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Channel: Cronaca Giudiziaria
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Picchia il marito che cade dalla finestra e muore

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Durante una violenta lite tra coniugi, il marito, percosso ripetutamente dalla moglie, indietreggia verso la finestra del bagno e finisce per cadere da un’altezza di oltre sei metri, morendo per le conseguenze del trauma cranico sei giorni più tardi. E’ questa la ricostruzione dei fatti secondo la procura di Salerno, che ha chiesto il rinvio a giudizio della donna 42enne con l’accusa di omicidio preterintenzionale. Il fatto e’ avvenuto il 15 marzo di due anni fa in un’abitazione di Montecorvino Pugliano, nel Salernitano; l’uomo era poi deceduto il 21 marzo nell’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno. Oggi, all’udienza preliminare, l’avvocato della donna, Andrea Tata del foro di Salerno, ha chiesto e ottenuto il giudizio abbreviato condizionato all’ammissione di una nuova perizia che sara’ svolta da un altro perito. La tesi difensiva da sempre sostenuta e’ quella della tragedia familiare.

Cronache della Campania@2018


Padre e figlio per 5 anni in carcere e poi si scopre che sono innocenti

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Quasi cinque anni di carcere per un reato mai commesso. Ieri, la Corte d’Appello ha annullato la condanna dopo che i due imputati avevano già scontato tutta la pena. Vittime di una ingiusta detenzione sono un padre e un figlio, accusati di aver tentato di uccidere a bastonate un pastore. Si tratta di Francesco e Tony Lovisi appena maggiorenne quando fu arrestato. I fatti risalgoo al febbraio del 2011 quando un pastore di quarantotto anni, Domenico Lo Sasso di Padula, fu aggredito a bastonate in un terreno adibito a pascolo al confine tra Padula e Montesano sulla Marcellana. La lite, come riporta Il Mattino, scatenata da un diverbio per l’invasione del terreno da parte del bestiame di altri pastori, assunse subito una connotazione violenta e Lo Sasso fu colpito ripetutamente a bastonate riportando lesioni alla testa e al volto. Il pastore accusò Francesco e Tony Lovisi di quell’aggressione che finirono in carcere nel 2012. Padre e figlio furono condannati in primo grado dal tribunale di Lagonegro ad 8 anni di reclusione, condanna confermata in Appello dal tribunale di Potenza. Il ricorso in Cassazione annullò la sentenza rimettendo il caso alla Corte d’appello del tribunale di Salerno che, nel marzo 2017, ridusse la pena a cinque anni e otto mesi di reclusione. Un nuovo ricorso in Cassazione che annullò ancora una volta la sentenza rinviando il fascicolo alla Corte d’Appello di Napoli. Ieri è arrivata la sentenza dei giudici della Corte d’Appello, che accogliendo la tesi dell’avvocato Giovanni Del Vecchio, hanno annullato, senza rinvio, la sentenza di condanna ritenendo insufficienti gli elementi accusatori che si fondavano unicamente sulle dichiarazioni della vittima, deceduta solo un anno dopo da quell’aggressione per infarto.

Cronache della Campania@2018

Studentessa morta a 21 anni: condannata l’amica che guidava l’auto in stato di ebrezza ed aveva assunto hashish

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Morta a 21 anni dopo un violento incidente strada: condannata l’amica che guidava l’auto in stato di ebrezza ed aveva assunto hashish.Virginia Musto, la bella studentessa di psicologia di Aversa morta dopo un fatale impatto sull’Asse Mediano, nel febbraio di due anni fa, tra Afragola e Frattamaggiore. Il giudice Maria Gabriella Iagulli, del tribunale di Napoli Nord, al termine del giudizio con abbreviato, ha condannato a 3 anni e 8 mesi Ma rika A., conducente del veicolo su cui viaggiava la 21enne. Lo schianto in una curva dove l’auto si ribaltò: Virginia fu sbalzata fuori e morì sul colpo. L’amica che guidava l’auto era risultata positiva al alcoltest ed aveva assunto hashish. Nell’auto con loro vi erano anche due ragazzi di Casalnuovo, conosciuti in discoteca e che stavo riaccompagnando a casa e che rimasero miracolosamente illesi.

 Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Camorra? Combine? No, fu solo una ‘papera’ del portiere, crolla il teorema della Calciopoli campana

