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Channel: Cronaca Giudiziaria
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I Sibillo uccisero Ciro Esposito e Lambiase per un debito di droga con la Sanità. Le intercettazioni tra Frenna e Improta

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Non sarebbero stati i Vastarella ad uccidere Ciro Esposito, figlio del ras Pietro (assassinato a sua volta dieci mesi dopo alla Sanità) e Gianmarco Lambiase (i due agguati sono avvenuti il 7 gennaio e il primo marzo del 2015) ma bensì i Sibillo perché gli Esposito avevano tolto delle piazze dello spaccio ai Sibillo. E’ quanto emerge dall’ordinanza “Car Wah” che l’altro giorno ha portato in carcere 2o esponenti del cartello criminale che controlla la zona dai Decumani e Forcella ovvero i Sibillo-Giuliano-Amirante-Brunetti. Nelle oltre 380 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Dario Gallo vi sono contenute numerosissime intercettazioni che danno uno spaccato completo sulle attività della cosca. E in alcune di essere si parla degli attentati e dei morti. Come fanno Gennaro Improta (legato ai Sibillo) e Francesco Frenna (trafficante di droga del quartiere Sanità), entrambi arrestati nel blitz. I  Sibillo avevano un debito di 27 mila euro di fornitura di droga con Frenna che non hanno mai saldato tanto che poi lo stesso Frenna ne parla con Gennaro Improta.

FRENNA: ..Mi devono dei soldi.

GENNARO …Ma potrebbero rispondere che hanno pagato con la persona che hanno ammazzato nel quartiere Sanità (Ciro Esposito, ndr). Lo hanno fatto nell’interesse del Frenna e della sua famiglia. Francesco, sai come se ne escono domani mattina? Che il morto lo hanno fatto per via vostra nella Sanità..

GENNARO ..Mio figlio cento cento … inc … ieri sera sono sceso ieri sera .. deve morire mio figlio… inc… io poi ti ho chiamato… per dire scendi… hai capito francè… ti stavo dicendo… deve morire mio figlio… cento cento

FRENNA …Allora Marittiello Morgese… è una cosa con noi?.

GENNARO …Noi già… era… una cosa! Ci hanno chiesto il piacere (intendendo hanno chiesto il piacere a lui, ndr)… Cento cento… dice che tengono da fare una conferma… inc… ma che ti dicevo le stronzate a te?

FERNNA …Ma a Giulio lo hai visto.
GENNARO… Per la via… Lui mi ha dato la conferma… questo è… le lo disse… certo è bel guaio

FRENNA Che?.

GENNARO …Ha trovato un bel guaio… Mo stanno passando pure a confronto… hanno sparato a Ciccione (De Tommaso Ciro, scrive la Procura, ndr)… Praticamente sopra Forcella

FRENNA …E però hai visto il telegiornale che ha detto? I killer partono da Forcella.

Stando a quanto emerso, alla base del risentimento dei Frenna verso gli Esposito ci sarebbero le minacce del ras Pietro detto “Pierino”. “Voleva la tangente” , confidò Francesco Frenna a Gennaro Improta

GENNARO: è Francè .. io li vedo tutti quanti a posto .. .perchè Francè .. con i morti che tengo a terra io non posso sparare in mezzo Forcella caro fratello … tu sai io che.faccio … mi metto in punta ai vicolo …

 FRENNA: il telegiornale ha detto … questo fatto tra Sanità e …

GENNARO: si presume che il morto di Ciro Esposito è …. di Giammarco Lambiase (entrambi assassinati,ndr) … guerra tra … la nuova faida per Forcella; Francè sai che dico io … allora io la vedo così .. .li vogliono fàre più arrestare, perche sai che faccio io … dato che tengo il sangue a terra …. io mi metto sopra al ponte no? … metto la macchina sopra al ponte, deve passare qualcuno di qua ? e me lo … (batte le mani) … Francè o no ? Cioccolata (da identificarsi in MANNA Andrea, ndr) se ne andato te l’ho detto? se ne andato dai/a Sanità … è andato sopra dai/a nonna la zia la suocera .. non so chi è ; –

FRENNA: nella Sanità sta … Gennà ma .. uno lo sai per che non ci parla ? perche manco cani … –

GENNARO: no perche poi dice per colpa tua …

FRENNA: come gia il fàtto là … che poi fratè … questo tuo fratello non ha … bello e buono si è … scese il pomeriggio non parlò … dissi io o’ cugì ma che c’è qualcosa? disse vicino a me … Francè … è entrato il 2015 … va a finire che se vado in galera mi pento di non averlo fatto … mi chiese il piacere ..

 GENNARO: è me lo hai detto… –

FRENNA: fratè ma …. no ma a parte che io pure con loro devo chiarire .. parecchie cose .. fì’atè io  parecchie cose ah … non mi avete fatto mai un piacere … possa morire mia figlia … ma che me ne importa … …

FRENNA: sono finiti quelli là … no?

 GENNARO: chi … chi è finito .. –

FRENNA: no ma questi vanno in galera…

GENNARO: ma questo si sapeva … inc..

 FRENNA: no però … veramente vanno in galera …

GENNARO: è Francè ma perché credevi che non andassero’?

FRENNA: vabbuo dico piu in là .. .pero ..

GENNARO: io sono convinto che questi (anno un altro morto … è perchè mo si capisce … come è la questione si è capito …

.FRENNA: ma hanno sparato in tutti i magazzini?

GENNARO: è . .piu di trenta botte .. .pure la televisione lo ha detto …

FRENNA: oggi pure lo ha detto?

GENNARO: ha detto guerra aperta Sanità, Sibillo Giuliano … inc .. senza fare niente..

FRENNA: chi?

GENNARO: Giuliano … prendono venti anni di carcere senza fare niente … no sono compagni però è una latrina …

FRENNA: è l’associazione …

gennaro improta
Gennaro Improta
frenna fracesco
Francesco Frenna

(Nella foto di copertina il luogo dell’omicidio di Ciro Esposito)


Sequestrati beni per 5 mln a ex assessore vicino al clan dei Casalesi

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Sei appartamenti, due terreni con piscine, otto autovetture e una moto, quote di undici società e conti correnti, per un valore complessivo stimato in oltre cinque milioni di euro. Sono i beni sequestrati dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Caserta a Luigi Cassandra, politico di riferimento del clan dei casalesi – fazione Zagaria, al proprio nucleo familiare e a suoi vari prestanome. Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – Seconda Sezione Penale, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli.

Cassandra era già stato arrestato il 25 ottobre 2011 dai finanzieri per concorso esterno in associazione mafiosa, riciclaggio e intestazione fittizia di beni, al termine delle indagini sulla realizzazione del complesso turistico e sportivo “Night and Day” di Trentola Ducenta. L’opera era stata fortemente voluta da Michele Zagaria, destinatario della stessa misura cautelare notificata nel carcere di Novara dalle Fiamme Gialle, perché ritenuto socio occulto di Cassandra grazie al denaro proveniente dall’attività criminosa.

Cassandra, all’epoca dei fatti consigliere comunale di Trentola Ducenta, grazie alla forza intimidatrice del clan dei Casalesi e sfruttando la sua posizione di assessore ai Lavori Pubblici, era riuscito a ottenere le autorizzazioni necessarie alla costruzione del complesso turistico nonostante il terreno fosse ancora destinato a uso agricolo.

