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Channel: Cronaca Giudiziaria
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Napoli, giustizia lenta: libero il boss Nicola Rullo. Ora è sorvegliato per evitare che fugga come due anni fa

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Napoli. E’ da due giorni a casa e la sua scarcerazione sta alimentando un vespaio di polemiche sulla giustizia lumaca. Nicola Rullo, 47 anni detto o’ nfamone uno dei dei reggenti del clan più potenti di Napoli, i Contini, è libero dopo soli 18 mesi di carcere e con una condanna di dieci anni da scontare. Da un anno e mezzo aspettava che venisse fissato il processo in Cassazione dopo la sentenza in Appello che lo aveva condannato per tentata estorsione riportandolo in cella. Siccome il processo davanti alla Suprema Corte non è stato ancora definito , i suoi legali (avvocati Salvatore Pane, Domenico Dello Iacono e Saverio Senese) hanno presentato appello al Riesame (ottava sezione) e il ricorso è stato accolto. La storia si ripete dunque: già due anni fa in attesa della sentenza di Appello era tornato libero ma dopo 10 anni di carcere. Rullo attualmente, come anticipato nella tarda serata di ieri da Il Mattino, era detenuto nel carcere nel carcere di Rebibbia in regime di 41bis. Era stato scarcerato a giugno del 2017 ma in attesa della sentenza di appello dal mese di settembre dello stesso anno aveva fatto perdere le sue tracce: quando aveva presagito l’esito sfavorevole del suo ricorso in Appello contro una condanna in primo grado per estorsione aggravata da finalità mafiose. Dopo pochi giorni infatti arrivò la sentenza dei giudici del secondo grado con la contestuale emissione di una nuova ordinanza cautelare. Ma quando i carabinieri si presentarono nel “Buvero” per notificargli l’ordinanza del boss non vi era più traccia. Fu però arrestato un mese dopo a Itri in provincia di Latina insieme con il suo fedelissimo Roberto Murano e un nipote, Davide Geldi. Fi stanato in una villetta in una zona impervia delle colline del Pontino, aveva 30 mila euro in contanti e due passaporti falsi. Gli investigatori ritennero che stesse per fuggire all’estero. La sua scarcerazione arriva in un momento delicatissimo della storia criminale di Napoli con le fibrillazioni in atto tra i clan del centro storico di Napoli e con l’avanzata dei Mazzarella, “nemici” dei Contini, verso i territori storicamente occupati dal clan di cui Rullo è uno dei maggiori esponenti. L’attenzione delle forze dell’ordine da due giorni è altissima. Il boss è sorvegliato così come la sua abitazione per evitare una nuova fuga come due anni fa in attesa della sentenza della Cassazione.

Cronache della Campania@2018


Corruzione: assolto l’ex sindaco Bobbio, oggi giudice a Nocera Inferiore

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Castellammare di Stabia. Era stato condannato per corruzione dai giudici del Tribunale di Torre Annunziata, insieme al commercialista-consulente Felice Marinelli: oggi pomeriggio la Corte d’Appello di Napoli cancella la condanna per Luigi Bobbio, ex sindaco di Castellammare di Stabia e oggi giudice al tribunale civile di Nocera Inferiore. I giudici della sezione sezione penale della Corte d’Appello di Napoli (presidente Abbamondi, a latere Mastrominico e Picardi) hanno assolto i due imputati con la formula perché il fatto non sussiste, ribaltando così il precedente verdetto che fu emesso nel marzo 2018. Secondo l’impostazione l’accusa, il consulente-commercialista avrebbe pagato delle cartelle esattoriali di Bobbio per ricambiare la nomina a consulente in una società partecipata avuta proprio grazie all’allora primo cittadino. Durante la requisitoria il sostituto procuratore generale aveva chiesto la prescrizione per Bobbio e la conferma della condanna per Marinelli ma la Corte d’Appello ha deciso diversamente, discostandosi dalle conclusioni accusatorie e recependo invece le argomentazioni difensive incentrate sull’insussistenza delle contestazioni. Bobbio è stato difeso dall’avvocato Andrea Ruggiero, mentre Marinelli è stato difeso dagli avvocati Gaetano Inserra e Lucio Majorano. “E’ stata una sentenza molto coraggiosa e di questo sono felice dopo tutto quello che ho passato”, ha commentato Bobbio, attualmente giudice civile al Tribunale di Nocera Inferiore.