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Un episodio che non c’entra nulla con combine e calcioscommesse. I giudici della Corte d’Appello ribaltano dopo 11 anni la sentenza di primo grado sul caso Golden Gol 2 che vide al centro dello scandalo la gara Juve Stabia-Sorrento vinta per uno a zero dalla squadra di Castellammare di Stabia. I giudici hanno riscritto difatti la storia della presunta Calciopoli ai piedi del Vesuvio su un giro di partite che, secondo le ricostruzioni dei magistrati della Dda, furono comprate con la complicità della criminalità organizzata. Ci furono penalizzazioni e squalifiche con una partita sospetta finita nel mirino degli investigatori. Il derby tra Juve Stabia – Sorrento disputato nell’aprile di dieci anni fa dove la spuntano le Vespe di Castellammare con un gol di Mineo. Una rete nata dalla “papera” del giovane portiere Vitangelo Spadavecchia. Inizialmente si è pensato ad un errore voluto, invece i giudici della corte d’Appello hanno ribaltato la sentenza di primo grado affermando che si era trattato di un semplice errore tecnico. Arriva quindi l’assoluzione con formula piena per “non aver commesso il fatto”. Questa decisione è totalmente opposta a quella ricevuta dall’ex numero uno del Sorrento in prima istanza che lo vide condannato a otto mesi di reclusione per frode sportiva e squalifica. La Corte d’Appello di Napoli ha dichiarato, inoltre, estinti per prescrizioni i reati degli altri tre protagonisti di quella famosa partita tra cui Cristian Biancone all’epoca attaccante del Sorrento che non disputò il match. Prescritte anche le accuse a Francesco Avallone e per Roberto Amodio, ex dirigente delle Vespe e attualmente direttore del settore giovanile della squadra stabiese. Sia Amodio che Avallone in primo grado furono condannati a un anno e otto mesi di reclusione con pena sospesa mentre Biancone e Spadavecchia a otto mesi. Vitangelo Spadavecchia, è l’unico ad aver rinunciato alla prescrizione e ad aver ribaltato il verdetto di primo grado, uscendo assolto per non aver commesso il fatto. Per i giudici quindi il portiere non partecipò alla combine del derby tra Juve Stabia e Sorrento. “E’ la fine di un incubo – dichiara il portiere – Essere accusato di una cosa che non esiste non è stato facile. Dico grazie alla famiglia che mi è stata vicina. Una volta che usciranno le motivazioni valuterò, insieme al mio legale, l’eventualità di un risarcimento”.
Secondo gli investigatori i due calciatori avrebbero accettato circa 50mila euro per truccare la gara del Campionato di Serie C. Secondo l’antimafia c’erano interessi della Camorra stabiese sull’affare delle scommesse sportive ma l’aggravante mafioso cadde già nel corso dell’udienza preliminare con il gip. Tuttavia si procedette con il processo per frode sportiva ribaltato in secondo grado dal portiere. Per gli altri coinvolti è intervenuta la prescrizione. Per leggere le motivazioni bisognerà aspettare tre mesi.

Cronache della Campania@2018

Società create come una matrioska e fatture false, 10 ordinanze per maxi truffa sui detersivi per la casa

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La Guardia di Finanza di Salerno ha eseguito 10 ordinanze di custodia cautelare a carico dei componenti di un gruppo criminale che, attraverso false fatturazioni e società fittizie, aveva guadagnato oltre un milione e mezzo di euro di IVA non versata; la banda aveva ideato un meccanismo di scatole cinesi e contabilità falsa per far risultare operazioni inesistenti.
Un intricato sistema di scatole cinesi, per mettere in piedi una truffa nel settore dell’ingrosso di detersivi e prodotti per la casa che ha fruttato almeno 1,6 milioni di euro. L’organizzazione, con base nel Salernitano ma ramificazioni in diverse regioni e anche all’estero, è stata smantellata con 10 ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip del Tribunale di Nocera Inferiore ed eseguite dalla Guardia di Finanza di Salerno. Le accuse per gli indagati sono, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale internazionale ed emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti con l’aggravante del reato transnazionale.

Il meccanismo svelato dalla Guardia di Finanza si basava sostanzialmente su un giro di fatture false, emesse da società estere con sede in Inghilterra, Spagna, Lituania, Romania e Bulgaria
Al termine delle indagini i Finanzieri della 1^ Compagnia, coordinati dal Comando Gruppo di Salerno, hanno notificato 3 ordinanze di custodia cautelare in carcere a C. L. e D. S., residenti a Mercato San Severino (Salerno), e a D. G., di San Michele di Serino (Avellino), considerati i promotori dell’organizzazione e gli organizzatori della frode; sono invece scattati gli arresti domiciliari per R. F., di Baronissi (Salerno), F. M., di Castellammare di Stabia, A. P., residente a Matino (Lecce) e B. R., residente a Nocera Inferiore. Per B. G. e D. L. J., entrambi di Pagani (Salerno) e P. V., residente a Fisciano (Salerno), è stata disposta la misura dell’obbligo di dimora nei Comuni di residenza. Il gip ha disposto il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, di beni per un valore di un milione e 600mila euro, corrispondente all’IVa evasa, a carico degli indagati e delle società italiane ed estere coinvolte nella frode.

 Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Gli promette un incontro con una ragazza e lo massacra di botte per rapinarlo, arrestato

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Santa Maria Capua Vetere. Gli promise un incontro con una ragazza, ma lo portò in una masseria e lo rapinò: arrestato il malvivente che il 9 novembre scorso massacrò di botte un anziano. Il gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Walter Nocera, 43 anni, per rapina aggravata e lesioni. Il 19 novembre dello scorso anno i militari erano intervenuti in via Silestrelli dove era stato segnalato un anziano con gravi ferite al volto e lesioni. La vittima, un anziano del posto, raccontò che mentre si trovava a Capua nei pressi della fermata del bus, era stato avvicinato da un giovane, di circa 30 anni, che l’aveva invitato a seguirlo a Santa Maria Capua Vetere, dove gli avrebbe fatto incontrare una ragazza in una masseria. L’uomo condusse la vittima prima in un bar nei pressi della stazione poi avrebbero preso il treno per raggiungere Santa Maria Capua Vetere. Giunti alla stazione ferroviaria percorsero una parte del centro abitato fino a giungere in un casolare di campagna, lì l’uomo invitò l’anziano ad entrare per incontrare la ragazza, ma appena dopo essere entrato nel casolare fu aggredito con un bastone di legno, picchiato ripetutamente e rapinato del portafogli nel quale c’erano 200 euro. L’esame delle immagini raccolte dai diversi circuiti di videosorveglianza, l’esito dell’analisi del traffico telefonico dell’utenza in uso alla vittima, la denuncia sporta unitamente ai verbali di individuazione personale effettuati ed i referti medici attestanti le lesioni subite, hanno consentito di identificare Walter Nocera e di arrestarlo per rapina e lesioni aggravate. L’uomo è finito in carcere.

Cronache della Campania@2018

Estorceva i soldi ai familiari: condannato a 4 anni e 4 mesi di carcere

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Mano pesante del giudice per la tentata estorsione alla mamma che aveva provato a ritrattare. Non è bastata la ritrattazione della mamma davanti al giudice per avere uno sconto di pena: il giudice del tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha condannato un uomo di Maddaloni a 4 anni e 4 mesi di carcere per le estorsioni ai danni dei familiari. Il 39enne fu fermato dai carabinieri al termine di una violenta lite in casa, dove emerse una grave situazione di disagio in cui versava la famiglia.

Cronache della Campania@2018

Investì e uccise donna con il suo camion: autista di Scafati condannato per omicidio stradale

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E’ stato condannato a un anno e 4 mesi di reclusione il 52enne di Scafati che, il primo febbraio dello scorso anno, alla guida di un tir, aveva travolto e ucciso Giuliana Minuto a Torino in corso Moncalieri. Si tratta di una delle prime condanne per omicidio stradale. La donna era stata investita sulle strisce pedonali e trascinata sull’asfalto per trecento metri. L’uomo, incensurato, aveva spiegato agli investigatori di non essersi accorto di nulla: per questo aveva proseguito verso Milano per poi tornare a Nocera Inferiore, dove ha sede la Csm, l’azienda dove da oltre 15 anni lavora come autotrasportatore. Dalle indagini, coordinate dal magistrato Lisa Bergamasco, è emerso che il tir, un Iveco Stralis, non avrebbe dovuto percorrere quella strada: le norme di circolazione della Città, infatti, vietano il passaggio ai mezzi pesanti da piazza Zara sino alla Gran Madre. Il conducente avrebbe dovuto chiedere l’autorizzazione all’amministrazione comunale. “E’ stata riconosciuta giustizia – commenta l’avvocato di parte civile Antonio Rossomando – La responsabilità del conducente e’ stata ritenuta evidente”.

Cronache della Campania@2018


Scafati, Loreto jr accusa: “Il clan appoggiò Aliberti e Paolino nel 2013 e nel 2015”. Tensione per la testimonianza di Coppola

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Scafati. La camorra scese in campo alle elezioni amministrative del 2013 e alle Regionali del 2015 per appoggiare il candidato Angelo Pasqualino Aliberti e Monica Paolino, la moglie. Alfonso Loreto non tentenna e conferma, nel processo che si sta celebrando al Tribunale di Nocera Inferiore, quanto ipotizzato dalla Procura antimafia. Un lungo racconto quello di Loreto jr che riporta agli anni vissuti a Scafati tra il 2007 e il 2015 quando le sue vicende personali e criminali si intrecciano con la politica per crearsi  un’ascesa sociale e imprenditoriale. Era uno dei testi più attesi ed ha confermato le aspettative. Nell’udienza che si è tenuta ieri mattina il collaboratore di giustizia ha spiegato, rispondendo alle domande del pubblico ministero Vincenzo Montemurro, come il clan Loreto-Ridosso riuscì ad entrare nei gangli della macchina amministrativa imponendo un candidato, poi eletto, al consiglio comunale e ottenendo che un uomo di sua fiducia, Ciro Petrucci, ottenesse un incarico come vicepresidente nell’Acse, la società partecipata del Comune. Una testimonianza lucida, senza contraddizioni, alla luce della sua presenza e della sua conoscenza dei fatti per averli vissuti in prima persona. 

