Quantcast
Channel: Cronaca Giudiziaria
Viewing all 6090 articles
Browse latest View live

Cassazione, confiscata la società legata all’imprenditore dei Belforte

$
0
0

Confermata la confisca del totale delle quote della società di vigilanza privata di Carlo Chiaiese, ritenuto uno dei prestanome dell’imprenditore di Marcianise Angelo Grillo, legato al clan Belforte. La Corte di Cassazione ha confermato il provvedimento pronunciato dalla Corte d’Appello di Napoli con cui era stata disposta la confisca di prevenzione del 100 percento delle quote sociali della Fedelpol, con sede in provincia di Livorno, formalmente intestata a Chiaiese ma riconducibile alla galassia delle imprese facenti capo ad Angelo Grillo.
Per la Suprema Corte “la disponibilità della società era sempre rimasta in capo a Grillo risultato vero e proprio dominus della stessa”. Inoltre dalla documentazione bancaria è emerso anche come Chiaiese “non aveva nessuna disponibilità finanziaria da investire”.

Cronache della Campania@2018


Presidente Napoli sotterranea accusato di abusi sessuali, la difesa: “Quel giorno era a chilometri di distanza”. Oggi prima udienza

$
0
0

Napoli. Accusato di violenza sessuale ai danni di una sua ex dipendente si difende e spiega che il giorno in cui sarebbe accaduto l’episodio era lontano chilometri dal centro storico. E’ iniziato con una strenua difesa il processo a Vincenzo Albertini, presidente dell’associazione Napoli Sottorranea, accusato di violenza sessuale ai danni di una ex collaboratrice che lo ha denunciato. Il processo si sta celebrando dinanzi alla V sezione penale del Tribunale di Napoli dopo che a luglio scorso l’imputato era stato rinviato a giudizio dal Gup Anna Tirone accogliendo la richiesta del pm Stella Castaldo. Stamane gli avvocati di Albertini, i penalisti Maurizio Zuccaro, Sergio Pisani e Ilaria Grumetto, hanno depositato i tabulati telefonici del presidente dell’associazione “che dimostrano che nel giorno e nell’ora del presunto abuso era a chilometri di distanza dal centro storico di Napoli. La lettura dei tabulati rende del tutto incompatibile la ricostruzione dei fatti denunciati dalla vittima presunta di abusi sessuali”. L’avvocato Alessandro D’Alterio, che difende la ragazza, parla invece di un ‘buco’ nei tabulati proprio nella fascia oraria in cui sarebbe stato commesso l’abuso. Albertini si è sempre dichiarato innocente.

Cronache della Campania@2018

Docente di Scafati indagato per terrorismo, la Cassazione nega dissequestro

$
0
0

Contatti con presunti affiliati ad una cellula terroristica, la Cassazione conferma il sequestro di materiale informatico, libri tra cui uno scritto in arabo e una sim card ad un professore di Scafati, di 54 anni, coinvolto in un’indagine per partecipazione ad un’associazione terroristica della procura di Bari.
L’uomo aveva presentato ricorso alla Suprema Corte per riottenere il materiale acquisito dai magistrati della Direzione distrettuale di Bari nell’ambito dell’operazione che, nel marzo di un anno fa, ha portato all’arresto del 59enne M.E.M.O.A.R. , egiziano, presidente di un’associazione culturale islamica. Nel ricorso, l’avvocato aveva spiegato che il Tribunale del Riesame di Bari non aveva sufficientemente motivato il sequestro, limitandosi a scopi “esplorativi”, perchè nel caso di specie non sarebbero emersi elementi preesistenti che potessero giustificare l’attività delle forze dell’ordine. Il ricorso aveva poi sostenuto che l’uomo non si fosse mai convertito all’Islam, nè che vi fossero rapporti di parentela con uno degli indagati. Il nome del docente era uscito grazie ad una telefonata intercettata tra due indagati dell’inchiesta, poi con un gruppo Whatsapp denominato “ragazze di famiglia” che, secondo la tesi portata avanti dal docente, sarebbe stato utilizzato solo per comunicazioni tra parenti. Per la Cassazione, invece, in quella conversazione fu pubblicato anche un video poi censurato da uno dei partecipanti. Il ricorso è stato respinto, in quanto il Riesame di Bari – per i giudici di Roma – aveva evidenziato «l’obiettiva sussistenza di elementi indizianti preesistenti e spiegando anche la diretta funzionalità del sequestro per l’accertamento dei fatti». Il professore, residente in Emilia Romagna, sarebbe stato in contatto con l’uomo arrestato a Foggia per il reato di partecipazione ad associazione terroristica. La conversazione finita al centro dell’indagine fa riferimento, tra l’altro, ad Ibn Taymiyya, teologo diventato ispirazione per molti gruppi di matrice jihadista.

