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Channel: Cronaca Giudiziaria
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Bombe e pizzo a Scafati, chiesti 57 anni di carcere per Buonocore & C.. ECCO LE RICHIESTE

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Scafati. Estorsioni, armi, droga: nove richieste di condanna e un’assoluzione per i ‘signori’ del pizzo di Scafati che a suon di pistolettate e bombe chiedevano le tangenti ai commercianti scafatesi. Cinquantasette anni di carcere questa la somma degli anni di reclusione chiesta stamane dal pm della Dda Giancarlo Russo al giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Salerno. Ma l’udienza di stamane ha anche registrato una piccola sconfitta per la pubblica accusa che ha chiesto di far acquisire agli atti del processo alcune intercettazioni telefoniche dal quale si sarebbe evinto il coinvolgimento di Giuseppe Buonocore, genero del boss Franchino Matrone, ritenuto uno dei capi di questo gruppo criminale nel traffico e nella detenzione di armi (mitragliette, pistole). Le intercettazioni, secondo quanto prospettato dall’accusa, avrebbe consentito al giudice di provare nuove accuse nei confronti di Buonocore. Secondo i pm Russo e Silvio Marco Guarriello, il riascolto delle conversazioni ‘ha consentito di far venire alla luce nuovi e più importanti elementi’ per consentire al giudice di raggiungere un giudizio di colpevolezza nei confronti non solo di Buonocore ma anche degli altri imputati per i reati legati alla detenzione di armi clandestine (fucili, pistole, mitragliette).
Ma il Gup, accogliendo la tesi dei difensori, sia di Buonocore – Massimo Autieri e Stella Criscuolo – che degli altri imputati ha ritenuto che il deposito non fosse tempestivo: le conversazioni acquisite nel 2017 erano già a disposizione della Procura prima della fissazione dell’udienza preliminare, tanto che anche la Procura ne ha dato atto.
Ma quelle prove potrebbero non andare perdute (tutti gli imputati hanno chiesto il giudizio abbreviato) ma potrebbero essere un buon viatico per nuove accuse nei confronti dei soggetti coinvolti, tutti orbitanti intorno alla figura di Franchino Matrone e del genero Buonocore.
Al termine della requisitoria, il pm Russo ha formalizzato le richieste di pena che saranno valutate dal Giudice per le udienze preliminari, nei confronti di Peppe Buonocore, genero del boss di Scafati, Franchino Matrone ‘a belva, Francesco Berritto, Vincenzo Muollo, Pasquale Palma di Torre Annunziata, Nicola Patrone, residente a Giugliano in Campania, Elvira Improta, Vin­cenzo Nappo, detto ‘o nonno, Giovanni Barbato Crocetta, Antonio Palma di Boscoreale e Mar­cello e Pasquale Panariello, figli di Improta. Gli imputati sono accusati a vario titolo di concorso in tentata estorsione aggravata, armi, detenzione di stupefacenti, con l’aggravante del metodo mafioso. A maggio scorso, in quattro finirono in cella. Secondo gli inquirenti avrebbero chiesto tangenti a suon di bombe e proiettili. Tre i tentativi di estorsione avve­nuti tra i mesi di agosto e dicembre dello scorso anno ai danni di un imprenditore del­l’area scafatese, contestati agli imputati che facendo riferimento all’appartenenza al clan Matrone di Scafati, chiedevano ai commercianti di pagare il pizzo. Tra i vari atten­tati contestati, quello nei confronti dell’inse­gna dei Roxe Legend Bar di via Melchiade di proprietà della famiglia Buonocore. Un altro davanti al centro scommesse di via Martiri d’Ungheria “Fly Play”. E ancora, colpi di pistola calibro 7,65 nei confronti del bar La Dolce Vita di Giuseppina Generali, moglie di Dario Spi­nelli (ora pentito) per finire ad agosto 2017 quando finirono nel mirino la pescheria Acqua e Sale di via Montegrappa (a commettere l’atten­tato furono per gli inquirenti i fratelli Pana­riello) il negozio di parruccheria Nico Style di Ni­cola Tamburo. L’Antimafia nella sua conclusione indagini ha anche contestato la lettera dal carcere che Panariello spedì al fratello nella quale sarebbe emersa la volontà del detenuto di far scomparire la pistola servita per l’attentato al ristorante pescheria. A di­cembre, poi, l’estorsione al titolare di un tabacchi da parte di Giovanni Barbato Crocetta. Secondo gli inqui­renti le azioni criminose erano state ordinate da Peppe Buonocore il quale, proprio ai giudici del Riesame di Salerno, ri­badì di non essere artefice di nessun clan e il Tribunale confermò che nelle azioni delit­tuose non c’era agevolazione mafiosa.
Rosaria Federico

LE RICHIESTE DI CONDANNA
Berritto Francesco 3 anni e 2000 euro di multa
Buonocore Giuseppe 12 anni e 25 mila euro
Palma Pasquale 5 anni e sei mesi, 2000 euro
Patrone Nicola 4 anni, sei mesi 2000 euro
Muollo Vincenzo 3 anni 2000 euro
Improta Elvira Assoluzione
Nappo Vincenzo 5 anni 3000 euro
Barbato Crocetta Giovanni 7 anni, 4000 euro
Palma Antonio 6 anni 3000 euro
Panariello Pasquale 8 anni  5000 euro
Panariello Marcello 3 anni 1500 euro