Lui capo di un clan insieme ai cugini Gennaro e Luigi Ridosso, un gruppo criminale che a partire dal 2007-2008 impose sul territorio di Scafati il suo predominio, prima criminale e poi ‘imprenditoriale’ con una ditta di pulizie che lavorava a suon di estorsioni e imposizioni. Loreto jr, figlio del pentito Pasquale, da anni in località protetta ma sempre presente e a conoscenza delle vicende scafatesi – le cui dichiarazioni sono state acquisite ieri dai giudici – ha raccontato le vicende che portarono il clan ad occuparsi di politica, ma anche il metodo utilizzato per lavorare con la ditta apparentemente ‘legale’. L’impresa aveva imposto ad alcuni imprenditori locali tra i quali i conservieri Longobardi i servizi di pulizia nelle loro fabbriche: estorsioni mascherate pagate dalle vittime con il metodo delle sovrafatturazioni. Poi nel 2013 la decisione di scendere in campo e partecipare alle elezioni amministrative con un proprio candidato. “Sfruttando le aspirazioni politiche di Andrea Ridosso, fratello di Luigi e estraneo al clan – ha detto Loreto – decidemmo di far candidare uno dei nostri, ma il nome di Ridosso era troppo ingombrante e quindi prima pensammo a Roberto Ciannatiempo (il giovane che curava gli affari della ditta di pulizie, ndr) e poi a Roberto Barchiesi (zio della moglie di Loreto, ndr)”. Loreto ha racconta ci furono degli incontri preliminari con l’allora sindaco uscente e candidato Pasquale Aliberti ‘Raffaele Lupo e Luigi Ridosso andarono a casa sua per proporgli l’appoggio elettorale e il nome del candidato’. Quello che è accaduto dopo è storia politica. Aliberti, secondo quanto raccontato dal pentito, non volle che il giovane Andrea Ridosso ‘dal cognome ingombrante’ si presentasse direttamente e chiese a Lupo di trovare un’alternativa e nella lista ‘Grande Scafati’ si presentò Roberto Barchiesi. “Gli portammo circa duecento voti – ha ricordato Loreto – alcuni li pagammo io Gennaro e Luigi, altri vennero da amici e conoscenti”. In quel periodo Alfonso Loreto era agli arresti domiciliari e veniva messo a conoscenza di quanto stava accadendo in ambito politico da Luigi colui che si occupò effettivamente della campagna elettorale. 

Barchiesi fu eletto ma non andò come previsto. I benefici che il consigliere avrebbe dovuto dare al clan non arrivarono: “Barchiesi non aveva la personalità – ha ricordato Loreto – e gli imponemmo di dimettersi, ma il sindaco lo convinse a restare”. Il pentito ha raccontato l’episodio in cui Barchiesi fu minacciato pesantemente e picchiato per costringerlo a dimettersi o quanto meno aiutare il gruppo criminale ad ottenere appalti pubblici nell’ambito della pubblica amministrazione. Un piano che va in porto quando, il clan riesce a mettere un suo uomo – estraneo al clan ma amico di Luigi Ridosso – in un posto importante nella partecipata del Comune: Ciro Petrucci.
Loreto ha parlato anche diffusamente delle Regionali del 2015. “Io e Gennaro Ridosso non eravamo convinti di appoggiare Monica Paolino, la moglie del sindaco, – ha detto in aula – ma Luigi Ridosso ci convinse”. Il gruppo organizzò a quel punto una riunione elettorale per la candidata a casa della zia dei Ridosso. Loreto ha anche ricordato alcuni episodi accaduti in quegli anni e in particolare quando minacciarono il fratello del sindaco Nello Maurizio Aliberti, imputato anch’egli nel processo, per ottenere un lavoro presso l’impresa che all’epoca gestiva la raccolta dei rifiuti. Il collaboratore ha riferito che Nello Maurizio Aliberti fu avvicinato e minacciato con le armi. Ci fu un incontro presso l’ufficio di Nello Longobardi, l’imprenditore conserviero vittima del gruppo, chiesto da Nello Aliberti nel quale il fratello del sindaco cercò di mediare ‘Non mi dovete fare questi discorsi – disse Aliberti, secondo il pentito – anche io ho parentele scomode (riferendosi all’ex suocero Nino Galasso, ndr)’, poi promise che li avrebbe in qualche modo aiutati. L’esame di Alfonso Loreto si concluderà il prossimo 10 aprile quando la difesa dovrà anche controesaminare il teste cercando di far emergere elementi a favore degli imputati. Loreto jr sarà di nuovo in videoconferenza, mentre in aula è stato convocato Diego Chirico, ex assessore, presente ieri al processo è stato convocato senza avviso.
Ma ieri mattina l’udienza è iniziata con la testimonianza di un altro teste impostante: l’ex presidente del consiglio comunale Pasquale Coppola, prima alleato e poi avversario di Pasquale Aliberti. Una testimonianza burrascosa quella di Coppola, anticipata dalla richiesta – non accolta – del pm di depositare un verbale di sommarie informazioni in cui il teste raccontava di essersi sentito minacciato da un post su Facebook di Nello Maurizio Aliberti che alludeva ad una sua assenza per malattia dal processo che si sarebbe dovuto tenere. Il verbale non è stato depositato per l’opposizione della difesa dell’imputata Monica Paolino che ha sollevato eccezioni procedurali, poi accolte dai giudici.
Coppola ha raccontato di aver visto uscire dall’ufficio del sindaco Aliberti al Comune Alfonso Loreto e Luigi Ridosso, nel periodo precedente al 2013. La sua testimonianza è stata anche costellata da giudizi personali e attacchi politici ‘giudice non avete idea – ha detto rivolgendosi ai giudici – è un mistificatore, un animale politico’. ‘Non sono stato io a lasciare la maggioranza, è lui che mi ha cacciato’. E poi ha accusato Aliberti di aver favorito la moglie, tant’è che Monica Paolino ad alta voce ha risposto ‘non sono stata favorita, sono stata eletta’. Il teste è stato più volte ripreso e non sono mancati momenti di tensione con gli imputati presenti. Coppola, indagato in procedimento connesso per scambio di voto politico-mafioso per le Regionali del 2015, ha ricordato la vicenda che lo vede coinvolto, ha cercato di giustificarsi: “Fui chiamato da Dario Spinelli (pregiudicato, ora collaboratore di giustizia, ndr) che mi propose appoggio elettorale nel 2015 mi disse ‘non siamo convinti di appoggiare Monica Paolino, vogliamo dare i voti anche a te”. L’accordo avrebbe avuto un costo di 2000 euro. Coppola ha sostenuto di aver rifiutato l’appoggio elettorale ma il giorno dopo inviò a Spinelli dei biglietti gratis per le giostrine e del materiale elettorale. Durante il controesame il teste ha dovuto ammettere di aver partecipato ad una riunione elettorale organizzata da Spinelli nelle palazzine popolari di Scafati ‘c’erano 15 persone’ ha spiegato Coppola cercando di giustificarsi.
Il processo riprenderà il 10 aprile, per quella data la difesa dovrà prepararsi a interrogare Alfonso Loreto, uno dei testi chiave nel processo per scambio di voto politico-mafioso e minacce nella città di Scafati che si sta celebrando al Tribunale di Nocera Inferiore e che vede sotto accusa l’ex sindaco che ha guidato la città per circa otto anni. 

