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Channel: Cronaca Giudiziaria
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Ercolano, ergastolo confermato per mandante e fiancheggiatori dell’omicidio dell’innocente neo melodico Salvatore Barbaro

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La Corte di Assise di Appello di Napoli ha confermato la sentenza della condanna all’ergastolo per mandanti e fiancheggiatori dell’omicidio della vittima innocente della faida di Ercolano, il cantante neomelodico Salvatore Barbaro in arte Savio. Fine pena mai per il boss Natale Dantese (il mandante) e per Michele Sannino, che aiutò il killer Vincenzo Spagnuolo già condannato a 30 anni di carcere in un processo svoltosi con il rito abbreviato e la cui pena è diventata definitiva grazie alla cassazione nei mesi scorsi. Mentre l’altro presunto fiancheggiatore Pasquale Spronello, condannato pure lui all’ergastolo in primo grado è stato invece assolto nel processo di Appello. La Corte di assise di appello di Napoli – III sezione – , in accoglimento delle questioni giuridiche formulate dagli avvocati Dario Vannetiello e Valerio De Maio, ha annullato la condanna all’ergastolo. Spronello era accusato di aver ricoperto il ruolo di specchiettista nella esecuzione della progettata uccisione di Ciro Savino, nell’ambito della faida tra il clan Birra ed il clan Ascione-Papale. La vittima predestinata scampò all’agguato, mentre perse la vita un innocente, Salvio Barbaro. Nel processo di secondo grado, la difesa di Spronello è riuscita ad incrinare la attendibilità delle dichiarazioni rese nel processo dal pentito Raffaele Capasso e dalla pentita Antonella Madonna, con l’effetto di annullare completamente la pesantissima condanna.
Con la stessa decisione i giudici di secondo grado hanno confermato le condanne all’ergastolo inflitte in primo grado agli altri due imputati del delitto, Natale Dantese e Michele Sannino, ad eccezione della esclusione dell’isolamento diurno.
Salvatore Barbaro fu ucciso il 13 novembre del 2009, perché scambiato per un affiliato del clan Birra-Iacomino, con cui il giovane aveva in comune solo l’automobile: una Suzuki Swift di colore grigio. I killer, giunti in via Mare in sella a un motociclo, spararono contro il giovane almeno 11 colpi di pistola di calibro nove. Il ragazzo, colpito alle spalle, terminò la sua corsa contro il muro di contenimento del cantiere di scavo di Villa dei Papiri. Apprezzamento per la sentenza da parte del sindaco di Ercolano, Ciro Buonajuto che attraverso la propria pagina facebook scrive: “Anche se non servirà a farlo tornare in vita, la giustizia ha vinto. Alla mamma e ai fratelli di Salvatore va un grande abbraccio per il dolore che da dieci anni si portano dentro e nessuna sentenza potrà sollevarli abbastanza”.

Cronache della Campania@2018


Anziana rapinata e ferita in via Gramsci, arrestato bandito del quartiere Stella

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Rapinò un’anziana e la lasciò in una pozza di sangue: questa mattina, il bandito è stato arrestato dai carabinieri della stazione Posillipo. I militari hanno eseguito un’ordinanza in carcere a carico di un 45enne del quartiere Stella accusato della rapina consumata in via Gramsci lo scorso 19 gennaio. Un magro bottino, 75 euro, sottratti dalla borsa della donna che però misero in pericolo di vita la donna, spinta violentemente alle spalle, batti col capo sull’asfalto, procurandosi una profonda ferita. L’anziana rimase riversa per terra, semicosciente, in una pozza di sangue.
Alcuni passanti avevano attivato il 118 immaginando una caduta o un sinistro, solo dopo qualche giorno fu denunciato il vero accaduto ai militari della Stazione di Posillipo, dal figlio della donna.
La vittima, ancora tramortita, per alcuni giorni non fu in grado di riferire dell’accaduto, per cui i Carabinieri cercarono di acquisire d’iniziativa qualsiasi elemento utile.
Essenziali le immagini di alcune telecamere di videosorveglianza privata che hanno immortalato transitare, subito dopo che la donna lascia il condominio dove abita (proprio in via Gramsci), lo scooter condotto dall’indagato, con la targa occultata.
La fisionomia del soggetto ed ulteriori immagini hanno consentito di individuare il proprietario e reale utilizzatore del mezzo. Le indagini dell’Arma, coordinate dalla Procura di Napoli, hanno trovato il loro compendio a seguito della perquisizione domiciliare che ha consentito di ritrovare e sequestrare lo scooter e parte degli accessori indossati dal rapinatore il giorno dell’aggressione all’anziana. L’arrestato è stato condotto a Poggioreale.

Cronache della Campania@2018

Oltre un secolo di carcere ai signori dello spaccio di Cava: 20 anni a Lady cocaina

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Gestiva, assieme al figlio la piazza di spaccio nella fra­zione Santa Lucia di Cava de Tirreni. Il giudice per le udienze preliminari del Tri­bunale di Salerno ha condan­nato a 20 anni di reclusione la lady cocaina metelliana, Lucia Zullo, la stessa pena è stata inflitta a Vincenzo Zullo. Vincenzo Porpora è stato con­dannato invece a 14 anni e 8 mesi.
Il Gup ha inflitto 8 anni a Mario Avagliano (figlio di Lucia), 1 anno a Carmine Baldi, 3 anni a Roberto Benincasa 6 anni e 8 mesi a Angelo Della Valle, 4 anni e 4 mesi a Alfredo Lambiase e Daniele Medolla, 7 anni a Carmine Medolla, 7 anni e 4 mesi a Gio­vanni Ragosta, 2 anni e 7 mesi a Lucia Trezza. Assolti dalle accuse: Dante Zullo, Giovanni Casale, Alessandro Marciano e Michele Memoli.
Tutti gli altri imputati hanno scelto di essere giudicati con il rito dell’abbreviato.
Lady cocaina si era messa in proprio a seguito della scis­sione da Vincenzo Zullo e Vin­cenzo Porpora. A mettere la parola fine allo spaccio fu­rono i carabinieri del reparto territoriale di Nocera Infe­riore, coordinati dalla Dda di Salerno. Secondo le ricostru­zioni operate dalla Procura Lucia Zullo era a capo dell’organizzazione provvedendo ­anche a curare in prima per­sona la vendita dello stupefa­cente, Vincenzo Zullo, Mario Avagliano e Vincenzo Porpora erano le persone di fiducia di Lucia Zullo e si incaricavano del procacciamento e acqui­sto dello stupefacente. Poi vi erano una serie di spacciatori che avevano anche il compito di occuparsi della sorve­glianza della “piazza di spac­cio” segnalando la presenza delle forze dell’ordine. Questi avevano anche il compito di procacciare i potenziali acqui­renti. Lucia Zullo è un perso­naggio noto alle forze dell’ordine oltre ad essere la sorella di Dante Zullo (attual­mente detenuto), un tempo affiliato al clan Bisogno ope­rante sul territorio di Cava de’ Tirreni: nel 2001 fu coinvolta nell’operazione “Bolivar”, unitamente ad altri soggetti.

