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Channel: Cronaca Giudiziaria
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Il procuratore della Corte dei conti parla dopo il proscioglimento dalle accuse: “Giustizia efficiente ma tanta amarezza”

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Napoli. “E’ stato un anno difficile per me, un anno in cui sono stato indagato dalla procura di Napoli per una ipotesi di abuso d’ufficio consistita in un omesso esercizio di una facoltà di astensione nella trattazione di una causa tributaria. La giustizia è stata efficiente, ma resta in me molta amarezza”. A raccontare la sua esperienza a fare i conti con la giustizia è Michele Oricchio, procuratore della Corte dei Conti della Campania, che la scorsa settimana è stato prosciolto dal Gup, per una vicenda nella quale era indagato insieme al giudice Mario Pagano di Roccapiemonte. Oricchio ha deciso di incontrare la stampa, “perchè voglio metterci la faccia come la metto da trentadue anni a questa parte”. “Io sono un uomo di istituzioni e con grande serenità ho affrontato questo ultimo anno che derivava dall’intima consapevolezza di aver lavorato nel rispetto assoluto della legge e nell’interesse esclusivo della nazione”, dice. Spiega di aver atteso che la “giustizia trionfasse e la giustizia ha trionfato in quanto è stata dichiarata la insussistenza del fatto contestato e non all’esito di un processo con testi o prove, ma sulla base di quelle che erano affermazioni dell’accusa”. La gioia per l’esito della sentenza, “non può farmi rilevare come delle volte un’informazione non attenta possa creare ben più danni alle persone di quanto lo faccia un’azione penale per fatti inesistenti”. Racconta di essere finito sui giornali ogni 15 o 20 giorni e “uscivano notizie ricche di inesattezze”. La prima è quella nella quale si diceva “che io in qualità di presidente della commissione tributaria provinciale di Salerno avevo assegnato dei fascicoli segnalati da un collega – dice – io non sono mai stato presidente della commissione tributaria di Salerno, e non avrei mai potuto modificare l’iter fisiologico dei giudizi. Ho subito con cristiana rassegnazione un danno contro me, la mia famiglia, contro le istituzioni”. “Nel tribunale di Napoli non c’ero mai andato e non era congeniale per me stare sul banco degli imputati, devo però constare una straordinaria efficienza del sistema – continua – la mia questione poteva essere immediatamente conclusa alla luce dei chiarimenti documentali che avevo fornito; ma c’è un sistema complessivo che riesce a reggere all’urto della richiesta di giustizia che arriva dai cittadini”. La declaratoria pronunciata dal giudice che il fatto non sussiste, “o non è stata riportata ai giornali o all’interno di lunghe teoria di chiacchiere che si riferiscono a fatti di un anno fa, di rapporti con il dottore Pagano, di reciproci scambi di interferenze che non esistono, che non hanno avuto alcun rilievo penale e nessun riscontro documentale”, rileva. “Sono stato prosciolto perchè il fatto non sussiste. Punto. Tutto il resto sono fesserie che hanno girato su internet e sui giornali e hanno infangato la mia reputazione e gettato fango anche sull’istituzione che io gestisco”, conclude Oricchio.

Cronache della Campania@2018


Processo Eternit bis: il gup di Napoli rinvia a giudizio Schmidheiny per omicidio colposo

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Il gup di Napoli Alessandra Ferrigno ha rinviato a giudizio l’imprenditore svizzero Stephan Schmydheiny per l’ipotesi di omicidio volontario nell’ambito del filone napoletano del processo Eternit Bis. Il gup ha così accolto le tesi dei pm Anna Frasca e Giuliana Giuliano della sesta sezione della Procura di Napoli – lavoro e colpe professionali. Il processo inizierà il 12 aprile davanti alla seconda sezione della Corte di Assise di Napoli. L’Ona, Osservatorio nazionale amianto, si è costituito parte civile ed è difeso dall’avvocato Flora Rosa Abate del Foro di Napoli. “L’Ona continua la sua battaglia per assicurare giustizia ai lavoratori dell’Eternit che ha provocato centinaia di morti, e alle loro famiglie”, dichiara il presidente dell’Ona Ezio Bonanni. “Ci auguriamo che questa volta lo svizzero non riesca a uscire dalle maglie della giustizia italiana”, conclude Bonanni.

Cronache della Campania@2018

Sei condanne per le bombe tra Giugliano e il Casertano delle nuove leve dei Casalesi

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La Corte d’Appello ha inflitto oltre 29 anni complessivi per i raid delle nuove leve del clan dei Casalesi riducendo le pene agli imputati rispetto alle condanne di primo grado.
Cinque bombe. Era questo l’avvertimento delle nuove leve del clan dei Casalesi per costringere gli imprenditori a versare il pizzo alla nuova organizzazione facente capo alla fazione Cicciotto ‘e Mezzanotte: Bidognetti e Capastorta: Zagaria. Cinque ordigni fatti esplodere tra il dicembre 2016 e l’inizio di febbraio 2017 tra Parete e Giugliano in Campania all’esterno delle due sedi di un’agenzia di onoranze funebri, fuori un’agenzia immobiliare di Parete ed all’esterno della casa di un imprenditore. Il messaggio era sempre lo stesso: “dovete pagare”.Oggi, a distanza di due anni dagli attentati dinamitardi, è arrivata la parola fine in Corte d’Appello con la condanna dei 6 responsabili di quei raid. I giudici della Quarta Sezione della Corte Partenopea hanno inflitto 8 anni a Massimo Perrone; 7 anni e 4 mesi a testa per Emanuele Gatto e Vittorio Giarnieri; 4 anni e 8 mesi a Gaetano Celeste; 5 anni a Luigi Moschino e 2 anni e 4 mesi per Antimo Di Donato (gli ultimi due collaboratori di giustizia). I giudici napoletani hanno rideterminato le pene del primo grado concedendo uno sconto a tutti gli imputati.

 Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Nicola Schiavone fa il nome di un nuovo politico interlocutore del clan dei Casalesi

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Nicola Schiavone fa il nome di un nuovo politico interlocutore del clan dei Casalesi. Non solo Nicola Cosentino e Nicola Ferraro tra i politici che il super pentito Nicola Schiavone definisce come “interlocutori” e uomini “vicini al clan” una volta guidato dal padre, il famigerato ‘Sandokan’. In un verbale dello scorso novembre, il figlio del boss Francesco Schiavone avrebbe fatto il nome di altri politici, a livello nazionale, che sarebbero stati degli interlocutori del clan dei Casalesi. Un parlamentare con il quale ci sarebbe stato appoggio elettorale, per la realizzazione delle sinergie attraverso le quali venivano scelti i candidati, prevalentemente sindaci ma non solo.

 Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Scarcerato Vincenzo Carfora detto “O Cantante”

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La dodicesima sezione del tribunale del riesame di Napoli, accogliendo il ricorso dell’Avv. Vittorio Fucci Jr, ha disposto la scarcerazione di Vincenzo Carfora, detto “ò cantante”, di 50 anni, di Forchia, che era stato arrestato lo scorso anno per associazione per delinquere di stampo camorristico e per più estorsioni aggravate dal metodo mafioso, nell’ambito dell’operazione che aveva colpito il clan Lettieri, con il coinvolgimento di persone del Sannio, dell’avellinese e del casertano. L’ordinanza di custodia cautelare del giudice delle indagini preliminari di Napoli fu emessa, su richiesta della procura distrettuale antimafia, a carico di sette persone per reati commessi tra le provincie di Benevento e di Caserta. Le indagini sono state caratterizzate da intercettazioni telefoniche ed ambientali, da appostamenti e da dichiarazioni di collaboratori di giustizia. Per gli imputati è in corso il processo innanzi al giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Napoli. Il Carfora è stato rimesso in libertà dal tribunale del riesame di Napoli, dopo una lunga controversia giudiziaria conclusasi nella serata di ieri.

Cronache della Campania@2018

Chiusa l’indagine sull’Hospice di Eboli, per il pm ‘fu omicidio’: chiesto di nuovo l’arresto del dottor Marra

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Omicidio, truffa, peculato, abuso d’ufficio. Sono alcuni dei reati contestati ai dipen­denti dell’Hospice “il Giardino dei Girasoli” e dell’unità ope­rativa di medicina legale del distretto 64 di Eboli. In dicias­sette, nei giorni scorsi, hanno ricevuto l’avviso di conclu­sione indagini, firmato dal so­stituto procuratore presso il Tribunale di Salerno, Elena Guarino. Ad un solo dipen­dente, un camice bianco, è stato contestato il reato di omicidio.
Si tratta del dottor Alessandro Marra, la cui posizione è la più grave. Il magistrato infatti nella conclusione indagini scrive che il medico “nella sua qualità di medico – chirurgo (esperto di cure pal­liative), mediante la sommini­strazione di concentrazioni molte elevate di Midazolam, rientranti tra quelle poten­zialmente tossiche, cagionava la morte di Carmine Giannattasio, agendo consapevol­mente e deliberatamente in contrasto con le ultime volontà espresse dal paziente e dai suoi familiari che avevano richiesto solo cure palliative atte a fronteggiare il dolore”. Il magistrato sottolinea anche “con l’aggravante di aver com­messo il fatto con l’uso di so­stanze venefiche in quanto medicinali somministrati in dosi talmente massicce da es­sere tossiche e letali nonché idonee a provocare il decesso anche a persone non affette da patologia oncologica ter­minale”. E non a caso il pm Guarino ha presentato ricorso in Cassazione. I giudici della Suprema Corte hanno fissato l’udienza per il mese di marzo e, per quella data, la procura di Salerno ha pronto un nuovo dossier sul medico, predisposto dai carabinieri del Nas di Salerno che hanno proseguito con le indagini. Gli altri indagati per i quali è stata firmata la conclusione delle indagini sono:Giovanni Zotti, Antonio Magrini, Luigi Mastrangelo, Mario Vicidomini, Davide Di Maio, Car­mine Iorio, Cosimo Galdi, Gerarda Conte, Loredana De Ruberto, Liliana Moccaldi Sinibaldi Rufolo, Pasqualina Calzaretta, Claudio Schet­tini, Giuseppe Vailetta, Gu­glielmo Zottola, Vito Pastena, hanno a disposi­zione venti giorni di tempo per presentare al magistrato, titolare del fascicolo, una me­moria difensiva. Successiva­mente, sarà formulata la richiesta di rinvio a giudizio al Gup. Alcuni degli indagati hanno anche ricevuto, già a suo tempo, l’interdittiva della sospensione dai pubblici uf­fici. Era ottobre 2018 quando i carabinieri del Nas eseguirono un’ordinanza nei con­fronti di 11 dirigenti medici e appartenenti al personale in­fermieristico in servizio presso l’unità operativa di Me­dicina del Dolore e Cure Pallia­tive – Hospice “Il giardino dei Girasoli”.  Secondo la Procura spesso gli infermieri non si recavano nei giorni previsti oppure non si recavano proprio dai pazienti che dovevano ricevere le cure palliative presso le loro abita­zioni. Molti di loro entravano nella sede del distretto sanita­rio, timbravano con badge ma poi uscivano dall’ufficio per andare a fare commissioni private, salvo rientrare entro la fine del turno. Altri invece, pur essendo in servizio avreb­bero raggiunto luoghi non at­tinenti con il lavoro da svolgere e senza timbrare il cartellino d’uscita.

