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Channel: Cronaca Giudiziaria
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Camorra, la Dda: ‘Gli appalti a Capua finiti alle stesse ditte del clan Zagaria’

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Negli anni in cui è stato sindaco di Capua (2006-2016), Carmine Antropoli avrebbe garantito l’assegnazione di alcuni appalti alle ditte riconducibili all’imprenditore Francesco Zagaria, ritenuto organico al clan guidato dal boss ominimo Michele Zagaria. E’ quanto emerge dall’ordinanza di arresto che oggi ha portato in carcere l’ex primo cittadino Antropoli, chirurgo dell’ospedale Cardarelli, in passato coordinatore provinciale nel Casertano di Forza Italia, e appunto l’imprenditore Zagaria. Nel provvedimento non si dà conto però, nello specifico, degli appalti andati alle ditte del clan, ma si parla solo genericamente di un sistema di affidamenti a senso unico. Tra gli indagati figura inoltre l’ex consigliere comunale nonché assessore Marco Ricci, che alle elezioni del 2016 prese parecchi voti; per la Dda – pm Sandro D’Alessio e Maurizio Giordano – il boom di preferenze sarebbe stato il frutto del patto stretto da Antropoli con il clan dei Casalesi. Determinante per le indagini le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, alcuni ex uomini di Michele Zagaria.

Cronache della Campania@2018


Tentò di bruciare il bosco del Monte Tifata per sfamare le sue pecore: indagato pastore casertano

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Capua. Dovrà presentarsi tutti i giorni in caserma: così ha deciso il Gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nei confronti di Salvatore Farina, 40 anni, allevatore di un gregge di pecore che il 15 gennaio scorso ha tentato di appiccare un incendio sul monte Tifata, in località Sant’Angelo in Formis, nel comune di Capua. L’uomo ha acceso con un accendino due grossi cespugli di “Ampelodesma” (specie erbacea particolarmente infiammabile), l’incendio non si era propagato all’intero versante collinare solo casualmente per condizioni esterne non favorevoli. In particolare, il 15 gennaio, i militari della Stazione Carabinieri Forestale di Caserta durante un servizio di controllo del territorio volto al controllo del pascolo di animali (ovini-caprini-bovini) in aree percorse dal fuoco, proprio allo scopo di prevenire condotte illecite ai danni del patrimonio boschivo e paesaggistico, nel percorrere la strada sterrata che costeggia il Monte Tifata, notavano a distanza la presenza di un gregge di capi ovini mentre percorreva un tratture montuoso per discendere a valle.
Mentre osservavano gli spostamenti del gregge, i militari avevano notato anche la presenza di due persone che conducevano il gregge, dei quali uno – quello che indossava un giubbino grigio chiaro ed un cappellino di colore blu – si chinava due volte ed appiccava il fuoco in due punti diversi in una zona ricoperta da vegetazione forestale di bassa macchia mediterranea. Nell’immediatezza, i militari raggiunsero il pastore e lo identificarono, si fecero consegnare l’accendino da Farina e lo sequestrarono.
Subito dopo furono effettuati i rilievi sul luogo dell’incendio che non si propagò per fortuna a causa del terreno reso umido dalle piogge. Farina fu denunciato, ma essendo però la zona interessata, negli anni precedenti da incendi boschivi e sussistendo, quindi, un concreto pericolo che lo stesso Farina potesse reiterare il reato, su richiesta della Procura è stata ottenuta una misura cautelare: il G.I.P. ha applicato al 40enne casertano l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria tutti i giorni della settimana. Secondo i carabinieri della Forestale, l’uomo ha appiccato il fuoco per bruciare le specie arbustive ed arboree, non idonee alla alimentazione degli ovini, ovvero per assicurarsi una maggiore superficie coperta dal solo cotico erboso sulla quale far pascolare il proprio gregge risparmiando sulle spese di acquisto di fieno.

