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Channel: Cronaca Giudiziaria
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‘Non è lui’, ma gli avevano già sparato: i pentiti parlano delle vittime innocenti della terza faida di Scampia

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Napoli.Due agguati, tre morti di cui due vittime per errore. Accade durante la terza faida di Scampia e Secondigliano del 2012 che fece seguito a quella dei “girati” del 2007 e a quella delle Vele del 2004. I pentiti degli Amato-Pagano prima, della Vanella Grassi poi, sono tutti concordi sulla ricostruzione che ha dato impulso alle indagini svolte dal Nucleo investigativo dei carabinieri di Napoli. Cinque arresti tra mandanti ed esecutori materiali dell’agguato costato la vita a Salvatore Barbato, che era il reale destinatario del raid ordinato dagli Abbinante-Abete-Notturno e di Luigi Russo, un uomo che si era fermato a parlare con la vittima predestinata. Era il 9 ottobre del 2012 quando, secondo il racconto di decine di collaboratori di giustizia, i cugini Gennaro Abbinante, figlio di Guido, e Arcangelo, figlio di Antonio, uscirono dall’abitacolo di un’auto guidata da Giovanni Carriello, soprannominato ‘o muorto scarcerato da poche settimane. I due erano armati di pistole e fecero fuoco, poi Arcangelo si accorse dell’errore e urlo’ al cugino: “Non e’ lui”. Tre colpi di pistola avevano gia’ centrato Russo, cui fu risparmiato il colpo finale, ovvero il proiettile sparato dietro la nuca, come invece fece Arcangelo Abbinante con Barbato, come si legge in un verbale allegato nell’ordinanza di custodia cautelare del giudice Saverio Vertuccio. Luigi Russo mori’ dopo due mesi di agonia, il 9 dicembre del 2012.

Cronache della Campania@2018


Camorra, ecco come gli Amato Pagano fecero piazza pulita: 5 omicidi per il controllo delle piazze di spaccio di Arzano e Secondigliano

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Arzano era una piazza di droga alla quale il clan degli scissionisti di Secondigliano, gli Amato-Pagano, non volevano affatto rinunciare. La faida di Scampia era da poco conclusa con la vittoria sui Di Lauro, e Arzano non poteva essere ceduta. Cosi’ si decise di uccidere i due capozona che la gestivano per conto dei figlio di Paolo Di Lauro, detenuto al carcere duro. Il 3 giugno 2006, Renato Napoleone e Marco Hudelka, insieme ad altri due affiliati per i quali il giudice ha rigettato la misura, partirono all’inseguimento dei due fratelli Girardi che viaggiavano in sella di una moto. I killer erano in auto, una Ford che era stata rubata poco prima, e speronarono le vittime, poi armati di fucili e mitra le uccisero. E’ stato invece il boss Cesare Pagano, con il nipote Carmine e il killer fidato Oreste Sparano, a organizzare il duplice omicidio di Marco Maisto e Giovanni Irollo, avvenuto il 17 giugno 2007, nel quartiere di Secondigliano. Con loro c’erano anche Luigi Magnetti e Giuseppe Grassi (a loro volta uccisi dalla camorra, il primo il 27 settembre 2007 e il secondo il 21 marzo 2008). Anche questo agguato fu dettato dalla necessita’ per Pagano di controllare il territorio di Arzano, passato ancora una volta ai Di Lauro. Quando il commando dei killer incrociarono le vittime esplose contro di loro quasi cinquanta colpi di pistola. Antonio Matrullo, infine fu punito perche’ si lamentava troppo della gestione degli affari del clan Amato-Pagano e in particolare quella del Lotto P, detto anche la ‘casa dei puffi’, una delle piazze piu’ fruttuose per la camorra napoletana. Matrullo aveva anche il ruolo di killer e per la paura che potesse pentirsi una volta arrestato, fu ucciso. L’ordine arrivo’ da Cesare Pagano, ad ucciderlo ci pensarono Biagio Esposito e Luca Menna; con loro c’erano anche Francesco Attrice e Antonino D’Ando’, uccisi a loro volta il 12 agosto 2010 e il 22 febbraio 2011. Matrullo fu fatto salire su uno scooter e Attrice che era in sella gli sparo’ alle spalle un colpo alla nuca.