Cronache della Campania@2018

Molestie nel bagno del campetto di Cetara: otto anni a due imputati

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Due condanne per le presunte molestie sessuali nei confronti di minorenni avvenute nei bagni del campo sportivo a Cetara: la sentenza è stata emessa ieri pomeriggio dai giudici (Ferrara, De Luca, Giocoli) della terza sezione penale del Tribunale di Salerno che hanno condannato a sei anni e mezzo L.A. e a due anni L.B., riconoscendo a quest’ultimo il vizio parziale di mente.

Cronache della Campania@2018

Napoli, niente perizia psichiatrica e Luca Materazzo rinuncia ad essere interrogato

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Ha deciso di avvalersi della facoltà di non essere interrogato Luca Materazzo, unico imputato nel processo sull’omicidio del fratello Vittorio Materazzo, l’ingegnere assassinato con decine di coltellate la sera del 28 novembre 2016, davanti la sua abitazione di Maria Cristina di Savoia, a Napoli. Stamane durante la brevissima udienza nell’aula 115 della terza Corte d’Assise, il presidente Giuseppe Provitera ha rigettato la richiesta di perizia psichiatrica presentata diverse udienze fa dalla difesa, all’epoca rappresentata dall’avvocato Francesco Longhini. Attualmente Luca Materazzo, che nel corso del procedimento giudiziario ha cambiato una quindicina di legali, è difeso dagli avvocati Alessandro Motta e Concetta Chiricone. Il prossimo appuntamento è per il 9 aprile, per la requisitoria del pm Francesca De Renzis.

Cronache della Campania@2018

La vittima del prete pedofilo denuncia: ‘Adesso tutto il mondo avrà la prova che la giustizia ecclesiale non esiste’

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“Adesso tutto il mondo avrà la prova che la giustizia ecclesiale non esiste. Dopo prove video, prove intime e dopo che tre vittime hanno dichiarato di essere vittime del prete pedofilo, don Silverio Mura, lo assolvono in primo grado. Va bene, lasciamo la giustizia ecclesiale e rivolgiamoci a quella penale e civile”. E’ Diego Arturo Borrelli, una delle vittime che denuncia sulla sua pagina facebook. L’uomo dallo scorso anno sta portando avanti la sua battaglia, senza avere il timore di metterci la faccia, raccontando in prima persona e rivolgendosi ai media per far conoscere le violenze subite da lui e da altre persone quando erano ragazzini dal prete di Ponticelli. “La chiesa di Papa Francesco ha fallito-scrive ancora Borrelli- dopo la mia sentenza ’dopo che ha assolto il prete Pedofilo don Silverio Mura”. Poi si scaglia anche contro il cardinale di Napoli: “Cardinale Sepe una cosa che non potrò mai perdonare è la sofferenza che hai trasmesso alla mia famiglia specialmente al mio figlio. Dio è grande è pagherai con lui!”. E poi annuncia che farà ricorso contro l’assoluzione.