Cronache della Campania@2018

Omicidio Materazzo, il pm: “L’imputato abusa delle garanzie difensive”. Nuovo rinvio

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Avvocato d’ufficio per Luca Materazzo e nuovo rinvio del processo. E’ la quindicesima volta che il 38enne unico imputato al processo per l’omicidio del fratello Vittorio, cambia avvocato. Ieri l’imputato ha revocato i suoi legali, Alessandro Motta e Concetta Chiricone, alla vigila dell’udienza che sarebbe stata caratterizzata dall’arriga finale. A difenderlo è stato designato l’avvocato Alfonso Maria Avitabile che naturalmente ha chiesto i termini a difesa e il rinvio del processo per studiare il caso. Numorosi i legali che si sono succeduti nel corso del dibattimento davanti alla terza Corte di Assise presieduta da Giuseppe Provitera, iniziato circa un anno fa nell’aula 115 del Tribunale di NAPOLI. Il pm Francesca De Renzis, che ha chiesto l’ergastolo per Luca Materazzo, oggi ha puntato il dito contro l’imputato accusandolo di “abuso delle garanzie difensive”. Il presidente Provitera ha rinviato l’udienza al prossimo 7 maggio, dopo avere concesso i cosiddetti “termini a difesa” al nuovo legale.

Cronache della Campania@2018

Napoli, il boss Rullo appena scarcerato fermato per traffico di droga

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Napoli. Questa volta è durata poco più di 24 ore la libertà del boss del clan Contini, Nicola Rullo o’ nfamone. Dall’altra sera è in stato di fermo perché accusato di traffico di stupefacenti. Una mossa a sorpresa che questa volta non gli ha dato il tempo, come nel 2017, di organizzare la fuga e la latitanza. Dopo la sua clamorosa scarcerazione era stata organizzata una strettissima ‘sorveglianza’ da parte delle forze dell’ordine sotto la sua abitazione al “Buvero” poi, come anticipa Il Mattino, è arrivata il decreto di fermo da parte del pm anticamorra Ida Teresi e dal capo della Dda Giuseppe Borrelli. Entro domani ci sarà la convalida davanti al gip ma nel frattempo non si placano le polemiche sull’anomala scarcerazione avvenuta, nonostante la condanna in secondo grado a 10 anni di carcere, per la lentezza della trasmissione degli atti alla Cassazione. Dopo il suo arresto avvenuto a Itri in provincia di Latina nel 2017 i suo avvocati (Domenico Dello Iacono, Salvatore Pane, Saverio Senese) ricorrono in Cassazione chiedendo l’assoluzione della sua condanna a 10 anni di carcere per camorra. Gli atti arrivano a Roma nel luglio del 2018, una decina di mesi dopo la condanna in appello. E a questo punto qualcosa si inceppa perché i giudici della Suprema Corte impiegano ben nove mesi per fissare l’udienza a carico di Rullo: viene indicata la data del 26 aprile del 2019, ma ormai i termini sono scaduti.I suoi avvocati passano al contrattacco chiedendone la carcerazione per la scadenza dei termine di fase. E i giudici del Riesame di Napoli non possono fare altro che accogliere la richiesta.

Cronache della Campania@2018

I veleni dei Casalesi sotto lo stadio di Casal di Principe

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Il Comune di Casal di Principe e l’associazione Caponnetto si costituiscono parte civile al processo per i rifiuti interrati sotto lo stadio di Casal di Principe che vede alla sbarra esponenti del clan dei Casalesi.
Stamattina dinanzi al collegio presieduto dal giudice Roberto Donatiello del tribunale di Santa Maria Capua Vetere si è svolta l’udienza del processo a carico dei boss Francesco Schiavone conosciuto come “Cicciariello”, il cugino Walter, noto per la costruzione di una villa in stile Scarface, da anni confiscata e non ancora riutilizzata, nonché fratello del più famoso capoclan dei Casalesi, soprannominato “Sandokan”; Nicola Pezzella e Luigi D’Ambrosio. Il giudice ha ammesso le prove e la costituzione delle parti civili (il Comune si è costituito con l’avvocato Gianni Zara) dopodichè il processo è stato rinviato alla fine di settembre quando si entrerà nel vivo delle vicende.
Il processo è nato dall’indagine della Dda di Napoli che nel 2014, sulla base delle dichiarazioni di alcuni pentiti, portò all’effettuazione di scavi nei pressi dello stadio comunale di Casal di Principe. Si sospettava che il clan avesse lì interrato rifiuti tossici.
Le operazioni di scavo confermarono la presenza di 150mila metri cubi di rifiuti speciali pericolosi, in particolare di materiali come stagno, berillio e idrocarburi pesanti, che avrebbero contaminato la falda acquifera facendo aumentare la concentrazioni di sostanze tossiche come il tetracloroetilene, il dicloropropano, lo zinco, il piombo, i nitriti e i nitrati. Dopo gli scavi, furono posti sotto sequestro numerosi pozzi da cui privati cittadini prelevavano l’acqua per irrigare la terra o per il consumo domestico.
A tutti è contestato il reato di adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari con l’aggravante mafiosa, proprio in relazione al presunto inquinamento delle acque.

Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Muore a 70 anni durante riabilitazione al ginocchio, indagati 9 medici

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Muore in un centro di riabilitazione, dove seguiva una fase successiva all’installazione di una protesi, per un intervento presso Ortopedia a Salerno. Ma per la faimglia non sarebbe stato curato, tanto da spingere la stessa a presentare denuncia. Sono 9 i medici indagati per la morte di Giovanni Ceruso, 70enne di Siano, deceduto in un centro riabilitativo di Roccapiemonte.
Nel registro degli indagati compaiono alcuni medici della struttura, ma anche quelli del reparto di ortopedia dell’ospedale Ruggi, di Salerno. L’uomo, di circa 70 anni, avrebbe sofferto da tempo di problemi di natura cardiaca. All’ospedale di Salerno c’era finito per un intervento al ginocchio, con l’installazione successiva di una protesi. Un intervento riuscito, che prevedeva come step successivo seguire un percorso di riabilitazione. A questo, era stata poi prescritta una cura di farmaci. I familiari contestano il mancato rispetto di quella prescrizione, a differenza invece dei legali dei medici, che parlano di un rispetto di quanto comunicato dall’ospedale. Ora l’inchiesta, con l’autopsia eseguita nei giorni scorsi sul paziente, i cui risultati, redatti dal consulente nominato dalla procura, saranno depositati a chi coordina l’indagine entro i tempi previsti dalla legge. L’uomo è deceduto il 6 aprile scorso.

Cronache della Campania@2018

San’Antonio Abate, a giudizio il presunto ‘corvo’ che ora denuncia sindaco e assessori: ‘Sono innocente, è un complotto’

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Sant’Antonio Abate. La storia è cominciata ufficialmente due anni fa, quando gli inquirenti hanno fornito un potenziale volto alla mano ignota che scriveva volantini contro l’amministrazione abatese. In realtà il fenomeno era partito circa due anni prima, una dinamica misteriosa e ripetitiva, che affliggeva il comune di Sant’Antonio Abate. I volantini circolavano come serpi avvelenate e scagliavano gravi accuse verso l’amministrazione, in più con cadenza periodica. Una mano ignota che sapeva esattamente quando colpire e cosa dire. Quali erano le accuse? I volantini facevano riferimento ad un utilizzo improprio di un’auto blu da parte del sindaco. Stando ai volantini il primo cittadino avrebbe utilizzato la vettura, con tanto di autista, per farsi prelevare – al rientro di un viaggio – all’aeroporto di Napoli, in piene ferie agostane.  Fin qui solo voci di corridoio. Ma tuttavia qualcuno all’interno dell’amministrazione ha depositato le prove agli inquirenti. Prove che non lascerebbero spazio ai dubbi: il tabulato telepass indicherebbe orari e luoghi in cui l’auto blu si sarebbe spostata per portarsi a Napoli in pieno agosto.I volantini in giro erano tanti. Tuttavia è finito nel mirino degli inquirenti uno solo di questi: quello che vedeva protagonista un operatore dello staff del sindaco. Il volantino parlava chiaro: presto la persona indicata – con tanto di nome e cognome – avrebbe vinto un concorso per la Polizia Municipale. Detto fatto, e in effetti nel giro di un anno la persona in questione vince il suddetto concorso.

Fu scompiglio all’interno dell’amministrazione, e fu per queste vie che il sindaco Varone, i due assessori Alfonso Manfuso e Giovanni Amendola, e il nuovo poliziotto, decisero, due anni fa, di avviare una denuncia contro ignoti per calunnia e diffamazione. Una denuncia che ha poi fatto scattare le indagini da parte degli inquirenti. Le stesse indagini che hanno stretto il proprio mirino – nel giugno del 2017 – attorno ad un dipendente comunale. L’uomo sarebbe stato “incastrato” grazie ad una testimonianza che avrebbe asserito di aver visto – come recitano le carte – “uno scritto simile a quello del volantino sul computer in uso dall’uomo”. Ed è esattamente così che quest’ultimo si è guadagnato un biglietto di sola andata all’udienza preliminare del 5 aprile, contro sindaco e assessori.