Cronache della Campania@2018

Il primario del Cardarelli fece un patto coi Casalesi per farsi eleggere sindaco

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E’ considerato un medico e un professionista modello Carmine Antropoli, 56 anni, primario “di fama” della terza Chirurgia Generale dell’ospedale Cardarelli di Napoli, ex sindaco di Forza Italia a Capua , in provincia di Caserta, arrestato oggi dai carabinieri con la grave accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Gli inquirenti della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli (pm Giordano e D’Alessio, procuratore aggiunto Frunzio) gli contestano episodi di inaudita gravita’ che, in effetti, stridono con la sua figura di professionista rigoroso, generoso e stimato, non solo a Napoli e in Italia, ma anche a livello internazionale. Negli anni in cui e’ stato sindaco di Capua, tra il 2006 e il 2016, sostengono gli investigatori, Antropoli avrebbe garantito l’assegnazione di alcuni appalti alle ditte riconducibili all’imprenditore Francesco Zagaria (gia’ in carcere e anch’egli coinvolto in quest’inchiesta), ritenuto organico al clan guidato dal boss Michele Zagaria, di cui non e’ parente. In sostanza si sarebbe comportato come un fiancheggiatore del clan dei Casalesi che era fortemente interessato a condizionare la composizione del Consiglio comunale di Capua nelle elezioni amministrative del 5 giugno 2016. Secondo alcuni collaboratori di giustizia, proprio nell’ufficio medico di Antropoli, a Capua, uno dei candidati sarebbe stato preso a ceffoni per costringerlo a ritirarsi dalla competizione elettorale. Cosa che poi effettivamente avvenne. A picchiare il malcapitato sarebbe stato proprio Francesco Zagaria (in carcere dal 2017), a cui i carabinieri del reparto operativo del comando provinciale di Caserta, guidati dal colonnello Nicola Mirante, e la DDA contestano l’associazione di tipo mafioso, la violenza privata aggravata e un duplice omicidio aggravato. Quest’ultimo reato gli viene contestato in relazione all’assassinio di Sebastiano Caterino e Umberto De Falco, uccisi a Santa Maria Capua Vetere (Caserta), il 31 ottobre del 2003, perche’ avevano sfidato il boss Francesco Schiavone, detto “Sandokan”. Per quell’assassinio Francesco Zagaria avrebbe fornito supporto ai killer, in qualita’ di “specchiettista”, cioe’ ebbe il ruolo di indicare il bersaglio ai sicari. Le indagini, iniziate nel 2015 e concluse nel 2018, avrebbero fatto emergere un patto per inquinare il voto, stipulato tra il primario Carmine Antropoli, “Ciccio ‘e Brezza”, com’e’ soprannominato Francesco Zagaria, e un altro affiliato al clan, Martino Mezzero (elemento ritenuto legato alla fazione Schiavone). Tutto per far confluire i voti su un paio di candidati (Guido Taglialatela e il maresciallo dei finanzieri Marco Ricci), appartenenti al suo stesso gruppo politico, che poi effettivamente presero un cospicuo numero di voti. Quella tornata elettorale, pero’, fu di appannaggio della coalizione rivale, facente capo a Edoardo Centore, generale delle’Esercito in pensione, diventato sindaco e dimessosi lo scorso settembre.”Carmine Antropoli deve essere immediatamente sospeso dal servizio dopo l’arresto con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa”. Lo ha detto il consigliere regionale dei Verdi e membro della commissione Sanita’, Francesco Emilio Borrelli, in riferimento al medico del Cardarelli ed ex sindaco di Capua, accusato di avere condizionato le elezioni amministrative del 2016 nella cittadina casertana, utilizzando un affiliato dei Casalesi in qualita’ di picchiatore. “Una persona interessata da un’accusa cosi’ grave, appesantita dall’aggravante mafiosa, non puo’ continuare ad operare in una struttura sanitaria pubblica. La sospensione e’ un atto dovuto. Auspichiamo che la magistratura faccia piena luce su una vicenda particolarmente inquietante che rappresenta un attentato alle normali dinamiche democratiche”. “Quanto emerso dalle investigazioni testimonia la forte influenza camorristica in alcune aree della Campania. Nonostante qualcuno tenti di nascondere la polvere sotto il tappeto la camorra continua a far paura. Occorre massima attenzione da parte di inquirenti e forze dell’ordine per contrastare duramente la malavita organizzata che, troppo spesso, strizza l’occhio ad una certa politica, arrivando ad inquinare anche l’apparato amministrativo”, ha concluso Borrelli.

 Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Le aiutava a fare i compiti e poi le avrebbe violentate. Oggi in aula ascoltata la prima bimba

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In aula, questa mattina, è stata ascoltata una delle due bimbe che, secondo la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, sarebbero state vittime di violenza sessuale da parte di un sociologo di 63 anni di Piedimonte Matese mentre le aiutava a fare i compiti in una casa di Alife. Il 63enne è agli arresti domiciliari. Secondo la ricostruzione della Procura della Repubblica di Santa Maria, avrebbe fatto sesso anale e vaginale con una bambina di 8 anni. Avrebbe tentato inoltre di avere un rapporto orale con la piccola che però sarebbe riuscita a fuggire. L’udienza è stata poi aggiornata a lunedì prossimo per ascoltare la seconda bimba.

 Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Caserta, le mani del clan Capone sulle elezioni regionali: 19 misure cautelari

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I Carabinieri della compagnia di Caserta hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 19 persone indagate a vario titolo per i reati di scambio elettorale politico mafioso, estorsione, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, commessi con l’aggravante del metodo mafioso. Le indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli si sono concentrate sull’intervento del clan camorristico Belforte sulla città di Caserta durante le consultazioni elettorali per il rinnovo del Consiglio regionale della Campania svolte il 31 maggio 2015 e in particolare sull’intervento di Agostino Capone e del clan da lui retto, imponendo ai candidati di avvalersi, per il servizio di affissione dei manifesti elettorali nella città di Caserta, di una società intestata alla moglie, e intervenendo per condizionare il voto e orientarlo in favore di candidati disposti a versare al clan somme di denaro, buoni pasto e buoni carburante. Le misure cautelari disposte dall’ordinanza emessa dal gip di Napoli sono di custodia cautelare in carcere, arresti domiciliari e divieto di dimora nelle province di Caserta e Napoli. Due le direttrici di intervento dei fratelli boss Giovanni e Agostino Capone nella tornata elettorale. Da una parte hanno imposto ai candidati di servirsi per il servizio di affissione di manifesti elettorali a Caserta di una societa’ intestata alla moglie di Agostino, Maria Grazia Semonella, la Clean service; dall’altro hanno procurato voti a candidati che in cambio erano disposti a versare denaro al clan, buoni pasto e buoni carburante. Solo il business dei manifesti ha fruttato 17000 euro, versati in parte nelle casse della cosca per mantenere le famiglie degli affiliati detenuti. Giovanni Capone, all’epoca detenuto, ha utilizzato ‘pizzini’ per dare disposizioni al fratello Agostino perche’ si occupasse dell’affissione dei manifesti elettorali nella citta’ di Caserta”