Cronache della Campania@2018

Diffuse via chat la foto nuda dell’amica: condannato a un anno di carcere

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Diffusione di materiale pornografico su minori è l’accusa che ha determinato la condanna a un anno di reclusionie con sospensione condizionale della pena, per un ragazzo di ventiquattro anni. Il giovane è accusato di avere distribuito attraverso Whatsapp le immagini di una compagna di scuola (all’epoca minorenne) che si era ritratta nuda e gli aveva inviato due sue fotografie.
Tutto accade nel 2014 in un Liceo statale di Nola, frequentato da una ragazza che all’epoca  aveva 15 anni. La ragazza a scuola aveva conosciuto uno studente appena maggiorenne incontrato ai corsi di recupero. Il ragazzo, come riporta Il Mattino, chiese alla sua amica di mandargli delle foto di nudo. Lei accettò, senza pensare alle conseguenze. L’invio delle foto avvenne attraverso la chat di Facebook di un profilo che la ragazza aveva creato con un falso nome. Il ragazzo dopo quell’episodio non ha più avuto contatti con la ragazzina. Alcuni mesi dopo una cugina di lei, che frequentava lo stesso istituto, avvertì la ragazza che sui gruppi di WhatsApp di vari studenti del Liceo, giravano proprio quelle due foto di nudo scattate alcuni mesi prima. La ragazza per paura e per vergogna in un primo momento si chiuse nel silenzio e non riferì nulla ai genitori. Poi si decise a raccontare tutto. Il giorno dopo la ragazza si presentò insieme al padre e alla madre al commissariato di Polizia di Nola per sporgere formale denuncia contro il giovane. A condurre le indagini, il pubblico ministero della Procura di Napoli Luigi Santulli, il quale ordinò degli accertamenti tecnici per chiarire le strade informatiche attraverso cui passarono le foto. La tesi difensiva, non accolta dai magistrati, ha sostenuto in dibattimento come non ci fosse alcuna prova del fatto che fosse stato proprio l’imputato ad immettere sulle chat le foto della ragazza. Ma al termine del dibattimento i magistrati hanno stabilito che il giovane dovrà pagare una multa di duemila euro e risarcire la ragazza dei danni subiti.

Cronache della Campania@2018

Docente salernitano muore dopo un’intervento di riduzione della massa grassa: aperta un’inchiesta

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E’ morto tre giorni dopo l’intervento di riduzione di massa grassa. E’ quanto accaduto a Giovanni Netta, docente, con problemi di obesità operato all’ospedale Fatebenefratelli di Benevento e poi trasferito all’ospedale Ruggi di Salerno dove il 50enne è arrivato in condizioni disperate. Sembrava essere andato tutto per il verso giusto alcuni giorni fa quando l’uomo si sottopose all’intervento il cui decorso post operatorio sembrava procedere secondo i programmi. Dopo circa tre giorni l’uomo non si sente bene e i familiari decidono di portarlo a Benevento, di lì viene trasferito all’ospedale Ruggi di Salerno dove arriva in condizioni gravi e lì morirà. Non si sanno ancora con precisione le cause del decesso, sarà l’autopsia sul corpo dell’uomo a fare chiarezza sui fatti. Tra le ipotesi del decesso, però, si è pensato ad un diffuso e grave stato settico. Sono state poste sotto sequestro le cartelle cliniche dei due ospedali dai carabinieri che stanno indagando sul caso dopo la denuncia dei familiari.

Cronache della Campania@2018

Camorra: chiesti in Appello tre secoli di carcere per il clan Orlando. TUTTE LE RICHIESTE

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Napoli. Il procuratore generale Maria Di Monte della VI sezione della Corte di Appello di Napoli ha chiesto la conferma delle condanne ai 27 imputati appartenenti al clan Orlando nel processo di secondo grado. Quasi tre secoli di carcere come era avvenuto nel novembre del 2017 per la richiesta in primo grado. Solo che in quel processo ci furono ben 12 assoluzioni eccellenti. Alle richieste della Dda il giudice per le udienze preliminari Antonio Tarallo nel processo che si era svolto con rito abbreviato aveva emesso condanne per 115 anni di carcere ai 15 imputati condannati mentre altri undici sono stati assolti. Nel processo non compare il nome del capo clan Antonio Orlando detto mazzulillo arrestato solo nel novembre scorso dopo 15 anni di latitanza ininterrotta. L’inchiesta e il processo nato dal blitz del 2016 aveva fatto luce sul clan Orlando che negli ultimi anni aveva preso il predominio su Marano e i comuni limitrofi estromettendo i Polverino e assoggettando Nuvoletta e grazie a vincoli familiari aveva creato clan satelliti con i quali controllava anche i comuni di Mugnano, Calvizzano e Quarto.Un clan articolato in più livelli, militarizzato, in grado di imporre il pagamento del ‘pizzo’ a tappeto sul territorio, forte anche di ‘innesti’ della famiglia Novoletta, un tempo l’unica federata con la mafia siciliana.
Il nuovo gruppo criminale avrebbe esteso i propri tentacoli su settori specifici del territorio: mercato ortofrutticolo, edilizia ed appalti pubblici, gestione del ciclo integrato dei rifiuti, cimitero e macchina amministrativa. Con la latitanza di Antonio la famiglia malavitosa era guidata dai fratello Gaetano e Raffaele detto papele e dal cugino Angelo detto ‘o malomm.
La cosca aveva inglobato alcuni esponenti dei Nuvoletta di Marano e  si era estesa nel territorio limitrofo era strutturata in almeno quattro livelli.
Al vertice del gruppo, detto anche dei Carrisi, i fratelli Orlando, roccaforte tra Marano e Quarto; poi, al secondo livello, Armando Lubrano, nipote del boss Antonio, insieme a Lorenzo Nuvoletta, figlio di Ciro, elemento di vertice dell’omonimo clan ucciso in un agguato, e Angelo Orlando, ‘portavoce’ dei boss; al terzo livello, i ‘responsabili di zona’ come Gennaro Sarappo, che si occupa di Quarto, e Raffaele Lubrano, attivo a Calvizzano, insieme all’addetto al controllo, Celeste Carbone; al quarto livello, gli esecutori degli ordini. 