Cronache della Campania@2018

Mamma e due gemellini morti: i consulenti della difesa non si presentano e vengono multati

$
0
0

Gricignano. Si è svolto ieri il processo per l’omicidio colposo della povera Francesca Oliva e di due gemellini: tutti i consulenti della difesa citati hanno giustificato l’assenza per l’ennesima volta e il giudice Carotenuto li ha sanzionati con 500 euro cadauno in favore della cassa delle ammende. L’udienza è stata rinviata al 3 giugno 2019 alle ore 10.00 disponendo, su richiesta del pm dottoressa Cozzolino e degli avvocati delle parti civili Raffaele Costanzo e Francesco Lettieri, la citazione da parte della procura della Repubblica di tutti i testi e consulenti della difesa.
Con l’accusa di omicidio colposo aggravato, sono 14 i medici di due strutture ospedaliere (l’ospedale “San Giuliano” di Giugliano e la clinica “Pineta Grande” di Castel Volturno) imputati per la morte di Francesca Oliva, la 29enne di Gricignano deceduta nel maggio 2014, insieme a due dei tre gemelli che portava in grembo, durante il parto avvenuto nella clinica del litorale domizio.
Accusati del reato di omicidio colposo aggravato sono sotto processo sono i medici: Stefano Addeo, Renato Brembo, Gerardo Buonanno, Vincenzo Cacciapuoti, Gerardo Cardone, Giuseppe Ciccarelli, Giovanni De Carlo, Antonio Della Gala, Giuseppe Delle Donne, Pasquale Favale, Pietro Granata, Giuliano Grasso, Crescenzo Pezone ed Antonio Russo.

Cronache della Campania@2018

‘Chi non rispetta mio fratello lo uccido’, il colloquio intercettato in carcere tra Achille Piccolo e Antonio Letizia

$
0
0

Marcianise. “Chi non rispetta mio fratello lo uccido”. La frase choc intercettata in carcere. “Allora sta mio fratello fuori, chi non mi rispetta a mio fratello io lo uccido. Non tengo nulla a che vedere con nessuno. Chi non rispetta a mio fratello lo uccido”. E’ la drammatica frase intercettata in carcere durante un colloquio tra il boss Achille Piccolo ed Antonio Letizia, che commentano l’atteggiamento di Pasquale Piccolo volto ad ‘esautorare’ Andrea Letizia dalle attività dell’organizzazione, fatto questo ritenuto gravemente oltraggioso per l’onorabilità del clan Piccolo/Letizia. Il dialogo è agli atti dell’inchiesta che ha portato nei giorni scorsi all’arresto di 30 persone tra Marcianise e l’hinterland.

Cronache della Campania@2018

I rapporti d’affari e le amicizie tra dirigenti di Ferrovie e clan dei Casalesi: vacanze a Positano e costosi regali

$
0
0

I rapporti d’affari e le amicizie tra dirigenti di Ferrovie e clan dei Casalesi: oltre a ingenti tangenti le vacanze ed i costosi regali. Se la spassavano all’Hotel San Pietro, in costiera amalfitana. Coccolati dal personale dell’albergo più bello e costoso al mondo. Massima attenzione e discrezione per gli illustri ospiti distesi e rilassati. Gli ospiti del San Pietro sono due signori finiti al centro dell’inchiesta della procura antimafia di Napoli che rimette in relazione una azienda pubblica (RFI, rete ferroviaria italiana) e un clan della camorra, la cosca dei casalesi. Le vacanze a Positano tra l’imprenditore del clan dei casalesi e il dirigente di RFI .
I due dei soggetti finiti al centro dell’inchiesta sui vertici della Rete ferroviaria italiana sono Massimo Iorani, dirigente romano dell’area tecnico-commerciale; e Nicola Schiavone, braccio imprenditoriale e finanziario della potente cosca mafiosa casertana. Era l’8 settembre quando i carabinieri che seguono i due soggetti (anche i carabinieri alloggiano nel San Pietro per pedinarli) registrano Schiavone che salda il conto del soggiorno di Iorani (pagamento in contanti). La distinta del pagamento effettuato (acquisita ovviamente dagli investigatori dell’Arma) tra le spese effettuate annotano anche la gita in barca. Tutto filmato, fotografato e intercettato: materiale investigativo, probatorio, di grande interesse. Tutto consegnato dai carabinieri ai pm Antonello Ardituro e Graziella Arlomede, che sotto il coordinamento dell’aggiunto Luigi Frunzio, conducono questa inchiesta delicata (l’ennesima) dell’infestazione delle imprese pubbliche dalle mafie che si insinuano negli appalti. I carabinieri sono andati poi negli uffici romani di RFI di piazza della Croce rossa. Hanno acquisito atti relativi ad appalti per decine di milioni di euro. Un decreto di perquisizione è stato notificato nei confronti di un altro dirigente della Rfi, vale a dire Pierfrancesco Bellotti, manager del reparto di tecnologia, sempre in relazione ad alcuni contatti con Schiavone. Quello che si vuole capire è dove il clan dei casalesi ha inserito sue ditte nella costruzione di opere ferroviarie in Italia. Quali appalti si sono aggiudicati. E come hanno superato i controlli e le norme antimafia che pure presidiano questo settore delle opere pubbliche.

