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Channel: Cronaca Giudiziaria
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Voto di scambio alle Regionali per i Cesaro, riparte il processo ma è subito ‘stop’

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Napoli. Voto di scambio alle elezioni Regionali del 2015: al via il processo ma c’è subito il rinvio per la mancata citazione di un teste. Il processo che si tiene al tribunale di Napoli Nord, vede imputati il senatore di Forza Italia Luigi Cesaro, il fratello Aniello, e il figlio di Luigi, Armando, consigliere regionale forzista, che alla tornata di quattro anni fa prese 27mila preferenze. A giudizio anche altre 25 persone, tra cui la consigliera regionale di Forza Italia Flora Beneduce, l’ex assessore provinciale Antonio Di Guida, l’ex sindaco di Marano Angelo Liccardo e numerosi dipendenti e vigili del Comune di Marano. Una prima udienza si era già celebrata a dicembre, e c’era stato un rinvio per esigenze tecniche e difetti di notifiche, oggi il tribunale ha rinviato al 25 giugno prossimo per una mancata citazione. Per l’accusa – rappresentata in aula dal pm Simone De Roxas – nella primavera del 2015, alla vigilia delle elezioni regionali poi vinte da Vincenzo De Luca, i Cesaro e i loro referenti politici di Marano, in primis l’ex assessore provinciale Di Guida, avrebbero promesso appalti, incarichi e posti di lavoro per favorire l’ascesa elettorale di Armando Cesaro. Tra gli episodi contestati la presunta raccomandazione di un praticante per entrare in uno studio legale che Cesaro avrebbe promesso ad un elettore in cambio di voti per il figlio, ma anche il pagamento di abbonamenti ad alcuni elettori presso la piscina di Portici di proprietà dei Cesaro. Il processo trae origine dall’inchiesta sull’area Pip di Marano, che vede imputati per concorso esterno in associazione camorristica i fratelli imprenditori Raffaele e Aniello Cesaro. 

Cronache della Campania@2018


Ruby bis: la Cassazione conferma la condanna per Emilio Fede e Nicole Minetti. Fede sarà arrestato

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Roma. La Cassazione conferma la condanna a 4 anni e 7 mesi di reclusione per l’ex direttore del Tg4 Emilio Fede, accusato di favoreggiamento e tentata induzione della prostituzione insieme a Nicole Minetti, già consigliera regionale in Lombardia, condannata a 2 anni e 10 mesi per il solo favoreggiamento della prostituzione.”Stupefatto” si dice il legale di Nicole Minetti, Paolo Righi, che aggiunge: “Le sentenze vanno rispettate anche quando non condivise. Adesso per l’assistita, faremo domanda di affidamento in prova ai servizi sociali, come consentito dalla legge”. Il processo Rubybis era nato dall’inchiesta sulle serate nella Villa di Arcore dell’ex premier Silvio Berlusconi e la Suprema Corte ha confermato la condanna arrivata in appello nel maggio scorso. Per la fase di esecuzione delle pene definitive inflitte oggi dalla Cassazione ad Emilio Fede e Nicole Minetti per il caso ‘Ruby bis’, bisognerà attendere l’invio del dispositivo della sentenza della Suprema Corte alla Procura generale di Milano. Probabilmente già a partire da domani, o comunque nei prossimi giorni, con l’invio degli atti da Roma la Procura generale dovrà emettere un ordine di carcerazione per Fede, la cui pena supera i 4 anni. Contestualmente, però, i legali dell’ex direttore del Tg4, gli avvocati Maurizio Paniz e Salvatore Pino, potranno presentare un’istanza di sospensione dell’ordine con richiesta di detenzione domiciliare perché Fede ha più di 70 anni (ne ha 87), allegando magari anche motivi di salute. L’ordine di carcerazione, dunque, dovrebbe essere subito sospeso e Fede dovrebbe scontare i primi 7 mesi ai domiciliari nella propria abitazione e, a quel punto, solo successivamente avrà la possibilità di chiedere l’affidamento in prova ai servizi sociali, come misura alternativa alla detenzione. Per Minetti, invece, condannata a 2 anni e 10 mesi, ci sarà subito un ordine di sospensione della pena e i suoi legali, gli avvocati Pasquale Pantano e Paolo Righi, potranno presentare una richiesta di affidamento in prova ai giudici del Tribunale di Sorveglianza.
“Io sono stato condannato perché ho indotto sei ragazze alle prostituzione. Perfetto. Punto e basta. Se qualcuno ci crede va bene. Non commento minimamente. Mi viene da ridere. Intanto devo scegliere dove fare gli arresti domiciliari, se a Roma, a Napoli, a Capri o a Milano”. Ha detto Fede commentando la sentenza della Cassazione. “Chi può credere che io abbia potuto far prostituire delle ragazze con Berlusconi? Alcune di queste ragazze io non le conoscevo neanche. Le due ragazze di Torino le ho viste una volta nella vita. Mah. Davvero non voglio aggiungere altro”, conclude. 
“E’ una ingiustizia, non me l’aspettavo. Ho sempre avuto fiducia nei giudici però questa volta è andata così. Le sentenze vanno rispettate anche se questa mi pare davvero ingiusta”. Sono le parole che Nicole Minetti ha affidato a uno dei suoi difensori, Paolo Righi, per commentare la decisione con cui la Cassazione, dichiarando inammissibile il suo ricorso ha reso definitivi i 2 anni e 10 mesi inflitti nel secondo processo in appello a Milano per il caso Ruby ‘bis’. La difesa di Minetti annuncia il ricorso alla Corte Europea.