A confermare agli inquirenti lo scenario dell’infiltrazione della Camorra nei servizi di affissione manifesti un consigliere regionale in carica, Luigi Bosco, che ha raccontato come a Caserta vi erano state alcune anomalie, dato che per avere visibilita’ era necessario rivolgersi a un determinato gruppo di persone. Bosco mette nero su bianco che un suo collaboratore, durante l’affissione dei manifesti, era stato aggredito da persone che gli avevano intimato di allontanarsi perche’ nel capoluogo di Terra di lavoro nessuno poteva affiggere senza il loro consenso. Poi, nei locali del suo comitato elettorale, si era presentato Vincenzo Rea, che con Antimo Italiano, Antonio Merola e Antonio Zarrillo. collaborava con Capone per imporre candidati la Clean service, e gli aveva garantito che se la affissione di manifesti fosse stata affidata a loro, avrebbe avuto la giusta visibilita’; in caso contrario solo problemi. Lo scambio elettorale politico mafioso, nell’indagine, e’ comprovato per due candidati del Nuovo Centrodestra-Campania libera, Pasquale Corvino(all’epoca ex vice presidente della Casertana calcio) e Pasquale Carbone, entrambi ora ai domiciliari, che avrebbero chiesto a esponenti del clan Belforte di procurare voti in cambio di denaro e altre utilita’. Corvino ha chiesto l’appoggio elettorale a Caserta promettendo ad Agostino Capone e Rea 3000 euro ciascuno, buoni spesa e buoni carburante, nonche’ un regalo per il boss detenuto Giovanni.

Pasquale Carbone si era rivolto ad Antonio Merola attraverso un intermediario, affiliato ai Capone, per ottenere voti con il clan. Il patto era che per 100 voti nel comune di Caserta avrebbe dato 7000 euro. A fine elezioni, pero’, a Caserta aveva ottenuto 87 voti, e per questo ha chiesto una restituzione parziale della somma versata. Dalle intercettazioni emergono anche le minacce di Agostino Capone per assicurarsi voti (“devi vedere ti togliamo la macchina da sotto”) e come in cambio del voto l’elettore avrebbe ricevuto buoni spesa o carburante (“li vado a prendere li porto a votare fino a dentro, con il telefono in mano faccio la foto. Devo vedere sul telefono. Se no non hanno niente”). E’ proprio Agostino Capone, dicono le indagini, ad accompagnare sulla propria auto persone anziane al seggio, facendole entrare in cabina elettorale con la moglie per controllare il loro voto. Anzi, in una conversazione tra i due coniugi, Capone dice di aver controllato le schede prima di farle imbucare, di aver corretto anche il nome del candidato arrivando persino a minacciare il presidente del seggio (“non mi ha detto niente perche’ io lo sto menando a quello la’ dentro”). Capone poi era pienamente coinvolto nell’attivita’ di spaccio di sostanze stupefacenti a Caserta e voleva divenire l’unico fornitore per tutti gli spacciatori al dettaglio. Grazie all’intermediazione di Mario De Luca aveva ottenuto a credito una significativa partita di cocaina da gente dell’agro aversano. Poi, attraverso un personaggio legato alla criminalita’ del Parco Verde di Caivano, la grande piazza di spaccio nell’hinterland napoletano, aveva trattato un ingente partita di hashish. Aveva rifornito cosi’ gli spacciatori al dettaglio di Caserta, perche’ l’obiettivo era, in quanto referente della cosca in zona, di controllarne tutte le piazze di spaccio. Ma non essendo in grado di pagare le partite ricevute a credito, aveva spazientito i suoi fornitori al punto che l’avevano prelevato da casa sua per costringerlo a saldare il debito.

 Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Camorra, l’ex baby boss Riccio: ‘Se potessi tornare indietro non lo rifarei’ e ottiene lo sconto a 16 anni di carcere