Cronache della Campania@2018

Camorra: la paura di altri agguati dopo l’omicidio Sibillo e la rottura tra o’ nannone e la famiglia del defunto baby boss. LE INTERCETTAZIONI

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Napoli. Subito dopo l’omicidio del baby boss Emanuele Sibillo c’è stato un violento scontro interno alla ‘Paranza dei bimbi’ perchè la famiglie della giovane vittima imputava ad Antonio Napoletano o’ nannone una presunta responsabilità della morte del congiunto visto che Emanuele Sibillo la notte del 2 luglio del 2015 si era diretto in via Oronzo Costa (la famosa ‘strada della morte) dove abitavano i nemici dei Buonerba per fare una rappresaglia. Rappresaglia che doveva servire come risposta al ferimento di o’ nannone e di altri due giovani avvenuto 5 giorni prima. Ma come è noto i “Capelloni” stanchi di subire ogni sera la stese contro le loro abitazioni, come hanno raccontato i numerosi pentiti, li stavano aspettando. Gli tesero una trappola. Ed Emanuele Sibillo, che era seduto dietro allo scooter guidato dal fratello Lino che indossava il giubbotto antiproiettile. rimase colpito mortalmente. La notte stessa si registrano decine e decine di telefonate tra affiliati e familiari e le forze dell’ordine che hanno numerosi telefoni sotto controllo ascoltano tutto. Sono passate le 2,30 della notte in cui è stato ucciso Emanuele Sibillo e la mamma di Antonio Napoletano o’ nannone chiama al telefono la figlia Carmela: “fate venire a qualcuno, io non ce la faccio, ho soltanto quella ragazza … la moglie diEmanuele (Mariarca Savarese) … sto morendo …”. E la figlia replica : “Madò … che stai dicendo mamma … ma dove l’ha preso?”. “Non lo so …. non sono arrivata a vedere … so solo che è morto”- “E dove sta?”. “Giù al pronto soccorso … dai a mammà”. “e Miariarca?” “sta qua sopra … inc”. Poi le due si salutano …”. Ma quello che accade nei giorni immediatamente successivi all’omicidio del baby boss è la testimonianza di come il timore di nuovi agguati e la paura di incursioni perfino nell’ospedale dove è ricoverato Antonio Napoletano abbi oramai preso il sopravvento tra affiliati e familiari dei componenti della ‘paranza dei Bimbi. E così i pareti di o’ nannone chiedono l’intervento di Ciro Contini o’ nirone perché vedono “movimenti strani”. Poi Bruna, la fidanzata di Napoletano e cugina dei Sibillo, chiede per due volte la presenza di Luca Capuano o’ cafone e ancora la mamma parlando al telefono con tale Antonio speiga che hanno spostato il figlio dal Loreto Mare dove stava ricoverato perché “non tengo di fiducia a nessuno … fanno paura … i compagni se lo vendono”. Il 6 luglio del 2015 Antonio Napoletano dall’ospedale chiama a Luca Capuano. “0′ cafon’, ma dove stai?”, chiede Napoletano, “A casa”, gli risponde. “Mi vuoi venire a prendere urgentemente in ospedale fratello?” E Capuano chiede: “Cugino dai, ma perchè non stai bene?”. La risposta di Napoletano lascia di stucco l’interlocutore. “Cugino, Brunella mi ha fatto le corna … mi vieni a prendere o te la faccio trovare … sfregiata, o’ cugino mi deve morire papà, la abboffo di coltellate.. vienimi a prendere ti sto dicendo …”. “Ma che coma ti ha fatto dai!! Dai e guarda; ti vuoi stare calmo un poco Antonio”, dice Capuano. Ma Napoletano insiste: “O’ cafòn’ guarda come te lo sto dicendo”, e Luca: “O cugì, deve morire mammà, sto . . . mo’ mi sto svegliando, non ho la macchina, daimni il tempo … inc …”. E Napoletano senza perdere tempo dice “Va bene, adesso mi prendo una macchina e vengo ciao”. “Ma quale macchina … Antonio ‘o frat e dai”. Dieci minuti dopo Brunella, la fidanzata di nannone chiama alla mamma in lacrime:

Bruna: ma’ … senti mi vuoi venire far a prendere?

madre: perchè?

Bruna: ma’, questo mi sta dicendo moltissime parolacce per tutto l’ospedale, cioè risponde esagerato, mi ha picchiato … cioè, non voglio stare più, me ne voglio venire … eh … perchè ha detto che io gli ho fatto le corna, mi sono chi.. a tutte le persone di Napoli … gliel’ho detto … va bene …

madre: che ha detto?

Bruna: ha detto che io mi sono “chi…” a tutte le persone. Dai comunque fammi venire a prendere, non voglio stare più qua …

madre: Madonna, passamelo a me … però …

Bruna: . . . a tutti quanti … a tutti quanti …

madre: passamelo a me .. .

Bruna: no, ma’ non vuole parlare, mi sono scocciata … vedi chi mi deve venire a prendere ….

madre: eh, chi ti viene a prendere lì … mo’ fino a lì … passamelo un attimo a me

Antonio: sai a chi si è “chi…” questa? … si è chi… al cugino di Vincenzo Buonerba hai capito? Me lo ha detto anche in faccia … mo … mo … hai capito

madre: ma non darle retta, Antonio ma tu davvero ci credi? Anto’ …

Antonio: no, ma adesso me ne vado .. . mo’ me ne vado, la lascio qui; sono problemi suoi … te la passo dai …

Bruna: mamna, hai capito mi fai venire a prendere? Oh …

madre: … mc …

Bruna: ah?

madre: questo prende solo “capate” bello e buono … gli hanno tolti i tubi?

Bruna: no, comunque mamma fammi venire a prendere capito … mamma … mamma …

Dopo poco chiama alla suocera Bruna dice ad Assunta che il figlio è andato via e l’ha lasciata da sola in ospedale. Assunta si arrabbia e le chiede tutta la sua roba dove sia . Bruna le risponde che ha tutto lei e “o cafone” la sta andando a prendere. Assunta cerca di tranquillizza Bruna.

Quache settimana dopo Bruna manda un sms a Luca Capuano esplicito della rottura oramai definitva con o’ nannone: “Rincell a stu zvat ca nun s lav sta ca puttane pigi co pese mokk rincell ca nun ven  prp ca e pmezza soj ca cughim e muort e iss po vulev a brunell ca chiagnev sta lot e nun vnit chiu e cas nostr tutt quand”. Trascorrono altre due settimane e situazione oramai è degenerata tanto che la la mamma di Bruna e zia del defunto boss Emanuele Sibillo chiama all’ex consuocera parlando di Antonio Napoletano o’ nannone spiega: “…perchè da quando sei venuto sopra casa nostra … cioè sei stato solo un disastro… ci hai fatto sequestrare i mezzi … hai fatto le cattiverie a mia figlia …è successo questo guaio … allora tu di noi non hai capito niente, non hai capito neanche che mio nipote (Emanuele Sibillo) è morto … cioè è morto per…no, no, no … io non lo posso accettare questo fatto, perchè a me non è morto… inc … a me è morto il sangue mio, perché il figlio di mia sorella … quello è sangue mio … perchè mia sorella ba il sangue nostro … e allora per me, ma non è che … precisiamo la cosa … non è che quello se ne fotte che Emanuele è mmi o … dico come si è comprato con … cioè tu dopo quindici giorni che hai Emanuele fresco a terra te ne sei andato a ballare, sei andato a “chi….” Come la tieni la testa? Lo volevi fare? Nessuno dice che non lo dovevi fare, perchè stavi anche tu esaurito, ma portati a mia figlia, perchè tu a mia figlia ti sei trovata nei momenti brutti. Azz, tu a mia figlia la vuoi nei momenti brutti e nei momenti belli ti vuoi portare le puttane … no, allora fennati, mo’ basta, ho giurato … sacramentato … cioè però … mo’ che teniamo la mortalità a terra, teniamo il sangue terra, con me hai chiuso … con me ha chiuso, io non lo voglio vedere neanche morto a tuo figlio, te lo giuro … se venisse … inc … aspetta … no Susetta …. mi credi … se no Gesù se lo sto dicendo per peccato, domani mattina deve scendere mia figlia da Ischia, mi devono portare la notizia che è affondato lui e mia figlia a mare e non trovano neanche le ceneri… se viene da giù e dice è successo questa tale cosa ad Antonio, io dico sentite mi dispiace con tutto il cuore, ma pure mio nipote è morto, cioè l’ho proprio schifato a tuo figlio … guarda e lo sai, io per Antonio ci tengo, impazzivo … ma come si è comportato adesso con me ha chiuso, io stanotte l’ho visto perchè mi sono ritirata alle quattro che sono andata a giocare … figurati non gli ho dato proprio confidenza e lui neanche mi ha dato confidenza, perchèse mi da confidenza, ma non sai quello che gli devo consegnare. Con me ha chiuso, cioè a me non me ne fotte dei compagni, perchè i compagni sono sangue prestato, ma tu per Emanuele, tu eri peggio di Lino (Pasquale Sibillo), perchè tu per Emanuele sei il fidanzato della cugina, cioè Brunella fa parte di noi, Emanuele fa parte di noi. Come hai fatto in quindici giorni di andarti a chiavare queste ragazze in albergo e di andartene a ballare … e la domenica lei hai portare al mare e a mia figlia … cioè, non hai sentimenti, non c’è amore … cioè se io pure faccio uno sfogo, poi dopo dico … aspetta .. .però poi vado dentro da mia sorella perchè comunque quello è sangue mio .. dico perchè non ti sei portato a mia figlia? Disse no, quelli ci stanno tutti uomini a casa, noi siamo andati sopra la casa dove stava Antonio … Antonio sabato scorso non è andato proprio, Antonio sabato scorso è andato a Caserta a vedersene bene e non si fa; queste sono cattiverie, queste sono proprio cattiverie; per me ha chiuso, io glielo ho detto a mia figlia … se oggi o domani ti passa di far pace con Antonio vattene nel buvero (Borgo S. Antonio Abate), però ti possono fare il “mellone”, ti possono fare lo “strascino”, ti possono uccidere, a me … quando vuoi vedere a tua madre … “.