Cronache della Campania@2018


Torre Annunziata, Giudici di pace e avvocati corrotti: tutti ai domiciliari

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Sono stati posti tutti agli arresti domiciliari i giudici di pace, gli avvocati e i periti assicurativi coinvolti nel maxi blitz di due mesi fa della Procura di Torre Annunziata per l’inchiesta sulle sentenze taroccate al Tribunale oplontino. Tutti tranne lo scafatese Antonio Iannello, giudice onorario ritenuto il principale indagato della maxi inchiesta. la decisione è arrivata da parte dei giudici del Tribunale del Riesame di Salerno. Tornano a casa ma ai domiciliari l’altro giudice di pace, Raffaele Ranieri e anche  Salvatore Verde di Boscoreale, consulente tecnico, che, secondo le accuse, dal suo studio avrebbe gestito l’organizzazione dei sinistri combinati, la corruzione dei giudici onorari e diversi falsi incidenti. A casa anche i due avvocati di Torre Annunziata Ivo e Guido Varcaccio Garofalo, ritenuti tra i principali protagonisti dell’inchiesta e  ancora Aniello Guarnaccia, Eduardo Cuomo e l’ex consigliere comunale del Pd di Castellammare di Stabia, Rodolfo Ostrifate. Arresti domiciliari anche per i consulenti Dario Luzzetti, Luigi Coppola e Vincenzo Elefante e per il medico Ciro Guida.
Ai domiciliari restano, infine, Francesco Afeltra, Enrico Tramontano Guerritore, Gennaro Amarante, Antonio Cascone, Rosaria Giorgio e Carmela Coppola, per i quali è stata rigettata la richiesta di scarcerazione. Attende la decisione l’altro giudice Paolo Formicola, mentre erano già ai domiciliari Liberato Esposito e l’avvocato Nicola Basile, in libertà Marco Vollono, che aveva accusato Iannello di avergli imposto una sorta di estorsione per ottenere l’incarico di consulente.

Cronache della Campania@2018

Truffe agli anziani: 14 anni di carcere per la banda dei napoletani

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La quinta sezione della Corte d’Appello di Napoli ha emesso la sentenza nei confronti di tre  napoletani accusati di associazione a delinquere finalizzata alla truffa agli anziani. Reato tanto diffuso ultimamente, ed altrettanto odioso perché va a fare leva sulla sensibilità e la fragilità delle persone anziane. I fatti si erano svolti durante il 2016 nella provincia di Campobasso, ed un episodio aveva visto coinvolto anche un anziano signore di Sorrento, che in casa sua, al parco Cinzia si era visto “spillare” quasi 600 euro con la solita , ma efficace, scusa dell’anticipo per le spese legali per risolvere un fantomatico incidente stradale subito da un prossimo congiunto.
Ebbene, i tre uomini sapevano essere talmente convincenti da farsi consegnare il denaro senza neanche tanti sforzi. Bastava fare una chiamata e fingersi avvocato o maresciallo dei carabinieri, chiedere una somma di denaro, quasi sempre nella disponibilità degli ignari anziani, e dire che di lì a poco sarebbe passato un proprio incaricato, che la truffa era consumata. Ad incastrare i quattro uomini (per uno di loro si è proceduto separatamente) le telefonate intercettate sulle loro utenze “citofono”. Le condanne in primo grado, col rito abbreviato, avevano sfiorato i 6 anni. Tutte confermare oggi dalla corte d’appello di Napoli, tranne che per il sessantenne A.A. di Napoli, che assistito dalla penalista stabiese Olga Coda si è visto ridurre la pena di 2 anni.

Cronache della Campania@2018

Era stato il nipote Armandino Lubrano a curare la latitanza del boss Antonio Orlando mazzulill. LE INTERCETTAZIONI, IL VIDEO

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Secondo il gip Francesca Ferri che nel 2016 firmò l’ordinanza cautelare nei confronti 32 esponenti del clan Orlando e tra questi anche quello che fino a stamane era il capo latitante Antonio Orlando mazzulill era il nipote “Armando Lubrano da tempo è ritenuto il braccio destro di Antonio Orlando di cui curerebbe anche la latitanza come emerge dalla conversazione ambientale del 10.09.15 corredata dalle immagini relative ad un incontro tra Lubrano Vincenzo insieme a Polverino Vincenzo, De Luca Pietro, Rusciano Gianluca e Bocchetti Roberto nel corso della quale Lubrano Vincenzo fa espresso riferimento ad Armandino che mantiene il latitante Antonio Orlando, figlio della sorella Giuseppina. Il giovane rampollo del clan di recente è tornato a far parlare di se per un inchiesta che sta conducendo la Dda perché scoperto a usare tablet nel carcere dove era detenuto
Polverino Vincenzo: mo ti dico un’altra cosa l’aspetti tu qua a tuo zio se viene
UOMO 2 no..! perché Angelino alle quattro
Polverino Vincenzo: oggi?
U2: alle quattro, dice che zio Tonino è venuto e che loro l’hanno sentito parlare …pausa…
Lubrano Vincenzo: noi poi parliamo con lui e diciamo come se stiamo ad Aversa un paio d’ore…
Polverino Vincenzo: ma oggi viene pure zio Antonio?
Lubrano VINCENZO: EH …LA VERITÀ PROPRIO A LUI LO APPOGGIA ARMANDINO!
U2. eh stamm sempre ah…
Vincenzo: io ci sono stasera solo …ah… per…ah..
ZV: perché..ah… (Si sovrappongono le voci)
U2: a chiamarlo mo?
ZV: e la sorella di Lorenzo ..il matrimonio..?
Vincenzo: la sorella di Lorenzo il 15!
ZV: E Può essere che ci stà? Quando è martedì?
Vincenzo: E oggi che coseè 10? è martedì! (ndr: parlano del matrimonio di Michele D‟Ambra e Maria Nuvoletta che si terrà il 15 Settembre 2015) …incomprensibile… si sovrappongono le voci a bassa voce.
Vincenzo: è strano che sono andati al lato di Santa Maria! (ndr: Vincenzo intende dire che il ristorante che hanno scelto “ Tenuta San Domenico” è sita in Sant’Angelo in Formis in provincia di Caserta vicino Santa Maria Capua Vetere
ZV: Davvero? E noi non ci sappiamo nemmeno arrivare!
Vincenzo: è… quello pure Armando ha detto a gennaro vedi un po dove si trova questo ristorante e se qualcuno fa le fotografie cose…(ndr: Vincenzo intende dire che Armando Lubrano si preoccupa di sapere dove si trova il ristorante e se cè qualcuno che fa le foto, nel senso che si guardano bene del fatto di non essere visti).