Cronache della Campania@2018

Anno giudiziario, diminuiscono gli omicidi a Napoli e provincia ma aumentano le violenze

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Napoli. Diminuiscono gli omicidi a Napoli e provincia, così come il numero complessivo dei delitti. Aumenta il numero dei procedimenti arrivati a sentenza, sia civili che penali, tant’è che la Corte d’Appello di Napoli, nel confronto con le altri Corti d’Appello d’Italia, è dietro solo a Roma. Diminuiscono le rapine, gli incendi boschivi, le usure, le associazioni a delinquere, mentre nel 2018 sono aumentati i furti, le violenze sessuali, e soprattutto i delitti informatici. E’ il quadro sull’andamento della giustizia e gli indici della criminalità tracciato nel corso della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario dal presidente della Corte d’Appello di Napoli, Giuseppe De Carolis di Prossedi, che nelle conclusioni ha ricordato che “la lentezza dei processi rimane il principale problema tuttora irrisolto della giustizia italiana”. Il procuratore generale Luigi Riello, ha rivendicato il lavoro dei magistrati (“i più produttivi d’Europa”) e ha parlato di “responsabilità di quella classe politica che da anni ha marginalizzato la giustizia nel bilancio dello Stato”, denunciando carenze di personale, magistrati e personale amministrativo, a Napoli come presso il tribunale di Napoli Nord. Parlando della pervasività della camorra nella società, Riello ha evidenziato che “se è vero che alcuni tra i più gravi delitti sono in sensibile diminuzione, è però vero che la camorra, mostro dalle mille teste, ha ucciso di meno, ma fa scoppiare bombe per marcare il suolo per una questione di appartenenza, e per altro verso affina i suoi metodi, trasformando la violenza in forza economica”, per cui, ha aggiunto “è necessario recidere i fili apparentemente invisibili tra una società apparentemente per bene e la camorra”, parlando dell’esistenza di una “vera e propria borghesia camorristica che ha rapporti con molti liberi professionisti che assumono un ruolo strategico di cerniera tra i due mondi”. Poi un messaggio al mondo politico: “Non è necessario attendere una sentenza definitiva di condanna per non candidare ladri e corrotti”. Infine il pg si è detto preoccupato “per gli atti di violenza, particolarmente gravi, evidentemente motivati da odio razziale, perpetrati a Napoli, San Cipriano d’Aversa e Santa Maria Capua Vetere”.

Cronache della Campania@2018

Inchiesta Olimpo, l’intervento di Greco sul sindaco di Agerola per una pratica edilizia. LE INTERCETTAZIONI

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Nelle oltre ottocento pagine di informativa indirizzate al sostituto procuratore Giuseppe Cimmarotta che hanno portato poi all’operazione Olimpo raccontano un ulteriore episodio che vede l’imprenditore Adolfo Greco protagonista. Era il 25 marzo del 2014, Cuomo Umberto (imprenditore dei Monti Lattari  ritenuto dagli investigatori uno degli emissari del boss latitante Raffaele Afeltra o’ burraccione, e attualmente agli arresti domiciliari nell’inchiesta Olimpo, nonchè marito di una delle dipendenti di Greco) contattava il “re del latte” informandolo sulla bocciatura della Soprintendenza di Napoli ad una pratica edilizia per la ristrutturazione di un fabbricato ad Agerola, il piccolo comune dei Monti Lattari, dove i clan Gentile e Afeltra, tra l’altro imparentati tra di loro, la fanno da padroni sia nella gestione delle piantagioni di cannabis e marijuana sia per quel che riguarda il racket delle estorsioni.

“Questa richiesta di intervento – si legge nell’informativa a cura della sezione investigativa della Polizia di Stato – da parte del Cuomo Umberto confermava ancora una volta che Adolfo Greco metteva a disposizione la propria rete di conoscenze alla ‘gente di Pimonte’”. “…diciannove marzo! Ma vedi un po’…ora…. Ora – dice Greco – devo chiamare a quello e guarda un po’…” (Si sovrappongono le voci)
Dopo circa una settimana, Cuomo Umberto si era recato presso l’Ufficio Tecnico del Comune di Agerola e telefonava ad Adolfo Greco per dirgli che stava in compagnia con un tecnico municipale. Adolfo Greco era, invece, in compagnia dell’avvocato Alberto Vitale (attualmente assessore al comune di Gragnano e da anni difensore dei Greco e dei Polese in contenziosi di carattere amministrativi)che avrebbe poi messo in contatto con il tecnico del comune. Il legale e il tecnico comunale si davano appuntamento per sistemare la vicenda relativa all’autorizzazione. All’appuntamento l’avvocato si recava al Comune di Agerola insieme ad Adolfo Greco per discutere della pratica di Cuomo per ripresentarla alla Soprintendenza di Napoli. Di questa circostanza si è avuto riscontro grazie alla conversazione intercettata il 9 aprile tra il sindaco di Agerola, Luca Mascolo (S) e il “re del latte” (A) e Cuomo Umberto (U).Ecco il testo dell’intercettazione contenuta nelle carte dell’inchiesta Olimpo.