Cronache della Campania@2018

Camorra, il pentito Schiavone: ‘Volevamo acquistare i terreni agricoli della Curia di Aversa’

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”Per riciclare i soldi del clan volevo acquistare alcuni fondi agricoli nel territorio di Villa di Briano  che appartenevano alla Curia di Aversa”. Lo ha riferito ieri il collaboratore di giustizia Nicola Schiavone, figlio del boss Sandokan, capo storico dei Casalesi, nel corso dell’udienza che si è celebrata dinanzi al tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Sotto accusa in questo processo per associazione camorristica e concorso esterno: Benito Lanza e Nicola Magliuolo, ex capo dell’ufficio tecnico comunale e fratello dell’ex sindaco di Villa di Briano. Il figlio di ‘Sandokan’ ha raccontato, nel dettaglio, di come venne organizzata anche una riunione con i coloni, per convincerli a rinunciare a ogni diritto sui lotti di terreno da espropriare. ‘Della vendita dei terreni lo seppi da Vincenzo Conte detto nas’ ‘e cane- ha spiegato Schiavone -l’operazione  era complessa, in quanto innanzitutto era necessaria la rinuncia dei coloni, che essendo nostri amici l’avrebbero concessa a noi e non ad altri, anche perché i fondi erano occupati da loro da almeno 50-60 anni. E a noi la rinuncia arrivò, fu avanzata anche l’offerta alla Curia sulla scorta di una indicazione fatta dall’ingegnere della Curia”.

Cronache della Campania@2018

Politica e camorra, sequestrati 1 milione e mezzo di euro ad un ex assessore nocerino

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La Guardia di Finanza di Salerno ha eseguito un decreto di sequestro preventivo riguardante attività e beni mobili ed immobili, per un valore pari a circa 1 milione e mezzo di euro, emesso dal Gip del tribunale, nei confronti dell’ imprenditore Ciro Barba, già in passato assessore alla pubblica istruzione (anni 1988-1989) e ai servizi tecnologici (anni 1990-1991) presso il Comune di Nocera Inferiore, definitivamente condannato per estorsione continuata aggravata da finalità mafiose, ma anche, in primo grado, dal tribunale di Nocera Inferiore per associazione mafiosa, reato poi dichiarato estinto per prescrizione, figlio di uno storico esponente della camorra dell’Agro Nocerino Sarnese deceduto nel 1994, noto come “’o flaviano”, egli stesso per questo raggiunto, nella seconda metà degli anni ’80, da un provvedimento di sequestro dei beni ai sensi della legge antimafia. Barba è stata un esponente storico della Dc nocerina del quartiere Piedimonte e poi passato nelle fila del partito socialista.
Il sequestro preventivo, scattato a seguito dell’accertamento della sproporzione tra il patrimonio di fatto disponibile e la posizione reddituale, ha riguardato, in particolare, i conti correnti dell’indagato e della moglie, veicoli, terreni agricoli e la proprietà di cinque società, con sedi in Campania e in Toscana, che operano nel settore agro-alimentare e in quello delle costruzioni residenziali, per un ammontare complessivo di circa 1 milione e mezzo di euro. Oltre all’imprenditore e alla moglie, sono indagate altre nove persone, come intestatarie fittizie del patrimonio accumulato.

Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Terra dei Fuochi: sequestrati i beni dei fratelli Pellini

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Il tribunale di Napoli ha disposto la confisca, per circa 220 milioni di euro, dei beni patrimoniali dei fratelli Pellini, imprenditori di Acerra condannati negli anni scorsi in via definitiva per disastro ambientale, per aver inquinato terreni tra l’agro casertano e partenopeo. Lo rende noto Alessandro Cannavacciuolo, uno degli ambientalisti costituitisi parte civile nel processo contro i tre fratelli Pellini, ai quali la Dda, a febbraio del 2017, aveva sequestrato i beni patrimoniali ritenuti provento dell’attivita’ illecita, tra i quali 250 fabbricati, 68 terreni, 50 tra auto e mezzi industriali, 3 elicotteri e 49 conti correnti bancari. “Nulla e nessuno potra’ restituire il dolore, la sofferenza ed il sacrificio di chi, in questa pagina buia della nostra terra ci ha rimesso la vita per via della mano criminosa di questi soggetti – ha affermato Cannavacciuolo – ma oggi lo Stato, attraverso questa ordinanza di confisca, da’ un segnale di presenza e di contrasto a questa organizzazione che ha cumulato un vero e proprio tesoro a discapito di un’intera comunita’ che sopporta, ancora oggi, il dolore della malattia e della perdita dei propri cari e che vede frantumare un tessuto economico produttivo a forte vocazione agricola”.

Cronache della Campania@2018

Napoli, Galasso in aula: ‘Chiedo perdono alla famiglia di Lello Perinelli’

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“Chiedo perdono anche se per quello che ho fatto non c’è perdono”. Ha di nuovo ammesso le sue responsabilità, oggi, nell’aula 117 della Corte di Assise di Napoli, Alfredo Galasso, 31 anni, reo confesso dell’omicidio di Lello Perinelli, il 21enne assassinato con una coltellata al petto, davanti a un circolo ricreativo di Miano, a Napoli, il 6 ottobre del 2018. Galasso è accusato di omicidio volontario aggravato dai futili motivi: si costituì, quattro ore dopo l’uccisione di Lello (accompagnato dal suo avvocato Rocco Maria Spina, ndr), promessa del calcio era stato giocatore della Turris e del Gragnano in serie D, che malgrado fosse figlio di un uomo assassinato quando era piccolissimo, come ha nuovamente sottolineato la madre, Adelaide Porzio, “aveva imboccato una strada diversa da quella del padre, quella della legalità”. La madre di Lello e la sorella Francesca (difesi dall’ avvocato Enrico Di Finizio), hanno sempre sostenuto che Alfredo Galasso (persona di loro conoscenza, ndr) avesse premeditato di uccidere il ragazzo, dopo una lite scoppiata la settimana prima di quel tragico 6 ottobre in una discoteca di Bagnoli. Rispondendo al giudice, Alfredo Galasso, che diverse volte è scoppiato in lacrime, ha riferito di avere agito in quel modo, di essersi armato di coltello, quattro giorni prima di uccidere Perinelli, solo per il timore che il 21enne potesse vendicarsi. Una tesi che la famiglia respinge al mittente con decisione: per Adelaide e Francesca, molte circostanze fanno invece ritenere che Alfredo Galasso era determinato a vendicarsi, per lavare l’onta subita quella notte, quando venne anche ferito alla testa durante luna lite per futili motivi. Le prossime udienze sono state fissate il 29 maggio, quando sarà la volta del pm con la requisitoria e quando concluderanno le parti civili. La sentenza del processo che si sta celebrando con il rito abbreviato, e’ invece attesa per il pomeriggio del 3 giugno.