Cronache della Campania@2018

Massacra il volto della ex compagna. Arrestato nipote del boss Bardellino

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L’ha violentemente aggredita colpendole il volto e causandole la la frattura scomposta delle ossa facciali in più punti.
E’ stato quindi arrestato dalla polizia del commissariato di Formia con l’accusa di stalking e lesioni personali aggravate.
In manette Gustavo Bardellino, 39 anni, nipote del boss Antonio Bardellino.I fatti si sono verificati alcune settimane fa in un noto ristorante di Formia.
La donna, svenuta per il dolore, era stata portata al pronto soccorso dove aveva denunciato l’aggressione ma senza indicare l’autore, probabilmente per paura di ritorsioni.Dopo i soccorsi ed un intervento maxillo-facciale per ricomporre le fratture ha pero’ trovato il coraggio di denunciare l’ex compagno spiegando di averlo incontrato per caso nel ristorante e di avere avuto una discussione con lui poi finita con l’aggressione. Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Ucciso per errore: fissato il processo bis per il boss Marco Di Lauro

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E’ stato fissato per il primo luglio prossimo a Napoli il processo d’appello bis nei confronti del superboss Marco Di Lauro, arrestato a inizio marzo dopo una latitanza di 14 anni, per l’omicidio di Attilio Romanò, vittima innocente di camorra, ucciso il 24 gennaio 2005, in un negozio di telefonia di Capodimonte, a Napoli, durante la cosiddetta prima faida di Scampia. Lo ha annunciato a Senigallia in provincia di Ancona, la sorella di Romanò, Maria, che ha partecipato a una iniziativa di Libera nel giorno della Memoria per le vittime innocenti di mafia. Di Lauro, accusato di essere il mandante della spedizione in cui poi venne colpita la persona sbagliata, era stato condannato all’ergastolo in primo e secondo grado ma, nel 2015, la Cassazione aveva annullato la sentenza d’appello, rinviando a un nuovo collegio della Corte di Napoli per rifare il processo. Contestualmente la Suprema Corte aveva confermato invece l’ergastolo all’esecutore materiale del delitto Mario Buono. “Noi come familiari – ha osservato Maria Romanò, che ha dato l’annuncio davanti a circa 3 mila persone – approfittiamo di questo abbraccio che ci dà la carica per continuare a impegnarci a dire di no alle mafie, per fare sempre meglio la nostra parte”.

Cronache della Campania@2018

Uccisero una coppia di coniugi, condannati 2 esponenti del clan Belforte

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Marcianise. Uccisero una coppia di coniugi: condannati 2 esponenti del clan Belforte, tre le assoluzioni. La sentenza è stata emessa dalla Corte di Assise di Appello di Napoli nei confronti di cinque pregiudicati di Marcianise, tra cui i fratelli capoclan dei “Mazzacane”, Salvatore e Domenico Belforte (condannati rispettivamente a 10 e 16 anni) per il duplice delitto di una coppia di coniugi commesso nel 1997. Confermate le assoluzioni per Antimo Piccolo, Gennaro Buoanno e Felice Napolitano già assolti in primo grado. Il movente del delitto è da ricercarsi nel rifiuto di Biagio Letizia (una delle vittime)  ad uccidere la propria moglie in quanto confidente di un maresciallo dei carabinieri con il quale intratteneva una relazione (come emerso dal processo). La donna, Giovanna Breda, avrebbe poi fatto arrestare alcuni esponenti della cosca dei Mazzacane. Nell’inchiesta della Dda sono state utilizzate le dichiarazioni di diversi pentiti. A difendere gli imputati, gli avvocati Massimo Trigari, Antonio Abet e Franco Liguori.

Cronache della Campania@2018


Scontri Inter-Napoli, scarcerati i quattro ultrà condannati

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Milano. I quattro tifosi condannati ieri a Milano con pene inferiori a tre anni per rissa aggravata in relazione agli scontri del 26 dicembre scorso, prima della partita Inter-Napoli in cui perse la vita Daniele Belardinelli, sono stati scarcerati. Per Marco Piovella, considerato un altro fedelissimo della tifoseria interista, il gup Carlo Ottone De Marchi, ha disposto l’obbligo di dimora così come per Alessandro Martinoli, ultrà del Varese, tifoseria gemellata a quella interista i cui ultras, assieme a quelli del Nizza avrebbero preso parte anche loro all’agguato di Santo Stefano nei confronti dei tifosi napoletani. Fuori dal carcere anche gli altri due ultras nerazzurri, Francesco Baj e Simone Tira. Per Nino Ciccarelli, invece, condannato a 3 anni e 8 mesi il gup, accogliendo la richiesta del legale, ha disposto gli arresti domiciliari. Secondo il Gup del Tribunale di Milano, le “esigenze cautelari” sono “ridimensionate” dato il periodo già trascorso in carcere, oltre due mesi, e la “definizione del procedimento con le forme del giudizio abbreviato che rappresentano senz’ombra di dubbio un idoneo deterrente in ordine alla futura commissione di reati”. I pm avevano dato parere negativo alla scarcerazione, richiesta dal legale Mirko Perlino. E la Procura aveva detto no anche alla scarcerazione di Marco Piovella per il quale, secondo il gup, vale lo stesso discorso che per Ciccarelli. Per lui, condannato ad una pena più bassa, obbligo di dimora con la prescrizione di non uscire tra le 21 e le 7 e obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria, misura idonea per permettere anche la “risocializzazione dell’imputato”.