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“Ero giovanissimo, non lo rifarei se potessi tornare indietro. Sono dispiaciuto e adesso posso dire solo questo”. E’ bastato questo breve mea culpa a Mariano Riccio, l’ex giovane boss sanguinario che provocò per un breve periodo la scissione tra gli scissionisti del clan Amato-Pagano, per ottenere un consistente sconto di pena nel processo che lo vedeva imputato davanti al Tribunale per i minori (perché all’epoca dei fatti aveva 17 anni) per la strage con lupara bianca del 15 marzo 2009 in cui furono massacrati e fatti sparire i corpi di Francesco Russo “’o dobermann”, del figlio Ciro e del guardaspalle Vincenzo Moscatelli. E  così il giudice ha concesso le attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante del fatto e con la riduzione prevista dal rito abbreviato, dal rito davanti al tribunale dei minorenni e senza la premeditazione fanno 16 anni. Alla luce delle dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia, in primo luogo, come ricorda Il Roma, dall’ex boss di Miano, Antonio Lo Russo, ma anche Carmine Cerrato (classe 1976) e Biagio Esposito. Riccio sarebbe coinvolto nella strage di Mugnano. La sera del 15 marzo 2009 furono ammazzati, oltre al ras Francesco Russo ’o dobermann, anche il figlio Ciro e Vincenzo Moscatelli. Il triplice omicidio fu compiuto da esponenti del clan Lo Russo e degli Amato-Pagano. Fu una “cortesia” che  Antonio Lo Russo all’epoca reggente dei “capitoni” chiese al suo compare di nozze il super boss Cesare Pagano. I tre vennero puniti perché, secondo Antonio Lo Russo erano diventati troppo autonomi rispetto alla cosca. Contemporaneamente nel Tribunale di Napoli si è svolta anche l’udienza a carico degli altri imputati per i quali i pm della Dda di Napoli, Maurizio De Marco e Vincenza Marra, hanno chiesto 6 ergastoli e 51 anni di carcere nel processo che si sta svolgendo con rito abbreviato davanti al gup Egle Pilla. Alla sbarra ci sono il super boss Cesare Pagano, il nipote Carmine Amato, il killer Oreste Sparano, Oscar Pecorelli ‘o malommo, spietato killer del clan Lo Russo, Lucio Carriola e Francesco Biancolella detto ciccio o’ monaco. E poi i pentiti Antonio Lo Russo ( mandante del triplice omicidio e ‘compariello di nozze di Cesare Pagano) Antonio Caiazza, Biagio Esposito e Carmine Cerrato detto takendò. Il boss Cesare pagano aveva fatto pervenire una lettera dal carcere per evitare la richiesta di ergastolo che puntualmente era arrivata nella passata udienza in cui diceva  di “essere uno degli iniziatori della faida, ma dichiara anche di essere cambiato, di essere un uomo per molti versi nuovo, grazie agli anni di detenzione trascorsi in cella”.Ma Il pm Marra non ci sta e nella sua replica ha spiegato: “Sono anni che sentiamo parlare di Gomorra, dell’immagine dei killer che si muovono tra periferia e centro storico, è giusto in questo momento dare una risposta processuale a chi questa Gomorra l’ha provocata. delitti quando sanno di essere spalle al muro, mandano lettere in Procura e al giudice per sostenere di essere uomini diversi, folgorati sulla via di Damasco. Eppure non aggiungono nulla alla storia di un processo a senso unico, in cui tutti i killer sono praticamente pentiti, dunque reo confessi. Perché invece di chiedere scusa e provare a dissociarsi in extremis, non dicono dove sono finiti i soldi della droga? E perché non risarciscono le tante persone colpite dal dramma della droga?”. Come a dire nessuno sconto.

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Cronache della Campania@2018

Madre alcolizzata a processo: minacciava marito e figli

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La madre alcolizzata ha rovinato la vita di tutta la famiglia. E dopo trent’anni di  maltrattamenti subiti, arriva la denuncia per chiedere l’intervento dei servizi sociali. Lei è una donna di cinquant’anni di Battipaglia, accusata di maltrattamenti verso le due figlie e il marito che, dopo aver subito per anni violenze fisiche e psicologiche, si sono visti costretti a chiedere aiuto e a denunciare una situazione insostenibile. Alla donna è stato infatti prescritto più volte il trattamento sanitario obbligatorio ma non ha mai seguito alcun percorso di disintossicazione rendendo impossibile la vita alla sua famiglia costretta quasi ogni giorno a barricarsi in una stanza dell’appartamento per difendersi dalle violenze. Dopo cinque anni dalla denuncia però nulla è cambiato. Il marito della donna finita sotto processo non ha un reddito tale da consentirgli di trovare un’altra abitazione ed è costretto ancora a vivere in un inferno quotidiano insieme con la figlia minore mentre la più grande ha ormai da anni lasciato l’abitazione materna.
Ieri in aula sono stati chiamati a testimoniare proprio le vittime che hanno raccontato le violenze della donna.”Mia madre – ha raccontato con la voce rotta dal pianto la figlia maggiore – è sempre stata alcolizzata. Ricordo che quando ero piccola mi portava con lei ad acquistare alcolici e mi minacciava dicendo che se avessi detto qualcosa a mio padre sarebbe stato peggio per me. Non ricordo mai di essere stata accudita da lei: non ha mai saputo prendersi cura di noi. L’alcolismo l’ha distrutta e anche oggi, quelle rare volte in cui non beve, continua a vivere in un mondo tutto suo perché ormai l’abuso di alcolici l’ha distrutta completamente”. Il giudice ha disposto una perizia per valutare la capacità di intendere e di volere della donna. L’udienza è stata quindi aggiornata al prossimo 18 marzo quando si procederà al conferimento dell’incarico peritale.

Cronache della Campania@2018

Caserta, voto di scambio politico-mafioso: 70 euro a preferenza

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Caserta. Anziani accompagnati fin dentro al seggio elettorale per votare i candidati imposti dal clan camorristico, voti comprati dai candidati a peso d’oro – 70 euro a preferenza – nomi sulla scheda corretti quasi nella cabina, minacce e intimidazioni persino al presidente del seggio. Emerge tutto questo dall’indagine della Dda di Napoli e dei carabinieri di Caserta, che oggi ha portato all’arresto per vari reati 19 persone, tra cui i due candidati alle Regionali del 2015 nel partito “Nuovo Centrodestra – Campania Libera” Pasquale Corvino, noto imprenditore titolare di laboratori di analisi e ex presidente della Casertana Calcio nonche’ fratello dell’attuale assessore comunale di Caserta Elisabetta Corvino (tra le piu’ votate alle scorse comunali, ndr), e Pasquale Carbone; entrambi, risultati non eletti, sono finiti agli arresti domiciliari per il reato di voto di scambio politico-mafioso.Se nella vicina citta’ di Maddaloni, dove la Dda ha fatto arrestare poche settimane fa alcune persone indagando anche il sindaco in relazione alle elezioni comunali del 2018, i voti venivano comprati dagli esponenti del clan per pochi euro, dai 10 ai 30, a Caserta invece, durante le Regionali del 2015, l’acquisto illecito di pacchetti di voti avveniva in grande stile. Il candidato Carbone, hanno accertato gli inquirenti, ha versato ad Antonio Merola (finito in carcere), esponente del clan Belforte di Marcianise, 7000 euro per 100 voti, ottenendo alla fine solo 87 voti; Carbone, dopo le elezioni, ha pure chiesto a Merola la restituzione di parte dei soldi versati. Dal canto suo il candidato Corvino avrebbe promesso ad Agostino Capone e Vincenzo Rea, altri due esponenti del clan oggi finiti in cella, la somma di 3000 euro ciascuno oltre a buoni spesa e carburante.

 Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018


Infarto non diagnosticato: chiesto il processo per un cardiologo della clinica Santa Lucia di San Giuseppe

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Un infarto in corso non diagnosticato nonostante un elettrocardiogramma effettuato, e una cura per mialiga con prescrizione di antifiammatorio. Due giorni dopo essersi recata ala Pronto Soccorso per forti dolori al braccio e al petto, muore. A fare luce su una probabile negligenza medica sarà il processo fissato per il 26 marzo al tribunale di Nola. In questa sede si celebrerà l’udienza preliminare dopo che il pubblico ministero, Anna Russo, ha chiesto il rinvio a giudizio a carico del medico che quel giorno era di turno presso il pronto soccorso della clinica Santa Lucia di San Giuseppe Vesuviano e che, dopo una visita durata venti minuti, non si accorse dell’infarto in corso.
Dopo un mese dal decesso della donna di cinquantacinque anni, nei familiari si insinuò il dubbio che le cause di quel decesso fossero anomale e per capirci meglio si affidarono, allora, agli avvocati Massimiliano Secondulfo e Pasquale Prisco, che ottennero l’apertura di una indagine. Nel mese di aprile, come riporta Il Mattino, fu anche riesumato il cadavere, sepolto nel cimitero di Ottaviano: dall’esame autoptico emersero tutti i sintomi dell’infarto. Sulla base di quell’esame e di altre relazioni effettuate dai periti, il pm Sebastiano Napolitano della procura di Nola ha chiesto il rinvio a giudizio nei confronti del medico, che adesso non lavora più nella clinica di San Giuseppe Vesuviano. Il magistrato ha accolto la tesi dei legali secondo i quali il medico avrebbe dovuto approfondire la visita e sottoporre la donna ad ulteriori esami, come quello degli enzimi cardiaci. Nella seduta del 26 marzo il gup potrà esprimersi sul rinvio a giudizio del medico e, quindi, dare il via al processo. In quella sede il professionista potrà elencare le sue ragioni e difendersi dall’accusa di omicidio colposo.

Cronache della Campania@2018

Voto di scambio, indagata anche la compagna del primario del Cardarelli arrestato ieri

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Figura anche la compagna del primario dell’ospedale Cardarelli ed ex sindaco di Capua in provincia di Caserta Carmine Antropoli, arrestato ieri dai carabinieri con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, tra le persone indagate nell’ambito dell’inchiesta sul voto di scambio, anche politico-mafioso, nel Casertano per le regionali del 2015 in Campania della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. Si tratta di Lucrezia Cicia, di Forza Italia, a cui viene contestato il voto di scambio. Insieme a lei e’ indagato anche un altro politico di Forza Italia Domenico Ventriglia. Pasquale Corvino e Pasquale Carbone, entrambi tra le persone arrestate oggi, in passato hanno ricoperto, rispettivamente, le cariche di ex vicesindaco a Caserta ed ex sindaco a San Marcellino.

Cronache della Campania@2018

Salerno, nuova ordinanza per il killer seriale delle prostitute della Litoranea

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Nel pomeriggio di ieri, la Squadra Mobile di Salerno, su richiesta della Procura hanno eseguito un’ordinanza applicativa della misura cautelare in carcere, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Salerno, nei confronti di un pregiudicato trentanovenne del salernitano, per il reato di omicidio di una giovane donna romena, SZEKERES Mariana, avvenuto la notte tra il 30 aprile ed il 1 maggio 2016 nella zona periferica di Salerno.
Le indagini iniziarono con la denuncia di scomparsa della giovane diciannovenne romena, dedita alla prostituzione, da parte di due amiche conviventi, che indicarono quale probabile autore del rapimento, un occasionale e sconosciuto cliente che l’aveva presa a bordo di un’auto di colore scuro intorno alle ore 23 :00 circa del 30.4.2016. Le due donne riferirono che la loro amica era stata trattenuta contro la sua volontà dal suddetto cliente.
Le accurate attività investigative portarono al ritrovamento del cadavere di SZEKERES Mariana, dopo sedici giorni dalla scomparsa. Il cadavere, occultato in un avvallamento del terreno limitrofo a via dei Carrari, si presentava seminudo ed in avanzato stato di decomposizione.
Gli accertamenti svolti dalla Squadra Mobile di Salerno, attraverso la disamina dei sistemi di video sorveglianza posizionati nei luoghi limitrofi a quello di rinvenimento, nonché lo sviluppo dei tabulati telefonici consentivano di individuare come sospettato dell’omicidio l’odierno indagato, attualmente detenuto e condannato in appello per l’omicidio di una giovane prostituta bulgara commesso nell’agosto del 2016 in Pagani.
La prova decisiva è risultata dagli accertamenti biologici ed in particolare dal confronto dei profili genetici di 8 soggetti, ivi compreso quello dell’indagato, che a vario titolo potevano essere entrati in contatto con la SZEKERES Mariana, con il profilo genetico ottenuto dalle tracce biologiche repertate sulla vittima. Il suddetto accertamento conferma che le tracce biologiche rinvenute sul corpo esanime erano riferibili all’indagato il quale risultava altresì presente sul luogo della sparizione e dell’omicidio della donna sulla base delle immagini registrate da una telecamera e dell’analisi dei tabulai telefonici.