Cronache della Campania@2018

Faida Lo Russo-Mallo: due ergastoli e 48 anni di carcere per l’omicidio di Giuseppe Calise

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Due ergastoli e 48 anni di carcere: lo ha deciso il gip di Napoli, Saverio Vertuccio (20esima sezione) che oggi ha condannato all’ergastolo il baby killer del clan Lo Russo, Luigi Cutarelli, 23 anni, ( è alla sua terza condanna al massimo della pena) Antonio Buono, 39 anni (quest’ultimo difeso dall’avvocato Enrico Di Finizio) e a venti anni di reclusione Vincenzo Carrino, 25 anni, ritenuti i componenti del commando che il 4 febbraio 2016 assassinarono, Giuseppe Calise, nel rione don Guanella di Napoli. L’ex boss Carlo Lo Russo (ora collaboratore di giustizia), al quale oggi lo stesso giudice ha inflitto 14 anni di reclusione, sospettava che Calise stesse fornendo appoggio logistico a un suo acerrimo nemico, Walter Mallo (l’aspirante boss con una lacrima tatuata sul viso), e, quindi, ne ordinò la morte. Per face luce sulla vicenda sono state determinanti le dichiarazioni del boss ma soprattutto quelle del suo luogotenente, Mariano Torre, anche lui condannato dal gip a 14 anni di carcere. Cutarelli, per sua stessa ammissione, è stato un killer del clan Lo Russo ed è anche ritenuto coinvolto nella morte dell’innocente Genny Cesarano, assassinato per errore nel settembre del 2016 durante una stesa notturna nel Rione Sanità. Al momento è detenuto in regime di 41bis. L’omicidio si colloca nell’ambito dello scontro, in atto all’epoca dei fatti, tra il clan Lo Russo e il clan operante nel rione Don Guanella, capeggiato da Mallo, che voleva “cacciare” i ‘Capitoni’ da Miano. Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, consentirono di acquisire gravi indizi di colpevolezza a carico di Cutarelli, Buono e Carrino, ai quali le accuse relative all’omicidio di Calise vennero notificate dalla Polizia lo scorso 6 giugno.

Nella foto da sinistra Luigi Cutarelli, Mariano Torre, Vincenzo Carrino, Antonio Buono, Carlo Lo Russo, Walter Mallo, Giuseppe Calise)

Cronache della Campania@2018

Eternit bis, al via il processo per omicidio volontario contro il magnate svizzero: le vittime di Bagnoli sono 8

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Napoli. Processo Eternit bis, al via il dibattimento l’Osservatorio Amianto si costituisce parte civile per le 8 vittime, i giudici dovranno decidere sulle eccezioni della difesa. Stamane prima udienza dibattimentale a Napoli per il processo Eternit bis che, accogliendo le richieste dei pm Giuliana Giuliano e Anna Frasca, vede l’ex ad dell’azienda produttrice del materiale, Stephan Ernest Schmydheiny, imputato per omicidio volontario per aver provocato il decesso di otto lavoratori dello stabilimento della multinazionale svizzera a Napoli nel quartiere Bagnoli, morti per mesotelioma pleurico tra il 2000 e il 2009. Accolte anche le tesi dell’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto, che si è costituito parte civile con l’avvocato Flora Rose Abate. Il processo si è svolto dinanzi la II sezione della Corte di Assise di Napoli, presieduta da Alfonso Barbarano, giudice a latere Maurizio Conte, e i giudici popolari. La corte ha rinviato la causa al prossimo 15 maggio per decidere sulle eccezioni di esclusione delle parti civili, fatte dalla difesa e per le repliche delle parti civili e dei loro difensori. La prima udienza del processo è stata, infatti, caratterizzata dalle eccezioni sollevate dagli avvocati della difesa per escludere le parti civili dal processo. “Il magnate svizzero – ha commentato in una nota il presidente di Ona Bonanni – non riuscirà ad impedirci di supportare l’azione del Pubblico Ministero nell’istanza di giustizia per le morti di amianto in Eternit Bagnoli. Nella prossima udienza insisteremo in maniera determinata perchè tutte le eccezioni siano rigettate”.

Cronache della Campania@2018


Ginecologo si impossessa del risarcimento per una coppia: sequestro della Finanza a Napoli

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Napoli. Aveva procurato lesioni gravissime con una condotta colposa ad un bambino, che aveva contratto una tetraparesi spastica alla nascita, e poi si era impossessato del denaro, 830 mila euro, versatogli dalla sua assicurazione con il quale avrebbe dovuto risarcire i genitori. Un ginecologo è stato sottoposto dalla Guardia di Finanza ad un sequestro preventivo fino alla concorrenza di oltre 500 mila euro su disposizione del Gip del Tribunale di Napoli con l’accusa di riciclaggio. Il Tribunale aveva condannato il ginecologo al risarcimento di 830 mila euro di danni nei confronti dei genitori. Prima della sentenza della giustizia civile la Compagnia assicurativa del ginecologo aveva liquidato il danno, ma il medico aveva fatto accreditare la somma su un conto corrente intestato al figlio e poi si era progressivamente impadronito dell’intera somma, frazionandola con diverse operazioni effettuate dai congiunti, anche loro indagati, su diversi conti correnti. 