Renato Pagano

@riproduzione riservata

Cronache della Campania@2018

Abusi a ‘Napoli sotterranea’: l’ex guida conferma in aula le accuse al presidente

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Prima udienza dibattimentale “a porte chiuse”, ieri nel Tribunale di Napoli, del processo in cui e’ imputato, Vincenzo Albertini, 59 anni, presidente dell’associazione culturale “Napoli sotterranea”, accusato di violenza sessuale da una sua ex collaboratrice “in nero”. Nel corso dell’udienza, durata circa quattro ore, la presunta vittima degli abusi, Grazia Gagliardi, 33 anni, assistita dall’avvocato Alessandro Eros D’Alterio, ha confermato, tra le lacrime, di avere subito gli abusi, il 30 gennaio 2017, nelle cavita’ sotterranee del noto sito turistico partenopeo, precisamente nella summa cavea del teatro greco-romano. Violenze denunciate l’8 febbraio, attraverso il suo legale, alcuni giorni dopo avere preso la sofferta decisione di abbandonare il lavoro di guida che tanto amava. Ascoltato anche un pizzaiolo, Patrizio Miccio, con il quale Grazia avrebbe avuto una breve relazione, che ha confermato di avere visto quel giorno, Albertini (difeso dall’avvocato Maurizio Zuccaro), seguire la presunta vittima, nel sito turistico e, poco dopo, la ragazza uscire piangendo. Nel corso dell’ udienza si e’ anche parlato di un paio di chat su whatsapp attivate e usate per rendere nota la triste vicenda sulle quali i partecipanti si sarebbero scambiati considerazioni sull’accaduto. Il collegio A della V sezione del Tribunale, al termine dell’udienza, ha calendarizzato le successive udienze: la prossima e’ stata fissata il 28 gennaio: l’ultima ad aprile, durante la quale si dovrebbe giungere alla sentenza.

Cronache della Campania@2018

Alessandra investita e uccisa dall’ex: il ragazzo condannato a soli 4 anni. La mamma della vittima minaccia il suicidio in aula

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Per la Procura di napoli Nord  si sarebbe trattato di un omicidio volontario e guida in stato d’ebrezza. Ma il gip Santoro del  Tribunale ha emesso una sentenza di condanna a 4 anni e 8 mesi di carcere per Giuseppe Varriale, 24enne di Mugnano accusato di aver travolto e ucciso con la sua auto l’ex fidanzata Alessandra Madonna. Peer lui la condanna è stata di omicidio stradale. La decisione è arrivata al termine del processo che si è svolto con rito abbreviato.  Per la procura non fu solo un omicidio ma un femminicidio. Ma questa accusa sostenuta nel corso dell’udienza preliminare  e la richiesta di condanna a 30 anni di carcere non hanno convinto il gip. Il ragazzo e’ agli arresti domiciliari e molto probabilmente all’esito della sentenza tra non molto potrebbe pure tornare in libertà in attesa del secondo grado e poi della sentenza definitiva. La vittima fu investita dall’auto di Varriale l’ 8 settembre del 2017 a Mugnano, area Nord di Napoli, dopo un violento litigio. Secondo Varriale, era stato un incidente perche’ la cinghia della borsetta della ragazza si era impigliata nella portiera e lui non se ne accorse, partendo veloce e facendo cadere e trascinando la ragazza a terra per metri. Per la Procura, il giovane, ubriaco e in stato alterato, la investi’ di proposito trascinandola al culmine di un litigio violento. La famiglia della ragazza ha commentato: “L’hanno uccisa due volte”. La madre di Alessandra, Olimpia Cacace, invece, si e’ chiusa in una stanza del tribunale e ha poi tentato di lanciarsi da un balcone. A intrattenerla e’ stata una cronista di Mediaset a cui la donna ha detto: “Questa non e’ giustizia, deve venire il magistrato qui e mi deve chiedere scusa”.La giornalista si e’ subita attivata chiedendo ad un avvocato di cercare il magistrato. “Io mi butto, 4 anni e 8 mesi gli hanno dato, – ha detto ancora la donna alla cronista – neanche a una bestia”. Nel frattempo alcuni agenti della polizia penitenziaria sono riusciti a sfondare la porta e bloccare la donna prima che si lanciasse nel vuoto.
Varriale e’ stato difeso dagli avvocato Raffaele Chiummariello e Nicola Pomponio. I genitori di Alessandra, si erano costituiti parte civile assistiti dagli avvocati Celestino Gentile, Giovanni Battista Vignola e Alessandro Caserta.

Cronache della Campania@2018

Imprenditore vittima di usura, ecco come Schiavone figlio di Sandokan minacciava gli ‘strozzati’

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Caserta. Nella morsa della camorra più spietata e dell’usura: un imprenditore casertano si fece prestare 1,2 milioni di euro e li dovette restituire con 500mila euro di interessi. E’ quanto emerso nel processo che si sta celebrando a Caserta nei confronti di sei imputati, tra i quali anche esponenti del clan dei Casalesi. In sei anni, tra il 2004 e il 2010, a fronte del prestito versò interessi mensili tra il 5 e il 10%, l’imprenditore di Aversa finito in un giro di strozzini e poi in ultimo al cospetto di Nicola Schiavone, figlio del capoclan dei Casalesi Francesco “Sandokan” Schiavone, che gli intimò di pagare “altrimenti ti apro la testa” gli disse il boss. Nel processo che si sta celebrando sono imputate sei persone, tra cui gli esponenti dei Casalesi Gabriele Brusciano, braccio destro dell’ex capo dell’ala stragista del clan Giuseppe Setola. Nicola Schiavone, figlio di Sandokan, da luglio collaboratore di giustizia, nel processo abbreviato in cui è stato già condannato, disse che “i Casalesi non praticano l’usura”. Ma emerge tutt’altro dagli atti che stanno valutando i giudici, tant’è che lo stesso Schiavone ha accusato i suoi sodali imputati di essere usurai del clan, tra questi figura il 58enne Ferdinando Graziano, indicato come uno dei più grossi strozzini della cosca casertana, che impegnava i soldi di Michele Zagaria. Proprio il pentito Schiavone jr dovrà testimoniare al processo che si terrà il 20 dicembre prossimo, nato dalla denuncia dell’imprenditore vittima, della moglie e del suocero – tutti assistiti dall’avvocato Gianni Zara – e che vede sul banco dell’accusa il pubblico ministero della Dda Graziella Arlomede.