Il 5 aprile l’uomo – di circa 50 anni – è stato rinviato a giudizio – dal gip Emma Aufieri, del Tribunale di Torre Annunziata. L’uomo, diventa così un imputato e il processo per calunnia si aprirà alla fine del mese di luglio, di fronte al giudice monocratico Fernanda Iannone e vedrà sindaco e assessori in veste di parte offesa, in più i tre si sono già costituiti parte civile in fase di udienza preliminare. Il cinquantenne sotto accusa non ne vuole sapere di stare alla sbarra senza far niente, e così, esaurita l’udienza preliminare, decide di contro-denunciare sindaco e assessori per averlo trascinato a processo senza un valido motivo. Un vero e proprio valzer di denunce e una storia ingarbugliata, che toccherà ai giudici sviscerare. Intanto lunedì 15 aprile si è svolta la prima udienza, sempre nelle aule del Tribunale di Torre Annunziata, presieduta dal giudice penale Emanuela Cozzitorto. Udienza che stavolta vedeva da un lato l’imputato e dall’altro il presunto poliziotto. Infatti i processi che regolano le gravi discrepanze tra i quattro sono due, diversi e separati tra loro. In virtù di ciò il giudice Cozzitorto – in  fase di udienza – ha accolto la richiesta di accorpamento dei due processi da parte dell’imputato.

“Sono innocente. Non ho partecipato a nessun atto diffamatorio, e ciò si evince nell’atto giudiziario: non è mai stato ritrovato nel computer indicato il volantino incriminato. Sono vittima di un complotto prodotto da antipatie. Inoltre tengo a precisare che il computer in questione è quello della biblioteca comunale, quindi di pubblico dominio: non è un fatto di poco conto. Chiedo che sia fatta luce sulla vicenda e che venga acclarata la mia innocenza” , asserisce con fermezza l’imputato. Intanto l’avvocato Giacomo Marini del foro di Roma – a difesa del dipendente comunale – afferma “Siamo pronti ad affrontare questa dura battaglia, che vede una persona perbene ed innocente sottoposta ad un vaglio giudiziario veramente pesante. Il mio cliente ha fiducia nella giustizia, ed è assolutamente estraneo alle accuse che gli sono rivolte”.

Filly Vicidomini

Cronache della Campania@2018

Boscoreale, nuova assoluzione per il capo piazza del Piano Napoli

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Boscoreale / Scafati – Nuova assoluzione per il “signore della droga” Mario Padovani, attuale capo piazza del piano Napoli di Boscoreale nonché sorvegliato speciale di primo piano dell’area Vesuviana. Ennesima assoluzione, da guinness dei primati, oltre dieci anche se questa volta le accuse erano più gravi, avendo la Procura aggiunto la violazione della guida senza patente con recidiva nel biennio. Era stato fermato ed arrestato in flagranza nel comune di Scafati perché colto oltre i confini di Boscoreale, dove era stato confinato per la sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno ed alla guida di un’auto che risultava oggetto di sequestro amministrativo. Incurante delle prescrizioni della sorveglianza speciale, il pluripregiudicato per reati associativi e per traffico di droga girava a bordo della sua auto. I carabinieri della stazione di Boscoreale lo avevano pedinato e bloccato dopo che il sorvegliato speciale aveva lasciato il territorio di Boscoreale. La difesa del pericoloso pregiudicato affidata all’avvocato Gennaro De Gennaro aveva scelto il giudizio abbreviato. Il pubblico ministero del tribunale di Nocera inferiore aveva chiesto il carcere per la sua biografia penale in sede di rito direttissimo, annoverando il Padovani un corposo curriculum criminale. Nella giornata di oggi, il PM aveva chiesto una condanna di 1 anno e 8 mesi. Uscito dalle patrie galere da alcuni anni dopo aver scontato una decina d’anni di carcere, Padovani era stato sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di Boscoreale.È l’ennesima denuncia che il pluripregiudicato ha riportato ma per l’ennesima volta evita non solo il carcere ma viene assolto.Il giudice del tribunale di Nocera accogliendo la tesi difensiva del suo avvocato ha assolto il Padovani non solo dai reati di violazione degli obblighi della sorveglianza speciale artt.73 e 75 dlgs 159/11 ma anche dal reato di guida senza patente con recidiva nel biennio.

Cronache della Campania@2018


Cella, telecamere e finestre rotte accompagnate da minacce a direttore e agenti: tre processi contro Zagaria