I regali costosi dell’imprenditore vicino al clan dei casalesi ai dirigenti di RFI. Dai suoi uffici di piazza dei Martiri e di viale Gramsci, Nicola Schiavone avrebbe esercitato pressioni per veicolare affidi diretti ad aziende amiche, ma anche per rimuovere funzionari poco graditi, all’interno del colosso di piazza Croce Rossa. Appostamenti, fotografie e intercettazioni, dunque. Siamo a settembre del 2018, quando Schiavone viene fotografato in piazza Vittoria, mentre si reca ad acquistare cravatte e foulard dallo stilista Marinella. Sono regali. Regali portati a Positano, dove l’imprenditore-affarista incontra Iorani. Scrivono gli inquirenti: “Si nota, dalle immagini estrapolate dal sistema di videosorveglianza, che Schiavone estrae una busta con banconote da cinquanta euro”. Poi agli atti dell’inchiesta depositati e dunque pubblici c’è una conversazione del 12 settembre, quando ormai il dirigente ha lasciato l’hotel San Pietro.
Le attenzioni di Schiavone per l’ing. Iorani ospitato a Positano, a Sorrento e…
Schiavone chiama un dipendente del San Pietro per informarsi sulla permanenza del presunto ospite e ottiene questa risposta: “L’ingegner Iorani ha riferito che è stato benissimo e che si è rilassato tantissimo e che sarebbe andato verso Sorrento”. Scatta una seconda attività investigativa, che porterà Schiavone (e gli stessi militari) nell’Hotel Bellevue Syrene, sempre a caccia di elementi in grado di spiegare il rapporto tra il dirigente RFI e l’affarista di Casal di Principe. È del tutto evidente che queste attività di indagine dei carabinieri sono fonti di prova contro gli indagati ma non una sentenza di condanna. Gli indagati avranno evidentemente diritto di difendersi e di poter dimostrare (come spesso accade) che non sempre l’accusa è brava nel dimostrare che una persona ha commesso un reato aldilà di ogni ragionevole dubbio. E infatti le tesi dei difensori, tra cui gli avvocati Carlo Fabbozzo, Giovanni Esposito Fariello, Alfredo Sorge.

Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Violenza nella stazione della Circum: la vittima morse uno degli aggressori

$
0
0

C’e’ stata esplicita violenza e anche un’ esplicita reazione: su questi due punti si fonda il ricorso in Cassazione, presentato ieri dalla Procura di NAPOLI, avverso la decisione del Tribunale del Riesame che nelle scorse settimane ha scarcerato i tre giovani di San Giorgio a Cremano (NAPOLI) accusati di violenza sessuale di gruppo ai danni di una 24enne della vicina Portici. L’istanza, firmata dal pm Cristina Curatoli e dal procuratore aggiunto, Raffaello Falcone, punta il dito, tra le altre cose, sulle divergenze emerse durante gli interrogatori in carcere. In un interrogatorio, in particolare, uno degli indagati, riferisce di avere visto la 24enne mordere uno dei ragazzi, durante i rapporti sessuali nel vano ascensore della stazione San Giorgio a Cremano della Circumvesuviana. Per gli inquirenti una chiara manifestazione di opposizione alle violenze sessuali.

Cronache della Campania@2018

Traffico di auto rubate: la squadra mobile arresta il ricercato internazionale Giuseppe Esposito

$
0
0

Napoli. Ieri mattina gli agenti della Squadra Mobile di Napoli –  2 sezione  Criminalità Straniera, hanno rintracciato e arrestato il 41enne Giuseppe Esposito. I poliziotti a seguito di un’attività infoinvestigativa durata per alcune settimane, hanno localizzato l’uomo destinatario di un mandato di arresto europeo emesso dalle Autorità austriache per i reati di ricettazione e falsificazione di documenti. Secondo le accuse Esposito commerciava in auto rubate nei paesi esterni. L’uomo, incensurato, sarebbe uno dei componenti di un gruppo criminale che traffica in veicoli rubati in ambito internazionale. Giuseppe Esposito, dopo le formalità di rito, è stato accompagnato dai poliziotti nel carcere di Napoli-Poggioreale.

Cronache della Campania@2018


Casalesi in ospedale: dirigente ai domiciliari dopo la condanna

$
0
0

Sono stati concessi gli arresti domiciliari a Bartolomeo Festa, l’ex dirigente dell’ospedale di Caserta, coinvolto nella maxi inchiesta del 2015 sugli interessi del clan Zagaria sul nosocomio civile. In quell’indagine finirono coinvolti tra gli altri Elvira Zagaria, sorella del boss Michele; il consigliere provinciale Antonio Magliulo; Raffaele Donciglio, imprenditore e socio Rd Costruzioni; Vincenzo Cangiano imprenditore, socio Odeia Srl; Domenico Ferraiuolo imprenditore e socio Odeia Srl; Orlando Cesarini, imprenditore e socio Odeia Srl; Luigi Iannone imprenditore; Remo D’Amico. Secondo i giudici Festa avrebbe redatto dei bandi di gara tali da essere appannaggio esclusivo delle ditte vicine al clan degli Zagaria.

Cronache della Campania@2018

Mazzata per il clan Mazzarella: oltre 200 anni di reclusione. TUTTE LE CONDANNE

$
0
0

Napoli. Una mazzata per il clan Mazzarella sponda San Giovanni a Teduccio, quella guidata da Franco o’ parente e Salvatore Donadeo o’ puzzolente, quella della faida con i Rinaldi del rione Villa e dell’alleanza con i D’Amico “gennarella” di via Nuova Villa che ora sono diventati i nuovi padroni del quartiere. Oltre 200 anni di carcere sono stati inflitti ai 17 componenti del gruppo che finirono in manette lo scorso anno che hanno deciso di farsi processare con il rito abbreviato. Il gup Maria Laura Ciollaro ha condannato a 20 anni di carcere Salvatore Donadeo, Marco Esposito Montefusco e Gianluca Fummo a 16 anni, Vincenzo Cozzolino a 14 anni; Giuseppe Cozzolino, Rosario Guadagnuolo, Marco Bernardo e Pasquale Troise a 12 anni; Mariano Bonavolta, 10 anni e 8 mesi; a 10 anni di carcere invece Francesco Mazzarella “’o parente”, Luigi Bonavolta, Luigi Gitano, Salvatore Novellino, Vincenzo Santaniello e Antonio Scognamiglio; a otto anni di carcere Francesco Barattolo e Gennaro Limatola. E infine Arcangelo Cimminiello a 5 anni e 4 mesi