Cronache della Campania@2018

Sequestro di persona e stupro di gruppo a Battipaglia, finisce in carcere 30enne: deve scontare 6 anni

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Battipaglia. Stupro di gruppo e sequestro di persona a Battipaglia: un 30enne, residente a Reggio Emilia, è stato arrestato ieri, dai carabinieri di Reggio Emilia, in esecuzione di un provvedimento restrittivo di cumulo pene emesso dalla procura di Salerno per una serie di reati che spaziano dalla violenza sessuale di gruppo al sequestro di persona, passando per il reato di rapina e furto. Il giovane sarà scarcerato nei primi mesi del 2024 se non detenuto per altra causa. Nella sua quadriennale ‘carriera criminale’ (dal 2010 al 2014), l’uomo ha accumulato: una condanna ad un anno e una multa da 460 euro per il reato di furto aggravato commesso a Eboli il 22 gennaio 2014; una condanna a 4 anni e 3 mesi di reclusione, l’interdizione dall’esercizio di tutela e curatela perpetua, l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni e la perdita dei diritti successori e del diritto agli alimenti nei confronti della persona offesa, per i reati di concorso in violenza sessuale di gruppo, sequestro di persona e rapina commessi a Battipaglia nel novembre del 2010.

Cronache della Campania@2018


“The Queen”, udienza preliminare alle battute finali Il verdetto di rinvio a giudizio prima di Natale

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“The Queen”, partite questa mattina l’arringa degli avvocati difensori. Siamo all’udienza preliminare, i giudici dovranno stabilire, quindi il destino processuale degli imputati. Un destino che potrebbe conoscersi molto presto. L’inchiesta coinvolte 45 persone. Tra gli imputati, l’ex consigliere regionale Pasquale Sommese, gli ex sindaci di Alife Giuseppe Avecone, di Riardo Nicola D’Ovidio, l’attuale sindaco di Aversa Enrico de Cristofaro. Gli imputati sono accusati, a vario titolo, di corruzione, turbativa d’asta e concorso esterno in associazione camorristica (solo per alcuni indagati). Tutta l’indagine ruota attorno all’ingegnere napoletano Guglielmo La Regina da cui ha preso il nome l’operazione. Sotto la lente della Dda di Napoli sono finte alcuni appalti che i colletti bianchi avrebbero truccato per favorire imprese della famiglia Zagaria del clan dei Casalesi.
Gli imputati
Claudio Accarino, 22 anni, Alife
Pasquale Amato, 63 anni, Comiziano
Francesco Ambrosio, 52 anni, San Giuseppe Vesuviano
Michele Apicella, 67 anni, Napoli
Giuseppe Avecone, 51 anni, Alife
Aldo Aveta, 69 anni, Napoli
Claudio Borrelli, 71 anni, Napoli
Ferdinando Bosco, 65 anni, Casapulla
Antonio Bretto, 42 anni, Casal di Principe
Vito Cappiello, 70 anni, Napoli
Luigi Conte, 69 anni, Salerno
Carlo Coppola, 64 anni, Napoli
Claudio D’Alessio, 56 anni, Pompei
Andrea D’Aniello, 34 anni, Gricignano
Nicola D’Ovidio, 50 anni, Telese Terme
Claudio De Biasio, 53 anni, Napoli
Enrico De Cristofaro, 63 anni, Aversa
Luciano Di Fraia, 64 anni, Napoli
Loredana Di Giovanni, 46 anni, Napoli
Rino Dimola, 48 anni, Aversa
Pasquale Garofalo, 43 anni, Aversa
Francesco La Regina, 78 anni, Napoli
Guglielmo La Regina, 40 anni, Napoli
Vincenzo Manocchio, 73 anni, Napoli
Daniele Marrama, 43 anni, Napoli
Mario Martinelli, 53 anni, San Cipriano
Salvatore Mazzocchi, 73 anni, Nola
Raffaele Meo, 47 anni, Nola
Andrea Nunziata, 49 anni, Nola
Mario Palermo Cerrone, 40 anni, Napoli
Umberto Perillo, 48 anni, Napoli
Carlo Antonio Piccirillo, 39 anni, Portico
Raffaele Piccolo, 55 anni, Casapesenna,
Domenico Antonio Ranauro, 68 anni, Cannalonga,
Corrado Romano, 53 anni, Pettorano sul Gizio
Antonio Sommese, 48 anni, Nola
Pasquale Sommese, 61 anni, Cimitile
Vincenzo Sposito, 59 anni, Maddaloni
Sergio Stenti, 71 anni, Napoli
Raffaele Testa, 54 anni, Pastorano
Gabriele Venditti, 61 anni, Alife
Salvatore Visone, 56 anni, Avellino
Alessandro Zagaria, 31 anni, Casapesenna
Raffaele Zoccolillo, 53 anni, Piedimonte

Cronache della Campania@2018

Dai telefoni e dai pizzini si cercano i complici del boss Orlando. LE INTERCETTAZIONI DEL SUMMIT

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Dopo la cattura di Antonio Orlando, latitante per 15 anni ora l’attività investigativa è puntata in questa seconda fase su chi ha coperto la sua latitanza. Orlando ha cambiato in tutto questo tempo diversi domicili. Alla conferenza stampa, insieme al comandante provinciale di Napoli Ubaldo Del Monaco hanno preso parte anche il comandante di Castello di Cisterna Gaspare Giardelli, e il maggiore Antonio Bagarolo, comandante del Nucleo investigativo di Castello di Cisterna. Gli investigatori hanno spiegato che cercheranno di “capire di quali coperture ha goduto durante questi lunghi anni di latitanza; probabilmente i documenti che ha tentato di bruciare contenevano elementi utili in questo senso”. Ma sarà utile soprattutto la lettura del traffico telefonico dei due smartphone sequestrati nella casa di Mugnano, le chat, i messaggi. Di certo si capirà chi ha aiutato almeno in questi ultimi anni Antonio Orlando a mantenere la sua latitanza. Il boss non aveva mai fatto mancare la sua presenza in questi anni e neanche nella famosa estate del 2015 quando la sua famiglia e il suo clan prese il sopravvento sui Polverino e sui Nuvoletta. Tre summit alla periferia di Quarto in cui aveva partecipato come si evince dalle intercettazioni contenute nelle circa mille pagine dell’ordinanza cautelare firmata dal gip Francesca ferri che  sgominò la cosca dei Carrisi. Molte di quelle mille pagine riguardavano la figura di Antonio Orlando