Cronache della Campania@2018

Adesca sui social una ragazzina e si fa inviare foto hot

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Un 32enne di Battipaglia accusato di prostituzione minorile, detenzione di materiale pedopornografico e adescamento di minorenni. Notificato nelle ultime ore, infatti, l’avviso di conclusione delle indagini emesso dalla Procura di Lecce.
I fatti risalgono al 2017: l’uomo sarebbe riuscito a conquistare la fiducia della ragazza con un atteggiamento amichevole, per convincerla a inviargli foto con atti di autoerotismo. Lo scambio di immagini tra i due è durato diversi mesi, finché i genitori della minorenne hanno controllato lo smartphone della figlia e hanno scoperto il fatto. Da lì, la denuncia alle forze dell’ordine e l’avvio delle indagini che hanno portato alla grave accusa nei confronti dell’uomo.

Cronache della Campania@2018

Il Riesame scarcera il presunto complice del rapinatore ucciso nel Beneventano

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Il Tribunale del Riesame di Napoli XII SEZ., accogliendo il ricorso proposto dall’avvocato Vittorio Fucci jr., ha revocato l’ordinanza di custodia cautelare  dell’obbligo di dimora a Perone Eugenio, di 48 anni, di Montesarchio, rimettendolo in libertà.

Nello scorso mese di febbraio, Perone era stato sottoposto ad ordinanza di custodia cautelare con ordinanza del Giudice delle Indagini Preliminari di Benevento, perché ritenuto gravemente indiziato di reato di favoreggiamento nei confronti di Paolo Spitaletta, ritenuto responsabile  dell’omicidio di Valentino Improta.

Le indagini, che avevano portato all’emissione dell’ordinanza di custodia cautelare, erano fondate su intercettazioni telefoniche ed ambientali, nonché su dichiarazioni di collaboratori di giustizia.Il Tribunale del Riesame, tuttavia, ha revocato l’ordinanza di custodia cautelare nei confronti del Perone, rimettendolo in libertà.

Cronache della Campania@2018

‘Mi hai venduto il sapone’, il cliente dei pusher della Penisola si lamentava e non voleva pagare. LE INTERCETTAZIONI