Le indagini che ha portato al loro arresto e quindi alla richiesta di processo sono scaturite dall’omicidio, avvenuto il 26 agosto del 2012, di Di Pede Vincenzo, affiliato al clan Formicola e  hanno consentito non solo di individuare gli autori dell’omicidio in Raffaele Russo e  Rosario Guadagnuolo , affiliati al clan Mazzarella, già condannati in primo grado, ma anche di dimostrare l’attuale operatività del clan Mazzarella al cui vertice spicca la figura di Francesco Mazzarella, soprannominato ‘o parente che, anche non si è mai esposto in prima persona nelle azioni violente, ha assunto il ruolo di capo indiscusso, in virtù anche dell’investitura che gli deriva dall’appartenenza alla famiglia Mazzarella.
Le investigazioni hanno, inoltre, accertato che l’omicidio Di Pede ha determinato una spaccatura tra il clan Mazzarella e il clan Formicola, un tempo alleati e la nascita di una nuova alleanza tra il clan Formicola e il clan Rinaldi.
Dal mutamento degli assetti criminali sono scaturiti alcuni episodi di violenza avvenuti negli anni 2014 e 2015, consistiti in atti di ritorsione e in reciproci agguati, chiaramente riconducibili alla faida tra i Mazzarella e i Rinaldi/ Formicola, in considerazione delle vittime attinte, dei luoghi in cui si sono verificati e delle modalità operative.
Dalle indagini svolte negli ultimi mesi è emerso, invece, che l’annoso scontro tra i Rinaldi/Formicola e i Mazzarella si è acuito a causa degli arresti eseguiti nel novembre 2017 nei confronti di numerosi esponenti del clan De Micco, operante nel quartiere di Ponticelli, che hanno comportato un mutamento degli assetti criminali e la formazione di nuove alleanze nel tentativo di conquistare un territorio fino a quel momento appannaggio dei De Micco. In tale ottica si spiegherebbero le azioni di fuoco e gli attentati dinamitardi commessi nell’ultimo periodo, consistenti in esplosione di colpi d’arma da fuoco contro le abitazioni di affiliati alle fazioni in lotta.
L’8 dicembre dello scorso anno in via Sorrento sono stati esplosi numerosi colpi d’arma da fuoco contro l’abitazione di Grassia Sergio, personaggio di spicco del clan Rinaldi.
La notte del 22/12/2017 in via Ferrante Imparato è deceduto Perna Antonio, ritenuto affiliato al clan Mazzarella, a seguito della deflagrazione di un ordigno che la stessa vittima stava piazzando insieme alla compagna, rimasta anch’essa ferita, nei pressi dell’abitazione di una famiglia dedita allo spaccio di sostanza stupefacente.
Il 31 dicembre del 2017 da una perquisizione effettuata nell’abitazione di Gitano Luigi, affiliato al clan Mazzarella sono state rinvenute 182 munizioni di vario calibro, un silenziatore ed un impianto di video sorveglianza, oltre che uno sgabello nei pressi della finestra, a dimostrazione che al momento dell’intervento della Volante l’uomo era in compagnia di altre persone poi scappate.
Lo stesso giorno è stato ferito a causa dell’esplosione di colpi d’arma da fuoco un bambino di 12 anni, che si trovava in zona San Giovanni a casa di parenti per festeggiare il Capodanno. Da una prima ricostruzione risulta che ad esplodere i colpi siano stati 4 soggetti, con volto travisato, che avrebbero indirizzato gli stessi all’indirizzo dell’abitazione del citato Grassia Sergio.
Il 14/1/2018 l’abitazione di Donadeo Maurizio, affiliato al clan Mazzarella, è stata oggetto dell’esplosione di colpi d’arma da fuoco.
Episodi che rappresentano la chiara dimostrazione dello scontro in atto nella zona di San Giovanni a Teduccio tra il gruppo dei Mazzarella insieme ai D’Amico da una parte, e, dall’altra i Rinaldi-Reale-Silenzio-Formicola.
La richiesta di processo riguarda Mazzarella Francesco, Salvatore Donadeo, Francesco Barattolo, Arcangelo Cimminiello,  Giuseppe Cozzolino, Vincenzo Cozzino, Bonavolta Luigi, Bonavolta Mariano, Esposito Montefusco Marco, Fummo Gianluca, Gitano Luigi, Guadagnuolo Rosario, Limatola Gennaro, Novellino Salvatore, Santaniello Vincenzo, Scognamiglio Antonio, Troise Pasquale.

(nella foto da sinistra Franco Mazzarella, Pasquale Troise, Arcangelo Cimminiello, Salvatore Donadeo,Vincenzo Cozzolino Vincenzo Santaniello, Mariano Bonavolta, Luigi Bonavolta)

Cronache della Campania@2018

Giro di baby squillo nell’Agro Nocerino: si allarga l’inchiesta

$
0
0

Pagani. Sarebbe vera la vicenda legata a un giro di ragazze minorenni che si prostituivano tra Pagani e Sant’Egidio del Monte Albino. Stando alla consulenza della procura acquisita dal tribunale di Nocera Inferiore dopo le verifiche dei carabinieri, risulterebbero attendibili e veritiere le testimonianze delle ragazze minorenni, oggi parti offese nel processo. Le minorenni offrivano le loro prestazioni attraverso annunci sul web. Tra gli imputati ci sarebbe un 56enne di Pagani accusato di sfruttamento della prostituzione..