Il “colletto bianco” del clan, avvalendosi della moglie, delle proprie sorelle, del cognato e di alcuni prestanome, aveva nel tempo costituito e impiegato numerose società per la realizzazione del complesso sportivo, attribuendone, volta per volta, un formale possesso ai vari prestanome in modo da ostacolare la riconducibilità dello stesso immobile all’effettivo titolare, Michele Zagaria.

Dagli accertamenti patrimoniali condotti dalla Guardia di Finanza, è emersa una netta sproporzione tra i redditi dichiarati e la capacità economica del Cassandra e delle persone fisiche e/o giuridiche, a vario titolo, a lui collegate, rispetto alle risorse materialmente impiegate per la realizzazione del complesso turistico, dimostrando, di conseguenza, che i fondi utilizzati per la costruzione del complesso immobiliare non potevano che provenire dalle attività delittuose del clan.

Un affare economico, quello del Night and Day, che ha avuto la funzione di vera e propria “lavatrice” delle liquidità provenienti dall’organizzazione criminale, attraverso la continua realizzazione di opere come campi da calcio e piste di pattinaggio, nonché, come dichiarato dai collaboratori di giustizia, di base logistica per lo svolgimento di summit di camorra ovvero punto di partenza per appostamenti finalizzati a missioni omicidiarie.

Pagani: il pentito Greco incastra il clan Petrosino

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“Taurania Revenge”: il pentito Vincenzo Greco accusa Antonio e Michele D’Auria Petrosino e i Fezza. Il collaboratore di giustizia di Sant’Egidio ha confermato le accuse nei confronti degli esponenti della cosca paganese, finiti a processo per associazione per delinquere e traffico di stupefacenti, nel processo denominato “Taurania Revenge”. Ieri mattina, è comparso in videoconferenza per testimoniare contro i vertici della cosca coinvolti nel processo istruito dalla direzione distrettuale antimafia di Salerno e dal pm Vincenzo Montemurro. Vincenzo Greco ha ribadito quanto già raccontato nei suoi verbali: «Avevo rapporti con i fratelli D’Auria Petrosino, Antonio e Michele, con i quali ci eravamo divisi il territorio – ha detto – loro comandavano e Pagani e io a Sant’Egidio. Si rifornivano di droga da me perché io ero un grossista. A volte fornivo droga anche direttamente ai Fezza». Dopo l’esame del pm Montemurro, Greco è stato sottoposto al controesame dei difensori dei 21 imputati. Il processo “Taurania Revenge” si basa molto sulle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia a proposito dell’esistenza di un’organizzazione criminale, operante a Pagani, e facente capo ai figli di Gioacchino “spara-spara” e ai rampolli di Tommaso Fezza. Nel corso della prossima udienza sul banco dei testimoni vi sarà anche il pentito Alfonso Greco, figlio di Vincenzo, legato da vincoli di amicizia e “comparaggio” con i fratelli D’Auria Petrosino. Ieri si è riproposto in aula il caso “Baselice”, il collaboratore di giustizia paganese – uscito dal programma di protezione – è irreperibile e i giudici hanno disposto la notifica per la convocazione come testimone nel processo presso l’ultimo domicilio noto al servizio centrale di protezione, quello di Bologna. Gerardo Baselice è introvabile da alcuni mesi. In molti pensano che sia molto difficile che l’uomo possa farsi avanti presto.

Il pentito Pacciarelli e la faida interna ai “Girati”: i mancati omicidi di “Barbetella” ed Esposito “‘o porsche”

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01.07.2014-FOTO-DI-CIRO-CASTIELLO

Il pentito Mario Pacciarelli della “Vinella-Grassi” ha svelato agli investigatori il clima di violenza che i fratelli Accurso avevano  preparato all’interno del clan dei “Girati” subito dopo il duplice omicidio dei fratelli Matuozzo. Una caccia sistematica a quelli che erano stati individuati come i possibili “nemici interni” che non risparmiava nessuno. Non risparmiò l’amico fraterno Carlo Matuozzo e non doveva risparmiare neanche l’assassino del fratello Antonio. Dopo aver eliminato i fratelli Matuozzo nella stessa giornata e in circostanze diverse, gli Accurso decisero di uccidere Ciro Castiello detto “Barbetella”, che era stato uno dei killer di Antonio Matuozzo nella ricostruzione degli inquirenti. Ma l’affiliato che non si tagliava mai la barba scappò e solo un anno dopo fu rintracciato a Cuneo: per sua fortuna non dai killer della “Vinella”, bensì dai carabinieri. Ecco alcuni passaggi di un interrogatorio reso da Mario Pacciarelli, che ha illustrato ai pm antimafia quel periodo convulso in seno al clan dei Girati. “…Gli Accurso avevano mandato Ciro “Barbetella” a compiere gli omicidi di Carlo Cipolletta e Antonio Matuozzo. Temevano che potesse pentirsi e quando sparì, mi chiesero di rintracciarlo offrendo al padre 20mila euro per portarci da lui e ucciderlo. Ma è un mio amico e non volli farlo. Venne Antonio Accurso detto “’o puorco”. Si portò il fratello Umberto nella sala affianco per parlare riservatamente; vidi che a Ciro “Barbetella” questa cosa non piaceva. Poi Umberto mi chiamò nella stanza e disse: vai a chiamare “’o Cafone”, che è il figlio di “Gnoccetto”, affiliato al clan Leonar- di. Andai al punto Snai di Leonardi e mi portai il “Cafone”, che parlò riservatamente con Umberto Accurso. Andatosene il “Cafone”, Umberto parlò riservatamente con Gaetano Angrisano che poi si spostò con lo scooter SH e dietro a me c’era proprio Ciro “Barbetella” che stava con la faccia bianca: era impressionato da tutti questi movimenti. Umberto Accurso, a differenza delle altre volte, non si fece accompagnare da me, ma chiese che lo seguisse Ciro con uno scooter nero. An-che a me questo movimento puzzava. Più tardi, in tarda serata, gli affiliati al clan della “Vinella” si incontrarono di nuovo nel Rione Berlingieri ed ecco la sorpresa: Ciro Castiello era scomparso” Ma c’è anche un altro mancato agguato da registrare in quel periodo. Come quando il ras Vincenzo Esposito “’o Porsche” doveva morire per ordine degli Amato-Pagano in quanto parente del pentito Biagio Esposito. Ma gli uomini della “Vinella”, bravissimi nelle strategie camorristiche, finsero di ubbidire e non lo fecero. Nel frattempo il bersaglio designato, tra l’altro suocero del ras Fabio Magnetti, si allontanò da Napoli per alcuni giorni. Ecco il racconto di Pacciarelli: “…Rosario Guarino espose quanto era stato detto dagli Amato-Pagano, alla mia presenza, di Antonio Mennetta detto “Er Nino”, Fabio Magnetti “o’ Mocill”, Ciro Barretta detto “Cicciotto”, Alessandro Grazioso. Guarino disse a Fabio Magnetti: Fabio, Mariano Riccio ci ha mandato l’imbasciata tramite “Giacumino ’a femmenella, Baiano e Raffaele Teatro. Ci ordinano di ammazzare tuo suocero (Vincenzo Esposito, ndr) perché è parente di Biagio Esposito. Fabio Magnetti e Antonio Mennetta insorsero: questi non hanno capito niente, ci vogliono far ammazzare il suocero di Fabio. Allora Mennetta disse a Magnetti di spostare il suocero dalla sua casa di San Pietro a Patierno. Così fu: Vincenzo Esposito andò fuori Napoli, in Calabria, in una casa di sua proprietà”.