TUTTE LE RICHIESTE DI CONDANNA

ORLANDO ANGELO 18 ANNI

DI MARO ANGELO 16 ANNI

RUGGIERO SALVATORE 14 ANNI

LUBRANO ARMANDO 12 ANNI

ORLANDO RAFFAELE 12 ANNI

SARAPPO GENNARO 10 ANNI

LUBRANO VINCENZO 10 ANNI

LUBRANO RAFFAELE 8 ANNI

SARAPPO MARIO 6 ANNI

CINCINNATO FRANCESCO 4 ANNI

ESPOSITO VINCENZO 4 ANNI

CARPUTO RAFFAELE 4 ANNI

ORLANDO ANGELO 3 ANNI

AIELLO SALVATORE 2 ANNI

GAGLIANO MARIA 2 ANNI

AMITRANO MARIO 11 ANNI

SCHIATTARELLA ANIELLO  4 ANNI E 8 MESI

LUCCI PASQUALE  15 ANNI

BAIANO LUIGI  14 ANNI

CARBONE CELESTINO  10 ANNI

ORLANDO GAETANO  18 ANNI

DI LANNO CIRO 14 ANNI

VISCONTI CLAUDIO  9 ANNI

NUVOLETTA LORENZO  18 ANNI

POLVERINO CRESCENZO  9 ANNI

VECCIA RAFFAELE  12 ANNI

Cronache della Campania@2018

Primario del Cardarelli arrestato per camorra, il legale: ‘Fiducia nei magistrati, chiarirà la sua posizione’

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“Il dottor Antropoli ha piena fiducia nel lavoro della magistratura e chiarira’ ogni aspetto della vicenda che lo riguarda nell’interrogatorio di garanzia che si terra’ venerdi’ 8 febbraio”. Lo ha dichiarato Mauro Iodice, legale dell’ex sindaco di Capua, noto medico-chirurgo dell’ospedale Cardarelli di Napoli dove e’ primario della terza Chirurgia Generale, in carcere dal 4 febbraio dopo l’arresto per concorso esterno in camorra nell’ambito di un’indagine della Dda di Napoli e dei carabinieri di Caserta. Il legale difende anche la compagna del professionista, Lucrezia Cicia, coinvolta in un’altea indagine della Dda che ieri ha portato a numerosi arresti a Caserta per voto di scambio politico-mafioso in relazione alle Regionali del 2015; la Cicia, esponente di Forza Italia come Antropoli, e’ indagata per voto di scambio senza l’aggravante mafiosa, ma Iodice non ci sta. “Si tratta di un reato gia’ prescritto – spiega l’avvocato – visto che tale fattispecie elettorale, come prevede la legge, si prescrive in due anni dal fatto; le Regionali si sono tenute nel 2015, per cui la prescrizione e’ scattata. Peraltro – prosegue Iodice – la Cicia e’ parte offesa nel procedimento, essendo stata minacciata da personaggi del clan Belforte, come altri esponenti politici, affinche’ si servisse per le affissioni di manifesti elettorali della ditta intestata alla moglie di Giovanni Capone (esponente del clan, ndr). Questa circostanza pero’ non e’ stata diffusa dalle autorita’, che hanno solo veicolato la notizia che fosse indagata. Ma ripeto, il reato che si contesta alla Cicia e’ prescritto da oltre un anno; le autorita’ risponderanno nelle sedi opportune”

Cronache della Campania@2018

Torre Annunziata, crollo di Rampa Nunziante: va a giudizio anche l’avvocato Lafranco