Cronache della Campania@2018

Fine pena mai per i due carabinieri rapinatori e assassini

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Fine pena mai per Claudio Vitale e Jacomo Nicchetto, i due carabinieri che a marzo del 2015 si trasformarono in rapinatori prima e assassini poi a Ottaviano. La Corte di assise di appello di Napoli ha confermato la sentenza di primo grado che era stato pronunciata in un processo che si era svolto con il rito immediato presso il tribunale di Nola. I difensori dei due imputati nel processo di secondoi graddo hanno cercato di far emergere, anache attraverso delle perizie balistiche, che i due si erano difesi perché la vittima e i suoi familiari aavrebbero fatto fuoco contro di loro nel corso dell’inseguimento lungo la Statale del Vesuvio che poi si concluse con la morte di Pasquale Prisco, 28 anni, uno dei titolari del supermercato etè di Ottaviano che avevano rapinato.

Il 25 marzo del 2015, Vitale e Nicchetto, carabinieri in servizio a Chioggia e quel giorno in congedo, fecero irruzione nel supermercato Eté di via Vecchia Sarno, a Ottaviano e si fecero consegnare 1400 euro. Scapparono, vennero inseguiti: alcune auto con una decina di persone a bordo partirono da un altro market, di proprietà dei Prisco, in via Ferrovie dello Stato, a poca distanza dalla strada statale 268. Dentro una di quelle auto c’era Pasquale: incrociò la macchina dei rapinatori proprio all’imbocco della statale, la seguì fino a quando non si verificò un incidente che costrinse i due militari a scendere. Vitale e Nicchetto tirarono fuori la pistola d’ordinanza e spararono all’impazzata: un proiettile colpì al ventre Pasquale, che poi morirà in ospedale. Ma i feriti in totale furono 9 e lo stesso Nicchetto venne colpito ad un gluteo.

Cronache della Campania@2018

Tentò di uccidere l’attore che aveva rifiutato le sue avances: 3 anni di carcere ma rimesso in libertà

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E’ stato condannato a tre anni e quattro mesi Paulo Francisco Da Silva, trentotto anni di origini brasiliane. E’ accusato di tentato omicidio, sequestro di persona e rapina nei confronti di Roberto Azzurro, cinquantaquattro anni, attore napoletano. Il verdetto, al termine del rito abbreviato, ritiene Da Silva responsabile di tentato omicidio, rapina e sequestro di persona, mentre è stato assolto dall’accusa di detenzione di un coltello. Inoltre Da Silva, che era già da un mese agli arresti domiciliari, è tornato in libertà anche se dovrà sottostare a un piano terapeutico approntato dallo psichiatra Francesco Santucci. Precedentemente era stato chiesto per l’imputato, dal pubblico ministero Francesca Saccone, una condanna a nove anni e quattro mesi. Stessa richiesta di condanna da parte dell’avvocato di parte civile Laura Silvestri che assiste l’attore.
Roberto Azzurro, come riportano Il Mattino e Il Corriere del Mezzogiorno, all’uscita dall’aula era visibilmente turbato e ha commentato così la decisione: “È assurdo ora è in libertà”.
La vicenda risale alla sera del 4 agosto del 2017 quando Roberto Azzurro fu aggredito dall’uomo lungo la Telesina, riportando ferite da taglio alla gola, al torace, al dorso e sulle gambe. Condotto presso l’ospedale Rummo, per più giorni la prognosi restò riservata. Mentre Azzurro veniva operato in ospedale scattarono da parte delle forze dell’ordine le ricerche della Matiz, poi bloccata dalla Polizia stradale con alla guida Da Silva che viaggiava in direzione di Campobasso. I carabinieri proseguirono le indagini e si appurò che Da Silva avrebbe colpito l’attore con un coltello e una pietra dopo una lite scaturita in seguito ad avances sessuali. Dalla ricostruzione degli inquirenti è emerso che l’uomo di origini brasiliane mise Azzurro nel portabagagli della Matiz per poi lasciarlo in un terreno nei pressi dello svincolo di Paupisi della statale 372.
Da Silva ha sostenuto una diversa ricostruzione dei fatti: era in sella ad una bicicletta e aveva accettato un passaggio da Azzurro a bordo della Matiz. Durante il tragitto in automobile, sempre secondo la sua deposizione, avrebbe rifiutato le avances sessuali e che il coltello era stato sottratto all’attore. Lui si era limitato a disarmarlo finendo col ferire Azzurro con lo stesso coltello.

Cronache della Campania@2018

La Cassazione rimanda al Riesame la decisione sull’arresto del medico dell’Hospice di Eboli accusato di omicidio volontario

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Saranno nuovamente i giudici del Tribunale del Riesame di Salerno a giudicare Alessandro Marra, il medico dell’hospice ‘Il Giardino dei Girasoli’ di Eboli che, secondo la Procura di Salerno, avrebbe somministrato volontariamente una dose letale di un farmaco a un malato terminale 28enne di Battipaglia. La Corte di Cassazione, come riporta il quotidiano Il Mattino, dopo aver discusso il ricorso presentato dal pm Elena Guarino, ha annullato con rinvio il provvedimento con cui, lo scorso 13 novembre, il Tribunale del Riesame di Salerno aveva escluso l’ipotesi di omicidio volontario, ritenendo che non vi fossero gravi indizi di colpevolezza. In quella circostanza la misura cautelare degli arresti domiciliari era stata sostituita con la misura interdittiva della sospensione dalla professione per gli altri capi d’imputazione.