Cronache della Campania@2018

“A Nocera Inferiore si compravano voti a 50 euro”, la testimonianza dei carabinieri al processo

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A Nocera Inferiore esisteva un centro di raccolta voti. Chiedevano la tessera elettorale, poi facevano riscontro dopo lo spoglio per contare i voti». Lo ha detto uno dei luogotenenti dei carabinieri del Ros, che ieri ha testimoniato su una specifica attività d’indagine legata ad un presunto fenomeno di corruzione elettorale a Nocera, nelle elezioni del 2017.
Il militare ha letto e analizzato le conversazioni e i dati estrapolati dai telefoni di alcuni degli imputati, come quelli di Luigi Sarno e Gerardo Villani. I due avrebbero avuto una disponibilità di soldi poi avrebbero procacciato elettori e indicato preferenze, come quelle su Nicola Maisto, l’ex consigliere comunale, imputato e dimissionario dopo il blitz di due anni fa. Ma i primi dubbi sono sorti con le domande dell’avvocato difensore di Maisto, Pietro Pasquali, che con le sue domande ha spinto il teste a non escludere che le schede elettorali acquisite, con sopra indicata la preferenza di Maisto, potessero essere anche dei fac-simile. Inoltre, tra chi avrebbe procacciato voti per Maisto e anche tra chi lo avrebbe votato, nessuno avrebbe avuto un solo contatto con lui. Il militare ha poi analizzato anche il contenuto del telefonino di Maisto, in particolare su una lista di nomi che lo stesso avrebbe inviato ad un’altra persona, ritenuti potenziali elettori.
«Mandami la foto della tessera»; «Ora vado a votare, i soldi tuoi ce li ho io»; «Vogliono vedere la tessera, tanto il voto glielo do»; «Stiamo a pranzo, paga il candidato». Questi alcuni dei messaggi finiti a disposizione degli inquirenti. E di corruzione elettorale ha parlato anche il colonnello dei Ros, Gabriele Mambor, che nel suo lungo esame ha spiegato, tra le altre cose, anche i rapporti tra gli altri imputati, come l’ex consigliere Carlo Bianco, definito “riferimento” per l’ex boss Antonio Pignataro e il candidato Ciro Eboli. E ancora, gli incontri tra questi ultimi, le analisi che Pignataro faceva allo studio dell’ex vicesindaco Antonio Cesarano, anche lui ritenuto parte di quell’accordo tra la camorra e la politica sul progetto di una casa famiglia. Ma la corruzione elettorale avrebbe interessato anche altri consiglieri, alcuni nomi sono stati fatti sempre ieri, in udienza, in riferimento a chi oggi siede tra i banchi del consiglio ed è già stato sentito in precedenza, durante il processo. Tuttavia, mancherebbero riscontri ed elementi forti in tal senso.

Cronache della Campania@2018

Omicidio del reggente dei Moccia ad Arzano: assolto uno dei ras del clan della 167

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La direzione distrettuale antimafia aveva invocato la condanna all’ergastolo nei confronti di Pasquale Cristiano, soprannominato “picstik”, per l’omicidio di Ciro Casone, avvenuto ad Arzano il  28.02.14 durante il quale perse la vita anche  Ferrante Vincenzo che si trovava in compagnia del primo.Ma  in accoglimento delle argomentazioni  giuridiche formulate dagli avvocati Dario Vannetiello e Claudio Davino il Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Napoli ha ritenuto che non vi fossero prove sufficienti per ritenere che Cristiano fosse  uno degli esecutori materiali.Scelta vincente per la difesa, quindi, è stata quella di definire il processo con le forme del rito abbreviato, puntando a valorizzare in particolare la genericità delle accuse dei pentiti  e le divergenze tra le dichiarazioni rese da  Abate Salvatore e da Esposito Domenico  con  le dichiarazioni dei testi oculari che erano nei pressi ed all’interno del centro estetico dove avvenne l’agguato. Il commando era composto da quattro persone e  l’omicidio  va collocato  nella lotta per il predominio camorristico nella città di Arzano.

