corte di Appello di Napoli, la sentenza di condanna a 5 anni che era stata comminata in primo e secondo grado a Vincenzo Nespoli, ex senatore di An ed ex sindaco di Afragola. Il nuovo processo di appello dovrà celebrarsi sulla scorta dei principi di diritto indicati dalla Cassazione quando sarà depositata la motivazione. L’inchiesta riguardava fatti del 2005 riguardanti il fallimento della società di vigilanza La Gazzella dichiarato nel 2007 dove si contestava agli amministratori di diritto una distrazione di 30 milioni di euro e, a Nespoli, la stessa accusa ma in concorso come socio occulto e di fatto. Dal processo però è emerso che per l’ex senatore di An si trattava di 25 mila euro provenienti da un prestito concesso da un ex amministratore della società. La sentenza di primo grado, sostengono gli avvocati del collegio difensivo Rosario Pagliuca, Salvatore Pane e Vincenzo Maiello che puntano ora all’assoluzione, aveva condannato in presenza di prove di segno opposto mentre quella di secondo grado non aveva dato risposte ai motivi di appello. Nelle more dell’inchiesta era stato sequestrato anche un complesso turistico in Toscana del valore di 5 milioni di euro per il quale è in corso la richiesta di revoca. L’inchiesta portò ad un’ordinanza nel 2010 ma non eseguita in quanto il Senato non concesse l’autorizzazione a procedere. Quando decadde da senatore, tra il 2011 e 2012 scontò circa 9 mesi ai domiciliari.

Cronache della Campania@2018

Camorra, il figlio del boss confessa in aula: ‘Ho ucciso io Vincenzino, chiedo scusa ai familiari’

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Napoli, “Chiedo scusa ai suoi familiari”. Ha chiesto di poter parlare ed ha confessato di essere lui l’autore di quell’omicidio. Lo ha fatto nel processo di secondo grado sull’omicidio di Vincenzo Amendola, il 19enne ucciso e poi sepolto nel febbraio 2016 da quelli che credeva essere suoi amici. Stamattina davanti alla Corte di Appello di Napoli il giovane boss Gaetano Formicola detto o’ chiatto condannato in primo grado alla pena dell’ergastolo, ha ammesso le proprie responsabilità sulla morte di Amendola. Il rampollo del capoclan del cosiddetto Bronx ha chiesto scusa ai familiari del giovane. Secondo quanto ricostruito dalla DDA di Napoli, i Formicola decise di uccidere Amendola perché nel quartiere di San Giovanni a Teduccio dove si é consumata la storia s’era diffusa la voce che tra Amendola e la madre di Formicola vi fosse una relazione clandestina approfittando della detenzione del marito della donna, il boss Antonio Formicola. Il 5 febbraio 2016 per Amendola scatto’ la trappola, Formicola gli sparò a bruciapelo: poi il corpo del giovane fu sepolto. Nel processo è imputato pure Giovanni Tabasco detto birillino, cugino di Formicola, anch’egli condannato all’ergastolo in primo grado, oggi non presente in aula. Il terzo del gruppo, Gaetano Nunziato, si è pentito e ha aiutato i pm a ricostruire l’atroce vendetta.

Cronache della Campania@2018

Ercolano, uccise un killer rivale: la Cassazione annulla la condanna per il genero del boss Ascione