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Non poteva non sapere che i lavori nell’appartamento al secondo piano della palazzina di via Rampa Nunziante a Torre Annunziata, nel cui crollo avvenuto il 7 luglio di due anni fa morirono otto persone, avevano comportato danni ingenti all’intera stabilita’ dell’immobile. Per questo motivo oggi il gup Maria Concetta Criscuolo ha rinviato a giudizio con le accuse di crollo e omicidio colposo, l’avvocato Massimo Lafranco, proprietario dell’appartamento che stava vendendo a Gerardo Velotto, che a sua volta – secondo l’accusa – stava effettuando i lavori che avrebbero minato la stabilita’ della palazzina fino a procurarne il cedimento strutturale. Lafranco, gia’ rinviato a giudizio con l’accusa di falso, sara’ processato insieme agli altri imputati a partire dal prossimo 6 marzo (giudice Francesco Todisco). Il giudice non Ha tenuto conto di una sentenza di condanna per calunnia a carico di Minichini unico teste dell’accusa contro Lafranco, come sollevato dal suo difensore, l’avvocato Elio D’Aquino che aveva chiesto nuove indagini. Questa mattina oltre all’udienza di Lafranco, il giudice Francesco Todisco ha deciso di rinviare l’udienza che riguardava Roberto Cuomo, amministratore del condominio di via Rampa Nunziante, che aveva chiesto il giudizio immediato. Alla base della decisione il fatto che si tratta di un procedimento connesso con altri due processi – quello a Massimiliano Lafranco, oggi apparso dinanzi al gup Mariaconcetta Criscuolo, l’altro che vede gia’ gli altri imputati a giudizio il 28 febbraio con il giudice Luisa Crasta – che sono stati riuniti tutti con data 6 marzo. Il giudice ha accolto le richieste di costituzione di parte civile da parte dei familiari, dei proprietari dello stabile accanto a quello crollato e del Comune di Torre Annunziata.

Cronache della Campania@2018

‘Ha ucciso mia figlia e ci ha fatto anche gesti irriverenti in aula’, tensione al processo d’appello per l’omicidio di Stefania Formicola

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“Non ha mostrato un minimo segno di pentimento, è ancora spavaldo, così come lo era quando stava con mia figlia. Per tre volte è stato ammonito dal giudice, per i gesti irriverenti che ci ha rivolto”. A mostrare tutto il disappunto nei confronti del genero che gli ha ucciso la figlia è Adriana Esposito, madre di Stefania Formicola, la donna di 28 anni assassinata all’alba del 19 ottobre del 2016, a Sant’Antimo , con un colpo di pistola al cuore sparato dal marito Carmine D’Aponte dal quale si stava separando e con il quale era ferma in auto. La donna indossa una maglietta bianca con la foto di Stefania. Davanti all’aula 320 del Tribunale di Napoli, dove si sta tenendo il processo di secondo grado a carico del genero, ci tiene a sottolineare il comportamento di colui che gli ha assassinato la figlia. Il 12 febbraio 2018, il Tribunale di Napoli Nord, ha condannato Carmine D’Aponte all’ergastolo, per omicidio volontario. L’udienza è iniziata con l’intervento del presidente della seconda Corte di Appello di Napoli, Patrizia Mirrala la quale ha esposto, in maniera circostanziata quanto emerso durante il processo di primo grado. “Le condanne esemplari – ha detto l’avvocato Cesino, legale di Adriana Esposito e presidente dell’associazione ‘Libera dalla violenza’ – sono un potente strumento di prevenzione e contrasto alla violenza di genere e la giustizia nella quale crediamo si fa nelle aule processuali proprio grazie alle condanne esemplari”. Durante l’udienza c’e’ stata anche la requisitoria del sostituto procuratore della Corte di Appello Edoardo Clienti e sono intervenuti l’avvocato della famiglia Formicola, Raffaele Chiummariello e un avvocato dell’imputato. La sentenza di secondo grado è attesa per venerdì prossimo. La Corte si riunirà in camera di consiglio dopo avere ascoltato il secondo e ultimo avvocato di D’Aponte.

Cronache della Campania@2018


Carabiniere travolto e ucciso dal treno mentre inseguiva un ladro: ai domiciliari uno dei componenti della banda

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Sono terminati in giornata i riesami relativi all associazione composta da 12 persone che, “capitanata” (secondo gli inquirenti) da Salvatore Salvati e Pasquale Reale si era resa protagonista nei mesi scorsi di innumerevoli furti tra Caserta e Napoli, alcuni dei quali anche “eccellenti” in ragione del valore importante della roba rubata.Ad inizio novembre, i carabinieri di Caserta, seguendo le utenze intercettate e i GPS sulle automobili, avevano colto 4 dei 12 componenti della gang ovvero Salvatore Salvati, Pasquale Reale, Pasquale Attanasio e Cristian Pengue durante un colpo in un abitazione di Caserta. Da quel fermo nacque un inseguimento durante il quale morì, poiché travolto da un treno in corsa a Caserta,il vice brigadiere dei carabinieri Emanuele Reali. L’ impianto accusatorio nei confronti dei 12 ha retto con riferimento alla sussistenza dell’associazione, tuttavia, nei confronti di Cristian Pengue, difeso dall’avvocato Marco Bernardo il riesame di Napoli, 12 sezione, ha annullato per insussistenza dei gravi indizi, tre dei sei furti contestati. Tenuto conto dell’alleggerimento della sua posizione i giudici hanno accolto la richiesta dell’avvocato Bernardo sostituendo pertanto la misura del carcere, originariamente applicata, in quella degli arresti domiciliari. Confermate invece le misure cautelari nei confronti di tutti gli altri.