(nella foto ciro castiello “barbetella”)

Omicidio Fortuna, confermate le accuse a Caputo. Pisani: “Ci sono altri colpevoli, un’altra bambina copre la propria madre”

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Fortuna-Loffredo

Dopo la seconda giornata è terminato al Tribunale di Napoli Nord l’incidente probatorio per il caso della piccola Fortuna Loffredo, molestata sessualmente e uccisa nel parco Verde di Caivano, in provincia di Napoli. “E’ stata confermata l’ipotesi accusatoria, ora c’è un prova che consente di iniziare il processo. A noi non basta un colpevole, Caputo è uno degli attori di questa vicenda criminale sui minori – ha spiegato a Angelo Pisani, avvocato della famiglia Loffredo – Abbiamo il dovere umano di accertare tutta la verità e di capire chi sono i responsabili per i reati commessi, dalle violenza sessuali al favoreggiamento. Bisogna capire come è maturato l’omicidio di Fortuna e cosa sia successo, dobbiamo capire la dinamica della morte del piccolo Antonio Giglio – ha aggiunto – . Questi bambini meritano verità, non si può chiudere con l’arresto del solo Caputo, alcuni forse sono ancora in giro”. Durante la giornata Domenica Guardato, la madre di Fortuna, ha fatto capire che secondo lei una delle bambine sentite potrebbe aver coperto la propria madre. “Il racconto della migliore amica di Fortuna per alcuni aspetti non risulta ancora completo. Se, infatti, resta la convinzione che Raimondo Caputo sia colpevole, dall’altro alcune dichiarazioni della piccola ci impegnano ad accertare tutta la verità e a trovare tutti gli altri responsabili di questo orrore che non ha un solo colpevole. E’ obbligatorio capire il movente, ricostruire la scena del delitto e tutti gli attori coinvolti. Insomma vogliamo capire cosa è successo in quei tremendi 15 minuti. Di sicuro, nessuno deve farla franca”. 

Spari contro la caserma dei carabinieri a Secondigliano: individuati i 4 componenti del commando

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caserma carabinieri secondigliano

Spari contro la caserma dei carabinieri di Secondigliano: c’è una novità investigativa interessante. Dalle immagini delle telecamere i militari avrebbero riconosciuto dei partecipanti al raid, che secondo l’ipotesi accusatoria sarebbe stato ordinato dal boss della “Vinella”, Umberto Accurso arrestato dieci giorni fa a Qualiano. Una maniera per vendicarsi della decisione del tribunale per i minorenni, poi sospesa in attesa di un giudizio definitivo, di togliere i figli piccoli alla madre per proteggerli da eventuali vendette di camorra visto che il Antonio detto “’o puorco”, è collaboratore di giustizia da un anno e mezzo. Il raid sarebbe stato compiuto grazie a un patto di ferro tra i “Girati” e il gruppo dei Ferone di Casavatore. E dalle immagini si vedrebbero infatti due moto con in sella due della “Vinella” e altrettanti dei Ferone.Ma già dalla notte  tra il 23 e il 24 aprile scorso le immagini delle telecamere di video sorveglianza che hanno ripreso la scena con i 27 proiettili esplosi da due kalashnikov che hanno centrato la palazzina e due autovetture private di militari sono al setaccio degli esperti detectives dell’arma. Ogni frame è stato ingrandito e studiato nei minimi particolari. Tutti i dettagli degli abbigliamenti dei quattro e delle moto sono stati utili agli investigatori per risalire alla loro identità. E ora che sembrano avere un volto e un nome la parola passa alla Procura a cui è stato inviato un dettagliato fascicolo investigativo con allegato tutto il lavoro svolto, i filmati, le foto estrapolate, le tecniche di comparazione. Lo Stato non può sbagliare. Tutto deve essere perfetto per far emettere ai magistrati  eventuali ordinanze di custodia cautelare. Lo schiaffo dato quella notte alle istituzioni dalle nuove leve della camorra non può passare impunito.

Omicidio Fortuna: la compagna di Caputo ha tentato il suicidio in carcere

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Ha tentato di suicidarsi nel carcere di Pozzuoli, Marianna Fabozzi la compagna di Raimondo Caputo, accusato di aver molestato sessualmente e ucciso nel parco Verde di Caivano, in provincia di Napoli. Lo riferisce Angelo Pisani, avvocato della famiglia Loffredo, che ha spiegato come la donna, detenuta per aver coperto gli abusi del compagno su alcuni bambini, è ora in isolamento. “Su questo tentativo ci sono tre ipotesi: una presa di consapevolezza del dolore subito dalle piccole: ha compreso che siamo sulle sue tracce per accertare la verità oppure potrebbe voler tentare di confondere la situazione giocando la carta dell’incapacità di intendere o volere”, ha aggiunto. Oggi la compagna di Caputo ha preso parte all’incidente probatorio al tribunale di Napoli nord, ad Aversa, nel corso del quale le sue tre figlie hanno testimoniato sull’omicidio di Fortuna. Nel corso delle deposizioni sono venute fuori divergenze sul ruolo della donna: l’ipotesi della famiglia Loffredo è che anche lei sia coinvolta. “Dietro questo tentativo di suicidio ci possono essere tre cause – spiega Pisani- o è un gesto di autolesionismo, a seguito delle denunce delle figlie; o ha capito che stiamo arrivando alla verità e ha paura che il compagno ceda. C’è poi la terza causa – conclude – vuole confondere ancora più le acque e giocarsi la carta dell’incapacità di intendere e di volere. In tutti i casi abbiamo il dovere di andare avanti e di non fermarci a Caputo e alla sua compagna”.

Usura: perquisizioni a Nocera a casa del ras Macario Mariniello e dei suoi complici

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macario mariniello

 Usura e intimidazioni camorristiche: perquisizioni dei Ros a Nocera Inferiore. Nel mirino della Dda finiscono Macario Mariniello, Vincenzo Del Grande e Maurizio e Gaetano Pellegrino. Il sostituto procuratore Vincenzo Senatore ha disposto le perquisizioni presso le abitazioni dei quattro principali indagati e di due presunte vittime del gruppo criminale. A gestire i prestiti a strozzo sarebbe il noto pregiudicato, ex esponente della Nco, Macario Mariniello con un altro personaggio noto proprio per i suoi precedenti per usura, Vincenzo Del Grande. I carabinieri del Ros del Comando provinciale hanno sequestrato documenti, danaro contante e titoli che verranno vagliati dalla Procura che ipotizza nei confronti dei quattro principali indagati l’accusa di usura aggravata dall’intimidazione mafiosa. Protagonisti del giro di usura Macario Mariniello, ex esponente della Nco di Raffaele Cutolo, poi indicato nei rapporti della Dia fino al 2012 come esponente di un omonimo clan operante a Nocera Inferiore, insieme a Pignataro, e Vincenzo Del Grande – noto usuraio nocerino – già coinvolto in numerosi processi per prestiti a strozzo. Mariniello, gestore fino a qualche tempo fa di un ristorante in via Federico Ricco a Nocera Inferiore, dopo aver scontato i guai con la giustizia, pare sia ritornato nel giro della criminalità – almeno questa è l’ipotesi dell’accusa – investendo nell’affare usura e utilizzando la sua ‘fama’ criminale per intimidire le vittime e costringerle a pagare interessi da strozzo.  