Scrive il gip: “L’ incontro del 14.08.15. La fase del passaggio di consegne tra i vertici delle due consorterie criminali prosegue nel mese di agosto e viene monitorato l‟incontro del 14 agosto grazie alle due conversazioni registrate nell’auto di Sarappo Gennaro…anche questa volta partecipano Polverino Vincenzo e gli elementi apicali del clan Orlando, (Lubrano Armando, Orlando Angelo o Malomm, Orlando Gaetano, Sarappo Gennaro più altri di minor livello), nonché De Luca Pietro “zi Pierino” (padre di De Luca Alessandro) e lo stesso latitante Orlando Antonio. La sera del 13 agosto 2015 il gruppo si sta recando al summit e grazie alle intercettazioni ambientali emerge la presenza dei vertici del clan Orlando, tra i quali Gaetano Orlando, a conferma dell‟importanza dell‟incontro tenutosi tra gli elementi di spicco delle consorterie criminali “ORLANDO” e “POLVERINO”, tra i quali è presente il latitante Antonio Orlando alias “mazzolino”.  Il summit dura tutta la sera ed a notte inoltrata il gruppo risale in auto. Le conversazioni che si registrano consentono di ricostruire lo svolgimento dell’incontro che aveva come obiettivo quello di consentire agli Orlando di poter attingere notizie sulle attività del clan “Polverino”  o’ malomm poi non fa parlare, mannaggia la marosca `…..` cioè, quello sta parlando e quello sopra lui, deve dire “e stai zitto fammi sentire, questo che sta dicendo`) e definire gli equilibri tra gli Orlando ed i “Polverino”: la delicatezza delle questioni aveva imposto la presenza dei due vertici Antonio Orlando e di Polverino Vincenzo, come si desume da alcuni tratti della conversazione.

ARMANDO LUBRANO eh, ma Angioletto si mette a copp (n.d.r.: sopra) Michele: non è da me …incomprensibile… ARMANDO LUBRANO disse che non parlava (n.d.r.: ride) Michele: (n.d.r.: ridendo bestemmia)mannaggia la Madonna, quello già non si capisce solo lui quando parla, quello per parlare ci mette due ore ARMANDO LUBRANO e chi cazz! Michele: quello a copp a mano dice …incomprensibile… mannaggia a marosca GENNARO: comunque stava parlando di una cosa importante settembre… Michele: hai visto? GENNARO: Angiolè a settembre, Angiolè a settembre, bum, bum, bum, bum… Michele: [Pr.572-A-5 @ 02:49:10] come ha iniziato a parlare ma la mi ha innervosito ARMANDO LUBRANO nooooh!
Michele: ma stai zitto, gli ho detto fallo di finire di parlare
ARMANDO LUBRANO: voleva dire allora settembre che ce ne fotte
Michele: quello stava per dire una cosa hai capito bravo…incomprensibile…
GENNARO: eh!
Michele: nu poco che noi vogliamo sentire, quello tanto lo stava fermando ancora, Madonna mia! Madonna mia è stai un poco zitto. GENNARO: Michele gli ha dovuto mettere la mano sul braccio, zio Vincenzo ti guardava!
Michele: mannaggia la marosca va! No è esagerato guarda e fuori del normale.
ARMANDO LUBRANO: Michele!
Michele: …incomprensibile…
ARMANDO LUBRANO: quello mo vide a certi ragazzi. Mi senti?
M: chi so questi ragazzi!
ARMANDO LUBRANO: a certi ragazzi che vide, si scordò che li aveva visti tre giorni prima…
Michele: gli disse le cose…
ARMANDO LUBRANO  gli disse le stesse cose, quelli lo guardano con la bocca aperta, guardano a “Caramella ,” disse Caramella “Angioletto già li hai visti prima a quelli.” Ah? Va bene te lo detto di nuovo. Quelli, si ma stiamo qua per te siamo venuti, c‟è l‟avevano portato già! Gli stava dicendo “no perché qua se faci… disse “scusa vi uccidevo veramente mi minacciavate “!Disse hai capito? “E non hai capito io poi mi confondo perché è un sacco di gente”. Ando dalle persone, gli disse le stesse cose che gli aveva detto tre giorni prima però teneva l‟appuntamento che arrivavano altri soldi. Cioè pensa un poco!Ha pigliato una cantilena! Poi la cosa brutta e che tu gli dici vai la vai a sentire dici sei andato? “Gli ho detto, gli ho fatto” e ma che ti ha detto? “Non dargli retta non conta” Michele: quello, quello (n.d.r.: ride) perché quello che non ha detto eh! ARMANDO LUBRANO …incomprensibile… (n.d.r.: si accavallano le voci) Michele: e non gli dar retta GENNARO: diceva Armando si ma ARMANDO LUBRANO hanno capito! GENNARO: tutto a posto, non ti preoccupare ..omissis.. ARMANDO LUBRANO dove vai Gennaro … (n.d.r.: si accavalla la voce con quella di Michele)
GENNARO: deve accompagnare prima a zio Pierino
Michele: dove sta di casa?
ARMANDO LUBRANO e che fa, sta di casa qua ! GENNARO: sempre sopra ai Camaldoli! ARMANDO LUBRANO no sopra i Camaldoli ! Omissis.. Michele: non dovete bere ragazzi quando andate a mangiare ARMANDO LUBRANO no, io non ho bevuto dalla disperazione, ho sentito solo …incomprensibile… Michele: no a me mi ha sconvolto o‟ malomm, (n.d.r.: si riferisce di nuovo ad Angelo ORLANDO) cioè non c‟è l‟ho fatta più, l‟ho dovuto acchiappare sopra al braccio (n.d.r.: prendere per il braccio) e fallo di finire di parlare, fammi capire che sta dicendo questo, mannaggia a marosca (n.d.r.: ride)
GENNARO: quando diceva se ne deve andare questo
Michele: è normale e perché io non ho proprio parlato tutta la serata, ho detto solo quello, stai zitto un minuto!(n.d.r.: ride) ARMANDO LUBRANO (n.d.r.: ride)
Michele: mannaggia a marosca!