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 Una cella distrutta.  Telecamere e finestre rotte. Minacce al direttore e agli agenti della polizia penitenziaria del carcere di Opera. Tutte le accuse per boss il Michele Zagaria, capo clan dei Casalesi, trasferito da qualche mese al carcere di Tolmezzo in provincia di Udine  per le quali la Procura di Milano ha disposto il rinvio a giudizio con immediato, con i processi, che saranno trattati singolarmente e cominceranno il prossimo mese di giugno per danneggiamento, minacce e lesioni.    Si tratta delle condotte illecite tenute dal boss lo scorso anno all’interno del carcere di Milano Opera dove è stato detenuto prima del suo trasferimento, ad agosto, al penitenziario di L’Aquila e poi successivamente  a quello di Tolmezzo. Tra il 5 ed il 19 maggio dello scorso anno Zagaria, recluso dal 7 dicembre 2011, ovvero da quando finì la sua latitanza dopo 14 anni, ha picchiato, danneggiato e ha fatto minacce. Intimidazioni come quelle rivolte ad un agente del penitenziario milanese: “Se quel rapporto esce dalla sezione io prendo 15 giorni di isolamento…deve cancellare dal rapporto la parte dove io le dico di avvicinarsi di più al cancello della cella per aggredirla, oppure deve strappare il foglio”, ma anche minacce a psichiatri ed al direttore del carcere. Tra le contestazioni anche l’aver dato due schiaffi ad un poliziotto penitenziario, l’aver rotto la telecamera che lo monitorava con un bastone e la finestra della sua cella.  Invece a partire dalla settimana dopo le ferie pasquali, il boss Zagaria, dovrà comparire  in video-conferenza  in Corte di Assise a Napoli,  dove è imputato con  il collaboratore di giustizia Antonio Iovine per l’omicidio di Nicola Villano detto  Zeppetella avvenuto nel 2001. Dalle attività investigative è emerso che i mandanti dell’evento delittuoso sarebbero stati Antonio Iovine e Michele Zagaria. Gli esecutori materiali sarebbero stati Cristofaro Dell’Aversano e Vincenzo Conte, mentre Claudio Giuseppe Virgilio avrebbe avuto il compito di agevolare negli spostamenti i componenti del gruppo di fuoco. Zagaria ha recentemente revocato tutti i suoi legali ed è assistito solo dall’avvocato Paolo Di Furia. 

Cronache della Campania@2018

Maxi truffa all’Inps, 16 rischiano il processo. I nomi

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Sono 16 gli indagati che rischiano il processo per una maxi truffa ai danni dell’Inps. A chiedere il rinvio a giudizio è stato il pm Buonanno della Procura di Napoli Nord: al centro della vicenda c’è una indagine sulla società Lda Spada Reverse con sede a Casal di Principe. Come scrive ‘Cronache di Caserta’, i ‘finti lavoratori’ Francesco Antonio Celeste (26 anni di Casal di Principe), Pasquale Cannavacciuolo (54 anni di San Marcellino) e Valerio De Luca (30 anni di San Cipriano d’Aversa) presentarono nel marzo 2013 richiesta di riconoscimento dell’indennità di disoccupazione, la mini Aspi, inducendo in errore l’Inps attestando di aver ottenuto un lavoro nella ditta per poi venire licenziati, intascando così quasi 20mila euro.
Lo stesso titolare della società, Alfonso Spada, 42enne di Casal di Principe, assieme a Raffaele Borsachiello (49 anni di Casal di Principe), Agostino Paciello e Raffaele Paciello (34enne e 58ennne di Casal di Principe) è accusato di tentata truffa. Questi avrebbero infatti messo in piedi lo stesso raggiro, ma l’Inps bloccò questa volta i pagamenti.
Nell’indagine sono coinvolti anche Giuseppe Diana, 69 anni di Casal di Principe, Nazaro Gallo, 40 anni di San Marcellino, Cristiana Grieco, 37 anni di Casal di Principe, Vincenzo Grieco, 33 anni di Frignano, Luigi Marseglia, 30 anni di Maddaloni, Salvatore Infante, 31 anni di San Cipriano d’Aversa, Pietro Petrillo, 54 anni di Casal di Principe, Armando Sgaglia, 37 anni di Casal di Principe, Giovanni Esposito, 27 anni di Cesa. I 16 indagati sono accusati inoltre di falso ideologico. L’udienza preliminare nella quale il giudice Santoro deciderà se rinviarli a giudizio si terrà a giugno

Cronache della Campania@2018

Confermati i sigilli alla villa del fratello del boss Zagaria

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La villa di via don Peppe Diana a Casapesenna, riconducibile ai familiari del boss Michele Zagaria, resta sotto chiave. E’ quanto ha deciso il tribunale del Riesame che ha confermato il sequestro disposto dal gip di Napoli in seguito ad un’inchiesta della Dia che aveva portato al sequestro di un tesoretto, fatto di beni immobili, da 3 milioni di euro riconducibili al boss ed ai suoi parenti.
Secondo quanto riferito da Cronache di Caserta i giudici hanno confermato il sequestro della villa di via don Peppe Diana, formalmente intestata a Marcella Maccariello, ma risultata nella effettiva proprietà di Pasquale Zagaria, fratello del capoclan, e della moglie Francesca Linetti.
Per la Dia l’immobile ha un valore commerciale di oltre un milione e 500mila euro ed è stato interamente costruito su di un terreno estorto da Pasquale Zagaria al precedente proprietario, il quale ricevette, contro la sua volontà, la somma di 60.000 euro per la compravendita.
Per questo a Pasquale Zagaria è contestato il delitto di estorsione in danno dei precedenti proprietari dell’immobile; allo stesso, a Francesca Linetti ed a Marcella Maccariello è contestato il reato di trasferimento fraudolento di valori, per aver intestato fittiziamente, i coniugi Zagaria-Linetti, l’immobile risultato essere nella loro proprietà a Marcella Maccariello.