(nella foto il ras Macario Mariniello)


Omicidi Veneruso e Porro: i boss Aprea e Cuccaro “evitano” l’ergastolo

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Hanno “scampato” l’ergastolo grazie alla confessione che avevano fatto in aula degli omicidi commessi. Ieri la Corte di Assise d’Appello di Napoli ha condannato Andrea Andolfi, Ciro e Pasquale Aprea e Luigi Cuccaro, a venti anni di carcere mentre Antonio Acanfora è stato condannato a 30 anni. Riduzione di pena per quelli che sono considerati i mandanti ed esecutori materiali di un duplice omicidio: Ciro Veneruso, assassinato 26 luglio 1996, e Ciro Porro, il 19 agosto 1996. Quest’ultimo era un istruttore di karate  e non aveva alcun legame con la camorra, ma fu ucciso in un agguato organizzato dal clan Aprea per fare un favore agli Alberto.L’uomo avrebbe pronunciato una frase offensiva durante i funerali di Michele Alberto: parole per le quali il ras Giacomo, volle vendicare l’onore della famiglia di Barra.A uccidere lo sportivo, secondo la ricostruzione del pentito Massimo Alberto, sarebbero stati Pasquale Aprea e Gaetano Cervone. Lo stesso pentito ha invece spiegato che l’omicidio di Veneruso fu fatto dagli Alberto: “..Cervone tenne a ringraziare mio fratello Giacomo per l’uccisione di Ciro Veneruso, il quale parlava male degli Aprea. Mio fratello Giacomo ci tenne a puntualizzare che quell’omicidio non era un favore fatto a loro, ma una soddisfazione che si era voluto togliere personalmente, per punire il Veneruso di quello sfrontato atteggiamento avutoqualche mese prima nel corso dellariunione “abbascia a’ villa”. Era anche un modo da parte di mio fratello Giacomo per rappresentare agli Aprea che lui li affronti li faceva pagare”.

Ciro Aprea Pasquale Aprea Luigi Cuccaro Andrea Andolfi

Omicidio Saggese: assolti il boss Salvatore Del Prete e i due presunti killer

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Sono stati tutti assolti: mandanti e presunti killer dell’omicidio di Giovanni Saggese assassinato il 21 maggio del 2012 in piazza Calenda a Forcella. Quella notte la città era in festa perché il Napoli aveva vinto la Coppa Italia battendo la Juventus e proprio durante i festeggiamenti che i killer entrarono in azione uccidendo il 32 enne.  Era in atto la guerra tra i Ferraiuolo e i Del Prete per il controllo delle piazze di spaccio e per le estorsioni al mercatino della Duchesca. Per il drammatico omicidio di Saggese furono arrestati Salvatore Del Prete, il boss, Mario Cioffi e Rosario Cinque.Ieri però, il giudice per le udienze preliminare Carola, ha assolto tutti e tre gli imputati., nonostante le dichiarazioni di otto i collaboratori di giustizia tra i quali il capo del clan: Maurizio Ferraiuolo che poco dopo il suo clamoroso arresto dopo una fuga sui tetti, iniziò a pentirsi. I difensori degli imputati (gli avvocati Roberto Saccomanno e Antonio Abet, che difendevano Cioffi, Sergio Simpatico che difendeva Del Prete ed Ernesto Ruggiano che difendeva Cinque) sono riuscito a smontare il teorema accusatorio della pubblica accusa fondato sulle dichiarazioni in particolare del boss pentito Ferraiuolo. Il collaboratore di giustizia  cveva detto di aver saputo che in piazza Calenda era stato ucciso Saggese, da un uomo che era presente in piazza il quale gli aveva spiegato che a fare fuoco erano stati Cinque e Cioffi. ma in aula c’è stato il colpo di scena perché l’uomo ha negato tutto, finanche di conoscere Ferraiuolo.. Poi le numerose contraddizioni degli altri pentiti: Gennaro e Umberto Tubelli, Mollo, Assuntina Baldassarre e Marfé. In particolare quest’ultimo prima disse che era sul luogo dell’omicidio e di aver visto Cinque e Sollo, poi Cinque e Cioffi. Alla fine la Corte ha deciso per l’assoluzione con formula piena per i tre imputati.

Napoli: 3 secoli di carcere ai nemici della “Paranza dei bimbi”. Ma è festa nei vicoli per l’assoluzione dei Del Prete

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salvatore del prete

Fuochi d’artificio ieri sera a Forcella per salutare l’assoluzione di Alessandro e Giuseppe Del Prete e l’ergastolo “scampato” da parte del boss Salvatore Del Prete. Quando furono arrestati nel marzo dello scorso anno invece gli affiliati appartenenti ai gruppi antagonisti dei Sibillo e dei Giuliano fecero festa. Questa volta, invece a far esplodere fuochi d’artificio amici e parenti dei Del Prete che ieri hanno accolto con gioia l’assoluzione di Alessandro e Giuseppe Del Prete e l’ergastolo “scampato” da parte di Salvatore Del Prete.  Sentenze che invece non sono state salutate con il sorriso dai reduci della “paranza dei bimbi” decapitati l’altro giorno dal blitz che ha portato 20 tra ras e affiliati ai clan Sibillo-Giuliano-Amirante-Brunetti. Ma nonostante “la festa” dei Del Prete ieri per i 54 affiliati del cartello Ferraiuolo-Del Prete-Stolder, alleati dei Mazzarella  arrestati lo scorso anno è arrivata la stangata da parte del gup Pietro Carola che ha inflitto loro complessivamente 314 anni di carcere al processo in primo grado con il rito abbreviato. C’erano voluti due anni di indagini da parte di polizia e carabinieri per mettere fine alla nuova faida che aveva insanguinato Forcella, i Tribunali, la Duchesca e la Maddalena e che aveva cambiato la geografia criminale nella zona con la nascita dei nuovi clan. L’inchiesta aveva fatto luce sulla gestione e divisione della nuove piazze di spaccio, sulle estorsioni a tappeto ai commercianti, dovevano pagare anche i venditori ambulanti extracomunitari, e anche sull’omicidio di Giovanni Saggese, cognato di Maurizio Ferraiuolo, il boss che poi si è pentito, e sui ferimenti del ras emergente Salvatore Del Prete e di Giuseppe Bauchenet, vittima innocente di un agguato diretto a uccidere Francesco Rinaldi “’o paciano”.  Ma si fece luce anche su una vicenda che riguardava l’ospedale Ascalesi, dove gli affiliati ai Ferraiuolo-Stolder avevano realizzato una base operativa grazie all’aiuto di due vigilantes in servizio in passato all’ospedale.  Tra i 54 imputati ci sono state anche 9 assoluzioni., tra cui i fratelli Del PrEte. La pena più alta è stata decisa per Salvatore Del Prete, per gli inquirenti ai vertici dell’organizzazione camorristica “con compiti di decisione, pianificazione e individuazione di tutte le azioni delittuose da compiere, obiettivi da perseguire, richieste da avanzare, mantenendo la cassa del clan e provvedendo alla distribuzione delle mesate agli affiliati”: 20 anni di carcere. Ecco nel dettaglio la lista delle condanne e delle assoluzioni.