Cronache della Campania@2018

Somma Vesuviana, le minacce dei Mirra alla vittima: “Ti facciamo lo sconto ma devi pagare”

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Somma Vesuvio. Perseguitato per mesi dagli esattori del clan la vittima ha deciso di denunciare e così a distanza di pochi mesi Luigi ed Enrico Mirra, zio e nipote, sono stati arrestati. Secondo gli inquirenti il coraggio della vittima, un imprenditore del settore auto, è stato determinante per arrestare i responsabili. Nella misura cautelare emessa dal gip di Napoli Egle Pilla, su richiesta della Dia, c’è la ricostruzione delle minacce continue alla vittima da parte di Luigi ed Enrico Mirra. I due si erano presentati a fine settembre e poi ancora a inizio di ottobre dell’anno scorso nell’abitazione dell’imprenditore del settore auto da cui pretendevano il pagamento di tangenti, ed Enrico, il più giovane dei due, gli aveva detto: “Come sai a Somma siamo noi. Se vuoi continuare a lavorare tranquillo. Devi cacciare 170 euro a settimana. Gli altri cacciano 200, ma siccome noi ti conosciamo, noi ti facciamo lo sconto”. Ma quando l’uomo aveva detto che non avrebbe pagato, era stato Luigi, il più anziano, a parlare: “Vediamo poi se me li dai o no … sempre me li devi dare, se vuoi stare tranquillo”. L’estorsore per essere più chiaro gli aveva anche sferrato uno schiaffo in pieno volto. Nei giorni successivi le intimidazioni erano continuate, e sempre Luigi Mirra gli aveva detto “prima o poi devi abbuscare”. Vessazioni che sono riprese a ottobre, quando di nuovo l”imprenditore è stato preso a schiaffi in un’agenzia di scommesse sempre da Luigi Mirra che gli ha anche preso il portafoglio, e poi da Enrico, che gli ha prospettato la possibilità di dargli una macchina anziché il denaro. Il giorno dopo l’imprenditore ha deciso di sporgere denuncia ai carabinieri e ha raccontato l’episodio accaduto nella sala scommessa; la vittima ha anche precisato che conosceva i due che lo taglieggiavano come persone nell’orbita della criminalità organizzata, interne al gruppo capeggiato da Roberto De Bernardo e Daniele Baselice. Ai carabinieri, oltre la denuncia dettagliata, sono stata utili le immagini del sistema di videosorveglianza del centro scommesse in cui era accaduto l’episodio dell’aggressione, filmati dei quali non solo emergeva l’accaduto ma erano chiaramente riconoscibili i due. Enrico Mirra, del resto, è indagato per tentato omicidio ai danni di Antonio Amato proprio insieme a Baselice e De Bernardo, e sul suo ruolo e su quello dello zio ci sono dichiarazioni di collaboratori di giustizia concordanti.

Cronache della Campania@2018

Rubavano merce in tutta Italia con aziende di trasporto fantasma: a processo la gang di napoletani

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Almeno dieci milioni di euro di merce rubata alle piccoli e grandi aziende in circa cento undici i colpi contestati e oltre settanta indagati. Per ora finiscono a processo i due capi dell’organizzazione, Gaetano Vezzi di Torre Annunziata e Umberto Guadagno di Sarno, mentre sei sono le persone mandate a giudizio dal gup Leda Rossetti che chiude così la fase preliminare della maxi inchiesta “Big Boat”. Il processo si celebrerà i prossimo aprile e, insieme ai due capi, anche Giuseppe Federico di Pompei, Luigi Nappo di San Giuseppe Vesuviano, Francesco Vastola di San Valentino Torio e Gennaro Piccolo che avevano nell’organizzazione ruoli minori. Il gruppo avrebbe operato tra il napoletano e l’Agro sarnese nocerino. In pratica, attraverso società di trasporto fittizie, il gruppo otteneva commesse da ditte accreditate sui borsini nazionali, fornendo false referenze attraverso posta elettronica, polizze assicurative e documenti di circolazione contraffatti. Ottenuta la merce veniva poi consegnata a ricettatori in tutta Italia.
I primi sequestri, come ricorda Il Mattino, furono effettuati in due depositi di Sarno e tra le vittime truffate finì anche la Marcegaglia spa, nota impresa del settore siderurgico. La merce che spariva era di vario tipo: dalle motoslitte a confezioni di Parmigiano Reggiano, vini, prodotti per l’edilizia, profumi, generi alimentari, accessori per computer, giochi per bambini, fertilizzanti e indumenti. Come ogni organizzazione che si rispetti, a ognuno il suo ruolo: c’era chi metteva a disposizione i depositi per nascondere la merce, chi era impegnato a creare le imprese per ottenere le spedizioni. Alcuni combinavano gli incontri, altri mantenevano contatti con i complici, c’era chi si occupava della falsificazione delle targhe, chi cl denaro comprava il silenzio. Tutto questo per un totale di diciassette carichi di merce rubata e sequestrata.