ARMANDO LUBRANO mannaggia o pataturc va! Michele: (n.d.r.: ridendo dice) zio Vincenzo pensava che ero muto io no, quando mi ha sentito di dire… ha detto lui parla! ARMANDO LUBRANO (n.d.r.: ride)
Michele: per ciò mi ha guardato?
ARMANDO LUBRANO eh, bravo!
Michele: mannaggia a marosca va!
ARMANDO LUBRANO ma …incomprensibile… Michele: quello si avvicinava vicino all‟orecchio, ne Vincenzo zio Vincenzo, proprio addosso gli stava (n.d.r.: ride)
A7: e quello così diceva!
ARMANDO LUBRANO no …incomprensibile… M: (n.d.r.: ride) …omissis… GENNARO: il fatto del cappello, alza il cappello, alza il cappello, poi dopo ha detto il fatto del caffè, zio Crescenzo… ARMANDO LUBRANO: devi vedere io gli ho detto non si deve parlare del passato, si deve parlare… giusto eh giusto! Non dobbiamo parlare proprio, se no non dovremmo nemmeno stare la, mettiamo a figura di merda! (n.d.r.: ridono) Il primo schiaffo …incomprensibile… , dimmelo a me! ARMANDO LUBRANO vai piano dobbiamo andare ad accompagnare a zio Pierino. (n.d.r.: ridono) E zio Pierino sta pieno di diabete mo, sta male diciamo, …incomprensibile… in pancia, però e chi cazz! Conversazione ambientale avente intercettata sull‟autovettura Fiat Grande Punto in uso a Sarappo Gennaro – Di seguito, al , gli interlocutori commentano le fasi della cena ed il comportamento di Orlando Angelo nei confronti di Polverino Vincenzo “ma poi non hai capito che ha fatto questo sporco di “o‟ malomm” mentre mi è scappato da ridere non te ne sei accorto?”….” stavo mangiando la macedonia davanti zio Vincenzo”…..” zio Vincenzo ha preso il cocco l‟ha tolto di bocca e la messo di nuovo nel bicchiere”….” o‟ malomm l‟ha preso e ha iniziato ad inzuppare l‟ha dentro … o anima di Dio ho detto così” Testimonia infine la presenza quella sera anche del latitante ORLANDO Antonio il passaggio della medesima ambientale progr. 573 che si riporta come trascritta dal perito fonico dr. Cesari: Legenda interlocutori: A: Armando LUBRANO, G: Gennaro SARAPPO, M: Michele SCIORIO, A7: Angelo, non meglio identificato; A1: Angelo ORLANDO, nato a Napoli il 31.10.1979 “o‟ malomm” V: Vincenzo POLVERINO, U: uomo, non meglio identificato. “omissis…. ARMANDO LUBRANO (n.d.r: a bassa voce dice) Gennà, penso che sia del suocero Michele: di chi ?
GENNARO:e del vecchio, questo!
Michele : ma quello tiene la carne zio Vincenzo?
ARMANDO LUBRANO: no, mo non lo tiene più, forse tiene il furgone e si va con il furgone, noi dobbiamo andare con zio Vincenzo! fammi salutare un attimo a zio Mazzulillo! GENNARO: scendiamo a salutare ad…incomprensibile…ià (n.d.r: la macchina si ferma con il motore acceso in Viale Sant’Ignazio di Loyola – Napoli (Napoli) – ITA – Velocità: 0.0 Km/h. – Lat: 40.865315 / Lon: 14.190065, come da rilevamento GPS, e gli occupanti scendono, poi si ascolta Armando LUBRANO omissis….” Alle successive ore 03:38 accompagnano a casa Polverino Vincenzo che si trovava a bordo di un’altra auto. Alle ore  la macchina si ferma con il motore acceso in Via Marano Pianura 218 > 232 – 183 – Marano di Napoli(Napoli) – ITA – Velocità: 0.0 Km/h – Lat: 40.875332 / Lon: 14.183315 all‟interno del CENTRO CARNI POLVERINO”dove abita Vincenzo POLVERINO, in legenda generalizzato e gli occupanti scendono. (n.d.r.: oltre al rumore del motore dell‟auto, si sentono dei cani che abbaiano) Alle ore  03:39:09 si avvicinano alla macchina delle persone e si ascolta Armando LUBRANO GENNARO: no e come fai zio Vincenzo… ARMANDO LUBRANO voi e Angioletto! GENNARO: io sono ventiquattrore operativo, zio Vincenzo! A1: ci vediamo domani mattina ià V: eh! A1: buonanotte! ARMANDO LUBRANO buonanotte zio Vincenzo! Omissis….” Dunque, anche Antonio Orlando, a conferma dell‟importanza dell‟incontro con i Polverino e della delicatezza del momento, ha partecipato al summit. Ciò induceva gli investigatori a verificare le zone in cui le auto monitorate si erano recate in quel periodo anche al fine di catturare il latitante. Gli esiti dell‟esame del tracciato GPS consentiva di accertare che in data 01.08.2016 Sarappo Gennaro, Armando Lubrano – peraltro in quella occasione armato (… la commare la tenevi addosso) – e Angelo Orlando o malomm si erano recati in un‟area boschiva di via dell‟Eremo – poco distante dal punto in cui il 14.08.15 risultava accompagnato zio Mazzolino – dopo il summit appena commentato. Verificata la zona grazie alle coordinate GPS del veicolo ambientalizzato in uso a Sarappo  la PG individuava nell‟area boschiva un prefabbricato – casotto – che riteneva opportuno monitorare con video riprese…

 Renato Pagano

@riproduzione riservata

 

 

 

 