Non è servito agli inquirenti rafforzare gli indizi a carico  dimostrando  che, dopo l’omicidio di Casone, la lista delle vittime delle estorsioni sarebbe passata proprio nelle mani del ritenuto esecutore Pasquale Cristiano,circostanza questa concordemente riferita da plurimi collaboratori di giustizia.Oggetto del giudizio erano anche alcuni reati  di estorsione per i quali vi è stata condanna di Cristiano Pasquale ad anni 8 e mesi 8 per due episodi estorsivi.Degno di rilievo è la circostanza che tra le vittime  delle estorsioni vi era anche  di Giuseppe Orlando, quest’ultimo  assassinato proprio qualche giorno fa.Sono stati anche condannati Liguori Raffaele ad anni sei di reclusione e Russo Domenico  ad anni cinque e mesi quattro, sempre per reati di estorsione commessi con modalità mafiose. Proseguirà invece l’istruttoria dibattimentale innanzi alla Corte di assise di Napoli afferente al processo a carico degli altri ritenuti esecutori materiali del duplice omicidio –  Napoleone Renato, Russo Francesco Paolo e Gambino Angelo – i quali hanno scelto la strada del giudizio ordinario.    

Cronache della Campania@2018

Insegnante a processo per abusi sessuali su due studentesse

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Un insegnante di 59 anni è finito sotto processo con l’accusa di violenza sessuale ai danni di due sue studentesse, iscritte in un istituto professionale. Secondo le ricostruzioni, l’uomo avrebbe tentato abusi sessuali ai danni delle due in maniera singola, agendo prima sull’una e poi sull’altra ragazza. I fatti contestati risalgono al periodo che va dal 2015 al 2016. Nel primo caso, il 59enne avrebbe portato la prima delle giovani studentesse in un appartamento, a Cava de’ Tirreni, di cui aveva disponibilità. Proprio qui, l’avrebbe afferrata con la forza, facendola sedere in braccio, sulle gambe, tentando di baciarla sulla bocca.

Cronache della Campania@2018

Maltrattamenti all’asilo. Condanna definitiva per le quattro suore di San Marcellino

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Aversa. Due anni a ciascuna delle suore coinvolte nello scandalo dell’Istituto paritario Santa Teresa del Bambin Gesù di San Marcellino. E’ di questa mattina la condanna definitiva emessa dal Tribunale di Napoli Nord. Le religiose, di cui tre filippina e un’italiana, che ricopriva il ruolo di madre superiora, sono tutte accusate di maltrattamenti ai bambini dopo le denunce di cinque famiglie. Nell’udienza dello scorso mese di marzo il pm aveva chiesto dai due ai cinque anni per le filippine e quattro anni per la madre superiora. Il gip, dopo aver esaminato a fondo i fatti e le circostanze aveva annullato il decreto di giudizio immediato a carico delle quattro suore rimettendo le carte nelle mani del pubblico ministero affinché riformulasse il capo di imputazione con relativo supplemento di indagini tra i quali anche l’identificazione di tutte le vittime. Nel collegio difensivo gli avvocati Gabriele Piatto, Arcangelo d’Alessio, Enrico Natale e Luigi Bartolomeo.

Cronache della Campania@2018

I gadget della camorra: 7 condanne

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Sette condanne. Questo il verdetto pronunciato dai giudici della Corte di Cassazione per alcuni esponenti di spicco del clan dei Casalesi coinvolti nell’operazione “Bad Boy 2” in cui è stata affrontata la vicenda giudiziaria relativa alle estorsioni commesse dalla fazione Schiavone nell’area tra il Volturno e Casal di Principe.
Secondo quanto riferisce l’Andkronos a capo del gruppo ci sarebbe stato Omar Schiavone, (attualmente libero) figlio di Luigi Schiavone di Casal di Principe, cugino del capoclan Francesco Sandokan. Per lui è arrivata la condanna a 8 anni di reclusione. La Cassazione ha poi confermato la pena di 9 anni a Romolo Del Villano (detenuto per altro), due anni a Giuseppe Del Villano di San Cipriano d’Aversa, 2 anni e 9 mesi a Carmine Lavagna, di Aversa, 3 anni e 4 mesi a Romeo Scarano, di San Marcellino, 5 anni e 4 mesi a Francesco Massimo Zippo, di San Cipriano d’Aversa e 4 anni per Federico Barrino.
Vittime delle azioni estorsive tantissime attività commerciali e anche professionali: supermercati, agenzie funebri e assicurative, avvocati, bar, studi fotografici, caseifici, negozi di abbigliamento, officine, parrucchieri, pasticcerie, fiorai, ristoranti e varie società, tutti, secondo l’accusa, costretti ad acquistare gadget promozionali. Il gruppo criminale si serviva anche di armi per compiere le estorsioni ai danni di circa 300 commercianti, a cui venivano imposto materiale fornito da società riconducibili al clan.