Cronache della Campania@2018

Tifoso dell’Inter morto: la Procura di Milano chiede il processo immediato per sei ultras

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I pm di Milano Rosaria Stagnaro e Michela Bordieri, coordinati dall’aggiunto Letizia Mannella, hanno chiesto il processo con rito immediato per i primi 6 arrestati con l’accusa principale di rissa aggravata nell’inchiesta sugli scontri del 26 dicembre prima della partita Inter-Napoli nei quali e’ morto, dopo essere stato investito, l’ultra’ Daniele Belardinelli. La richiesta di immediato, che riguarda, tra gli altri, il presunto capo dei Boys nerazzurri Marco Piovella detto ‘il Rosso’ e lo storico capo dei Viking interisti Nino Ciccarelli, dovra’ essere valutata dal gip Guido Salvini e, se verra’ accolta, permettera’ di saltare la fase dell’udienza preliminare. Nel caso, poi, le difese avranno 15 giorni di tempo per chiedere riti alternativi, come l’abbreviato. Nel frattempo, e’ emerso un nuovo video, realizzato da una persona che riprese gli scontri e mandato in onda dalla trasmissione ‘Quarto grado’, che riprende le fasi in cui Belardinelli ferito veniva trascinato via dalla strada. I magistrati puntano ad acquisirlo agli atti.

Cronache della Campania@2018

Torre del Greco, la Procura fa ricorso e chiede l’arresto dell’ex assessore Mele e altri 10 tra imprenditori e funzionari comunali

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Torre del Greco. Il tribunale di Torre Annunziata vuole l’applicazione di una misura cautelare per il consigliere comunale di opposizione della città del corallo Luigi Mele, già assessore ai lavori pubblici della giunta Borriello, sei imprenditori nel campo dell’impiantistica e delle luminarie e quattro funzionari del settore urbanistica dell’ente comunale. Tutto nell’ambito dell’inchiesta legata agli appalti per l’istallazione delle luci natalizie per il natale del 2015 aperta tre anni fa. Il consigliere comunale Mele è iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di turbativa d’asta. Il pm Annunziata avrebbe voluto far scattare le misure cautelari ma il gip ha respinto la richiesta. La richiesta è stata impugnata dal pubblico ministero. Nonostante sia consigliere comunale di opposizione Mele, esponente di Forza Italia può regolarmente frequentare gli uffici comunali ed è per questo che la Annunziata ha chiesto l’applicazione delle misure cautelari per evitare contatti tra l’ex assessore e i funzionari del comune. La camera di consiglio è fissata per il prossimo marzo, secondo l’impianto accusatorio Luigi Mele sarebbe stato istigatore dell’ingegnere Pontillo all’epoca dirigente dei servizi tecnologici del Comune nella turbativa d’asta legata al bando da 40.000 euro per le luminarie. L’indagato ha sempre respinto questa ipotesi e si è dichiarato sereno e fiducioso nella giustizia.

Cronache della Campania@2018

Napoli, terza faida di Scampia: misura cautelare per 9 tra boss, gregari e killer

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Napoli. In data odierna i carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Napoli hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare che ha disposto la custodia in carcere nei confronti di 9 indagati, emessa dal gip del tribunale di Napoli, su richiesta della direzione distrettuale antimafia, nei confronti dei responsabili di un duplice omicidio del 9 ottobre 2012 e di un successivo omicidio del 23 ottobre 2012.
Le attività di indagine – fondate su dichiarazioni di collaboratori di giustizia, intercettazioni ed un’ampia messe di riscontri – hanno consentito di ricostruire mandanti ed esecutori dei due eventi delittuosi, tra loro strettamente connessi, che si collocano nell’ambito della cosiddetta terza faida di Scampia, ossia la guerra di camorra esplosa nel corso del 2012 che ha condotto alla frantumazione del cartello dei clan di Scampia e Secondigliano nelle due fazioni degli Abete-Abbinante-Notturno contrapposti ai Marino-Leonardi-Vinella Grassi e conclusasi solo nel 2013.
Vittime del primo agguato sono stati uno degli esponenti di spicco del clan della Vinella Grassi, Salvatore Barbato, eliminato da un gruppo di fuoco del contrapposto clan degli Abete-Abbinante-Notturno ed un soggetto, mortalmente ferito perché si trovava in compagnia della vittima designata al momento dell’agguato. Gennaro Spina, affiliato della Vinella Grassi, è invece rimasto vittima di “auto epurazione” deliberata ed attuata dalla sua stessa consorteria, che lo sospettava, in modo infondato, di aver svolto il ruolo di “filatore” in occasione dell’omicidio Barbato e di avere quindi tradito il suo clan.
I soggetti colpiti da misura cautelare sono tra gli esponenti di primissimo piano delle due fazioni in guerra e tra i principali protagonisti della terza faida di Scampia.