U: “… signor Adolfo sono un attimo sopra dal Sindaco e vuole domandarvi un attimo una cosa…”
S: “Ti devo tirare le orecchie (in senso scheroso)”
A: “Sindaco, l’altro giorno… stavi sopra, noi scendemmo, vedemmo la macchina…”
S: “Ah, menomale che tu dici la verità perché Umberto le verità non le dice”
A: “… no, no…no, … io senza offesa…”
S: “Quando siete scesi la macchina c’era… e non sei venuto a salutarmi?”
A: “Quando sono sceso ho anche sentito che tu stavi parlando…con delle persone e sembrava brutto”
S: “E non potevi venire a salutarmi!? Ma tu davvero fai?”
A: “… io però non ho detto niente ad Umberto però quando sono sceso già con Alberto… ho visto la tua macchina allora ho detto… la voce…”
S: “.. e ma sono rimasto male, … io ho detto questi adesso vedono la macchina e vengono a salutarmi”
A: “… la voce,… la voce è sua,… questo è, perciò, … per l’amor di Dio. Stammi a sentire, io cerco..”
S: “… va bene non fa niente dai”
A: “…di non dire mai bugie, però se qualche volta la dico, la dico vicino alla verità”
S:… lo so, invece Umberto ne dice assai
A:… no, no, no. Che dici, tutto a posto?
U:.. (in ambientale) .. . don Adolfo però adesso dobbiamo dirgli pure che sapeva che alle
quattro avevamo l’appuntamento e lui non c’era qua
S:… e ma io purtroppo ..
A:… ehi
S:… non è che faccio ..
A:… per l’amor di Dio
S:… io faccio un altro mestiere a differenza di Umberto
A:… bravo. bravo
S:.. eh …. quello . … quello che Umberto pensa che è una mia brutta figura non lo èl
A:… Sindaco che dici? Tutto a posto?
S:… stammi a sentire
A:… dimmi
S:… ho letto questa nota che ha preparato Alberto
A:… si
S:… però nella nota ad un certo punto viene richiamata ..
A:… si
S:… un’auto …. un parere favorevole
A:… si
S:… della Soprintendenza . … citato con date e numero di protocollo ..
A:… si
S:-.. ed addirittura con il nome! Come fa a saperlo (omissis) (moglie di CUOMO
Umberto)
A:… come fa a saperlo? Eh .. l’avvocato ….
S:… hai capito?  C’è. . .. c’è una legge sulla privacy. . .. come fa a sapere i dati
interprocedimentali?
A:… e chiamiamo ad Alberto subito. scusa. e glielo chiediamo ….
S:… he . … io perciò gli ho detto … gli ho detto ….
A:… ora lo chiamo io . … ora lo chiamo io ..
S:… no io gli ho detto ad Umberto … voglio sapere. . .. dammi il numero di Alberto.
voglio parlare con Alberto ..
A:… aspetta. ora te lo do io
S:… ha detto non lo tengo. ora chiamo al signor Adolfo ..
A:… non lo tiene. no
S:… se mi dai il numero lo chiamo io direttamente
A:… allora te lo do subito
S:… hai capito? Perchè qua mi preoccupa ….
A:… si, si, … si
S:… voi avete visto una carta perchè ve l’hanno fatta vedere amichevolmente …..
A:… no. no …. ma noi abbiamo ..
S:… se quello la cita
A:… non abbiamo visto niente! Tu non. .. tu non hai dato nulla. ora ti do il numero di
Alberto ..
Dopo che Greco fornisce al sindaco di Agerola, Luca Mascolo il numero di telefono dell’avvocato Vitale riprende la conversazione
S:… Ma tieni pure lo studio? Fa che sta allo studio . … a quest’ora ..
A:… aspetta mo ti do … aspetta fammi mettere gli occhiali …. Allora lo studio è …
S:… ok grazie
A:… va bene. ciao. ciao ..
S:… ci sentiamo
A:… ci sentiamo
S: “La prossima volta che vieni… vieni a salutarmi”
A: “Sicuramente, è mio dovere, … ciao, ciao”

A distanza di poco più di un mese dall’intervento dell’avvocato Alberto Vitale e Greco al Comune di Agerola, Cuomo Umberto – si legge nei documento – otteneva il parere favorevole dalla Soprintentendenza e telefonava a Greco per informarlo.

U: “Una bella notizia… mi è arrivato il parere positivo. Mi ha chiamato l’assessore dal comune”
A: “… va bene dai, quello…”
U: “… gliela date voi notizia a mia moglie?”
A: “… ora gliela do io..”

16.continua

Cronache della Campania@2018


L’allarme dei giudici: ‘La camorra usa il porto di Salerno per il traffico internazionale di droga’

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Il Porto di Salerno utilizzato per traffici internazionali di sostanze stupefacenti. E’ quanto emerge dalla relazione delle forze di polizia presentata in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario di Salerno. “Alcune indagini – si legge – hanno rilevato, inoltre, come il porto di Salerno venga utilizzato anche da parte di organizzazioni criminali napoletane”. Più marcata la presenza della criminalità organizzata partenopea nei comuni dell’Agro-nocerino-sarnese: “Recenti indagini – si legge ancora – confermano altresì un’ingerenza della criminalità organizzata locale nella pubblica amministrazione”.