Cronache della Campania@2018

Ventotto veicoli spariti dal deposito giudiziario: il titolare sotto processo

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Auto e moto confiscate sparite da un deposito giudiziario di Castel Volturno. per questo motivo è finito sotto processo Giacomo N., titolare della rimessa, accusato per l’omessa custodia dei beni sottoposti a sequestro. Nel corso dell’ultima udienza, celebrata dinanzi al collegio presieduto dal giudice Roberta Carotenuto del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, è stato escusso un dipendente dell’Agenzia del Demanio di Napoli oggi in servizio in Molise. Il funzionario ha spiegato che presso la rimessa di Castel Volturno “erano depositati circa 200 veicoli, tra auto e moto, di cui non avevamo documenti sulla demolizione. Per questo decidemmo di fare un sopralluogo”.
Durante i controlli “alcuni veicoli non vennero trovati mentre altri erano stati smontati e vennero trovati privi di parti meccaniche e targhe”. Per la maggior parte dei veicoli in custodia il titolare del deposito riuscì a fornire documentazione ma di 28, 10 auto e 18 moto, “non venne giustificata l’assenza in deposito”.
Il funzionario del Demanio ha poi spiegato, nel rispondere alle domande dell’avvocato Nando Letizia difensore dell’imputato, di non essere a conoscenza di furti o raid incendiari presso il deposito e che presso lo stesso “non ho mai visto l’imputato che è il figlio del reale titolare del deposito”. Il processo è stato dunque rinviato a metà maggio.

Cronache della Campania@2018

La Procura chiede di nuovo l’arresto dei medici assenteisti

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La Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere non si arrende e torna a chiedere l’arresto dei medici ed infermieri che sono stati raggiunti nei giorni scorsi dal provvedimento cautelare dell’obbligo di firma per assenteismo. Il magistrato ha infatti proposto istanza di appello al Riesame chiedendo un nuovo provvedimento cautelare dopo che il gip aveva negato l’arresto nelle scorse settimane a carico di medici ed infermieri coinvolti nell’inchiesta sull’assenteismo all’ospedale San Rocco di Sessa Aurunca. Gli indagati sono residenti a Sessa Aurunca, Napoli, Caserta, Carinola, Mondragone, Cellole, Casagiove, Gragnano e Teano. L’udienza è fissata a metà maggio ed arriverà dopo le decisioni del tribunale del Riesame di questi giorni dove è caduta l’associazione che era contrasta a sei medici, anche se i giudici hanno confermato il provvedimento cautelare in atto.

Cronache della Campania@2018

Viola le misure di prevenzione: condannato l’imprenditore dei Casalesi

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Viola le misure di prevenzione cautelari: condannato l’imprenditore del clan. La Cassazione conferma la pena di oltre 2 anni per Cerci.L’uomo dei del clan dei Casalesi nella gestione del settore rifiuti e coinvolto in un’inchiesta sulla P2 di Licio Gelli negli anni ’90. Stavolta, però, Gaetano Cerci è stato condannato in via definitiva per un reato “minore” come la violazione della sorveglianza speciale.La Corte di Cassazione, infatti, ha respinto il suo ricorso (dichiarato inammissibile) confermando la sentenza della Corte d’Appello di Napoli pronunciata nell’aprile 2017 con cui Cerci era stato condannato a 2 anni ed 1 mese di reclusione.
Secondo quanto ricostruito Cerci – condannato in Appello per la vicenda della discarica Resit tra Parete e Giugliano – avrebbe violato la misura di prevenzione della sorveglianza speciale venendo sorpreso per tre volte, tra il 2005 ed il 2006, in compagnia di soggetti pregiudicati.

Cronache della Campania@2018

Il pentito: ‘Zagaria pagava i boss detenuti con i soldi delle scommesse’