Cronache della Campania@2018

G8 Genova: la Corte dei Conti condanna 24 poliziotti a risarcire 3 milioni

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Genova. Dovranno pagare spese legali e provvisionali per due milioni e 800mila euro per i danni del G8 a Genova: scure della Corte dei Conti su 24 tra dirigenti, ispettori tuttora in servizio o ex, responsabili durante il G8 del 2001 a Genova delle brutali violenze alla scuola Diaz e di aver costruito false prove. La Corte dei Conti impone ai responsabili di rimborsare ai ministeri dell’Interno e di Grazia e Giustizia per i tre gradi di giudizio, le provvisionali stabilite come risarcimento alle decine di manifestanti massacrati di botte e arrestati sulla base di prove fabbricate ad arte e ripagare gli avvocati del gratuito patrocinio delle parti civili. Nell’elenco figurano funzionari tutt’ora in servizio come il vicecapo della Dia Gilberto Caldarozzi e il capo della Polstrada di Roma Pietro Troiani. Una ulteriore condanna a 5 mln di euro per il danno di immagine dovrà essere valutata il 22 maggio dalla Corte Costituzionale.

Cronache della Campania@2018


Camorra: ‘O’ nannone sparò contro gli Amato-Pagano’. I pentiti parlano del killer come ‘il Maradona dello sparare’. I VERBALI

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“Nel 2015 andammo al Metropolis ad Ischitella per festeggiare il compleanno di Vasapollo Mariano e c’era anche Genny Sautto e Sonia. lo, Russo Mario, Russo Emilio e Mariano Vasapollo eravamo tutti…. .. ……………. (omissis)………………….. Con noi Venne nel locale indicato anche o’ nannone del clan Sibillo. Quando o’ nannone fece una discussione con alcuni del clan Amato- Pagano, andò vicino ad una smart bianca di un suo amico per prendere una pistola che stava in macchina, ma il suo amico che aveva le chiavi era rimasto nel locale, perciò uscì …. (omissis) … e sparò nel vetro della Smart per aprire la macchina e o’ nannone prese la pistola, si tolse la maglietta e sparò all’impazzata fuori il locale”. E’ una dichiarazione datata 9 marzo del 2017 ed è del pentito Nunzio Montesano, che era stato affiliato al clan degli Amato-Pagano prima di passare a Caivano a gestire una sua piazza di spaccio. Non aveva paura di nessuno Antonio Napoletano giovane e spietato killer del clan Sibillo. I suoi nemici lo temevano. Basti pensare che come ha raccontato Maurizio Overa, uomo di punta del clan Mariano dei Quartieri spagnoli, Andrea Manna detto cioccolata uno del componenti del gruppo di fuoco dei Buonerba che uccise il boss Emanuele Sibillo, lo definiva “il Maradona dello sparare”. “O’ nannone era il terrore di via Pietro Colletta e della zona di via Tribunali”, ha riferito Vincenzo Amirante, boss pentito della ‘Paranza dei Bimbi’. Anche Assuntina Baldassare, moglie del pentito Raffaele Sollo, esponente di spicco del clan Mazzarella, ha parlato di lui con timore: “Ho sentito parlare di un ragazzo che chiamano o nannone; di lui posso dire che seminava il terrore, nel senso che a Forcella tutti dicevano che girava armato e che sparava facilmente; mia sorella Baldassarre Rita, moglie di del Prete Salvatore, mi ha detto che o Nannone ce l’aveva con lei perché quando era stato arrestato Del Prete Salvatore non aveva mai fatto un regalo a lui e alla sua famiglia. Ho sentito dire, ma solo sentito dire, che il nannone aveva ammazzato lui quel ragazzo ucciso nella piazza di Forcella a nome … (omissis)…”. Più nel dettaglio a tratteggiare la pericolosità di Antonio Napoletano è stato il boss pentito Vincenzo Amirante: “Fa parte del gruppo Sibillo. E’ un killer. Ho saputo da Toni Giuliano che ha commesso l’omicidio di una persona a nome… (omissis)… Ha partecipato ad incursioni armate contro i Trongone dopo l’omicidio Franzese. Ha anche sparato contro l’abitazione di Pasquale a’ caciotta per questioni di droga. Pasquale Sibillo mi ha riferito, uno o pochi giorni dopo l’omicidio… (omissis) … , che a commetterlo erano stati o’ nannone, Emanuele Sibillo, una persona soprannominata o’ figlio di Gabriele (arrestato per detenzione di una pistola e poi agli arresti domiciliari ad Avellino), e una persona soprannominata o’ cafone. Non conosco i dettagli. Napoletano Antonio era quello che si faceva vedere più spesso quando i fratelli Sibillo erano latitanti, e quasi tutte le sere anche lui andava a sparare contro il balcone dei Buonerba. Questo fino alla sera in cui fu colpito gravemente. Il Napoletano in quel periodo aveva anche ferito alle gambe un ragazzo a Porta Capuana. Al Napoletano spararono dal balcone dei Buonerba”. Il pentito Pasquale Orefice, esponente del clan Contini che di recente ha deciso di collaborare con la giustizia ha raccontato: “Prima di affiliarsi ai Sibillo, unitamente a Pasquale e Emanuele Sibillo, Ciro Contini, o’ nonno e altri, e’ stato affiliato ai Contini per 2-3 mesi, poi litigò con Ettore Bosti. Proprio io in quel periodo, a Natale 2013, gli ho regalato un maglione e lui mi chiamava o’ zi. In carcere ho saputo che stava con i Sibillo. Sono stato detenuto con Paolo Napoletano, fratello del padre, il quale mi ha parlato del fatto che o’ nannone stava a San Gaetano e Forcella e si era unito con i Sibillo. Se non ricordo male era fidanzato con una parente dei Sibillo. Durante un colloquio con mia moglie ad inizio 2014, mentre ero detenuto a Carinola, mi disse che o’ nannone voleva ammazzare mio cognato per una banale discussione. Mio cognato fa il pizzaiolo. Il padre del o’ nannone ora gestisce le sue cose…. Si era allontanato da Napoli, se non ricordo male, venne a San Giovanniello per incontrare Alfredino De feo, Tonino o’ cuozzo ossia Antonio Grassi oggi deceduto, alla mia presenza, per cercare di capire la situazione del figlio, in quanto aveva saputo che lo stavamo cercando poiché o’ nannone aveva fatto una rapina al nipote di De Feo, sottraendogli il motorino e picchiandolo. A quell’epoca o’ nannone non stava ancora con i Sibillo”. Un altro pentito Cristiano Piezzo di Marigliano, legato ai Mazzarella, invece ha raccontato: “Fa parte del clan Sibillo-Giuliano-Brunetti contrapposto al clan Mazzarella. La sua partecipazione al predetto clan me l’ha riferita Roberto De Bernardo che abitava a Forcella e si era trasferito Somma Vesuviana. Il De Bernardo diceva che ad ammazzare il padre era stato proprio o’ nannone. Dopo la morte del padre di De Bernardo e l’uscita dal carcere di Barile Salvatore formammo un solo gruppo per contrastare il predetto clan”.E ancora Carmine Campanile, altro affiliato ai Mazzarella, della zona delle Case Nuove, il 4 febbraio del 2019 dichiara: “L’ho conosciuto perché gli ho ritrovato il motociclo, Transalp di colore rosso e bianco, che lui aveva quando fu sparato nel 2015 e che abbandonò a Porta Nolana perché non era più marciante, che io rubai di notte mentre mi trovavo di passaggio proprio a Porta Nolana. Vennero da me Ciro Contini, detto “o’Niron” e Luca Capuano, detto “o’Cafon” che mi chiesero, sapendo che facevo questi reati nella zona di Porta Nolana, di restituire loro il motoveicolo di o’ nannone, cosa che feci. E’ stato in quell’occasione che ho avuto a che fare con queste persone; successivamente ho incontrato O’Nannone a piazza Mercato che parlava con …omissis… ed in questa occasione ci siamo conosciuti”. E infine l’ultimo pentito in ordine di tempo, Gennaro Buonocore, ras di piazza Marcato legato ai Mazzarella che a novembre dello scorso anno ha deciso di passare dalla parte dello stato, a proposito di Antonio Napoletano ha detto: “E’ un killer della famiglia Sibillo con cui è anche imparentato, nel senso che è il padre di una bambina che ha generato con una cugina di Emanuele Sibillo. Ha fatto parte dei vecchi e dei nuovi Sibillo in quanto è una figura importante nel clan e quando era libero, era uno dei reggenti del clan di rango anche superiore a Marco Sibillo. Ho già riferito sulla sua partecipazione all’omicidio di… (omissis) … , e per come mi fa notare, all’omicidio di… (omissis) …”.