Cronache della Campania@2018

Il Tar annulla la nomina del pm Falcone a procuratore aggiunto di Napoli

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E’ stata annullata la nomina di Raffaelle Falcone a Procuratore aggiunto del Tribunale di Napoli. L’ha deciso il Tar del Lazio con una sentenza con la quale ha accolto un ricorso proposto da Giancarlo Novelli, altro candidato all’importante incarico semidirettivo. Il 31 gennaio dello scorso anno il Plenum del Csm, all’esito della comparazione tra diversi aspiranti, delibero’ di conferire a Falcone l’incarico di Procuratore aggiunto di Napoli, preferendolo a Novelli che poi impugno’ la delibera di conferimento al Tar del Lazio. In sostanza, Novelli ha lamentato violazione di legge ed eccesso di potere, difetto di istruttoria e di motivazione “per non avere l’organo di autogoverno considerato e valutato – ne da’ conto il Tar in sentenza – determinate emergenze della carriera del controinteressato, che risultavano, invece, rilevanti al fine di definirne compiutamente il profilo professionale”. I giudici amministrativi nella loro decisione hanno considerato come la natura discrezionale del provvedimento con cui il Csm provvede al conferimento degli uffici semidirettivi e direttivi, “non esclude la sottoposizione dei suoi atti a uno scrutinio di legittimita’”. In particolare “e’ indiscutibile il dato per cui il giudizio complessivo non puo’ prescindere dalla oggettiva significativita’ e rilevanza dei dati sui quali la valutazione si basa, ne’ da un’analisi, comunque completa, dei dati curriculari dei concorrenti, diversamente traducendosi il necessario tratto di sinteticita’ in una sostanziale omissione argomentativa. La sintesi, infatti, deve essere tale da consentire comunque di apprezzare l’avvenuta valutazione delle piu’ importanti risultanze istruttorie, specie nei casi in cui i curricula dei contendenti in comparazione non appaiano apprezzabilmente diversi, cosi’ che, pur nella brevita’ delle argomentazioni, sia consentito all’interprete cogliere le reali ragioni dell’operato giudizio di prevalenza”. L’effetto e’ che “proprio la particolare enfasi conferita dalla delibera gravata alle peculiari doti di auto ed eterorganizzazione e dell’elevata produttivita’, imponevano un’analisi assolutamente completa dei dati concernenti il rispetto dei termini di deposito dei provvedimenti e del rispetto di altri doveri comportamentali aventi fonte nella normativa secondaria del medesimo Consiglio superiore”; ne deriva “la sussistenza di un vizio procedimentale, sintomatico di un cattivo uso del potere discrezionale, che in alcun modo incide sul merito del giudizio di prevalenza posto alla base della delibera di attribuzione, la cognizione del quale e’ sottratta al giudice amministrativo”

Cronache della Campania@2018

Sentenza Squecco, Battaglini: «Ha vinto il coraggio di denunciare»

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«Denunciare conviene. Lo dimostra la sentenza di condanna confermata in Cassazione, partita proprio dalla denuncia di una vittima che si è rivolta all’Associazione Sos Impresa Salerno».

Tommaso Battaglini, presidente di SOS Impresa Salerno, sottolinea così il pronunciamento della Corte di Cassazione nei confronti dell’imprenditore capaccese Roberto Squecco, condannato ad 1 anno e 10 mesi poiché ritenuto «organico all’associazione camorristica guidata da Giovanni Marandino» e perché «le minacce con cui tentò di farsi consegnare da un altro imprenditore del settore funebre la somma di 70mila euro non furono un esercizio arbitrario delle proprie ragioni ma una tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, perché la modalità fu violenta e perché quei soldi non erano il frutto di un rapporto lecito ma di un prestito usurario».

«Sos impresa Salerno ha affiancato e assistito fin dal principio la vittima che denunciò Squecco e gli altri imputati nei cui confronti le cui condanne sono state confermate dalla Cassazione. La nostra associazione si è poi costituita parte civile nel relativo processo penale, seguendo la vicenda nel primo e nel secondo grado, fino al giudizio di legittimità in Cassazione, la quale non solo ha riconosciuto la responsabilità di Squecco e degli altri associati che hanno scelto di essere giudicati con il rito abbreviato, ma ha anche confermato il diritto dell’associazione al risarcimento e alla liquidazione delle spese legali sostenute, con il rinvio alla Corte d’appello di Napoli per la quantificazione delle stesse. È chiaro che l’aspetto risarcitorio e la condanna degli imputati al risarcimento del danno e alle spese nei confronti dell’Ente – spiega ancora il presidente Battaglini – acquistano un significato soprattutto simbolico, perché sono la misura dell’impegno sul campo da parte dell’associazione al fianco delle vittime, che hanno maturato il coraggio di denunciare nel momento in cui non si sono sentite più sole. Questo è un messaggio importante – prosegue presidente dell’associazione antiracket salernitana – e cerchiamo di trasmetterlo ogni giorno attraverso occasioni di incontro, di formazione e di informazione, affinché le vittime di usura ed estorsione sappiano che denunciare è un atto di coraggio che non compiono da sole».

E proprio l’usura e l’estorsione figurano come i reati di maggiore connivenza tra i sodalizi criminali, secondo l’analisi su scala provinciale declinata in occasione dell’inaugurazione dell’Anno Giudiziario.
«Proprio per questo è necessario che la collaborazione tra le Procure salernitane ed Sos Impresa Salerno, ente regolarmente iscritto nell’elenco prefettizio delle associazioni antiracket e antiusura, si intensifichi ancora di più, per garantire la vicinanza dello Stato e delle istituzioni alle vittime che decidono di denunciare i propri aguzzini. Nei processi nei quali Sos Impresa si è costituita parte civile al fianco delle persone offese dal reato – conclude Battaglini – abbiamo registrato negli anni un più efficace contrasto all’usura e all’estorsione, con un impianto accusatorio iniziale che ha trovato definitiva conferma dinanzi all Suprea Corte. E questo grazie ad una partecipazione attiva, consapevole e tenace delle vittime le quali hanno bisogno di non sentirsi sole nel lungo e spesso tortuoso cammino rappresentato dal processo penale».