Cronache della Campania@2018

Dissequestrati gli automezzi dell’ex presidente della Casertana Calcio

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Casagiove. Dissequestrati gli automezzi dell’ex presidente della Casertana Calcio. Ad eseguire il dissequestro dei beni, il comandante della Stazione carabinieri di Casagiove, il maresciallo Antonio Coppola. Alla base del provvedimento cautelare di sequestro vi era stata una denuncia penale presentata da un istituto di credito di Roma che aveva contestato il mancato pagamento, da parte della Tilli Group, di alcuni ratei relativi al contratto in corso dei mezzi.
Fondata negli anni 30, la Tilli Group è una delle maggiori protagoniste europee nei settori del sollevamento, del movimento terra, delle gru, dell’energia da fonti rinnovabili, dei trasporti speciali e della logistica.
Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Consip, il pm Woodcock dinanzi al Csm: “il mio operato nell’inchiesta è stato corretto”

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Consip, il pm Woodcock rivendica la correttezza del suo operato nell’inchiesta sui grandi appalti del Ministero. Oggi il sostituto procuratore, in servizio alla Procura di Napoli, è stato sentito dalla commissione del Consiglio superiore della Magistratura che sta valutando il suo operato: “Ho sempre cercato di accogliere le parti private delle vicende processuali con il sorriso: ho sempre immaginato che il potere legato a questo mestiere vada esercitato con responsabilità. Ho sempre immaginato il senso di angoscia che prova l’estraneo che entra nel Palazzo di giustizia”. Woodcock è sotto processo disciplinare insieme alla collega Celestina Carrano per l’interrogatorio dell’ex consigliere di Palazzo Chigi Filippo Vannoni, che secondo l’accusa venne sentito come testimone e dunque senza difensore, anche se avrebbe dovuto in realtà essere indagato. E gli vengono contestate anche le modalità con cui avvenne quell’interrogatorio, vissute dallo stesso Vannoni come lesive della sua dignità. A quell’interrogatorio “Vannoni arrivò già sconvolto e trafelato” ha detto Woodcock, spiegando che per metterlo a suo agio sia lui che la collega Carrano gli chiesero se voleva un bicchiere d’acqua o andare in bagno, ed evidenziando che il contesto delle domande fu “ordinario”. Al pm vengono contestate anche alcuni giudizi sull’inchiesta che vennero pubblicati da Repubblica: “il colloquio con Liana Milella (ndr l’autrice dell’articolo) fu salottiero, cioè tra due amici che si conoscono da più di 20 anni, e si chiuse la conversazione con il giuramento solenne da parte sua che non avrebbe pubblicato nulla”, ha spiegato Woodcock, ma quell’impegno fu “tradito” dalla giornalista.

Cronache della Campania@2018

Caso Consip, il Pg chiede al Csm la condanna alla censura per Woodcock e Carrano all’ammonimento

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Condannare il pm di Napoli Henry John Woodcock alla censura e la sua collega Celestina Carrano all’ammonimento. Lo ha chiesto alla Sezione disciplinare del Csm il Pg della Cassazione Mario Fresa nel processo a carico dei due magistrati. Entrambi sono accusati di aver violato i diritti di difesa dell’ex consigliere di Palazzo Chigi Filippo Vannoni, ascoltato nell’inchiesta Consip come testimone, e dunque senza difensore, quando in realta’ secondo l’accusa c’erano gia’ gli elementi per iscriverlo nel registro degli indagati.Per Woodcok il Pg ha chiesto la condanna per tutti gli illeciti che gli venivano contestati, comprese le modalita’ con cui venne condotto l’interrogatorio di Vannoni, che sarebbero state lesive della sua dignita’, almeno secondo la lamentela dell’ex consigliere di Palazzo Chigi. Una contestazione da cui Carrano va invece assolta, secondo il Pg. Nella richiesta di condanna di Woodcock rientra anche un’ altra vicenda per cui gli viene contestato un comportamento scorretto nei confronti del procuratore di Napoli e dei pm di Roma a cui l’inchiesta venne poi trasmessa: la pubblicazione su Repubblica di alcuni giudizi sull’indagine. Fresa ha spiegato di non aver chiesto per Woodcock la condanna alla sanzione piu’ pesante della perdita di anzianita’, tenuto conto del suo percorso professionale “privo di incidenti” e del fatto che il magistrato “gode di immutata stima” da parte del capo del suo ufficio.