Rosaria Federico

Cronache della Campania@2018

Concessi i domiciliari ai fratelli Aniello e Raffaele Cesaro

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Dopo due anni di detenzione nel carcere di terni i due fratelli Raffaele e Aniello Cesaro, congiunti del senatore di Forza Italia, Luigi Cesaro, hanno ottenuto gli arresti domiciliari fuori dalla regione Campania. I due accusati di concorso esterno in associazione camorristica con il clan Polverino di Marano, come anticipato da Il Mattino, hanno ottenuto l’attenuazione della misura cautelare, come richiesto dai loro avvocati Vincenzo Maiello e Paolo Trofino. Lo hanno deciso i giudici del Tribunale del Riesame di Napoli. Aniello Cesaro ha deciso di dimorare a Roma mentre Raffaele a Roccaraso, così come da richiesto dai due difensori. I due insieme ad una altra dozzina di indagati sono coinvolti nel processo che si sta celebrando davanti al Tribunale di Napoli Nord per lo scandalo della industrializzazione dell’area Pip del comune di Marano. Nella stessa inchiesta vi sono coinvolti il fratello Luigi, imprenditori, altri politici locali, tecnici comunali e Salvatore Polverino, figlio del boss Antonio, meglio noto come Zi Totonno.

Cronache della Campania@2018

Giovane operaio morì in uno stabilimento de La Doria: in 5 rinviati a giudizio

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Fabiano Mazzetti, giovane operaio di Pompei, morì il 17 ottobre 2016 schiacciato da un macchinario  nella fabbrica di Fisciano del gruppo La Doria. Sono 5 le persone rinviate a giudizio per l’incidente e sono dirigenti dell’aziende e colleghi del ragazzo. Sono accusati di presunte omissioni che avrebbero provato la morte di Mazzetti: questo è quanto deciso dal tribunale di Nocera Inferiore, dove si è discusso del rinvio a giudizio chiesto dal pubblico ministero Enrico Caggiano. A finire a processo saranno: il direttore generale-datore di lavoro, Andrea Ferraioli, Francesco Salzano, in qualità di dirigente-direttore dello stabilimento, Guido Capo, in qualità di capoturno, e altri due colleghi, Marco Mascolo e Antonio Morena.
I legali dell’azienda La Doria hanno quantificato la vita di Mazzetti con un prezzo di appena 350mila euro. Cifra irrisorio e ritenuta irrispettosa da parte dei legali della famiglia del ragazzo, i quali hanno rilanciato con un risarcimento di circa 3 milioni di euro per il danno parentale, tanatologico e catastrofale.

Cronache della Campania@2018

Gli spacciatori della Penisola in giro con la cocaina: ‘Se ci fermano non torniamo più a casa…’. LE INTERCETTAZIONI

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Da Moiano, frazione del comune di Vico Equense a Sorrento. Dal confezionamento alla vendita ad assuntori, è questa la linea di passaggio della droga. E’ quanto emerge dalle 850 pagine di ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Antonello Anzalone del tribunale di Torre Annunziata concretizzatasi con l’operazione “Terra delle Sirene” eseguita dai carabinieri della Compagnia di Sorrento e che ha portato all’arresto in carcere di 14 persone, 8 in regime di detenzione domiciliare e 6 con obbligo di firma alla polizia giudiziaria. Tra le varie figure spicca anche un giovane, all’epoca delle indagini, minorenne. L’obiettivo era il monopolio della droga in Penisola ma soprattutto a Sorrento non solo nei giorni dove si registra un alto tasso di presenza in città per la movida. Secondo quanto sostenuto dagli investigatori ed accertato attraverso un’accurata attività di indagine, la droga era smistata da Luigi Cioffi, Bubù, dopo essere stata confezionata a Moiano da Filippo Caccioppoli e ‘zio’ Mario Molinari. Il compito di Caccioppoli – si legge nell’ordinanza – è quello di mettere a disposizione di Bubù un locale della propria abitazione per consentirgli il confezionamento della sostanza. Una circostanza rilevata e confermata anche dai carabinieri della stazione di Vico Equense che effettuarono una perquisizione domiciliare trovando un bilancino di precisione, buste in plastica e nastro isolante. Tutto materiale utilizzato per il confezionamento delle sostanze. Gli inquirenti registrano un episodio che vede protagonisti Mario Molinari, Zio Mario, e Bubù nell’abitazione di Molinari raggiunta da Bubù per fare un carico di droga e fanno anche i conti.
Bubù: “Dovrebbe essere 1340 euro, più 1000 mò viene 2340… tu perché…”
Zio Mario: “Non perché le ultime cose che mi hai dato non le ho segnate”
Bubù: “Ti diedi 100 euro, 200 euro, e 400 euro”
Zio Mario: “Mi desti 300 euro”
Bubù: “Ti diedi primms 100 euro”
Zio Mario: “100 euro”
Bubù: “Poi ti ho dato 200 euro, mò ti ho dato 400, sono 700 erano 2 e 40. Rimangono 1340 e 1000 mi feci prendere l’ultimo… 2340… (inc)”
(La conversazione continua con i due che continuano a fare calcoli)
Bubù: “Ma mò 100 grammi di erba non la posso avere?”
Zio Mario: “Devi domandare a quello, non lo so se ci sta”
Bubù: “ ehh dopoo, una volta mi dice dopo, una volta mi dice domani.. io voglio avere a che fare solo conte, con Peppe è un bravo ragazzo però”
Zio Mario: “Vieni dopo allora”
Bubù: “lo sai cos’è un bravo ragazzo però”
Zio Mario: “Lo devi portare”
Bubù: “me li metto al lato i miei? Qua nel conto già ce li mettiamo (inc)”
Zio Mario: “Si.. a posto”
Bubù: “Io voglio avere a che fare con te, me ne vado zio vado a fare questo servizio (inc)”.

Dopo l’incontro con Zio Mario, Bubù si reca a casa di Caccioppoli Filippo in località S. Francesco dove è solito – si legge nel testo firmato dal gip Anzalone – nascondere la droga. In serata Bubù incontrerà la donna spacciatrice che cura la zona di Sorrento, ovvero Vivivana De Lisio. Al trasporto dello stupefacente collaboreranno anche Mattia Leone, Ciro Cinque ‘o pugliariello. Ciò emerge dalle cimici nascoste nella Panda di Bubù. Si procederà con un’autovettura a raggiungere Sorrento. Questa cosa la riferisce lo stesso Bubù che parla dicendo di aver sbagliato a non prendere due auto per Sorrento. Sarebbe stato necessario utilizzare un’auto staffetta perché il trasporto consisteva in oltre 50 pallini di cocaina.
Bubù: “Ma noi qua non torniamo più, se ci fermano non è l’erba ce ci ritiriamo sempre a casa”
Cinque Ciro: “E’ un pallino, quanti ne sono”
Bubù: “Cinquante, sessanta… dieci” e a chi li dai dieci e che facciamo “apparamm” gli spicci per la serata”
Dopo aver fatto scendere i due giovani in località San Salvatore, Bubù si sente con Mattia (Leone ndr) al quale dice di sbrigarsi perché deve andare a Sorrento. Poi sale nuovamente in auto Cinque Ciro. Bubù e Cioffi parlando degli scarsi guadagni ricavati dall’Erba. Bubù consegna a cinque l’ovetto pieno di cocaina precisando il quantitativo di 18 grammi. Bubù da anche indicazioni di prezzo: 120 euro al grammo. Nel caso di controllo l’ovetto deve essere gettato e poi recuperato. Dalle intercettazioni emerge anche il margine di guadagno per gli spacciatori che è pari ad 80 euro netti al grammo.