Cronache della Campania@2018

Napoli, dimezzata la condanna allo stilista francese fornitore della droga a Genny a’ carogna

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La direzione distrettuale antimafia di Napoli aveva chiesto di condannare il ritenuto trafficante internazionale di nazionalità francese Michael Triganò ad anni sedici di reclusione. Le accuse erano pesanti: associazione internazionale dedita al narcotraffico con grosse importazioni di stupefacente dall’Olanda avvenute tra il 2014 ed il 2015, destinate al gruppo napoletano facente capo ad Orabona Giovanni e a De Tommaso Gennaro, detto Genny “‘a carogna”, condannati ò’otto novembre dello scorso anno dal Giudice presso il Tribunale di Napoli – dott. Claudio Marcopido – ad anni venti il primo e ad anni diciotto il secondo; quest’ultimo noto alle cronache per aver con successo “mediato” con il capitano della squadra del Napoli, Marek Hamsik, durante le proteste verificatesi nella partita di calcio Napoli – Fiorentina dell’anno 2014, proteste della tifoseria partenopea scaturite a seguito dell’omicidio del tifoso del Napoli Ciro Esposito.
Triganò, con recenti trascorsi di stilista di moda, è stato ammesso ad essere giudicato separatamente con le forme del rito abbreviato dal Tribunale di Napoli – VI sezione penale in composizione collegiale – a seguito di una eccezione formulata dal suo difensore avv. Dario Vannetiello, accolta dal collegio giudicante.
L’ esito del processo ha registrato la assoluzione dall’episodio più grave di importazione di stupefacente afferente a venti chilogrammi, mentre per il residuo episodio di importazione è stata esclusa la aggravante della ingente quantità, oltre ad essere esclusa la aggravante della transnazionalità di cui era caratterizzata la compagine criminale.
All’esito dell’ accoglimento di larga parte delle questioni giuridiche sollevate dall’avvocato Vannetiello, è stata dimezzata la pena invocata dal Pubblico Ministero.
Infatti, seppur Triganò è stato riconosciuto responsabile del delitto di partecipazione alla associazione, nonché di un episodio di importazione di droga dall’ Olanda, la condanna inflitta in totale è stata di soli anni otto di reclusione, di gran lunga più bassa di quella richiesta dall’accusa nei confronti dello stilista/narcotrafficante che aveva svolto l’importante ruolo di procurare alla compagine lo stupefacente che veniva poi smerciato in città.
Ma la difesa è già al lavoro per sgretolare in appello le ipotesi accusatorie rimaste, consapevole di aver incrinato in maniera significativa la ricostruzione accusatoria avendo dimostrato la assenza di prove certe circa il coinvolgimento di Triganò nell’ episodio più preoccupante emerso nell’inchiesta, quello afferente alla importazione di venti chilogrammi di stupefacente da Amsterdam, luogo questo nel quale “Mike”, secondo gli inquirenti, aveva rapporti privilegiati.

Cronache della Campania@2018

Show di Zagaria in aula contro il figlio di Sandokan: ‘Non voglio essere importunato’

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Il boss Michele Zagaria, ‘capastorta’ protagonista dell’ennesimo show in aula. Nel corso dell’udienza del processo si scaglia contro il figlio di Sandokan: “Non voglio essere importunato”.  L’ex padrino dei Casalesi ha anche detto: “Avessi saputo che doveva essere ascoltato Nicola Schiavone non avrei partecipato all’udienza”. Ha urlato dalla gabbia il capoclan Michele Zagaria nel corso del processo che lo vede alla sbarra con l’ex sindaco di Casapesenna Fortunato Zagaria ed il consigliere comunale Luigi Amato, accusati di aver minacciato un altro sindaco di Casapesenna, Giovanni Zara. “Ho rinunciato alcuni mesi fa a presenziare a questo processo, eppure oggi mi ritrovo collegato in video-conferenza senza alcun preavviso proprio nel giorno in cui parla Nicola Schiavone. Penso cose strane”. Ha detto il boss dei Casalesi Michele Zagaria, collegato in video-conferenza dal carcere de L’Aquila. Zagaria mesi fa aveva rinunciato a presenziare al processo, ma oggi, come spiegato dal presidente del collegio giudicante Maria Francica, per “un disguido con il Dap” (Dipartimento amministrazione penitenziaria) si e’ ritrovato collegato. “Non sapevo nulla di questo processo – si e’ lamentato Zagaria ad inizio udienza – da tempo vi avevo rinunciato e oggi sono stato importunato. Vorrei chiedere se e’ corretta una cosa del genere; poteva accadere un mese fa, ma e’ successo proprio oggi che viene a parlare il signor Nicola Schiavone”. Zagaria, che alla fine ha deciso di restare per “rispetto della corte”, ha poi nominato avvocato di fiducia Paolo Di Furia.

 Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

il pentito Schiavone: ‘Noi Casalesi restammo interdetti quando a Casapesenna fu eletto un sindaco anti camorra’

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“Noi del clan restammo un po’ interdetti quando fu eletto sindaco a Casapesenna, Giovanni Zara, che era dichiaratamente contro la camorra”. Lo ha dichiarato il neo collaboratore di giustizia Nicola Schiavone, figlio del capoclan dei Casalesi Francesco “Sandokan” Schiavone, parlando da un sito riservato in video-conferenza al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere dove e’ in corso il processo sulle infiltrazioni del clan nel Comune di Casapesenna, paese natale del boss Michele Zagaria; questi e’ imputato per violenza privata con l’aggravante mafiosa insieme all’ex sindaco omonimo Fortunato Zagaria e all’ex consigliere comunale Luigi Amato. Parte offesa e’ l’ex sindaco Giovanni Zara, primo cittadino di Casapesenna per dieci mesi tra l’aprile 2008 e il febbraio 2009, quando fu sfiduciato dalla sua stessa maggioranza; per la Dda di Napoli la “caduta” di Zara sarebbe stata voluta dal boss Zagaria, a causa della politica di contrasto al clan portata avanti da Zara e perche’ questi, piu’ volte in pubblico, aveva auspicato che il boss, allora latitante, fosse catturato. Schiavone jr, tra i reggenti dei Casalesi tra il 2004 e il 2010, ha confermato che “era assodato nel clan che Michele Zagaria gestisse il suo comune, quello di Casapesenna, attraverso Fortunato Zagaria, che e’ stato sindaco per parecchi anni. Quando Zara fu sfiduciato commentammo la cosa io, Antonio Iovine e Nicola Panaro; non parlai con Zagaria ma sapevamo che c’era lui dietro la sfiducia. Lo avevamo fatto anche noi a Casal di Principe tanti anni prima con Renato Natale, sindaco a noi contrario che facemmo sfiduciare”.

Cronache della Campania@2018

Bimbo ucciso a Cardito, in mattinata l’udienza di convalida del 24enne compagno della madre

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Napoli. E’ in programma in mattinata nel carcere di Poggioreale a Napoli, l’udienza di convalida per il 24enne Tony Essobti Badre, accusato dell’omicidio di Giuseppe, il figlio di 7 anni della compagna e del ferimento della sorellina di 8 anni, tuttora ricoverata al Santobono. Il 24enne dovra’ chiarire se conferma quanto riferito subito dopo il fatto, quando ha ammesso di aver pestato i bambini, in un raptus di follia, perche’ avevano rotto la sponda del letto. Il legale del giovane, Michele Coronella, ieri aveva affermato che Tony voleva bene al piccolo. La Procura di Napoli Nord sta indagando sul ruolo della madre dei piccoli, per capire se fosse presente al momento delle violenze e perche’, eventualmente, non sia intervenuta. Si e’ rifugiata a casa della madre, a Massa Lubrense, in costiera sorrentina. Ai parenti, secondo quanto riferiscono Corriere della Sera e Corriere del Mezzogiorno, avrebbe detto: “ho preso Giuseppe, l’ho messo sul divano e poi ho chiamato il 118. Quando tutto e’ finito ho chiesto se potevo andare via”.

Cronache della Campania@2018


Mondragone: arrestato un condannato per bancarotta fraudolenta milionaria

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I finanzieri della Compagnia di Mondragone hanno dato esecuzione ad un ordine di carcerazione emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Vibo Valentia nei confronti di R.A. classe 1973, residente a Mondragone.
Il provvedimento cautelare fa seguito ad indagini svolte dalla predetta Procura della Repubblica, all’esito delle quali il soggetto arrestato è stato riconosciuto colpevole del reato di bancarotta fraudolenta, in relazione ad atti distrattivi del patrimonio aziendale di un farmacista di Zambrone (VV), per essersi prestato ad intestarsi fittiziamente un ramo d’azienda, permettendo così la spoliazione dell’impresa poi fallita per beni dal valore di circa 1,7 milioni di Euro.
Per tale motivo R.A. è stato condannato a 3 anni e 6 mesi di reclusione, oltre alle pene accessorie dell’interdizione dai pubblici uffici per anni 5 e dell’inabilitazione all’esercizio di impresa per anni 10. In tale contesto l’Ufficio giudiziario procedente delegava alla Compagnia della Guardia di Finanza di Mondragone il rintraccio del soggetto al fine della sua immediata carcerazione per l’espiazione della pena. Il soggetto veniva quindi tratto in arresto e condotto presso l’Istituto di Pena di S. Maria Capua Vetere. Gustavo Gentile

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Salerno, processo a De Luca e altre 25 persone per la variante di piazza Libertà: in aula i periti

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Si e’ giocata tutta su questioni tecniche e disagi per le dotazioni della nuova cittadella giudiziaria l’udienza a Salerno del processo a carico del’ex sindaco e attuale presidente della Campania, Vincenzo De Luca, e di altre 25 persone, tra cui i componenti della giunta comunale di Salerno nel 2010, imprenditori e tecnici comunali. De Luca deve rispondere di falso in atto pubblico per la costruzione di piazza della Liberta’, dinanzi all’edificio Crescent. Oltre all’ex primo cittadino, imputati per falso in atto pubblico i componenti della giunta comunale che il 16 febbraio 2011 approvo’ la variante per i lavori della piazza. Davanti al collegio della prima sezione penale (presidente Montefusco) sono stati ascoltati come testi, Nicola Augenti, perito del gip, e l’ingegnere Nunziata, progettista strutturale della pizza. Augento, rispondendo alle domande dei pm Guglielmo Valenti e Antonio Cantarella, e del collegio difensivo, ha spiegato le differenze tra progetto costruttivo ed esecutivo, soffermandosi sulla “indispensabilita’ della variante approvata il 16 febbraio 2011”; variante, invece, “abbastanza consistente” ma della quale “mi e’ sembrato non vi fosse questa indispensabilita’”. Gli avvocati, hanno eccepito che la relazione di Augento non fosse presente nel fascicolo, e i pm hanno ribatutto come “nella richiesta di misura cautelare e’ indicata questa perizia”, e che dunque “la relazione sia stata correttamente acquisita”. In apertura di udienza, i venti difensori avevano lamentato la mancanza “di condizioni per svolgere il mandato di avvocato” per la disponibilita’ limitata di sedie e scrivanie libere nell’aula di udienza al piano terra. Breve sospensioen del dibattimento, poi il presidente, dichiarandosi d’accordo con gli avvocati, ha chiesto di pazientare perche’, dalla prossima in calendario il 6 marzo prossimo, sara’ a disposizione un’aula collegiale di maggiori dimensioni. Sentito poi anche Nunziata. L’avvocato di Alberto Di Lorenzo, attuale dirigente del settore Attivita’ Produttive del Comune di Salerno, ha chiesto ai giudici l’emissione di una sentenza a non doversi procedere per intervenuta prescrizione relativa al capo uno di accusa, la turbativa d’asta per la gara per la posa in opera della pavimentazione. La procura contesta a De Luca, agli altri otto esponenti della Giunta comunale e a tre tecnici comunali la falsita’ della delibera con cui fu approvata la variante da oltre otto milioni di euro in favore della ‘Esa costruzioni’, la ditta che gia’ stava svolgendo i lavori di costruzione della grande piazza sul mare.