Cronache della Campania@2018

Camorra, detenevano bombe per eliminare i Mazzarella: ordinanza per Ciro Contini e due complici

$
0
0

In data 17 aprile 2019 la Squadra Mobile di Napoli ha proceduto  a dare esecuzione alla ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Napoli nei confronti di:

–      CONTINI CIRO, nato a Napoli il 24.12.1988, detenuto per altro

–       MATTARELLO STEFANO, nato a Napoli il 19.09.1994, già detenuto per questo procedimento

–      SARNATARO GIUSEPPE, nato a Napoli il 01.10.1975

all’esito di indagini coordinate dalla DDA di Napoli.

L’ordinanza compendia le ulteriori attività investigative sviluppate a seguito dell’arresto di DE VIVO VINCENZO, DI MAURO MICHELE e MATTARELLO STEFANO trovati in possesso di varie armi in precedenza impiegate in un raid contro soggetti appartenenti all’avverso Clan Mazzarella.

Veniva, altresì, eseguita una perquisizione presso il garage di MATTARELLO STEFANO, utilizzato come rifugio del resto del commando che era riuscito a dileguarsi, procedendo così al sequestro di  due ordigni esplosivi e, quindi, all’arresto del predetto.

Sulla base delle operazioni tecniche dei colloqui in carcere, oltre che dalle videoriprese estrapolate dal sistema di videosorveglianza installato presso il garage, è stata contestata l’aggravante di cui all’art. 416 bis 1 c.p., essendo stato ritenuto che le armi fossero detenute per il Clan Contini e che fossero da ricondurre anche a CONTINI CIRO, che aveva preso parte al raid, dandosi, poi, alla fuga.

Quest’ultimo è attualmente detenuto per la detenzione di ulteriori armi oltre che in quanto destinatario di ordinanza di custodia cautelare nell’ambito di una più grossa operazione avente ad oggetto il Clan Sibillo, di cui lo stesso ha fatto parte prima di ritornare alla sua “famiglia” di origine.

Nel corso dei colloqui in carcere è stato, ancora, possibile registrare il coinvolgimento di SARNATARO GIUSEPPE, zio di MATTARELLO STEFANO, nella detenzione di ulteriori armi da fuoco.

Cronache della Campania@2018

Castellammare, minacciò un carabiniere: a processo uomo del clan

$
0
0

Castellammare. Dopo un controllo ad alcuni locali sul lungomare, Ettore Spagnuolo 47enne pregiudicato, avrebbe minacciato e insultato un carabiniere per aver sanzionato alcuni dei suoi parenti. Un’accusa che costa il processo a Spagnuolo ritenuto vicino al clan D’Alessandro. I fatti risalgono al 14 giugno dello scorso anno. Nel mirino delle forze dell’ordine ci furono i presunti abusi delle attività commerciali: dai camerieri assunti senza contratto all’occupazione del suolo pubblico e gli chalet costruiti a pochi metri dal molo. Durante questi controlli anche un locale gestito da alcuni familiari del ras di Scanzano finisce nel mirino della finanza. Spagnuolo viene dunque denuciato a piede libero per minacce e oltraggio a pubblico ufficiale.
“Ho capito dove vuoi arrivare, tu non sei nessuno, se vuoi parlare con me levati la divisa da dosso e ne parliamo”, queste le parole di Spagnuolo contro il maresciallo che si leggono nel capo d’imputazione. Le indagini sono state condotte dal sostituto procuratore Rosa Annunziata. Per questa vicenda, Spagnuolo dovrà presentarsi, nelle vesti di imputato, davanti al giudice monocratico del tribunale di Torre Annunziata, Riccardo Sena. L’udienza è fissata a metà settembre.