Cronache della Campania@2018

Camorra: ‘O’ nonno ha cresimato a tutte le pizzerie di Forcella’. I VERBALI

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“O’ nonno ha cresimato a tutte le pizzerie di Forcella”. Lo diceva Ciro Contini o’ nirone in una delle intercettazioni contenute nell’ordinanza cautelare che da due settimane ha sgominato il nuovo clan Sibillo e i Buonerba, firmata dal gip Giovanna Cervo. Non solo pizzerie ma anche pasticcerie. Il comparto del food del centro storico di Napoli da quello che si evince dall’inchiesta è stato nel corso dell’ultimo anno al centro dell’attenzione dei clan. La sua crescita esponenziale, l’affluenza di turisti in tutti i negozi no era certo sfuggito ai clan. E così prima il gruppo dei giovani della ‘Paranza dei bimbi’, poi i suoi reduci e poi i genitori con altre nuove leve come ha dimostrato l’inchiesta e gli arresti che ne hanno seguito gli spari nella pizzeria Di Matteo. In questa circostanza sono finiti in carcere Vincenzo Sibillo, (padre del defunto baby boss Emanuele e di Lino) Giosuè Napoletano (padre del pericoloso killer Antonio o’ nannone) e poi il 24enne Giovanni Ingenito, cugino dei Sibillo, e il 28enne Giovanni Matteo. Ma la camorra di Forcella, quella delle giovani leve è diventata anche camorra imprenditrice negli ultimi tanto tanto da gurdare anche all’indotto che gira attorno al food come la fornitura di cartoni delle pizze. E a tal proposito emblematica è il racconto del pentito Pasquale Orefice, uomo del clan Contini che in un interrogatorio del 27 settembre dello scorso anno a proposito di Ciro Contini o’ nirone dice:”…il Contini Ciro faceva parte del gruppo di fuoco con loro. Quando morì Emanuele Sibillo e il fratello Pasquale Sibillo era latitante, le redini del clan passarono a lui. Al punto che mi chiedeva consigli su come operare con gli affiliati. Ad esempio per la imposizione delle buste ai commercianti e dei cartoni per le pizze gli spiegai che era meglio non coinvolgere affiliati che potevano ricondurre a lui, ma ragazzi estranei alla malavita”. E a proposito delle tangenti imposte alle pizzerie del centro storico di Napoli in una telefonata intercettata tra la fidanzata di Ciro Contini e un’amica si racconta: “…ieri sera (Ciro) mi ha detto “non hai capito? … è salito o’ nonno (Corallo Pio Francesco) … ha detto ma non ho capito quella pizzeria nella Maddalena?!” … ha detto Ciro la pizzeria nella Maddalena mi appartiene perché che c’é? …. “eh no”, cioè, hai capito voleva andare dentro alla pizzeria … e ha detto lui non la guardare proprio, perche è la mia famiglia …mi appartiene! e lui ha risposto e va bene”. E Ciro aveva ricordato alla sua fidanzata che o’ nonno “é andato a cresimare’ a tutti quanti e mio voleva cresimare pure…”. Che le giovani leve del clan Sibillo non si fermava davanti a niente e nessuno lo testimonia il particolare raccontato dal neo pentito Carmine Campanile, ras delle Case Nuove legato ai Mazzarella: ” …i Sibillo ed… (omissis) … della Pigna Secca e che sono tra loro alleati. So questa circostanza perché mi è stata riferita da Gennaro Caldarelli al quale …. (omissis) …chiese un estorsione di 50. 000 per le attività delle pasticcerie di proprietà di suo suocero, che è persona estranea alla malavita, una delle quali si trova ai Decumani nella zona di San Gaetano. L’estorsione fu chiesta in occasione della scarcerazione di Antonio Napoletano, detto o’ nannone….L’estorsione non si consumò perché Gennaro Caldarelli disse che non aveva rapporti con suo suocero che, del resto li avrebbe fatti arrestare”.

Rosaria Federico

Cronache della Campania@2018

Salerno, 13enne morto in ospedale: 7 medici indagati

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Morì a 13 anni per una crisi diabetica, 7 indagati dalla Procura della Repubblica di Salerno. C’è anche il primario del reparto di pediatria dell’ospedale di Salerno nella lista degli indagati, per omicidio colposo, iscritti dal pm Benincasa per la morte di Alessandro Farina, 13enne di Pellezzano deceduto il 27 dicembre 2017 dopo il ricovero in ospedale. Tra gli indagati, oltre il primario, i pediatri della struttura sanitaria ed il medico di famiglia. Secondo la Procura ci sarebbero state delle omissioni dei medici durante il ricovero del ragazzo. I consulenti tecnici nominati dall’autorità giudiziaria hanno accertato una serie di “disfunzioni organizzative sia nel percorso di pronto soccorso che nella gestione di ricovero”.

Cronache della Campania@2018

Portici, le nuove indagini sull’omicidio di Roberta Scarcella

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Si è sempre pensato a un suicidio della giovane di Portici, ma ora si concretizza l’ipotesi di un omicidio. I genitori di Roberta non hanno mai creduto che la figlia si sia tolta la vita lanciandosi dal sesto piano. Per questo motivo hanno contestato le due richieste di archiviazione.

L’ipotesi di omicidio sostenuta dalla famiglia Scarcella è stata presa in esame dal giudice per le indagini preliminari Valerio Natale. Il giudice ha individuato delle contraddizioni nelle testimonianze delle tre amiche che quella tragica notte si trovavano con Roberta prima che questa precipitasse dal terrazzino. Il magistrato ha messo in evidenza le discrepanze tra quanto hanno raccontato, all’epoca dei fatti, e la testimonianza resa dalla vicina di casa della vittima. La testimone ha dichiarato di aver sentito in tarda notte un litigio avvenuto poco prima che Roberta perdesse la vita schiantandosi nel cortile della sua abitazione. Roberta stava litigando con le sue amiche? Qual era il motivo di quel litigio? A queste e ad altre domande si proverà a dare una risposta attraverso ulteriori approfondimenti tecnici richiesti già qualche mese fa dal sostituto procuratore Giorgia De Ponte. Intanto si cercherà di capire se la vittima si sia davvero lanciata o se sia stata spinta durante il litigio, degli esperti saranno chiamati a stabilire quale traiettoria segue un corpo che cade dal sesto piano di un edificio. Inoltre si dovrà stabilire se le amiche avessero intenzione di uccidere Roberta oppure un comportamento sconsiderato e pericoloso ne ha causato la caduta mortale. Quando gli esiti delle nuove risultanze investigative saranno resi noti il giudice delle indagini preliminari stabilirà l’archiviazione del caso o manderà a processo le tre amiche che al momento rimangono indagate per omicidio preterintenzionale.

Francesca Moretti

Cronache della Campania@2018


I ‘trasporti pericolosi’ dei pusher della Penisola verso Sorrento

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Nelle oltre 800 pagine di ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Torre Annunziata, Antonello Anzalone, vengono riportati numerosi episodi inerenti alla produzione, trasporto e spaccio di stupefacenti. Un mercato che parte da Moiano e arriva in tutta la penisola sorrentina. In questa parte raccontiamo l’episodio intercettato in data 3 febbraio dello scorso anno nel quale Bubù, con addosso un ingente quantitativo di stupefacente, litiga con Mattia Leone, il giovane che guida l’auto che avrebbe portato lui e ‘o Pugliariello a Sorrento, perché è arrivato in ritardo esponendolo a rischio controlli da parte delle forze dell’ordine.