Cronache della Campania@2018

Walter Schiavone nomina l’avvocato dei ‘pentiti’

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Walter Schiavone, figlio di Sandokan e fratello di Nicola Schiavone, oggi collaboratore di giustizia, si affida all’avvocato difensore dei “pentiti”. E’ stata formalizzata stamattina – nel corso del processo per l’inchiesta Jackpot, sul business dei Casalesi delle slot machines – la nomina al legale Domenico Esposito che difenderà Walter Schiavone da qui in avanti

Cronache della Campania@2018


Migranti, indagine sullo Sprar di Caserta: 7 indagati

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Sette persone indagate per truffa aggravata e associazione per delinquere dalla procura di Santa Maria Capua Vetere per la gestione dello Sprar di Caserta, che si occupa della gestione di duecento migranti l’anno sistemati in circa venti appartamenti e indirizzati in progetti di educazione linguistica e lavorativa. “Lo svolgimento dei controlli richiesti dall’autorita’ giudiziaria fa seguito a calunniose accuse rivolte nei confronti di alcuni operatori del progetto Sprar da un soggetto che era inserito nel progetto e ne e’ stato estromesso per essersi appropriato di beni. Per questo, e’ stato rinviato a giudizio”, sostiene il Comitato per il centro sociale di Caserta che questa mattina ha subito la perquisizione dei carabinieri del comando provinciale di Caserta. Le attivita’ hanno riguardato l’ex Canapificio, quartier generale del Comitato, alcuni uffici del Comune di Caserta e gli appartamenti in cui sono alloggiati i migranti che beneficiano dei progetti Sprar. Gli alloggi si trovano per lo piu’ sul territorio di Caserta, un paio sono invece a San Nicola la Strada. “Tutta l’operazione – spiegano i gestori – si e’ svolta con la piena, totale e fattiva collaborazione degli operatori del progetto, i quali sono consapevoli della assoluta regolarita’ di tutte le attivita’ svolte e che neppure un centesimo dei fondi destinati al progetto e’ stato sprecato o male utilizzato”. Per questo, gli operatori fanno sapere di voler “collaborare con le autorita’” ma, al contempo, chiedono all’autorita’ giudiziaria di “chiarire ogni cosa” perche’ “chi ha pensato di approfittare a proprio vantaggio dell’aiuto che gli era stato offerto sia effettivamente chiamato a rendere conto delle sue azioni”.

Cronache della Campania@2018

Napoli, Luca Materazzo cambia avvocato per la 14esima volta

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Napoli. E’ stato rinviato al prossimo 21 febbraio il processo a carico di Luca Materazzo, il giovane rampollo della Napoli bene accusato di aver ucciso il 28 novembre del 2016 il fratello Vittorio con oltre 30 coltellate sotto la sua abitazione in viale Maria Cristina di Savoia. L’imputato ha cambiato di nuovo avvocato. E’ la quattordicesima volta. Lascia il processo la penalista Silvia Buonanno, e in mattinata è stata ufficializzata la nomina di altri due professionisti, ovvero gli avvocati Alessandro Motta e Concetta Chiricone.  Naturalmente la Corte ha accolto la richiesta dei due nuovi penalisti per consentire loro di studiare le carte processuali ed essere pronti al dibattimento fin dalla prossima udienza.

Cronache della Campania@2018

Omicidio Vassallo, il fratello del sindaco pescatore chiede un incontro al ministro Bonafede: ‘Nuovi elementi dall’inchiesta’

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Vuole incontrare il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, Dario Vassallo, fratello di Angelo, il sindaco di Pollica, nel Salernitano, ucciso il 5 settembre del 2010 con nove colpi di arma da fuoco. Un omicidio ancora senza piste e colpevoli. Dopo aver appreso, dalla visione di documenti delle perizie balistiche e autoptiche, nuovi particolari sul delitto, Dario Vassallo, che presiede la fondazione ‘Angelo Vassallo’, sottolinea che la damiglia non e’ “contro i magistrati, siamo a favore della legge”. “Ho scritto al ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, sperando che mi riceva”, dice Vassallo che, al contempo, attacca l’ex Guardasigilli, Andrea Orlando, che, invece, “non mi ha mai ricevuto”.