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La mente imprenditoriale di Michele Zagaria ha permesso al clan dei Casalesi di riuscire ad avere sempre importanti entrate fisse senza dover per forza ricorrere alle minacce ed alle prove di forza. E’ quanto emerge dalle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, molto vicini all’ultimo capoclan finito in manette, che hanno raccontato come il vero business della camorra casertana sia diventato, col passare degli anni, quello delle scommesse on line. La cassa del clan Zagaria era affidata alle mani di Attilio Pellegrino, anche lui poi diventato collaboratore di giustizia. “Nel luglio 2010 Zagaria mi convocò e dopo avermi fatto un regalo per consentirmi di andare in vacanza mi incaricò di prendere contatti con gli esponenti del clan Schiavone e Iovine che gestivano le medesime attività. Michele Zagaria aveva notato che le entrate per il suo clan erano diminuite per via del fatto che coloro i quali si occupavano di gestire l’intero settore pagano prioritariamente i loro affiliati ed in via residuale quelli del clan Zagaria. Quest’ultimo mi disse che era arrivato il momento di aumentare le entrate in quanto le spese degli stipendi erano superiori rispetto a quanto ci trasmettevano. Zagaria mi diede 35mila euro di tasca propria da utilizzare per gli stipendi, ma mi disse per il futuro che avrei dovuto reperire delle risorse autonomamente. In quella stessa occasione Zagaria decide di ridurre l’importo degli stipendi a tutti gli affiliati ad eccezione di Francesco Schiavone Sandokan a cui dava 15mila euro, Francesco Bidognetti (15mila euro), Walter Schiavone (10mila euro) e Giuseppe Caterino (5mila euro). A tutti gli altri assicurava uno stipendio di 2500 euro”.

Cronache della Campania@2018


Napoli, ‘diffida’ per la moglie dell’ex boss pentito Marco Mariano

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Napoli. Ha ricevuto una “diffida” dai carabinieri Patrizia Cinque, la moglie dell’ex boss pentito dei Quartieri Spagnoli, Marco Mariano. La donna è stata trovata dai carabinieri la sera del sabato santo presso l’abitazione della sua figlia primogenita. Non aveva l’autorizzazione da parte del servizio centrale di protezione e per questo che è scattata la diffida. In caso di una prossima violazione per lei potrebbe scattare pure la revoca del programma di protezione a cui è sottoposta da due anni insieme con il marito. Nel mese di febbraio scorso Patrizia Cinque è stata condannata, da libera, a 4 anni di reclusione nel processo di Appello contro il clan scaturito proprio dalle confessioni del marito e dal suo guardaspalle Maurizio Overa. In quella occasione si registrò anche la clamorosa assoluzione del boss Ciro Mariano, il capo dei Picuozzi che era tornato in libertà nel mese di aprile dello scorso anno dopo 31 anni di carcere continuato. le accuse nei confronti di una dozzina di esponenti del clan per la maggior parte componenti della famiglia Mariano, che avevano optato per il rito abbreviato, erano di estorsione aggravata, in quanto avrebbero imposto i loro prodotti alimentari ai commercianti di mezza Napoli, e di traffico di droga, poiché grazie ad accordi con altre cosche erano riusciti a gestire le piazze dello spaccio per la movida. Ma nel processo di Appello sono arrivate pene ridotte per tutti compresi i figli di Ciro Mariano, cognati e fedelissimi.

Cronache della Campania@2018

Investe ed uccide un 27enne: perizia psichiatrica per l’automobilista

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Sarà una consulenza psichiatrica a valutare la capacità di stare in giudizio e quella di intendere e volere al momento dei fatti per Clemente M., 40enne di Arpaia, che ha investito ed ucciso un 27enne sull’Appia a Maddaloni.
E’ quanto accaduto oggi nel corso del processo con abbreviato che si sta celebrando dinanzi al gup Sergio Enea del tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Durante l’udienza il magistrato ha conferito incarico al perito dopo l’istanza del difensore dell’imputato che aveva chiesto al giudice di valutare le condizioni psichiche del suo assistito. Il processo per la morte del giovane riprenderà ad inizio giugno.
La tragedia si verificò all’inizio di ottobre. La vittima, Iskakov Myrbek originario del Kirgistan, si stava recando a lavoro a bordo di uno scooter quando venne travolto dalla Fiat Punto guidata dal 40enne. L’impatto fu violentissimo e fatale per il giovane straniero.

Cronache della Campania@2018

Il chirurgo del Cardarelli legato ai Casalesi indagato per produzione di farmaci per il clan Mallardo

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Carmine Antropoli ha indossato la fascia tricolore dal 2006 al 2016. Ma soprattutto medico. L’anno scorso il forzista di Sant’Angelo in Formis, candidato alla Camera nel collegio beneventano, è riuscito a ritagliarsi un ruolo di vertice nel Cardarelli: è diventato direttore della Uoc di Chirurgia generale 3. Poi, a febbraio, la sospensione temporanea dal lavoro a causa dell’arresto. Tre mesi fa i carabinieri, su ordine del gip Fabio Provvisier, lo hanno portato in cella per concorso esterno al clan dei Casalesi. E l’indagine che lo tiene cautelarmente in prigione, oltre all’essere medico e amministratore, avrebbe fatto emergere anche un’altra sua peculiarità: l’abilità, scrivono gli investigatori, nel progettare ‘stratagemmi’ per collezionare introiti extra. E la presunta inclinazione affaristica di Carmine Antropoli, come un effetto domino, ha acceso i riflettori del Nucleo investigativo di Caserta sulla New Fa.Dem di Giugliano in Campania.
Mentre i militari indagavano sui presunti rapporti tra politici casertani e clan dei Casalesi, è saltata fuori l’azienda di Napoli Nord che ha prodotto un farmaco brevettato dal chirurgo santangiolese.
Dall’attività investigativa, infatti, sarebbe emerso l’ avvicendarsi di intrecci, relazioni e coinvolgimenti familiari finalizzati, sostengono i militari dell’Arma, a commettere illeciti prevalentemente finanziari: il tutto, questa la tesi ancora da provare, all’ombra dei Mallardo (le ipotesi di reato riscontrate sono oggetto di un’inchiesta parallela a quella incentrata su Capua)