Cronache della Campania@2018

Faida flegrea del 2008: ordinanza per tre affiliati ai clan Longobardi-Beneduce

$
0
0

I carabinieri di Pozzuoli, su delega della di Direzione distrettuale antimafia, hanno eseguito tre ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal tribunale del capoluogo campano, per tre omicidi e reati in materia di armi, avvenuti nel 2008 a Pozzuoli e vicino Quarto, nei confronti di due presunti affiliati al clan Longobardi-Beneduce, Antonio Luongo e Procolo Pagliuca, e di un ex affiliato al clan Sarno, Mario Morgese. Si tratta di omicidi, spiega la procura di Napoli, avvenuti nel periodo in cui si era consolidata una solida alleanza tra alcuni esponenti apicali del clan Longobardi-Beneduce, quali i membri della famiglia Pagliuca, referente di Gennaro Longobardi, con esponenti del clan Sarno che in quel periodo stava stendendo la propria egemonia su altri territori, in contrapposizione con il clan Beneduce. Nell’ambito degli accordi presi tra i due gruppi, prosegue la procura, vi era quello di fornire un supporto per gli agguati da compiere nei confronti di esponenti della fazione opposta: tra questi si inseriscono l’omicidio di Gennaro Perillo, storico esponente del clan flegreo, avvenuto nel febbraio 2008 e il duplice omicidio di Michele Iacuaniello e Gennaro Di Bonito, fedelissimi di Gaetano Beneduce, avvenuto in data 26 giugno 2008. In relazione al duplice omicidio di Michele Iacuaniello e Gennaro Di Bonito, prosegue la procura, era già stata emessa una prima misura cautelare nell’ottobre 2017 a carico di Salvatore Pagliuca, Luca Palumbo e Mario Morgese, questi ultimi due appartenenti al clan Sarno, la cui posizione è attualmente il vaglio del gup avendo fatto richiesta di essere giudicati con le forme del rito abbreviato. Le recenti dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia hanno consentito l’emissione del provvedimento cautelare nei confronti di Antonio Luongo come presunto esecutore materiale che, armato di mitraglietta, aveva colpito a morte con numerosi colpi le due vittime in pieno giorno, all’altezza dell’uscita ‘Monteruscello Nord’ – bivio per Quarto. Nei confronti di Antonio Luongo e di Procolo Pagliuca, figlio di Salvatore Pagliuca attualmente in esecuzione di pena per associazione camorristica e associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, è stata emessa un’ordinanza anche per un’altro omicidio: quello di Gennaro Perillo, affiliato alla criminalità puteolana, ucciso nel 2008. Questo delitto, avvenuto sempre in pieno giorno nella Villa Comunale del rione Toiano, costituì il primo episodio sangue effetto dei nuovi assetti criminali formatesi nel 2007-2008.

Cronache della Campania@2018

Napoli, Luca Materazzo revoca di nuovo l’avvocato. Il legale: ‘Umiliante, ma ho vinto un caffè’

$
0
0

Ennesimo colpo di scena al processo per l’omicidio di Vittorio Materazzo, l’ingegnere assassinato con decine di coltellate, davanti la sua abitazione, in via Maria Cristina di Savoia a Napoli, il 28 novembre del 2016: l’unico imputato, Luca Materazzo, fratello della vittima, alla vigilia dell’udienza di domani, durante la quale avrebbero dovuto concludere i suoi avvocati Alessandro Motta e Concetta Chiricone, li ha entrambi revocati. Dall’inizio del processo, che va avanti da circa un anno, l’imputato ha revocato una quindicina di legali. L’imputato può ora nominare un nuovo avvocato, o farsene assegnare uno d’ufficio, il quale, per poter affrontare il procedimento, dovrà chiedere i cosiddetti “termini a difesa” (un rinvio), per acquisire la documentazione e preparasi all’atto finale che precede il verdetto (atteso per la metà di maggio).”Eravamo pronti, adesso siamo solo stanchi”. Così, Alessandro Motta, avvocato di Luca Materazzo, unico imputato nel processo per l’omicidio del fratello Vittorio, commenta la decisione del suo cliente di revocarlo, insieme con l’altro avvocato difensore Concetta Chiricone, presa alla vigilia dell’ultima udienza in programma domani nell’aula 115 del Tribunale di Napoli. “Non riusciamo a spiegarci questo gesto che classifichiamo come umiliante – sottolinea Motta – abbiamo trascorso questi ultimi giorni analizzando nei minimi particolari i verbali, abbiamo fatto studi sulle consulenze e consultato trattati di sulle comparazioni del Dna”. L’avvocato Motta, comunque, conferma che andrà comunque in Tribunale, domani: “Devo riscuotere un caffe’ che avevo scommesso tempo fa: in fondo me lo sentivo che il nostro cliente, alla fine, avrebbe preso questa decisione”.

Cronache della Campania@2018


La Dda chiede il processo per l’ex sindaco di Capua e primario del Cardarelli

$
0
0

I pm della Dda Maurizio Giordano ed Alessandro D’Alessio chiedono il decreto che dispone il giudizio per l’ex sindaco di Capua, ma anche primario di chirurgia all’ospedale Cardarelli di Napoli, Carmine Antropoli, finito in carcere all’inizio di febbraio per concorso esterno in associazione mafiosa insieme all’imprenditore Francesco Zagaria, meglio noto come Ciccio e’ Brezza, ritenuto il riferimento del boss Michele Zagaria su Capua.
Con Antropoli, che nel frattempo è stato sospeso dal servizio e con lo stipendio al 50%, e Francesco Zagaria rischiano di finire sotto processo Marco De Luca, 46enne di Capua, Armando Porciello, 47enne di Capua; l’ex consigliere comunale Marco Ricci, 47enne di Capua; l’ex assessore Guito Taglialatela, 46 anni di Capua. Adesso il magistrato dovrà valutare la richiesta dei pubblici ministeri e fissare l’udienza preliminare.