Cronache della Campania@2018

Il pentito svela il ‘codice’ per i summit di camorra: ‘Vediamoci da Madame’

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“Vediamoci da Madame”. Era questo il messaggio che circolava tra i vertici del clan dei Casalesi quando c’era la necessità di organizzare un summit di camorra all’interno della pasticceria Butterfly di Casapesenna di Giuseppe Santoro, finito in manette nei giorni scorsi con l’accusa di aver aiutato il capoclan Michele Zagaria.
A raccontare l’episodio ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia è stato Massimiliano Caterino, collaboratore di giustizia della fazione Zagaria. La gola profonda del clan Zagaria ha svelato ai magistrati della Dda l’inedito stratagemma utilizzato dalla cosca.

Cronache della Campania@2018


Imponevano le slot machine del clan nei bar del Casertano: condannati gli imprenditori napoletani Grasso

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 Imponevano, secondo l’accusa, nei bar della provincia di Caserta le slot delle società gestite dal clan dei Casalesi. Il presidente, Antonio Pepe, della nona sezione del tribunale di Napoli ha condannato cinque persone ed ha proceduto alla confisca di 10 società che fanno capo alla famiglia Grasso, imprenditori napoletani, accusata dalla Dda di Napoli di aver gestito questa attività illegale nell’agro aversano per conto della camorra. Ma proprio l’aggravante è venuta meno nella sentenza, esclusa per quasi tutti i capi di imputazione. Trenta le assoluzioni, mentre le 5 condanne sono: Renato Grasso, per il vincolo della continuazione, condannato a 16 anni di  carcere,  Francesco  Grasso, 10 anni e 8 mesi; Giuseppe Misso a 3 anni e 4 mesi; Salvatore Giuliano a 3 anni e 4 mesi; Luigi Di Serio a 3 anni ed 8 mesi. Assolti tutti gli altri 30 imputati.   Contestualmente è stata disposta la confisca delle quote e del patrimonio aziendale delle società Meta Spa, Le Mimose Srl, Wozzup Srl, The King Slot Spa; Betting 2000 srl, Leonardo Service Provider Srl, Mediatel Srl, Duegi Srl, Northstar Games srl, Duegi Sas, nonchè dei mobili ed immobili sottoposti a sequestro preventivo ai danni di Renato Grasso e della moglie; di Francesco Grasso e della moglie, tranne le quote ed il patrimonio della Capriccio Sas che è stata dissequestrata. Tutti i beni sequestrati delle persone assolte sono stati dissequestrati.