Cronache della Campania@2018

Nicola Schiavone chiamato a testimoniare contro Cosentino e soci

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Nicola Schiavone entra nel processo a carico di Nicola Cosentino ed altre 20 persone coinvolte nell’inchiesta sui legami tra la politica ed il clan dei Casalesi. Colpo di scena nel corso dell’udienza d’Appello per l’inchiesta “Il Principe e la (scheda) ballerina” che vede alla sbarra i 21 imputati che hanno scelto il rito ordinario, tra cui l’ex sottosegretario all’Economia, condannato in primo grado a 5 anni di reclusione.
Il pubblico ministero della Dda ha chiesto di ascoltare nella prossima udienza, fissata a febbraio, il primogenito del boss dei Casalesi Francesco Sandokan, che da luglio sta parlando con i magistrati. Le dichiarazioni verranno depositate nei prossimi giorni e saranno poi i giudici a valutare l’ingresso del rampollo di casa Schiavone nel processo d’appello. Cosentino, secondo l’accusa, essendo stato un referente politico del clan dei casalesi, si sarebbe interessato alla costruzione di un centro commerciale, mai edificato, voluto dalla camorra e si sarebbe interessato per un finanziamento all’Unicredit di 5 milioni di euro alla Vian di Nicola Di Caterino, la società che doveva edificare il centro. L’incontro per l’erogazione dei fondi, di fatto mai concretizzata, sarebbe avvenuto a Roma nella filiale di via Bari il 7 febbraio 2007. In primo grado i giudici hanno inflitto 13 condanne ed 8 assoluzioni. Con Cosentino vennero condannati Nicola Di Caterino a 11 anni, Gaetano Iorio a 9 anni, Stefano Di Rauso a 9 anni, Mauro La Rossa a 7 anni, Cristoforo Zara a 5 anni, Caterina Corvino a 4 anni, Rossano Tirabassi a 4 anni, Gennaro Abbruzzese a 4 anni, Stefania Porcellini a 2 anni e 8 mesi, Claudio Angeli a 2 anni e 8 mesi, e Marco Galante a 2 anni. Nel collegio difensivo sono impegnati, tra gli altri, gli avvocati Giuseppe Stellato, Stefano Montone e De Caro.

 Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Castellammare, i tre baby stupratori piangono in aula e chiedono perdono: da gennaio in messa alla prova

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Castellammare. Il Tribunale per i Minori di Napoli ha concesso la messa alla prova a partire dal prossimo gennaio per i tre baby stupratori legati al clan D’Alessandro che lo scorso aprile avevano violentato in gruppo una ragazzina di 12 anni di Gragnano, ex fidanzatina di uno dei tre. La decisione è arrivata ieri nel corso di un drammatico confronto in aula in cui i tre hanno pianto e hanno spiegato di “Vergognarsi” di quello che avevano fatto. Altrettanto forte e commovente la replica della mamma della ragazzina che ha urlato loro “Ci avete rovinato la vita”. I tre hanno chiesto di studiare la mattina e lavorare il pomeriggio, impegnandosi in progetti sociali e di assistenza a disabili e malati. E potranno farlo, grazie ad una relazione favorevole degli assistenti sociali e degli psicologi che li seguono da mesi. Dall’otto settembre scorso sono in una comunità di recupero dopo che erano stati nel carcere minorile per cinque mesi: il tribunale per i minori aveva accolto le richieste avanzate dai difensori (Gennaro Somma e Antonio De Martino) dei tre decidendo il loro trasferimento in una comunità di recupero. Nel frattempo la 12enne di Gragnano ha lasciato la zona e si è trasferito al Nord per timore di ritorsioni nei suoi confronti. Decisione arrivata dopo un drammatico faccia a faccia quello andato in scena nelle aule del tribunale per i minori di Napoli nel luglio scorso. Per la prima volta la dodicenne di Gragnano vittima del branco di baby stupratori legati al clan D’Alessandro di Castellammare si erano incontrati. Alla presenza di una psicologa e degli avvocati delle parti nel corso dell’audizione protetta la ragazzina aveva confermato le accuse nei confronti dei tre violentatori. ripercorrendo, non senza difficoltà e non senza interruzioni dovute all’emozione di quei brutti momenti, che cosa accadde quella sera di aprile quando fu violentata e filmata in gruppo in una stanza delle Terme di Stabia. Uno dei ragazzi era stato il suo fidanzatino e poi si erano lasciati per gli atteggiamenti violenti che aveva nei suoi confronti. L’aveva costretta a fumare uno spinello e poi a fare sesso e poi l’aveva ricattata chiedendole dei soldi in cambio del silenzio e perché non diffondesse le foto e le immagini dei rapporti alle sue amiche e alla sue prof. Poi nel mese di aprile ci sarebbe stata la violenza di gruppo organizzata da un altro ragazzino, amico del suo ex, e parente stretto di un boss del clan D’Alessandro. I tre, difesi dagli avvocati Antonio De Martino e Gennaro Somma, dal canto loro avevano invocato il perdono.

 

 

Cronache della Campania@2018

Maxi processo per i signori del racket dell’Area vesuviana

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Affronteranno tutti il processo con rito ordinario gli imputati, venticinque, ritenuti vicini ai cartelli criminali dell’area vesuviana dediti all’estorsione e al racket. Si tratta dei Vollaro di Portici, gli Ascione e i Birra di Ercolano e i Papale di Torre del Greco. Per loro pende l’accusa di estorsione aggravata, associazione per delinquere di stampo mafioso, minacce, tentato omicidio e estorsione aggravata. Nella giornata di ieri è avvenuta la richiesta di costituzione delle parti civili di Ercolano. Si è costituito il Comune di Ercolano rappresentato dal sindaco Bonajuto e l’Associazione antiracket “Ercolano per la legalità”. La mega indagine, come ricorda Il Roma, parte dal sequestro di un’ agenda con all’interno decine e decine di imprenditori vittime di estorsione. Per gli investigatori si tratta di estorsioni perpetuate almeno per venti anni. Tra i vari nomi ci sono quello di Mario Ascione, rinchiuso al 41 bis nel carcere milanese di Opera. Per gli inquirenti è uno dei boss del clan con base ed interessi tra Torre del Greco ed Ercolano. Ci sarà ad affrontare il processo anche Pasquale Spronello, affiliato all’ala del clan Ascione-Papale guidata dal boss Natale Dantese. Nel dicembre del 2017 Spronello è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Salvatore Barbaro, una vittima innocente della faida di camorra tra gli Ascione-Papale e i Birra-Iacomino. In aula anche Giorgio Di Bartolomeo, genero del defunto Raffaele Ascione detto Raffaele ‘o luongo. Tra gli imputati anche Luigi Nocerino, attualmente recluso al carcere duro. Anche Pietro Vollaro, uno dei tanti figli del boss Vollaro, storico padrino della camorra a Portici è tra gli imputati. Tra i 26 coinvolti nel procedimento solo dieci sono a piede libero, tutti gli altri sono già in carcere per le attività delittuose commesse negli anni indietro. La prossima udienza è fissata per il 29 gennaio 2019.
I 25 IMPUTATI
GAETANO ACAMPORA
CARMELO ADAMO
GIOVANNI ASCIONE
MARIO ASCIONE
MICHELE ASCIONE
PATRIZIA ASCIONE
RAFFAELE ASCIONE
ANNAMARIA BIRRA
GIORGIO DI BARTOLOMEO
ANIELLO ESTILIO
GIOVANNI FILOSA
MARIAROSARIA LA PIETRA
LUIGI MANZO
SALVATORE MIRANDA
CIRO MONTELLA
CIRO NOCERINO
DOMENICO NOCERINO 62 ANNI
OMENICO NOCERINO 35 ANNI
LUIGI NOCERINO 61 ANNI
LUIGI NOCERINO54 ANNI
PASQUALE SPRONELLO
MARIO VANACORE
VINCENZO VIOLA
GIUSEPPE VOLLARO
PIETRO VOLLARO