Cronache della Campania@2018

Benevento, si sgonfia il processo ‘Mani sulla città’: due condanne con pena sospesa e 36 tra assolti e prescritti

$
0
0

Quattro condanne a due anni, pena sospesa, e interdizione dai pubblici uffici per lo stesso tempo per Roberto La Peccerella, Aldo Damiano, Andrea Lanzalone e Cosimo Nardone. Per gli altri 36 imputati nel processo su Mani sulla città, l’inchiesta deflagrata nel 2013 su appalti e forniture di beni e servizi al comune di Benevento, assoluzioni, prescrizioni ed esclusioni di responsabilità perché il fatto non sussiste. Quattro condanne a due anni, pena sospesa, e interdizione dai pubblici uffici per lo stesso tempo per Roberto La Peccerella, Aldo Damiano, Andrea Lanzalone e Cosimo Nardone per abuso d’ufficio. Gli stessi sono stati condannati a risarcire, solido i danni cagionati al comune di Benevento. Assoluzioni, estinzioni per prescrizione e esclusioni di responsabilità perché il fatto non sussiste per gli altri imputati. Arriva a definizione oggi, con la sentenza di primo grado, la lunga vicenda esplosa nel 2013 con l’inchiesta del pm Antonio Clemente che aveva acceso i riflettori su appalti e forniture di beni e servizi al comune di Benevento. Il collegio, presieduto dal giudice Daniela Fallarino (giudici a latere Simonetta Rotili e Francesca Telaro) ha ritenuto di procedere con la prescrizione per i reati di abuso d’ufficio, truffa, false fatture e corruzioni, reati prospettati a vario titolo, nei confronti di Roberto La Peccerella, Giuseppe Pellegrino, Giovanni Racioppi, Achille Timossi, Antonio Cavaliere, Andrea Scocca, Mario De Lorenzo, Fausto Pepe, Aldo Damiano, Mario Siciliano, Fernando Capone, Antonio Cusano, Ludovico Papa, Giovanni Cusano, Vincenzo Reppucci, Anna Maria Sparandeo, Raffaella Reppucci, Salvatore Maggio, Angelo De Maria, Antonio Chiantese, Silvano Capossela, Giovanna Bianchini, Vincenzo Rosiello, Renato Lisi e Luigi Boccalone. Assolti Fausto Pepe, Mario Ferraro, Annamaria Villanacci, Aldo Damiano, Mario Ferraro, Cosimo Nardone e Andrea Lanzalone dal reato di abuso d’ufficio. Assolti per non aver commesso il fatto in ordine ai reati di abuso e truffa Cipriano Di Puorto, Maurizio Lando, Angelo Diana e Giuseppe Somma. Con la stessa motivazione, ma per i reati di corruzione, corruzione elettorale, concussione elettorale, concussione turbativa d’asta, truffa, falso, abuso d’ufficio, peculato, lottizzazione abusiva: Luigi Boccalone, Antonio Cavaliere, Pietro Ciardiello, Aldo Damiano, Cipriano Di Puorto, Giovanni Fantasia, Mario Ferraro, Roberto La Peccerella, Maurizio Lando, Andrea Lanzalone, Renato Lisi, Lorena Lombardi, Cosimo Nardone, Giovanni Pallotta, Giuseppe Pellegrino, Fausto Pepe, Claudio Mosè Principe, Giovanni Racioppi, Vincenzo Rosiello, Mario Siciliano, Giuseppe Somma, Giancarlo Sperduti, Luigi Tedesco, Achille Timossi, Annamaria Villanacci e Silvano Capossela. Il provvedimento, infine, ha escluso la responsabilità delle società Artistica srl, Consorzio Arché, Gesico Società Consortile, Sama Costruzioni Impresa individuale Salvatore Maggio, Pietro Ciardiello srl, Siciliano Mario Impresa Edile, Siciliano Giuseppe Costruzioni srl, Costruzioni e restauri Capossela srl, Pdg di Pallotta Giovanni sas, Costruendo srl e Soc. Progettare e Kostruire perché il fatto non sussiste. Il pm Assunta Tillo, nei giorni scorsi aveva chiesto 16 condanne e 19 assoluzioni.

Cronache della Campania@2018

Napoli, ai domiciliari uno dei componenti della batteria di rapinatori di Barra

$
0
0

È di ieri sera la decisione con cui il Tribunale del Riesame di Napoli ha concesso gli arresti domiciliari ad Ascione Roberto, uno dei banditi di Barra che durante il 2018 hanno assaltato cinque supermercati tra Ercolano ed Ottaviano. I difensori del trentottenne, gli avvocati Marco Bernardo e Giuseppe Milazzo, si sono battuti sin da subito per evitare che il proprio assistito potesse restare in cella, sottolineando ai tre magistrati che quegli assalti predatori erano quasi sempre dovuti all’uso sfrenato di cocaina. La dodicesima sezione del Tribunale, all’esito di un cavilloso studio degli atti di indagine, costituito soprattutto dai video da cui si vede Ascione sempre col casco e la pistola in pugno verso i cassieri, ha ritenuto infatti di accogliere le istanze difensive. Il ragazzo non ha fatto neanche in tempo a rientrare a Barra che dietro il portone del carcere di Poggioreale era già pronto un altro provvedimento cautelare, per altre quattro rapine, questa volta emesso dal GIP di Nola. Domani l’interrogatorio di garanzia. Riscenderanno in campo le difese.

Cronache della Campania@2018

Casertano indagato per truffa: si fa assumere come bidello con un falso diploma

$
0
0

Ha richiesto pagamenti di retribuzioni per prestazioni nella realtà mai avvenute. Si tratta di V. A. 26 anni, nato a Maddaloni, attualmente residente a Napoli, destinatario di un avviso di conclusione indagini emesso dal pubblico ministero Simona Macciò.
Nei suoi confronti la Procura astigiana ha ipotizzato le ipotesi di reato di tentata truffa aggravata in danno di ente pubblico, falsità materiale in certificati amministrativi, falsità materiale in autorizzazioni amministrative, falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, concorso in falso in atto pubblico determinato dal proprio inganno.
In sostanza avrebbe prodotto un falso diploma di qualifica professionale per operatore di servizi, attribuito a un istituto professionale di Salerno, scuola paritaria presso la quale l’indagato avrebbe sostenuto di essersi diplomato.
Con un falso attestato di servizio ha ottenuto l’inserimento nelle graduatorie, riuscendo a farsi assumere presso un istituto scolastico. Quando ha avanzato la richiesta di retribuzione è stato scoperto ed ora dovrà rispondere di diversi reati.