Cronache della Campania@2018

Camorra, le mani clan sulle elezioni regionali: il boss gestiva le ‘operazioni’ dalla cella

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Il boss considerato dagli inquirenti egemone del clan Belforte, Giovanni Capone, gestiva tutte le ingerenze dell’organizzazione criminale nel voto delle regionali 2015 a Caserta dal carcere, attraverso ‘pizzini’. Secondo le risultanze dell’inchiesta della Dda di Napoli, che ha portato oggi all’esecuzione di 19 misure cautelari, con quel metodo Capone dava istruzioni al fratello Agostino, diventato il reggente del clan mentre lui era in carcere, su come gestire il racket delle affissioni e la compravendita di voti ai candidati.

Cronache della Campania@2018


Duplice omicidio di Pordenone, a processo anche l’ex fidanzata del militare napoletano Giosuè Ruotolo

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Pordenone. Mariarosaria Patrone, 26 anni, ex fidanzata di Giosue’ Ruotolo, condannato all’ergastolo in primo grado per l’uccisione di Trifone Ragone e della fidanzata Teresa Costanza, all’esterno del palasport di Pordenone nel marzo 2015, dovra’ rispondere in Tribunale delle accuse di favoreggiamento e false dichiarazioni. Lo riporta la stampa locale. Secondo gli inquirenti, la giovane – che nel frattempo si e’ laureata e fa l’avvocato – avrebbe aiutato il fidanzato a eludere le indagini chiedendo alle amiche di Somma Vesuviana (Napoli) di tacere su quello che la Corte nel processo a Ruotolo ha definito il “fulcro del movente”: le molestie su Facebook di Ruotolo alla coppia. Le ipotesi di favoreggiamento sono legate anche alla cancellazione di alcuni messaggi scambiati con Ruotolo e che potrebbero aver avuto una relazione con il duplice omicidio. L’accusa di rivelazioni false ai pm riguarda invece il 23 settembre 2015, quando la donna fu sentita a sommarie informazioni testimoniali nella caserma dei carabinieri di Pordenone e affermo’ che tra Trifone e Giosue’ non c’era mai stato alcun attrito. Il processo sara’ avviato a Pordenone, ma la competenza territoriale potrebbe essere a Napoli, perche’ la Patrone quando ha avvicinato le amiche si trovava a Somma Vesuviana.

Cronache della Campania@2018

Dario Vassallo, fratello del sindaco ucciso: ‘Svanita la fiducia nella Procura di Salerno’

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“A distanza di 8 anni e cinque mesi, altri dubbi si incrociano con quelli precedenti e di colpo svanisce la fiducia nei confronti della Procura di Salerno e di altri uomini delle istituzioni. Percorreremo altre strade, legali e istituzionali, perche’ nulla puo’ essere lasciato al caso”. Sono le parole di Dario Vassallo, fratello del ‘sindaco pescatore’ di Pollica, Angelo Vassallo, assassinato nel settembre del 2010 e i cui responsabili non sono ancora stati individuati. La rabbia di Dario, presidente della “Fondazione Angelo Vassallo”, e’ esplosa in seguito alla visione di alcuni atti ufficiali: “Avevamo fatto richiesta formale di visionare la relazione balistica e l’autopsia tramite il nostro legale, l’avvocato Antonio Ingroia. – spiega – Abbiamo scoperto, dopo quasi nove anni, una serie di elementi che nessuno ci aveva mai raccontato”. Dario Vassallo, in una dichiarazione all’agenzia di stampa Ansa, elenca le novita’ apprese dalla lettura degli atti. “Si legge che ad uccidere mio fratello sono stati nove colpi su nove. Per anni invece ci hanno ‘raccontato’ che su nove colpi esplosi dall’assassino  dagli assassini, solo sette avevano raggiunto il corpo di mio fratello. Gli stessi media per anni hanno riportato questa notizia e rileggendo decine e decine di articoli, quasi tutti evidenziano che Angelo fu colpito da 7 colpi di pistola. Abbiamo trovato solo due articoli dove l’unico a parlare di nove colpi era stato il vice capo della polizia Francesco Cirillo. Perche’ questa notizia non e’ mai stata rettificata dagli organi competenti?”. “La relazione balistica – prosegue Dario Vassallo – dice anche chiaramente che ‘…le lesioni obiettivate indicano chiaramente che si tratto’ di una o piu’ armi caricate con cartucce a proiettile unico…’. Perche’ non ci hanno mai detto che le armi da fuoco potevano essere piu’ di una? Inoltre, nella relazione si legge anche che l’aggressore ‘durante l’esplosione dei colpi si sarebbe trovato, in piedi o seduto sul sellino di un motorino, in posizione ‘sopraelevata’ rispetto alla vittima. Perche’ non ci hanno mai raccontato della possibile presenza di un motorino?”. Il corpo di Angelo Vassallo, crivellato di colpi, venne ritrovato all’interno della propria auto, a poche decine di metri dalla sua abitazione, il 5 settembre del 2010. I suoi assassini non hanno ancora un nome.