TUTTE LE CONDANNE

AMIRANTE SALVATORE  12 ANNI

BALDASSARRE ANTONIO  13 ANNI

BALDASSARRE ASSUNTNA  8 ANNI

BALDASSARRE GIUSEPPE  2 ANNI

BALDASSARRE RITA  12 ANNI

BASELICE ROSARIO 7 ANNI

BENEDUCE CARMINE 5 ANNI

BRANCACCIO SALVATORE  10 ANNI

CARTA MASSIMILIANO  ASSOLTO

CATINO EMANUELE 8 ANNI

CAVATAIO PIERINA 6 ANNI E 8 MESI

CINQUE ROSARIO  7 ANNI

CIOFFI VITTORIO  7 ANNI

DE VINCENTIIS RAFFAELE ASSOLTO

DEL PRETE ALESSANDRO ASSOLTO

DEL PRETE GIUSEPPE ASSOLTO

DEL PRETE SALVATORE 20 ANNI

ESPOSITO ANNAMARIA 6ANNIE 8 MESI

FERRETTI ANIELLO6ANNIE 8 MESI

FERRETTI FELICE  ASSOLTO

FERRETTI SALVATORE 10 ANNI

FORMIGLI FRANCESCO 16 ANNI

GAROFALO VINCENZO 16 ANNI

GIULIANO SALVATORE 7 ANNI

IZZO ENRICO  ASSOLTO

LAMBIASE VALERIO ASSOLTO

LO BASCIO DELL’AQUILA 12 ANNI

MARFÈ SALVATORE 12 ANNI

MARINO SALVATORE ASSOLTO

MINGIONE MONICA 6ANNIE 8 MESI

MOSCA MAURO  16 ANNI

NASTI PASQUALE 10 ANNI E 8 MESI

ORFEO GENNARO 8 ANNI

PALERMO FRANCESCO 2 ANNI E 6 MESI

PANICO GAETANO  1 ANNO E 2 MESI

RINALDI FRANCESCO 4 ANNI

SARNELLI ANTONIO ASSOLTO

SIMONTE ANTONIO  3 ANNI

SOLLO RAFFAELE 10 ANNI

TUBELLI GENNARO 10 ANNI

TUBELLI UMBERTO  6 ANNI

USSOMAGNO SALVATORE 6 ANNI

 

(nella foto il boss Salvatore Del Prete al momento dell’arresto)

 

Scafati: fissato il processo per il boss Franchino Matrone e i suoi affiliati

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franchino matrone

E’ stata fissata per il 18 giugno prossimo l’udienza preliminare nel corso della quale si deciderà sulle richieste di rinvio a giudizio per i 27 indagati del clan Matrone di Scafati accusati di estorsioni, usura e droga. Sotto accusa il vertice del clan capeggiato da Franchino Matrone ‘a belva, affiancato dal figlio Antonio detto Michele, con accanto Vincenzo Nappo ’o nonno, Vincenzo Arcamone, Ferdinando Cirillo, Vincenzo Starita, Vincenzo Staffetta, Nicola Percuoco e Raffaele Vitiello. Questi i fedelissimi che avrebbero retto l’organizzazione criminale estesa nei territori di Scafati e San Marzano, finalizzata alla gestione del mercato dei videopoker, in contrapposizione ai clan Ridosso e Sorrentino. Inoltre, ognuno con ruoli diversi, avrebbero agevolato la fuga e la latitanza di Franchino Matrone che fu arrestato quattro anni fa sulle montagne di Acerno nel Salernitano. I proventi della attività illecite venivano reinvestite in imprese, apparentemente pulite, e quindi la cosca si serviva di Angelo Amitrano, per il settore della vendita di autovetture e Vincenzo Arcamone per gli investimenti di tipo finanziario. Tra le accuse figurano episodi di usura, per migliaia di euro, i cui proventi andavano ai familiari di Matrone che in questo modo garantivano il sostentamento per la latitanza del boss. Gli episodi contestati dalla Procura antimafia ai 27 indagati, vanno dal 2001 al 2012, epoca in cui è stato arrestato ad Acerno, il capo. Al figlio Michele la Dda contesta anche di aver falsificato i documenti utilizzati dal padre. La patente di guida e una tessera sanitaria di un tal Vincenzo Ferrara, vennero riprodotte per essere utilizzate da Franchino Matrone. Tra gli indagati anche i due uomini che ne coprirono la latitanza spendendo il suo nome. Tra gli episodi contestati anche alcune estorsioni ad imprenditori edili e per imprenditori edili. In un’occasione gli esponenti del clan avrebbero proceduto al recupero di un’ingente somma di danaro per conto del costruttore Luigi Giugliano, che voleva, da un macellaio i soldi per la realizzazione di una costruzione abusiva. Per questo episodio è finito nei guai anche il cugino dell’imprenditore edile, allora maresciallo dei vigili, Ferdinando Raiola. L’avviso di conclusione delle indagini è stato inviato a Raffaele Alfano, 62 anni; Angelo Amitrano, 51 anni; Vincenzo Arcamone, 75 anni; Maio Cerbone, 59 anni; Ferdinando Cirillo, 56 anni, di Pompei; Luca Coppola, 58 anni; Giuseppe D’Aniello, 67 anni; Anna D’Isidoro, moglie di Franchino Matrone, 59 anni; Generoso Di Lauro, 57 anni; Luigi Giugliano, di Boscoreale; Biagio Iaquinandi, 59 anni di S. Marzano; Alfonso Matrone, 50 anni, di Boscoreale; Francesco Matrone, 69 anni; Pasquale Matrone, 45 anni; Vincenzo Muollo, 70 anni; Vincenzo Nappo, 68 anni; Domenico Pagano, 55 anni, di Boscoreale; Pietro Palomba, 46 anni ; Nicola Percuoco, 60 anni, di Boscoreale; Ferdinando Raiola, 64 anni; Francesco Paolo Spagnuolo, 59 anni; Vincenzo Staffetta, 52 anni; Vincenzo Starita, 52 anni; Saverio Tammaro, 55 anni; Raffaele Vitiello, 55 anni. (r. f.)