Bubù: “Eh quaranta…(inc)… quaranta lo levavo a cento, vabbè perché devi fare centoventi perché comunque ci stanno le perdite, le perdite sono assai, adesso…(inc)… un servizio di merda e ho dovuto buttare la roba”. E’ questo il motivo del prezzo, ritenuto dagli investigatori in linea con il prezzo di mercato della cocaina”. Bubù spiega a ‘o pugliariello il motivo per il quale la droga deve essere venduta a quella cifra. Bubù rimprovera Mattia Leone per il rischio che ha corso nell’aspettarlo che andasse a prenderlo in quanto aveva una quantità elevata di stupefacente addosso. Mattia cerca di giustificarsi dicendo che il ritardo era dovuto al fatto che doveva prendere l’erba. Bubù però non vuole sentire ragione ed espone il rischio che ha corso nell’attenderlo con la droga in tasca.
Bubù: “Tu ti dovevi fermare laaaaa!!! a Massaquano perché io non posso camminare che me ne fotte a me dell’erba!!”
‘O Pugliariello: “Non gridare… (inc)..”
Mattia Leone: “Non te ne fotte?”
Bubù: “Non me ne fotte, non me ne fotte, perché io tengo le maronn!! E non ti devi prmettere
Mattia Leone: “ Le ma le guardine non ci stavano”
Bubù :”Non ti devi permettere proprio, vai a dirglielo… (inc)… per aspettare a te me ne fai portare”
Mattia Leone: “Ma quando mai”.
Bubù :” Ma tu sei scemo proprio ed io che ti aspetto pure uagliù non ti devi permettere!”
Mattia Leone: “Waaaa uagliù…”
Bubù: “Domani lo dico pure a Peppe”
Mattia Leone: “Ehhh! Ma calmati, compà tu ti fai venire un infarto”
Bubù: “No l’infarto te lo devi far venire tu”
Mattia Leone: “Ma se ti ho detto che ho visto le macchine dentro in bocca a tua mamma”
Bubù: “Non mi interessa Mattì non mi interessa perché il guaio io non lo voglio passare per te! Lo vuoi capire o no!?”
Mattia Leone: “Come grida sto maronn di Bubù stasera!”
Bubù : “Eh grido”
Leone Mattia: “Hai ragione, infatti mi sono stato zitto perché dovevi prendere il servizio”
Bubù: “Che ci sei andato a fare la sopra?”
Mattia Leone: “A prendere l’erba”
Bubù: “ E che me ne fotte a me”
Mattia Leone: “Che ne sapevo che eri andato a prenderlo da Vittorio mocc a chi t’è vecch’”
Bubù: “Non me ne fotte a me che dovevi andare la sopra, ci dovevo andare io perché io lo sapevo che mi ha messo 100 grammi al lato, questo mongoloide, chi ti ha detto, io ti ho detto giù la croce è giu la croce, lo sai cosa sono venuto a fare altrimenti non tornavo”.
La conversazione continua con i due che discutono fino ad arrivare a Sorrento dove i tre in auto Cinque Ciro (‘o pugliariello), Mattia Leone e Cioffi Luigi (Bubù) nascondono parte dello stupefacente a Sorrento in via Casarufolo. Bubù è quello più prudente e invita gli altri a non portare troppa roba con sé. I tre si recano in un locale dove hanno appuntamento con Viviana De Liso. I tre consegnano a De Liso un piccolo quantitativo di Marijuana, mentre la parte restante viene nascosto. De Lisio dice di non volere prendere troppa roba con esplicito riferimento all’erba. Viviana De Liso, si legge nell’ordinanza, preleva anche altri pallini di cocaina che erano stati nascosti in quel posto precedentemente. Sono circa 15 i pallini recuperati. Secondo la Procura Viviana De Liso, alias ‘a Chiatta, sarebbe punto di riferimento del gruppo per lo spaccio di stupefacenti nella città di Sorrento.
(continua)

Cronache della Campania@2018

Traffico di hashish dall’Albania: condannati i corrieri scafatesi

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Spaccio di droga, stangata sui corrieri che importavano la merce a Scafati, prelevandola in Albania. In sei sono stati condannati col rito abbreviato dal Gup del Tribunale di Salerno Indinnimeo. A Roberto Canna­vacciuolo , scafatese: 5 anni di reclu­sione, una multa di 30mila euro e l’interdizione dai pub­blici uffici. Un anno e mezzo di reclusione e multa da 6mila euro, per Pasquale Giordano residente a Bosco­reale. Stessa condanna per Francesco Franzese (di Otta­viano). Due anni e 10 mesi per Massimo Pagano (di Scafati), penale di 20mila euro. Un anno e 4 mesi per Domenico Galletti, napoletano, con 4mila euro di ammenda e 1 anno di reclusione e 3mila euro di ammenda per Anto­nio Mariani di Gioia del Colle. Assolto Vincenzo Alfano, fra­tello di Carmine “Bim bum barn” ,arrestato per l’omicidio Faucitano. L’inchiesta, che riguarda altri indagati, era stata coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Salerno. Il pm aveva chiesto oltre 30 anni di reclusione. Altre 14 posi­zioni, più marginali, sono state stralciate e prosegui­ranno con il rito ordinario. L’attività della Dda di Salerno aveva consentito di indivi­duare un canale di approvvi­gionamento di droga e le dinamiche relative alla ge­stione dello spaccio sul terri­torio di Scafati e zone vesuviane tra cui anche Bo­scoreale. L’indagine aveva consentito ai poliziotti della Squadra Mobile di Napoli di individuare il riferimento di un’organizzazione dedita al traffico e allo spaccio di so­stanze stupefacentii. Nel corso delle operazioni era stata scoperta anche la fonte di approvvigionamento dello stupefacente, ovvero l’Alba­nia.Numerosi gli episodi di spac­cio che sono stati filmati e le trattative, anche di carattere internazionale, poste sotto la lente di ingrandimento, tali da porre il gruppo di Scafati in una posizione privilegiata anche per rifornire il mercato napoletano. Il blitz fu eseguito a dicembre scorso, con 6 arresti, sulla scorta di un altro arresto av­venuto al rione Pastena di Sa­lerno. Quello di Roberto Cannavacciuolo che nel 2015 fu inseguito dai carabinieri e trovato in possesso di 30 chili di hashish diviso in panetti. Dal suo arresto gli investiga­tori sono riusciti a risalire all’intera organizzazione e sgominarla con una serie di arresti.

Cronache della Campania@2018

Tratta degli schiavi nel Salernitano: un ‘pentito’ ha fatto scoprire ha fatto scoprire il meccanismo. TUTTI I NOMI