Cronache della Campania@2018

Assassino seriale delle prostitute a Salerno: Ferrante incastrato dal Dna e dalle telecamere

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Salerno. Incastrato dalle telecamere. Anche questa volta Carmine Ferrante, il muratore di Vietri, già condannato a 20 anni per l’omicidio di Nika, la prostitua bulgara uccisa a Pagani nel 2016, è stato individuato grazie alle telecamere di videosorveglianzqa e a tracce di Dna. Stamane è stata emessa nei suoi confronti un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per l’omicidio di Mariana Szekeres, 19enne, anch’ella prostituta uccisa tra il 30 aprile e il primo maggio del 2016. Due mesi più tardi, Ferrante uccise l’altra squillo a Pagani, ma in quell’occasione fu individuato molto presto e condannato nel 2017 a venti anni di reclusione con rito abbreviato. Ferrante, 39 anni, è accusato dell’omicidio di Mariana Szekeres, avvenuto nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2016 nella periferia di Salerno. Le indagini partirono dalla denuncia di scomparsa della 19enne da parte di due sue amiche conviventi che avevano anche indicato come possibile autore di un rapimento un cliente della prostituta che l’aveva presa bordo di un auto di colore scuro intorno alle 23; per le due donne, la loro amica era stata trattenuta contro la sua volontà. Il cadavere di Mariana fu trovato 16 giorni dopo la sua scomparsa in un avvallamento di terreno in via dei Carrai, seminudo e in avanzato stato di decomposizione. Le immagini dei sistemi di videosorveglianza in zone limitrofe a quelle del ritrovamento della salma e su tabulati telefonici hanno portato a individuare il 39enne, già detenuto e condannato in Appello per l’omicidio di Nikolova Temenuzhka Petrova, uccisa a Pagani e abbandonata nella sterpaglia alle spalle del cimitero, commesso nell’agosto 2016 a Pagani. Tra le prove, anche quella del dna. Sul corpo della 19enne infatti vi erano tracce biologiche di almeno 8 persone, una delle quali era proprio compatibile con quella del pregiudicato che era peraltro presente sul luogo della sparizione e dell’omicidio della donna, così come indicano le telecamere e i tabulati telefonici.

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Cantone pronto a lasciare l’anticorruzione, in corsa per tre Procure: c’è anche Torre Annunziata

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Perugia, Torre Annunziata, Frosinone: sono queste le tre procure per le quali Raffaele Cantone è disposto a lasciare – dopo 5 anni – l’Anac. Un incarico che avrebbe come scadenza naturale aprile del 2020, ma Cantone ha presentato tre domande per concorrere ad altrettanti posti di procuratore capo per ritornare ad indossare la toga. Dietro la scelta pare non ci siano motivi politici, fu proposto all’anas, dall’allora premier Matteo Renzi e nominato all’unanimità dal Parlamento. “I rapporti con il governo sono buoni, sono rapporti istituzionalmente corretti. Siamo stati critici anche con il precedente governo quando era necessario” aveva detto qualche mese fa il magistrato. Ma le frizioni non sono mancate soprattutto per l’intenzione del Governo di eliminare il codice sugli appalti, ma anche per la nuova norma che ha consentito di fare affidamenti diretti fino a centocinquanta mila euro sempre in materia di appalti definita ‘pericolosa’ da Cantone. Il magistrato non ha puntato su grandi procure (si sono chiusi nei giorni scorsi i termini per le domande per l’incarico di procuratore di Roma e Torino) il giudice napoletano che ha a lungo combattuto la camorra, occupandosi in particolare del clan dei Casalesi e riuscendo a ottenere la condanna di boss del calibro di Francesco Schiavone, detto Sandokan, e Francesco Bidognetti – ha scelto tre medio-piccolo uffici requirenti: Perugia, Torre Annunziata e Frosinone. I tempi per le decisioni del Csm non saranno brevi, per la procura di Perugia, per esempio, dove oltre a Cantone ci sono altri 19 candidati (tra gli altri il capo della Dda di Napoli Giuseppe Borrelli, il procuratore di Spoleto Alessandro Cannevale, il procuratore di Arezzo Roberto Rossi e il pm napoletano Catello Maresca) bisognerà attendere almeno 2-3 mesi.

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Omicidio Faucitano, il Riesame: “Alfano, Adini e Rizzo resteranno in carcere”

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Scafati. Omicidio Faucitano: l’accusa regge, confermato l’arresto per Carmine Alfano, Marcello Adini e Pasquale Rizzo. I giudici del Tribunale del Riesame di Salerno hanno rigetto il ricorso del collegio difensivo dei tre indagati arrestati per omicidio in concorso a gennaio scorso. Secondo i giudici del Riesame che hanno valutato le tesi difensive degli avvocati difensori, le accuse contestate dalla Dda di Salerno e avallate dal Gip Maria Zambrano nella sua ordinanza sono fondate come fondata è l’ordinanza cautelare emessa per cui la misura da applicare non può che essere quella del carcere.
Carmine Alfano è ritenuto il mandante e l’esecutore, insieme a Marcello Adini, dell’omicidio di Armando Faucitano ucciso in piazza Falcone e Borsellino, il 26 aprile 2016. Mentre Pasquale Rizzo è accusato di essere la talpa che portò Faucitano ai killer e fece la soffiata che ne decretò la condanna a morte. Duplice il movente, secondo gli inquirenti, che portò mandanti e killer ad uccidere Faucitano, pregiudicato agli arresti domiciliari per detenzione e spaccio di stupefacenti. L’uomo, secondo quanto raccontano alcuni collaboratori di giustizia, sarebbe stato un confidente delle forze dell’ordine e tra le ‘spiate’ vi sarebbe anche quella contro Alfano, ritenuto il gestore delle piazze di spaccio di Scafati, con legami con Michele Matrone, figlio del boss, e il clan Aquino-Annunziata. Inoltre, proprio con Alfano, Faucitano avrebbe avuto un debito per acquisti di stupefacenti.
Tanto bastò per decidere la sua uccisione, plateale, in Piazzetta Genova, il 26 aprile del 2016.

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