Arresto choc a Pagani: brucia le parti intime della sua compagna per gelosia

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Picchiata, legata, seviziata fino a ustionarla con la plastica fusa lasciata colare sulle parti intime. È una sequenza dell’orrore quella consumatasi in un’abitazione di Pagani, dove un 36enne di origine marocchina ha torturato la compagna, una connazionale di dieci anni più giovane, minacciando di ucciderla se non avesse confessato presunte relazioni sentimentali. Ora l’uomo è in carcere a Poggioreale, mentre per la ragazza è stata stilata una prognosi di trenta giorni. I medici dell’ospedale di Nola hanno dovuto staccarle dal corpo pezzi di plastica bruciata che ancora le erano rimasti addosso dopo una notte di sevizie e la fuga in strada. L’incubo è iniziato sabato sera, al culmine dell’ennesima accusa di tradimento nonostante da settimane alla donna fosse vietato di uscire e fosse lasciata in casa con la porta chiusa a chiave e le finestre sbarrate. Già nei giorni scorsi era stata picchiata con una barra della rete del letto, lasciandole i segni sulla schiena. Sabato il convivente l’ha costretta a spogliarsi, le ha rasato una parte dei capelli e l’ha legata mani e piedi trascinandola in cucina. Lì ha preso a picchiarla con pugni e calci al volto, poi ha fuso con un accendino un cucchiaio e una bottiglia di plastica e li ha lasciati colare sul ventre e tra le natiche, incurante delle grida e delle implorazioni della ragazza. L’ha slegata quando l’ha vista ormai senza forze, ma la sua furia non era ancora placata e le è andato incontro con un coltello minacciando di ucciderla, ferendola alla mano con cui, con un gesto istintivo, cercava di proteggersi. Lei ha capito che per salvarsi la vita doveva blandirlo, si è trascinata accanto a lui, lo ha abbracciato ed è riuscita così a calmarlo finché l’uomo non si è addormentato. «Ho controllato per ore che stesse davvero dormendo – ha raccontato agli inquirenti – quando ne sono stata certa ho messo qualcosa di mio in una borsetta e sono fuggita. Non mi reggevo in piedi, sono caduta più volte, ma i primi automobilisti a cui ho provato a chiedere aiuto non si sono fermati. Ho anche bussato a un cancello, ho spiegato cosa mi era accaduto, una signora anziana mi ha solo dato una bottiglia d’acqua». È stata un’altra straniera a soccorrerla e ha portarla a casa della sorella, a San Giuseppe Vesuviano, da dove è partita poi la telefonata al 118. Il compagno l’ha raggiunta in ospedale e lì è stato arrestato, anche se lei non ha voluto denunciarlo spiegando di temere per sé la sua famiglia. Lui, difeso dall’avvocato Gerardo Cembalo, nega tutto, ma per il giudice che ha disposto il carcere gli indizi sono schiaccianti.

Torre del Greco: 30 anni di carcere a Ciro Grieco boss degli “scissionisti” per l’omicidio sul sagrato della chiesa

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E’ stato condannato a 30 anni di carcere Ciro Grieco ‘a marchesa boss degli “scissionisti” del rione Sangennariello di Torre del Greco. La sentenza è stata emessa ieri dal gup Claudia Piccioni del Tribunale di Napoli nel corso del processo che si è celebrato con il rito abbreviato. Una stangata per il ras che ha evitato l’ergastolo ma si aspettava uno sconto di pena maggiore. Grieco è accusato del clamoroso omicidio di Salvatore Esposito “Lulluccio” avvenuto il 7 luglio del 1995 sul sagrato della chiesa del Santissimo Rosario al corso Italia. All’interno si dovevano celebrare le nozze di Lucio Di Giovanni esponente di spicco all’epoca dei nuovi clan torresi. Esposito era il testimone di nozze e fu massacrato sul sagrato della chiesa mentre vestito con un smoking elegantissimo stava per entrare all’interno.

“Paranza dei Bimbi”: il baby boss Sibillo in silenzio, Cedola si difende. Ecco tutte le intercettazioni complete sull’omicidio Nacarlo

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Ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere il baby boss Lino Sibillo, davanti al gip nel corso dell’interrogatorio di garanzia. Uno dei capi della “paranza dei bimbi” di Forcella era stato arrestato l’altro giorni nel corso di un maxi blitz insieme con altre venti persone tra cui il padre Vincenzo e altri affiliati del cartello Sibillo-Giuliano.Amarante-Brunetti. Chi invece ha voluto difendersi nel corso del confronto con il gip è stato Salvatore Cedola, detto “polpetta” altro esponente di primo piano della famiglia Giuliano. cedola ha cercato di difendersi dicendo: ” Io la droga non spacciano, la acquistavo per me, per uso personale perché sono un tossicodipendente”. ma nelle oltre 380 pagine dell’ordinanza firmata dal gip Dario gallo ci sono numerose intercettazioni in cui lo stesso cedola in prima persona parla dei traffici, dei prezzi da praticare e delle piazze di spaccio”. Oggi continueranno altri interrogatori.

Nell ‘ordinanza che ha fatto luce sull’ingente traffico di droga nel centro di Napoli viene in parte fatta luce anche sull’omicidio Giuseppe Nacarlo, assassinato il 28 aprile 2013 in piazza San Vincenzo alla Sanità, avrebbe pagato con la vita una relazione sentimentale con la moglie di un ras del quartiere. Fraancesco Frenna, intercettato nella sua auto ne parla in due circostanze e in due momenti diversi. Una prima volta con Gennaro Improta. Ecco il testo integrale contenuto nell’ordinanza:

Gennaro: deve morire mio figlio cento cento … inc … ieri sera sono sceso ieri sera .. deve morire mio figlio … inc .. io poi ti ho chiamato .. .per dire scendi .. segue un periodo non inerente, poi riprende l’argomento alcuni secondi dopo;

Gennaro: hai capito fi’ancè … ti stavo dicendo .. deve morire mio fìglio … cento cento …

Frenna: allora Marittiello Morgese … è una cosa con noi?

Gennaro: noi gia … era .. una cosa! ci hanno chiesto il piacere (intendendo hanno chiesto il piacere a lui) … segue periodo non inerente, poi riprende l’argomento alcuni secondi dopo;

Gennaro: cento cento … dice che tengono da fare una conferma … inc … ma che ti dicevo le stronzate a te ?

Frcnna: ma a Giulio lo hai visto?

Gennaro: per la via … lui mi ha dato la conferma .. questo è … te lo disse . .inc … certo è un bel guaio …

Frcnna: che !

Gennaro: ha trovato un bel guaio … mo stanno passando pure a conji·onto .. hanno sparato a

Ciccione(DE TOMMASO Ciro) … praticamente sopra Forcella .. .inc ..

Frenna: e però hai visto il telegiornale che ha detto? i killer partono da Forcella ..

Gennaro: è ! ma quelli lo sanno lo scopo … inc …

dopo alcuni secondi …

Gennaro: ma quelli mo già abbassano le ali … inc … gia cominciano a.fàre il giallo .. capito .francè .. ?

Frenna propone di passare nel vicolo

Gennaro: Alfonso mi ha chiamato stamattina … il trattore là …

Frenna: il trattore?

Gennaro: ha detto quella fatica là

Frenna: a quanto?

Gennaro: lui … parla di 40 sempre . inc . però se lo prendessi bene …

Frenna: gennà a me … io ti regalo 500 euro a te, però .. .faccio le tarantelle dai…

Gennaro: e allora non dar retta … non dar retta .. inc ..

Frenna: pero mi debba morire mio .figlio sono tarantlele dai..

Gennaro:lo so ..

 Frenna parla con Veronica al telefono degli orologi di marca (ne elenca alcuni) che non si trovano

Gennaro in merito all’omicidio;

Gennaro: io so che già da … sabato sera … in c … uno lo fecero .. in c … la carogna è il compagno

Frenna: perche è uscito Marittiello?

Gennaro: sta agli arresti in casa ..

Frenna: e come ..

Gennaro: quello sale e scende da casa di Manuele …

Frenna: da casa di Manuele?

Gennaro:disse vicino a Manuele … quello tiene il problema .. inc .. lui è stato 10 giorni fuori… inc .. e poi dopo …

Frenna: e tu ieri sera come lo hai saputo poi…?

Gennaro: … inc .. enzo .. venne a bussare a casa

Frenna: davvero ..