Cronache della Campania@2018

Aveva estorto 30mila euro alla fidanzatina di 15 anni, condannato a 6 mesi e rimesso in libertà

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Sei mesi, con il rito abbreviato. Questa la pena che è stata inflitta a Pasquale Scarano diciotto anni. Il ragazzo era accusato di estorsioni ai danni di una ragazzina di 15 anni sua fidanzatina insieme con il suo complice minorenne,M.D.M., nipote del boss di Pimonte. L’estorsione è stata posta in atto proprio mentre quest’ultimo si diceva pentito dello stupro di cui si era macchiato qualche anno prima e per il quale aveva appena terminato il periodo di messa alla prova. La sentenza è stata emessa ieri mattina dal giudice per le udienze preliminari del tribunale di Salerno Pietro Indinnimeo. Pasquale Scarano era stato ammanettato nello scorso mese di ottobre, in piazza Duchi Piccolomini, dai carabinieri della compagnia di Amalfi. Con lui finì in manette anche il diciassettenne nipote del boss. I carabinieri entrarono in azione subito dopo che Scarano ebbe prelevato dalle mani di una
15enne la somma di 15mila euro che l’adolescente aveva sottratto dai risparmi della famiglia. Le indagini dei carabinieri hanno permesso di scoprire che la ragazza già in altre occasioni aveva ceduto denaro contate ai due coetanei, e che era stata costretta a farlo dietro minacce. In tutto sarebbe stata 30 mila euro la somma estorta alla 15enne. “Sono parente di un boss di camorra” diceva il 15enne alla ragazzina per terrorizzarla. L’estorsione è stata posta in atto pochi giorni dopo la messa in prova per lo stupro di una ragazzina. Reato quest’ultimo per il quale il minorenne si era detto pentito. Pasquale Scarano, (difeso dall’avvocato Roberto Attanasio) ha ottenuto la scarcerazione e l’obbligo di dimora nel comune di Torre del Greco. Il reato infatti è stato derubricato da estorsione aggravata a truffa aggravata e poi per un solo caso estorsivo (mentre è stato assolto per gli altri due casi) l’avvocato ha sollevato l’eccezione territoriale chiedendo che vengano giudicati dal Tribunale per i minori di Salerno.

Cronache della Campania@2018

Scafati, processo al clan Matrone per gli attentati in città, la difesa: ‘Nessun contesto camorristico’

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Scafati. Estorsioni, armi, droga: i ‘signori’ del pizzo di Scafati che a suon di pistolettate e bombe chiedevano le tangenti ai commercianti scafatesi. Cinquantasette anni di carcere questa la somma degli anni di reclusione chiesta dal pm della Dda Giancarlo Russo al giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Salerno. Ma l’udienza di ieri era riservata ai difensori degli imputati che hanno attaccato duramente la tesi dell’accusa facendo emergere parecchie incongruenze investigative.Una intera udienza monopolizzata dalle discussioni degli avvocati degli imputati. Nell’ordine si sono susseguite le discussioni di Massimo Autieri e Stella Criscuolo che hanno difeso la posizione di Buonocore Giuseppe. A seguire è stata la volta dell’avvocato Gennaro De Gennaro che ha difeso le posizioni di Giovanni Barbato Crocetta, Palma Antonio, Patrone Nicola, Palma Pasquale, Panariello Marcello ed Elvira Improta. Gli imputati sono accusati a vario titolo di concorso in tentata estorsione aggravata, armi, detenzione di stupefacenti, con l’aggravante del metodo mafioso. A maggio scorso, in quattro finirono in cella. Secondo gli inquirenti avrebbero chiesto tangenti a suon di bombe e proiettili. Tre i tentativi di estorsione avvenuti tra i mesi di agosto e dicembre dello scorso anno ai danni di un imprenditore dell’area scafatese, contestati agli imputati che facendo riferimento all’appartenenza al clan Matrone di Scafati, chiedevano ai commercianti di pagare il pizzo. Tra i vari attentati contestati, quello nei confronti dell’insegna dei Roxe Legend Bar di via Melchiade di proprietà della famiglia Buonocore. Un altro davanti al centro scommesse di via Martiri d’Ungheria “Fly Play”. E ancora, colpi di pistola calibro 7,65 nei confronti del bar La Dolce Vita di Giuseppina Generali, moglie di Dario Spinelli (ora pentito) per finire ad agosto 2017 quando finirono nel mirino la pescheria Acqua e Sale di via Montegrappa (a commettere l’attentato furono per gli inquirenti i fratelli Panariello) il negozio di parruccheria Nico Style di Nicola Tamburo.A dicembre, poi, l’estorsione al titolare di un tabacchi da parte di Giovanni Barbato Crocetta. Oltre a quello dell’Iper G per il quale hanno confessato Panariello Pasquale e Palma Antonio. Secondo gli inquirenti le azioni criminose erano state ordinate da Peppe Buonocore il quale, proprio ai giudici del Riesame di Salerno, ribadì di non essere artefice di nessun clan e il Tribunale confermò che nelle azioni delittuose non c’era agevolazione mafiosa. Prossima udienza fissata al 6 Marzo. Sentenza prevista per il mese prossimo.

Cronache della Campania@2018

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