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Come qualsiasi attività imprenditoriale succede che clienti tardino a saldare i pagamenti così succedeva anche agli spacciatori coinvolti nell’operazione “Terra delle Sirene” eseguita dai carabinieri della Compagnia di Sorrento. Nelle pagine di ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Antonello Anzalone tra i vari episodi vi è il caso di un cliente di De Lisio Viviana, alias ‘a Chiatta, che deve riscuotere una somma da un cliente. Questa somma, però, tarda ad arrivare. Lo stesso cliente, inoltre, lamenta alla De Lisio che la sostanza venduta era di bassa qualità. Dalle conversazioni intercettate appunto si legge l’assuntore che si lamenta con la spacciatrice “era sapone” dice. Oltre alla mancata riscossione la De Lisio subisce anche la pressione del suo fornitore Luigi Cioffi, Bubù, che la rimprovera del fatto che lei “consegna roba a pagherò”. Inoltre Bubù rimprovera De Lisio anche del fatto che scende tardi probabilmente si riferisce al fatto che l’orario nel quale scende Viviana non è consono per spacciare ma lei replica che era rimasta solo con due cosi (due dosi ndr). Nell’auto con Bubù racconta di aver avuto una discussione con Vincenzo, un cliente che oltre ad essere cattivo pagatore lamenta anche della qualità della sostanza. Viviana De Lisio fa ascoltare a Bubù il messaggio vocale che lei stessa ha inviato al suo cliente in riferimento ai debiti. Il cliente, Vincenzo, non risponde a telefono così De Lisio contatta la fidanzata dicendo che se non paga la prossima volta manderà Bubù a risolvere il problema.
De Lisio: “Ma Vincenzo che fine ha fatto?
Fidanzata: “Allora ieri è andato a lavorare”
De Lisio: “Io lo sto scrivendo, questo a mè per il culo non mi deve prendere perché capito che”
Fidanzata: “No ma quello i soldi te li da Viviana, figurati”
De Lisio: “Che quello lo so ma io cè li devo dare quello mi martella Tiziana ma chè ha capito io mò ci mando a Gigino (Bubù) non voglio sapere niente eh”
La conversazione continua tra le due ragazze.
De Lisio: “Va bene comunque ci mando a questo non me ne fotte proprio ci mando pure quattro cinque ragazzi, deve avere una madonna di paliata così ma no per quello così si impara una volta e buona che ste stronzate non le deve fare”
Fidanzata: “Mah quello non lo vedi come sta Viviana tu mi fai morire tu…”
De Lisio: “Io sono io che sbaglio già io ho sbagliato”
Fidanzata: “Ciè dopo un certo punto…inc….”
De Lisio: “Si ma non mi dire domani domani e poi….”
Fidanzata: “Si perché quello pensa sempre che il masto di quello gli dai soldi domani il masto di Luca quello è peggio di lui”
De Lisio: “Eh non glieli ha dati proprio questo”
Fidanzata: “No quelli non li ha avuti proprio”
De Lisio: “Ah va bene”
Fidanzata: “Non li ha avuti ancora poi quello chè ha detto a me Viviana”
De Lisio: “Quello chè ha detto lui”
Fidanzata: “Quello chè ha detto lui”
De Lisio: “Li ha avuti e come se li ha avuti ne T.”
Fidanzata: “Quello chè ha detto a me
De Lisio: “Eh mo ci andava”
Fidanzata: “Quindi …”
De Lisio: “Ha detto una palla”
Fidanzata: “Ah figurati ha detto a me”
De Lisio: “Aspetta mi devo lavare le mani… no e è bugiardo”
Fidanzata: “Ah questo sicuro”
De Lisio: “Non si fa cosi”
Fidanzata: “Questo proprio e là …. no sai cosa è”
De Lisio: “Ma poi a me sai T. mi ha messo in difficoltà con quello perché tu cioè …”
Fidanzata: “Sai quale è il problema ?”
De Lisio: “Li conosci a sta gente come sono”
Fidanzata: “Che dice bugie anche quando non servono ormai lui sta in quella palla che dice puttanate a non finire pure se non servono capito moh lascia stare il tuo caso”
De Lisio: “Lo sai chè cosa è T. io c’è li potrei anche mettere però io devo stare apparare anche i miei cioè io già devo apparare i miei non è che posso apparare anche quelli degli altri hai capito”

Il cliente manda un messaggio vocale alla De Lisio giustificandosi del mancato pagamento perché il datore di lavoro non aveva provveduto a pagarlo. Di seguito la trascrizione.
“(messaggio audio) Viviana lo so che sono un uomo di merda … sono andato a lavorare e non mi hanno pagato né sabato né lunedì né martedì. .. me l’hanno proprio “c… in c….l” … hai capito qual è il problema a lavorare con i compagni … non hanno pagato a lui e non hanno pagato neanche a me … per sabato ti do questi soldi. .. non ti preoccupare … non dirmi niente … non mi dire proprio niente … lo so che sono un “uomo di merda” cosa devo dirti. .. ma non li tengo …. me l’hanno “c… in c…” … questo è il problema … ciao”
De Lisio: (messaggio audio) “qua ti stiamo aspettando ancora …”
De Lisio: “Grande chiavica vedi come devi fare”
Vincenzo: (messaggio audio) “domani sera sono da te … ok … sono già nel letto, stasera vado a
coricarmi. .. domani mi pagano e ti pago io … va bene? ciao … sono una grande “chiavica” … lo so”
De Lisio: “Forse non hai capito che io già ho i miei debiti”
De Lisio: “Bn mi prendere x il culo”
Vincenzo: (messaggio audio) “non ti prendo per il culo … sono stato proprio nella “merda” … adesso domani mi pagano i quattro giorni di lavoro e ti apparo … la settimana scorsa non mi hanno pagato … domani mi pagano tutto … non dirmi niente … sono una “merda” … sono una “merda” me lo hanno c… ”in c…” pure a me … scusami. .. comunque non li hai persi … non avere paura … ciao … ci vediamo domani …”

Cronache della Campania@2018

Immigrazione clandestina sospeso il consigliere comunale del Pd di Eboli, organizzatore del traffico

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Eboli. Pasquale Infante, agli arresti domiciliari in seguito all’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia sospeso dalla carica di consigliere comunale.
Sfruttamento dell’immigrazione. Sospeso dalla carica di consigliere comunale ad Eboli Pasquale Infante. Il Giudice per le indagini Preliminari del Tribunale di Salerno, ha applicato al Consigliere la misura cautelare agli arresti domiciliari. Da tale provvedimento, consegue la sospensione della carica da consigliere comunale. La sospensione per il consigliere comunale è stata disposta dalla Prefettura di Salerno. Infante, commercialista e capogruppo dei Dem in consiglio comunale è da due giorni ai domiciliari perché ritenuto colui che avrebbe organizzato il traffico di essere umani dal Nord Africa e favorito lo sfruttamento della mano d’opera insieme con alcuni imprenditori agricoli della Piana del Sele e dell’Agro nocerino sarnese,.

Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

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