Gennaro: ti debbo fare un’imbasciata .. e cosa .. questi sono scemi .. inc .. io lo sapevo che facevano andare con la pistola .. te lo dissi che i Sarno non volevano …

Dello stesso omicidio Francesco Frenna ne parla in un’altra conversazione intercettata con il cugino Salvatore Frenna  in data 4 giugno 2014.Si legge nell’ordinanza di custodia cautelare .

..Infine, Frenna Salvatore, sempre nel corso della medesima conversazione, racconta l’episodio di una persona deceduta poiché attinta da colpi di arma da fuoco (probabilmente si riferisce all’omicidio di Nacarlo Giuseppe); Salvatore continua a raccontare i particolari di come si trovava ilcorpo dopo gli spari; Francesco, in merito, gli chiede se lo hanno portato in ospedale e se al momento dell’omicidio si trovavano anche la mamma e il padre dell’attinto; Salvatore risponde affermativamente, poi aggiunge che il movente potrebbe individuarsi per questioni attinenti a “donne”; il mandante dell’ omicidio dovrebbe essere tale Antonio, il quale è sposato con tale Enza, che a sua volta avrebbe avuto una relazione sentimentale con Nacarlo Giuseppe, poi ammazzato: …

Francesco: LA’ ANTONIO LO HA FATTO UCCIDERE …. SO PERCHE’ ALL’EPOCA SI

CHIAVAVA LA MOGLIE … A … STONZA … HAI CAPITO?

Salvatore: però pure erano “buffoncello” … oh no?

Francesco: si “zuccull” ma non si uccide .. -Salvatore: non si uccide un ragazzo ….

(nella foto piazza sanità dove è avvenuto l’omicidio Nacarlo)


Il boss Michele Cuccaro ritratta: “Non uccisi il 14enne. Ho detto il falso”

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michele cuccaro

. “C’era un’infermiera che mi stava avvelenando, mi iniettava tossine e ho confessato cose non vere”. Il boss Michele Cuccaro ‘rinnega’ se stesso e le dichiarazioni sull’uccisione di Giovannino Gargiulo, ucciso nel febbraio del 1998 a soli 14 anni nel quartiere di San Giovanni a Teduccio. In una brevissima parentesi da collaboratore di giustizia, nel 2005, il boss – oggi detenuto in regime di 41 bis – rivelò di essere il mandante di quell’omicidio. Una ritorsione nei confronti di Costantino Gargiulo, affiliato al clan Mazzarella, e fratello della vittima indicato come uno dei killer di Salvatore Cuccaro, fratello del ras ucciso nel 1996. Ma Michele Cuccaro rinnega ogni cosa dinanzi ai giudici della Corte d’Assise di Napoli e quella che doveva essere una testimonianza di un ex collaboratore di giustizia si trasforma in un giallo. Almeno questo è quello che ha voluto far credere Michele Cuccaro per ritrattare le sue dichiarazioni. Il boss ha ‘addebitato’ la sua breve parentesi da pentito ad un’infermiera che nel carcere di Messina che tentava di ucciderlo somministrandogli delle tossine. Per sfuggire alla morte per mano dell’infermiera ‘assassina’ decise di collaborare con la giustizia e dovette raccontare dell’omicidio di Giovannino Gargiulo. “Raccontai quello perché all’epoca i Tg dissero che erano stati i Cuccaro quando pochi giorni arrestarono Andrea Andolfi e Vincenzo Amodio. E allora ho detto che era roba mia. L’ho collegato alla morte di mio fratello perché era verosimile”. Michele Cuccaro, insomma, ha negato tutto nonostante fosse incalzato dal pm Antonella Fratello. Il boss ha sostenuto di non sapere nulla della guerra scatenatasi proprio dopo la morte di Giovannino Gargiulo con i Formicola ed ha detto di essere un perseguitato dalla giustizia da oltre vent’anni. A supporto della sua tesi dell’intossicazione da tossine nel carcere di Messina nel 2005 la difesa ha chiesto di sentire quattro psichiatri che alla luce delle perizie fatte al boss in carcere dovranno testimoniare sulla sua capacità. Michele Cuccaro sta affrontando il processo per la morte di Giovanni Gargiulo ucciso il 18 febbraio del 1998 in via delle Repubbliche Marinare alla periferia orientale di Napoli. Giovannino, ultimo di sei figli e fratello di Costantino, affiliato al clan Vincenzo Mazzarella, fu ucciso come un boss. I killer gli puntarono una pistola calibro 7,65 alla nuca sparandogli tre colpi a bruciapelo mentre stava entrando nel supermercato A&O. Erano le 8,30 del mattino. Qualche giorno prima nella faida tra i Contini e i Mazzarella qualcuno aveva tentato di uccidere proprio Vincenzo Mazzarella davanti al carcere di Poggioreale. Giovannino Gargiulo faceva il parcheggiatore abusivo, ma grazie al fratello Costantino lavorava anche come stalliere nelle scuderie del clan Mazzarella che si trovavano proprio alle spalle del supermercato dove il ragazzino fu ucciso. Accudiva i cavalli utilizzati nelle corse clandestine.  

Concussione a imprenditori del Granatello a Portici: processo per Frosina, Iodici e Nocerino

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Portici. Concussione nei confronti di un commerciante del Porto del Granatello: affronteranno il processo Rosario Frosina e Pietro Iodici, due ex assessori del Comune e l’ex consigliere di maggioranza Ciro Nocerino. I tre sono accusati di aver minacciato, abusando del proprio ruolo politico, i responsabili di un locale ricreativo che avevano chiesto il rilascio di un’autorizzazione amministrativa. Secondo il pm Graziella Aromede che ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio dei tre Frosina e Iodici, imprenditori e assessori all’epoca ai Lavori Pubblici e al Patrimonio, avrebbero tentato di mettere le mani sull’attività commerciale, avvicinando i titolari dell’esercizio commerciale e chiedendo circa 200mila euro, oltre all’ingresso del familiare di uno dei tre nell’attività imprenditoriale. Accuse dalle quali gli ex politici si sono sempre difesi. Il processo prenderà il via dinanzi ai giudici del tribunale di Napoli il prossimo 19 settembre, l’attuale amministrazione – retta dal sindaco Nicola Marrone – si è costituita parte civile con l’avvocato Maurizio Iacono, contro i tre ex esponenti del Governo del sindaco Enzo Cuomo.

Volevano uccidere il neomelodico Raffaello: chiesta la condanna per il clan degli “scusuti” di Aversa