Cronache della Campania@2018

Tradito dalla compagna, minacciato di morte: in tre rischiano il processo

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Trova la fidanzata con l’amante e viene minacciato di morte in più occasioni sia con una lama che con una pi­stola. I due amanti, unitamente ad una terza persona, sono stati iscritti nel registro degli in­dagati e nei giorni scorsi hanno ricevuto l’avviso di conclusione indagine da parte del sostituto procura­tore di Salerno, Marinella Guglielmotti. Compagno tradito e minac­ciato è Umberto F. L’avviso di garanzia è stato notificato a Vincenzo S. 29 anni, Aurora R. 19 anni e Carlo D.A. 36 anni, tutti residenti nella Valle dell’Irno. I fatti risali­rebbero al settembre 2018. Secondo la ricostruzione dei fatti Um­berto F., che da qualche tempo aveva dei sospetti sulla fe­deltà della fidanzata, va nella sua abita­zione e la trova insieme a Vincenzo S. Tra i due uomini nasce un diverbio che ben presto degenera: va in auto e prende un coltello e dopo averlo puntato contro l’anta­gonista lo minaccia affer­mando: “Lasciala perdere se non la finisci ti ammazzo, ti trapasso il corpo con un col­tello”. Alle minacce del­l’amante si aggiungono quelle della, fino a quel mo­mento fidanzata, la quale invia a Umberto F. un video, tramite whatsapp nel quale si vede la stessa che impugna un grosso coltello e afferma: “Statt accuort ca t’accic…nun pazzia”. Sembrava che la vicenda fosse chiusa dopo la scoperta del tradimento e le minacce. Invece così non è stato. In­fatti, qualche giorno più tardi Umberto F. riceve altre minaccie da Vincenzo S., questa volta attraverso Carlo D.A. Sembra che Carlo D.A. incon­trando per strada Umberto F. gli abbia mostrato una pistola che aveva sotto il giubbotto e successivamente gli avrebbe detto “ti devo uccidere, ti devo uccidere davanti ai tuoi genitori, devo venire a casa tua per farlo”. Spaventato, Umberto F. si rivolge alle forze dell’ordine che hanno immediatamente avviato le indagini tese ad accertare quanto denunciato dalla vit­tima. L’attività investigativa si è chiusa con l’avviso di ga­ranzia e l’avviso di conclu­sione indagine.

Cronache della Campania@2018

Camorra, la Cassazione annulla la condanna per estorsione a Luciano Pellegrino

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La seconda sezione della Suprema Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso dell’avvocato Vittorio Fucci Junior, ha annullato la sentenza di condanna nei confronti di Pellegrino Luciano, di 53 anni, di Montesarchio che era stato condannato dal Tribunale di Benevento a 2 anni e 2 mesi di reclusione per il reato di estorsione aggravata dal metodo camorristico, in concorso con altre persone, ai danni del titolare di un noto locale notturno di Montesarchio. La sentenza di primo grado fu riformata in Appello, con una riduzione della pena a 2 anni di reclusione. La Suprema Corte di Cassazione, invece, ha sentenziato l’annullamento della sentenza di condanna con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli.

Cronache della Campania@2018

Torre del Greco, arrestato truffatore seriale: a settembre aveva fatto il ‘paccotto’ ad un anziano

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Torre del Greco. Finisce in carcere un truffatore seriale di anziani. Questa mattina gli agenti del Commissariato Torre del Greco hanno eseguito una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Torre Annunziata su richiesta della locale Procura nei confronti di Vincenzo Picone, 47 anni, accusato di truffa e circostanze aggravanti.
L’uomo, pluripregiudicato per truffa in danno di anziani e corruzione, lo scorso 14 settembre ha messo a segno l’ennesima truffa ai danni di una persona anziana: approfittando dell’età della vittima e grazie ad una serie di artifizi si è fatto consegnare la somma di euro 2000 in cambio della consegna di uno scatolo ‘ vuoto’ che avrebbe dovuto contenente un computer. Picone è stato accompagnato alla Casa Circondariale di Napoli-Poggioreale.

Cronache della Campania@2018

Processo Eternit a Vercelli: la Procura valuta l’ipotesi di omicidio volontario. A Torino chiesti 7 anni per l’imprenditore svizzero

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La procura di Vercelli valuta un cambio di imputazione per l’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny per i circa trecento casi di morte riconducibili all’amianto lavorato nello stabilimento di Casale Monferrato in provincia di Alessandria dell’Eternit. Da omicidio colposo a omicidio volontario: questa la valutazione che i magistrati di Vercelli stanno facendo dopo che il fascicolo è stato trasferito, per competenza territoriale, dal Tribunale di Torino. Il procuratore generale, Francesco Saluzzo, ha deciso di affiancare un pm torinese ai colleghi vercellesi. Il procedimento è il prodotto di indagini svolte alcuni fa nel capoluogo piemontese. All’udienza preliminare il fascicolo venne diviso in tronconi diversi. A Napoli – città competente per la sede Eternit di Bagnoli – Schmidheiny è imputato di omicidio volontario per otto decessi: il processo è cominciato il 12 aprile. A Torino l’imprenditore risponde di due casi di omicidio colposo: per lui oggi il pm Gianfranco Colace, in sede di replica, ha ribadito la richiesta di condanna a 7 anni.

Cronache della Campania@2018

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