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Ferita da un razzo a Capodanno, il Riesame scarcera il carabiniere di Sant’Agata de’ Goti

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Benevento. Torna in libertà il carabiniere di Sant’Agata de’ Goti che a Capodanno ferì una donna di 37 anni con un razzo. Angelo Iannotta, 46 anni, era ai domiciliari dal 16 gennaio scorso ma il tribunale del Riesame di Napoli ha annullato la misura cautelare decisa dal gip del tribunale di Benevento. L’uomo torna in libertà ma resta indagato per le gravi lesioni provocate alla vittima con un razzo esploso per festeggiare. I giudici del Riesame hanno ritenuto insussistenti le esigenze cautelari, ritenendo improbabili la reiterazione del reato e il pericolo di fuga. Iannotta nell’interrogatorio di garanzia si era avvalso della facoltà di non rispondere. Non ha mai spiegato dunque dove si procurò l’ordigno pericoloso e non convenzionale esploso nella piazza di Sant’Agata de’ Goti. Una scheggia dell’ordigno bucò la tensostruttura dove era in corso una festa e colpì al polmone la donna. La 37enne da pochi giorni ha lasciato l’ospedale Rummo di Benevento dove fu ricoverata e operata per le gravissime lesioni.

Cronache della Campania@2018

Finti vini Dop e Igp, 50 perquisizioni in sei Regioni. Nel mirino distillerie e cantine

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Sono partite da Pordenone le indagini su un gruppo che adultera vini pregiati rivenduti con marchi Dop e Igp. Una cinquantina di perquisizioni in sei diverse regioni sono in corso da stamani da parte dei Carabinieri del Nas di Udine e dell’Ispettorato Repressione Fondi Nord-Est di Udine e Conegliano in una operazione di contrasto alle frodi e gli illeciti ai danni dei consumatori. Nel mirino della Procura della Repubblica di Pordenone ci sono distillerie, imprese agricole, abitazioni e ditte di trasporto, anche a scopo di tutela e qualità delle indicazioni geografiche tipiche e denominazioni di origine di prodotti agroalimentari, specie nel settore vitivinicolo. In particolare attenzione viene fatta ai vini di qualità. Le operazioni sono in corso nelle province di Pordenone, Udine, Treviso, Venezia, Padova, Reggio Emilia, Modena, Ravenna, Firenze, Livorno, Napoli, Bari, Foggia. “Gli accertamenti sono volti ad acquisire elementi di prova relativi a comportamenti fraudolenti, messi in atto da un’importante Cantina della provincia di Pordenone – informa una nota della locale Procura – circa la produzione e l’immissione in commercio di enormi quantità di vini che, pur non costituendo un pericolo per la salute del consumatore, sono stati qualificati con più DOP ed IGP in violazione delle norme dei disciplinari. Vini che sono stati ottenuti con uve prodotte ben oltre i limiti massimi di resa e con una gradazione naturale delle uve inferiore ai valori previsti dai relativi disciplinari. Inoltre, alcune tipologie di vini sono state qualificate con il nome di varietà di uva diversa da quella realmente utilizzata”.

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Caserta, muore per una trasfusione di sangue infetto in ospedale: risarcimento milionario per gli eredi

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Risarcimento da un milione e 50mila euro per la morte della loro congiunta, deceduta a 67 anni per un tumore al fegato e una cirrosi epatica da epatite C contratta a seguito delle trasfusioni di sangue infetto durante 5 giorni di ricovero presso l’Ospedale Civile di Caserta.
È quanto dovrà pagare il Ministero della Salute agli eredi della signora di Caivano, che si sono rivolti all’avvocato Renato Mattarelli per chiedere giustizia. A stabilirlo è stato il giudice Assunta Canonaco del tribunale di Roma, con la sentenza n. 2176 del 30 gennaio 2019 secondo cui “deve ravvisarsi, anche con riferimento all’epoca delle trasfusioni originanti la presente controversia (giugno 1983), una responsabilità del Ministero della salute per aver omesso, o comunque ritardato, l’adozione di cautele già conosciute alla scienza medica, il cui impiego avrebbe evitato o quantomeno ridotto sensibilmente il rischio di contagio anche per il virus HCV, che ancora non era stato esattamente identificato, e per avere tenuto un comportamento non diligente nei controlli..” sulla raccolta del sangue infuso nel 1983 alla donna, che all’epoca aveva 39 anni.

 Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

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