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Pene oscillanti tra i tre e gli otto anni. È la requisitoria del pm Giovanni Corona per il gruppo di presunti spacciatori «coordinati» da Giuseppe Russo, nipote del boss Andrea Autieri, il giovane ras che rischiò di morire per mano di Raffaello, il cantante della colonna sonora del film «Gomorra», che per quei fatti sarà a processo a luglio.Accadde tutto in un ristorante di Teverola, dove Raffaello avrebbe dovuto esibirsi, ma litigò con Russo perché i suoi sgherri gli portarono via il microfono. Il neomelodico, su tutte le furie, andò in macchina e prese una pistola. Tornò nel locale e fece fuoco. E ferì per errore un cameriere.La vicenda venne fuori mentre la polizia indagava su un giro di spaccio nell’area aversana. Dalle intercettazioni sui presunti pusher venne fuori che gli «scusuti», questo il soprannome della famiglia di Russo, stavano organizzando un piano per uccidere Raffaello, il cantante che aveva «osato» sparare contro di loro.Grazie a quei dialoghi e alla retata della polizia, l’agguato non ci fu. Russo e i suoi finirono in carcere per droga. E, ieri, per quei fatti, la procura ha chiesto il conto. Oltre che Giuseppe Russo, il processo che si sta definendo in abbreviato vede alla sbarra Ermanno Bosco, 30 anni, Gennaro e Sergio Varriale, 23 e 49 anni, Olga Emendato, 21 anni, Antonietta Zebedeo, 32 anni, tutti di Aversa. Chiesta la condanna anche per Giorgio Russo, 44 anni, e per Manuel Verde, 23, di Trentola Ducenta.Sono invece stati prosciolti altri due giovani, arrestati nell’ambito della stessa inchiesta.Quanto al cantante, accusato del tentato omicidio del cameriere, sarà in aula, al tribunale di Napoli Nord, ai primi di luglio. E potrà ancora una volta fornire la sua versione dei fatti. Dall’indagine è emerso che fu lui a sparare, ma quando il cameriere, ferito di striscio a un braccio, si presentò in ospedale per farsi medicare, riferì che era stato uno degli spacciatori ad aprire il fuoco e che il cantante aveva cercato di divendersi armeggiando con il microfono.A dibattimento, con tutta probabilità, sarà la testimonianza del cameriere a redimere tutti i dubbi.Prima di quel momento, è attesa la sentenza per gli otto imputati nel giudizio abbreviato.

(fonte il mattino edizione caserta)

Sconti di pena in Appello per il boss di Soccavo e i suoi fedelissimi. Le foto e le condanne

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Clan Grimaldi-Scognamiglio: sconto in Appello per otto affiliati alla cosca di Soccavo accusati di traffico di stupefacenti, tentato omicidio e armi. Arrestati nel febbraio del 2014 nell’ambito delle indagini sulla guerra in corso con i Vigilia, gli otto – tra i quali il boss Antonio Scognamiglio – hanno beneficiato di una notevole riduzione di pena. Grazie al blitz ordinato dalla Dda i carabinieri riuscirono ad evitare un agguato nei confronti di un famigliare del gruppo avversario, furono fermati in cinque per associazione per delinquere, tra i quali i custodi delle armi che dovevano essere utilizzate nell’agguato.A conclusione del processo bis gli otto imputati sono stati condannati con una riduzione notevole delle pene inflitte in primo grado. Tredici anni al boss e reggente del gruppo Antonio Scognamiglio a fronte di una condanna alla pena di 20 anni inflitta in primo grado; Ciro Granillo 10 anni (13 anni in primo grado). Dieci anni ciascuno alle due donne del gruppo criminale Immacolata e Maria Grimaldi (11 anni), mentre è stata assolta con formula piena, così come in primo grado Antonia Della Volpe. Giuseppe Granillo 3 anni e 10 mesi (4 anni e 10 mesi); Salvatore Granillo (classe ’72) 9 anni e 4 mesi (13 anni e 2 mesi in primo grado); Salvatore Graniello (classe ’93) detto ‘Cocò’ è stato condannato a 3 anni e sei mesi rispetto ai 4 inflittigli in primo grado; Renato Puglisi dieci anni di reclusione (12 anni e otto mesi). La sentenza bis avvalora la tesi dell’antimafia secondo la quale il clan era retto nel 2014 dal boss Scognamiglio e progettava di uccidere il familiare di un esponente della cosca rivale dei Vigilia. Attentato sventato dalle indagini e dagli arresti.

Antonio Scognamiglio Ciro Granillo Giuseppe Rocco Giuseppe Granillo Salvatore Granillo Antonio Morena Della Volpe Immacolata Grimaldi Maria Grimaldi

Fortura Loffredo, lettera aperta al Papa e a Mattarella dal legale della famiglia. La Procura deciderà se riesumare il corpo

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“Noi che abbiamo visto con i nostri occhi gli orrori inflitti alle tante creature innocenti di Caivano abusate, massacrate, quelle violentate e poi buttate via come stracci, o le altre sventrate dietro il vergognoso muro di omertà eretto da familiari e conoscenti, vi chiediamo in ginocchio di intervenire subito per fermare questo scempio, che è tuttora in atto e continua a mietere vittime nella più totale assenza dello Stato, ora come allora”. Comincia così la lettera aperta che l’avvocato Angelo Pisani, difensore del papà di Fortuna Loffredo, la piccola uccisa a 6 anni al parco Verde di Caivano , ha rivolto a Papa Francesco, al presidente Mattarella al premier Matteo Renzi, fino a tutti i ministri e parlamentari. Che italiani saranno domani “se riusciranno a sopravvivere agli abusi – chiede Pisani nel documento – i bambini violati di oggi, nel Parco Verde o nelle altre discariche di miseria umana in cui la parte opulenta del nostro Paese ha accumulato “gli scarti”? O vogliamo che questi bambini possano essere nostri figli, oggi, e fratelli domani?”. La nostra, spiega, “non è retorica, è orrore, è emergenza pura, è il dovere di andare fino in fondo, è l’obbligo di smuovere i cuori pietrificati, la politica indifferente, l’opinione pubblica scandalista, la parte del Paese sorda e lontana da qui”. Alle istituzioni, in primis Capo dello Stato e premier, Pisani chiede di intervenire con loro rappresentanti all’incontro pubblico che si terrà, per iniziativa congiunta con il Comune di Caivano e con l’associazione Antimafia Caponnetto, il 26 maggio prossimo nel Castello medievale di Caivano. Perché proprio dalle Istituzioni “pretendiamo risposte ed interventi urgenti”. Mentre si dice “fiducioso che Sua Santità sarà idealmente al nostro fianco, anche quel giorno”.

Intanto sara’ la Procura di Napoli Nord a decidere se il corpo di Fortuna Loffredo, la bambina di sei anni violentata e uccisa il 24 giugno 2014 perche’ scaraventata nel vuoto dall’ottavo piano dell’isolato C del parco Verde di Caivano, dovra’ essere riesumato. La richiesta arrivata via media, ma non ancora depositata, e’ dei legali della famiglia di Chicca, Angelo e Sergio Pisani; come anticipato da un quotidiano locale, i due vorrebbero che si approfondissero altri tre aspetti, oltre ai traumi subiti dall’appartenenza scheletrico: se esistono liquidi biologici o tracce di Dna sotto le unghie, e se nel corpo sono presenti tracce di sostanze stupefacenti. Esperti investigatori della scientifica, contatti dall’Agi, ritengono pero’ molto improbabile che a quasi due anni dal decesso possano ancora trovarsi tracce utili alle indagini. Dipende certamente dal grado di decomposizione ma i processi di deterioramento del corpo sono molto accelerati in climi umidi come quello del Napoletano. Anche per Antonio Giglio, l’altro bambino morto in circostanze simili a quelle di Fortuna ma un anno prima, i legali avevano chiesto l’esumazione del cadavere ma per ora il pm della Procura di Napoli che indaga per omicidio non ha ancora disposto alcun accertamento. E’ prossima invece la chiusura delle indagini preliminari per Raimondo Caputo e la compagna Marianna Fabozzi, accusata di favoreggiamento, perche’, secondo gli inquirenti, sapeva degli abusi che l’uomo perpetrava alle sue tre figlie minorenni, adesso in una struttura protetta e supertestimoni dell’indagine sulla morte di Fortuna.

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