Cronache della Campania@2018

Camorra, il capo dei ‘Barbudos’ al carcere duro

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Il ministero della Giustizia ha deciso di mettere al carcere duro il boss Antonio Genidoni, capo dei ‘Barbudos’ del rione Sanità e protagonista della sanguinosa faida con i Vastarella e con i Lo Russo. Genidoni in carcere dal luglio del 2017 è il figliastro dell’ex boss del rione Sanità, Pierino Esposito ucciso dai Lo Russo. Fu arrestato a Milano insieme con la mamma, Dora Spina, parente dei Sequino, la moglie Vincenza Esposito e il cugino Emanuele Esposito. Stavano progettando l’ennesima strage contro i Vastarella dopo quella che avevano compiuto alla Fontanelle nel mese di aprile dopo la risposta dei nemici con il duplice omicidio avvenuto a Marano di padre e fratello di Emanuele Esposito. In settimana Antonio Genidoni sarà trasferito nel carcere di massima sicurezza di Tolmezzo in provincia di Udine.

Cronache della Campania@2018

Camorra, il boss Zagaria a processo per omicidio

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Il boss Michele Zagaria comparirà – in videoconferenza – davanti ai giudici della Corte di Assise di Napoli, il prossimo 9 maggio, per difendersi dall’accusa mossa dalla DDA partenopea di essere il mandante di un omicidio maturato all’interno del clan, quello di cui è stato vittima Nicola Villano, detto “zeppetella”, ucciso il 20 luglio 2001, in un autolavaggio di San Marcellino, nel Casertano. In realtà, secondo gli inquirenti, quel giorno, proprio per volere di Zagaria e dell’altro capo della federazione casalese Antonio Iovine, a morire doveva essere Raffaele Della Volpe, il capo zona “ribelle” del clan dei casalesi ad Aversa. Ma i killer, in quell’occasione, decisero di non portare a termine il compito assegnato loro dai due capiclan perché nella macchina di Della Volpe c’erano anche la moglie e la figlia di pochi mesi del ras. Ci andò di mezzo Villano, uomo di fiducia di Della Volpe, sorpreso dai sicari qualche ora dopo il tentato omicidio di Della Volpe e ammazzato da una raffica di colpi d’arma da fuoco. In video conferenza dal carcere di Tolmezzo (Udine), dove é ora ristretto in regime di 41 bis, “capa storta” (com’é soprannominato Zagaria, ndr), sarà chiamato a rispondere alle domande degli inquirenti, difeso dall’avvocato Paolo Di Furia. L’ex primula rossa dei casalesi (che è assistita anche dall’avvocato Piera Farina di L’Aquila, ndr), tra le altre cose è accusato dalla Procura di Milano (pm Stefano Ammendola ne ha chiesto la citazione diretta a giudizio, ndr) di una serie di reati commessi dal 5 al 19 maggio 2018, quand’era detenuto nel carcere di Opera: agenti della penitenziaria minacciati, aggrediti e schiaffeggiati, sistemi di videosorveglianza fatti a pezzi, e gravi minacce all’indirizzo del direttore e degli psichiatri della struttura penitenziaria. Manifestazioni di intolleranza che fanno il paio con le gravi invettive rivolte ai pm antimafia napoletani Maresca e Giordano durante una recente udienza di un processo in corso nel Tribunale di Napoli Nord, ad Aversa. Comportamenti estremi da parte di un Zagaria sempre più insofferente, che ormai da una cinquantina di mesi vive in costante isolamento. Dopo tanti anni trascorsi a Milano Opera e una breve parentesi a L’Aquila, Zagaria qualche mese fa e’ stato trasferito dal DAP a Tolmezzo, in provincia di Udine. Per quanto riguarda i gravi fatti di Milano, per ben due volte (la prima per il legittimo impedimento dell’avvocato, la seconda per la mancata predisposizione del sistema di videosorveglianza, ndr) il giudice monocratico di Milano non si e’ potuto pronunciare. Se non ci saranno altri intoppi potrebbe farlo agli inizi del prossimo giugno.

Cronache della Campania@2018

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