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Ercolano. Accusato di aver ucciso il killer del clan rivale era stato condannato in primo e secondo grado: la Cassazione ha invece annullato con rinvio la sentenza nei confronti di Giorgio Di Bartolomeo, genero del defunto boss Raffaele Ascione, alias ‘o luongo. L’omicidio di Carlo Polese avvenne il 19 agosto del 2003, nell’ambito della faida tra il clan Ascione-Papale di cui faceva parte Di Bartolomeo e quello dei Birra-Iacomino. La Suprema Corte di cassazione I sezione penale, presidente Sandrini, giudice relatore Santalucia, ha accolto il ricorso proposto dall’avvocato Dario Vannetiello, ed ha annullato la sentenza di condanna, emessa il 23 febbraio dello scorso anno dalla seconda sezione Corte di assise di appello di Napoli. La linea difensiva ha convinto gli ermellini, nonostante il Procuratore Generale avesse chiesto il rigetto del ricorso.
L’accusa sosteneva che il quadro accusatorio era solidissimo ben 13 collaboratori di giustizia avevano rivolto a vario titolo specifiche accuse nei confronti dell’imputato. Dovrà ora attendersi il deposito delle motivazioni da parte della Suprema Corte per comprendere quali dei motivi addotti dalla difesa ha fatto breccia ed incrinato il castello accusatorio. A seguito dell’annullamento i tempi di definizione del processo si allungano e potrebbero portare alla rimessione in libertà del boss Giorgio Di Bartolomeo.
Carlo Polese fu ucciso la notte del 19 agosto del 2003. Quella notte un commando dei Birra-Iacomino, tra i quali c’era Polese, prese d’assalto il condominio ‘Moquette’ – roccaforte degli Ascione-Papale. Avevano una bomba e volevano mettere a segno un’azione dimostrativa contro i Papale. Ma le vedette si accorsero dell’assalto e spararono contro i killer, ne nacque un conflitto a fuoco nel quale perse la vita Polese, mentre tentava di scavalcare un muretto. In quell’occasione fu ferito anche lievemente un ignaro passante. Per l’omicidio di Polese numerosi pentiti hanno indicato il genero del boss come colui che sparò contro i rivali.

Cronache della Campania@2018

Intestazioni fittizie per conto del clan Belforte di Marcianise: 3 condanne e un’assoluzione

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Intestazioni fittizie per favorire il clan Belforte di Marcianise: il Gup del tribunale di Napoli condanna tre dei quattro imputati. La sentenza del gup Battinieri del tribunale di Napoli emessa oggi ha condannato a due anni pena sospesa Giampiero Vegliante di Maddaloni, due anni a Vincenzo Diana di Trentola Ducenta, 4 anni ad Antonio Mastropietro di Maddaloni, assolto Marciano Vincenzo di Maddaloni. Il pubblico ministero della Dda di Napoli Luigi Landolfi, aveva chiesto al termine della requisitoria l’assoluzione di Marciano, la condanna ad otto anni otto di reclusione per Diana e Vegliante e quattro anni per Mastropietro. A Diana e Vegliante erano contestati i reati di intestazione fittizia di beni, di tentativo di estorsione e di illecita concorrenza, per avere imposto l’uso di slot machine sul territorio maddalonese, mentre a Mastropietro era contestato il reato di tentativo di estorsione, per tutti anche l’aggravante del metodo e dell’agevolazione mafiosa del clan Belforte, fazione Maddaloni.

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Ex operaio Isochimica morto per amianto: la Procura di Avellino dispone il sequestro della salma

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Isochimica

La Procura di Avellino ha disposto il sequestro della salma di Giovanni Venezia, il 53enne ex scoibentatore della “Isochimica” di Avellino morto a causa di una malattia che potrebbe essere direttamente correlata alla prolungata esposizione all’amianto. Il provvedimento é stato deciso dal Procuratore di Avellino, Rosario Cantelmo, ed é stato eseguito al termine della celebrazione dei funerali, svoltisi nel pomeriggio a Grottolella , dove l’ex operaio viveva con la moglie e le due figlie. La Procura ha disposto l’ autopsia sul corpo dell’operaio. Venezia è il 27 esimo ex dipendente deceduto dell’azienda di Elio Graziano che negli anni ’80 scoibentava le carrozze ferroviarie dall’amianto nello stabilimento di Borgo Ferrovia, ad Avellino. L’uomo non era tra le 237 parti civili nel processo in corso a Napoli. Avrebbe dovuto testimoniare in una delle prossime udienze, dopo aver rinunciato più di una volta a causa delle sue gravi condizioni di salute.

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