Cronache della Campania@2018

Scafati, racket: ‘solo’ 30 anni per il clan Matrone-Buonocore

$
0
0

Scafati. Oggi è stata pronunciata la sentenza nei confronti del ricostituito gruppo Matrone-Buonocore, organizzazione egemone nel territorio scafatese. Condanne molto ridimensionate rispetto alle richieste della DDA. Secondo il teorema accusatorio i ‘signori’ del pizzo di Scafati che a suon di pistolettate e bombe chiedevano le tangenti ai commercianti scafatesi avevano costretto i negozianti a vivere in un clima di terrore. Cinquantasette anni di carcere questa la somma degli anni di reclusione che aveva chiesto il pm della Dda Giancarlo Russo al giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Salerno. Verdetto finale che ha visto condanne complessive di 30 anni con un forte sconto, dovuto alle assoluzioni pronunciate dal giudice. Spiccano le assoluzioni di Palma Pasquale, Patrone Nicola, Panariello Marcello ed Elvira Improta (tutti difesi dall’avvocato Gennaro De Gennaro). Per Palma Pasquale e Patrone Nicola il pubblico ministero aveva chiesto una condanna di 5 anni ciascuno per detenzione di armi e concorso in estorsione aggravati dal metodo mafioso. Condanna fortemente ridimensionata per Buonocore Giuseppe ( difeso dagli avvocati Massimo Autieri e Stella Criscuolo) considerato il nuovo reggente della presunta cosca malavitosa. Condanne in linea con le attese per Barbato Crocetta Giovanni e Panariello Pasquale. Il primo difeso dall’avvocato Gennaro De Gennaro  ha riportato una condanna di 7 anni e 2 mesi per la tentata estorsione consumata ai danni di un tabaccaio, armi, reati aggravati dal metodo mafioso, riciclaggio, ricettazione e detenzione di marijuana. Il Barbato non aveva confessato i reati e non ha collaborato con la giustizia. Panariello Pasquale  difeso dalla penalista Anna Fusco, condannato alla pena di anni 6 e mesi due per tentata estorsione iper G, detenzione di armi aggravati dal metodo mafioso e detenzione di droga. Palma Antoni, soggetto già coinvolto nella faida sanguinaria Muollo- Ridosso, difeso dall’avvocato Gennaro De Gennaro ha riportato una condanna di 4 anni per la tentata estorsione iper G e per la detenzione di armi. Per questa tentata estorsione è stato assolto Patrone Nicola.
Muollo Vincenzo difeso dall’avvocato Pasquale Morra ha riportato l’assoluzione. Ottimo risultato quest’ultimo anche perché si trattava di un soggetto appartenente alla nota famiglia malavitosa scafatese. Non è andata allo stesso modo per Nappo Vincenzo che difeso dall’avvocato Massimo Torre è stato condannato ad anni 2. Su quest’ultimo si era soffermato molto il pubblico ministero nelle sue repliche essendo considerato una figura apicale del sodalizio. Pena di anni uno e mesi 8 per Berritto Francesco difesa dalla penalista Stefania Pierro.
Secondo gli inquirenti questi soggetti avrebbero chiesto tangenti a suon di bombe e proiettili. Tre i tentativi di estorsione avvenuti tra i mesi di agosto e dicembre dello scorso anno ai danni di un imprenditore dell’area scafatese, contestati agli imputati che facendo riferimento all’appartenenza al clan Matrone di Scafati, chiedevano ai commercianti di pagare il pizzo. Tra i vari attentati contestati, quello nei confronti dell’insegna dei Roxe Legend Bar di via Melchiade di proprietà della famiglia Buonocore. Un altro davanti al centro scommesse di via Martiri d’Ungheria “Fly Play”. E ancora, colpi di pistola calibro 7,65 nei confronti del bar La Dolce Vita di Giuseppina Generali, moglie di Dario Spinelli (ora pentito) per finire ad agosto 2017 quando finirono nel mirino la pescheria Acqua e Sale di via Montegrappa (a commettere l’attentato furono per gli inquirenti i fratelli Panariello) il negozio di parruccheria Nico Style di Nicola Tamburo. L’Antimafia nella sua conclusione indagini ha anche contestato la lettera dal carcere che Panariello spedì al fratello nella quale sarebbe emersa la volontà del detenuto di far scomparire la pistola servita per l’attentato al ristorante pescheria. A dicembre, poi, l’estorsione al titolare di un tabacchi da parte di Giovanni Barbato Crocetta. Secondo gli inquirenti le azioni criminose erano state ordinate da Peppe Buonocore il quale, proprio ai giudici del Riesame di Salerno, ribadì di non essere artefice di nessun clan e il Tribunale confermò che nelle azioni delittuose non c’era agevolazione mafiosa.

Cronache della Campania@2018

Viewing all 6090 articles
Browse latest View live


<script src="https://jsc.adskeeper.com/r/s/rssing.com.1596347.js" async> </script>