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C’è stato un ‘pentito’ che ha fatto scoprire la colossale ‘tratta degli schiavi’ il sistema per raggirare il decreto flussi e favorire così l’immigrazione clandestina nei campi agricoli della provincia di Salerno. Un sistema col­laudato che partiva dal Marocco e rag­giungeva le aziende agricole della piana del Seie, con l’intermediazione di un commercialista ebolitano, finito agli arresti domiciliari. Si tratta di Pasquale Infante, consigliere comunale e capogruppo del Pd di Eboli, finito in manette insieme ad altre 26 persone. Tutto passava per il suo studio dove lavora anche la sorella Maria, che è indagata in questa indagine.  Qualche mese fa un uomo a cui era stato promesso un posto di lavoro in una delle aziende agricole della Piana del Sele coinvolte nel lucroso meccanismo degli immigrati clandestini, dopo essersi visto negare la sua assunzione decise di andare dai carabinieri e raccontare tutto. I militari, coordinati dalla Procura di Salerno, che stavano già indagando da tempo, hanno così chiuso il cerchio e in pochi mesi sono scattati i 26 arresti. Otto, invece, gli obblighi di dimora e di presentazione notificati ieri mattina dai carabinieri della comando provinciale nell’ambito della maxi inchiesta coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Sa­lerno.
Un’inchiesta – partita nel 2015 – che, in totale, coinvolge 40 persone e che è stata finalizzata ad indagare sul feno­meno del caporalato localizzato nella provincia di Salerno. Al vaglio degli inquirenti sono passate 400 po­sizioni di lavoratori non comunitari, immigrati dal 2015 al 2018.Le attività investigative, così come l’operazione di ieri, hanno riguardato Salerno e numerosi comuni della pro­vincia (Battipaglia, Eboli, Montecorvino Pugliano, Olevano sul Tusciano, San Marzano sul Sarno, Pontecagnano Faiano, Nocera Inferiore, Pagani, Altavilla Silentina, Angri), nonché il comune materano di Policoro e quello pistoiese di Monsummano Terme. I destinatari delle misure restrittive, sono accusati, a vario titolo, del reato di associazione per delinquere fina­lizzata al favoreggiamento e allo sfrut­tamento dell’immigrazione clandesti­na; airintermediazione illecita e allo sfruttamento di lavoratori con o senza permesso di soggiorno; alla riduzione in schiavitù e alla tratta di persone.
Ai domiciliari sono finiti: Gerardo Ver­derame, Massimo Monaco, Raffaele Galiano, Valeriano Di Stefano, Antonio Barretta, El Arhoiu Ryahi, Azzouz Faiba, Matilde Zingari, Raffaele Rosato, Pa­squale Infante, Aniello Giacomaniello, Mario Maurizio Galante, Antonio De Vivo, Attilio De Divitiis, Emanuele Ca­taldo, Luca Boffa, Vito Boffa, Raffaele Barretta, Antonio Alfano, Mankocuh Mohammed, Azzouz Nouredine, Amzeghal Hassan, Amzeghal El Habib, Amzeghal Ali, Ait Berka. Obbligo di di­mora, invece, per Abdelham Benslimare, Marinela Dondea Daniela, Yassin Mekrovy, Roberto D’Amato, Ernesto De Divitiis, Raffaele Ferrara, Maria In­fante, Raffaele Iuliano, Enrico Marrazzo.
L’organizzazione, oltre che nel saler­nitano, aveva ramificazioni a Policoro e Monsummano Terme e all’estero, con basi in Marocco, Francia e Belgio. Dai 5 mila ai 12 mila euro il compenso per il rilascio del “servizio” per rag­giungere l’Italia ed ottenere il permesso di soggiorno per lavoro stagionale. Il pagamento avveniva in Marocco ma, una volta giunto in Italia l’aspirante lavoratore, la pratica non giungeva al suo perfezionamento.
Le indagini hanno dimostrato, infatti, la falsità in origine delle domande per la concessione dei permessi. L’orga­nizzazione, dopo aver procacciato in Marocco persone disposte a pagare per ottenere un permesso di soggiorno, con l’intermediazione di ulteriori per­sone in Francia e Belgio, sarebbe stata in grado di generare, per il tramite di imprenditori agricoli sodali, le doman­de periodicamente inviate al Ministero dell’interno, la cui gestione sarebbe stata poi affidata al commercialista ebolitano.
Una volta che il migrante giungeva in Italia con regolare visto, emesso in forza di richiesta nominata di assun­zione di uno degli imprenditori collusi, la procedura non veniva completata con la sottoscrizione del contratto di lavoro: un escamotage studiato per aggirare il “decreto flussi” e per per­mettere ai migranti di ricevere un per­messo per ‘attesa occupazione1, di 12 mesi, periodo superiore ai 6 mesi pre­visti dal permesso di soggiorno sta­gionale per motivi di lavoro che sarebbe stato rilasciato in caso di assunzione. I migranti venivano poi avviati al lavoro irregolare nei campi per essere sfrut­tati, anche con la promessa di una successiva regolarizzazione del per­messo di soggiorno, e costretti ad al­loggiare in baracche di fortuna. I vari imprenditori agricoli locali in taluni casi si sarebbero garantiti manodopera sottopagata per il lavoro nei campo, in altri si sarebbero limitati a ricevere un compenso da 500 a 1000 euro per ogni contratto di lavoro fittizio richie­sto. Un giro di affari che avrebbe frut­tato all’organizzazione circa 6 milioni di euro.
A capo dell’organizzazione Hassan det­to Appost, preposto a garantire “il ser­vizio” agli immigrati. Era lui a distri­buire gli “stipendi” ai lavoratori e a trattenere per sé il grosso delle somme. Emblematiche, a tal proposito, le sue parole – intercettate dagli inquirenti – rivolte a un sodale: «Ti parlo sincero, io alla fine non m’interessa niente. Se volessi fare i soldi, li faccio qui… io in una giornata guadagno 300 euro» – dice, lasciando intendere che – anche disinteressandosi dei permessi di sog­giorno – i suoi profitti sarebbero rimasti comunque elevatissimi.

Cronache della Campania@2018

Carceri e ‘spazzacorrotti’, i penalisti di Napoli scioperano per 3 giorni

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Carceri e “spazzacorrotti”: la Camera penale di Napoli ha indetto tre giorni di astensione a partire da domani.I penalisti puntano il dito contro la politica ‘carcerocentrica’ del Governo, in relazione alla mancata attuazione della legge della per la riforma dell’ordinamento penitenziario, la cosiddetta ‘spazza-ladri’, “nella parte volta a facilitare l’accesso alle misure alternative alla detenzione ed alla eliminazione di automatismi preclusivi”. Nel documento della Camera penale si sottolinea anche il sovraffollamento delle carceri italiane nelle quali sono detenuti quasi 10 mila persone in più rispetto al massimo consentito. La sezione distaccata di Ischia del Tribunale di Napoli non ha aderito all’astensione. Tra i motivi dell’astensione c’è anche il decreto di legge in materia di contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, la cosiddetta “spazza-corrotti”, in relazione all’introduzione di una nuova causa di “sospensione” del termine di prescrizione destinata a creare l’inaccettabile figura “dell’eterno imputato”. Domani è in programma una tavola rotonda, moderata dal consigliere della Camera Penale Roberto Giovene di Girasole, dal titolo “Il carcere: un’emergenza (ancora) irrisolta”, alla quale prenderanno parte, tra gli altri, il presidente della Camera Penale di Napoli Ermanno Carnevale, il garante dei detenuti Samuele Ciambriello, il presidente del Consiglio comunale di Napoli Alessandro Fucito.

Cronache della Campania@2018

L’infermiere orco che aveva violentato la figlia della compagna chiede lo sconto di pena

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L’infermiere orco che aveva violentato la figlia della compagna, da quando aveva solo 11 anni, chiede il rito abbreviato.Ha optato di essere processato con il rito abbreviato l’infermiere di 55 anni di Marcianise finito davanti al giudice con la gravissima accusa di violenza sessuale nei confronti della figlia della sua compagna. La decisione è stata ufficializzata ieri mattina nel corso dell’udienza del tribunale di Santa Maria Capua Vetere dove sarebbe dovuto iniziare il giudizio immediato nei confronti dell’uomo.
In aula l’avvocato che rappresenta la vittima delle violenze e i soprusi che era stata costretta a subire e la paura di possibili ritorsioni nei suoi confronti minacciando di morte la madre se ne avesse parlato. Il processo è stato quindi aggiornato a maggio.
La vicenda è iniziata nel 2003 quando la bambina aveva solo 11 anni. Approfittando della notte si infilava nel letto della piccola solo con i boxer ed è durata fino a quando la ragazza era diventata maggiorenne.

 Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

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