Cronache della Campania@2018

Investì otto persone davanti alla discoteca: ai domiciliari. per il Tribunale “si difese”

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Finisce agli arresti domiciliari Carmine Cicalese, il 18enne di Pagani, che nella notte tra il 1 e 2 novembre era stato arrestato per aver investito otto persone all’esterno della discoteca Vanilla. Il tribunale del Riesame ha mutato l’accusa da strage a tentato omicidio per il giovane con queste motivazioni. “La ricostruzione della procura, ripresa dal gip, si fonda su dati parziali, perché non tiene conto di alcune delle dichiarazioni acquisite, dei dati emergenti dalle telecamere e da altri dati indicati, primo fra tutti, la presenza di un gruppo di giovani armati che voleva punire Cicalese e i suoi amici. Vi è senza dubbio – dicono i giudici – prova di una violenta reazione di Cicalese con intenti omicidiari, ma non la volontà di determinare pericolo per la vita della collettività. Il ragazzo agì sotto stress, né voleva uccidere un numero indeterminato di persone”. Il 18enne aveva anche deciso di andare via dopo un’accesa discussione facendo scomparire ogni proposito di vendetta. Ma dopo qualche minuto si trovò ad affrontare alcuni giovani armati di bastoni. Sul posto, inoltre, era giunto anche il padre per aiutarlo a cambiare la ruota dell’auto. Anche lui fu aggredito e a quel punto il giovane, alla guida della vettura, ritornò indietro e investì le otto persone tra cui il genitore. Per il tribunale il ragazzo, incensurato ed in giovane età, nonostante avrebbe una “spiccata tendenza alla violenza” la misura detentoria per contenerlo sarebbero gli arresti domiciliari e non il carcere.

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Camera penale di Napoli, Ermanno Carnevale è il nuovo presidente: battuto Bruno Botti

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Napoli. L’avvocato Ermanno Carnevale è il nuovo presidente della Camera penale di Napoli. Con 148 voti a favore, l’avvocato ha battuto il rivale Bruno Botti, che si è fermato a 130 voti. Uno scarto minimo. I votanti sono stati in totale 282. Due le schede bianche, altrettante quelle nulle. Carnevale succede quindi ad Attilio Belloni, che è stato alla guida della Camera penale partenopea per quattro anni di seguito, avendo vinto due elezioni (2014 e 2016). La nuova giunta sarà composta dagli avvocati: Andrea Abbagnano Tirone, Gaetano Balice, Giuseppe Carandente, Sabina Coppola, Mattia Floccher, Mario Pasquale Fortunato, Roberto Giovene di Girasole e Sergio Schlitzer.

Cronache della Campania@2018


Ricattarono il Governatore del Lazio con un video hot, condannati i 4 carabinieri: uno è casertano

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Roma. Nove anni dopo l’irruzione in via Gradoli, dove l’allora Presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, fu trovato e filmato in compagnia di una trans quattro carabinieri sono stati condannati dal tribunale di Roma. Pene pesanti, tenuto conto che alcuni dei reati addebitati ai militari si sono estinti per prescrizione. Tre di loro sono stati interrotti in perpetuo dai pubblici uffici, quindi saranno licenziati. I carabinieri fecero irruzione nell’appartamento il 3 luglio 2009, fu quello il prologo al ricatto ai danni del Governatore. I giudici della nona sezione penale, al termine di un processo di primo grado durato ben sei anni, hanno condannato a 10 anni di carcere Nicola Testini e Carlo Tagliente. Per altri due colleghi, Luciano Simeone e Antonio Tamburrino (quest’ultimo originario di Parete in provincia di Caserta) inflitte rispettivamente 6 anni e 6 mesi e 3 anni di carcere.
Erano accusati, a vario titolo, di concussione, rapina, detenzione di droga e ricettazione, prescritte le accuse, per possesso di droga, di cui rispondeva la trans Natali. L’irruzione e il video fecero scandalo tanto da portare alle dimissioni l’allora Governatore Marrazzo. I militari imputati entrarono nell’appartamento di Via Gradoli 96, dove trovarono e immortalarono con una videocamera l’allora governatore, ritratto in camicia e mutande mentre era in compagnia della trans. Successivamente il video, nel quale compariva anche della droga su un comodino, venne usato per ricattarlo. Secondo la ricostruzione della procura Testini, Simeone e Tagliente minacciarono Marrazzo di rivelare quanto visto in casa della trans e pretesero, in cambio del silenzio, tre assegni per un totale di 20mila euro. Ci fu anche un tentativo di vendere il video, che vide coinvolto Tamburrino, e del quale Marrazzo fu avvertito da Silvio Berlusconi venuto a conoscenza di immagini compromettenti che erano arrivate all’attenzione del direttore di ‘Chi’, Alfonso Signorini. Gli imputati hanno sempre negato che le immagini fossero state girate a scopo di ricatto, e si sono difesi assicurando che servissero solo a documentare l’operazione di polizia. Completamente diversa la versione della procura che chiedeva condanne a 12 anni di carcere per Testini e Tagliente, e a 9 e 4 anni per Simeone e Tamburrino. Soddisfatto il legale di Marrazzo, Luca Petrucci che, subito dopo la sentenza, evidenzia come sia stato “riconosciuta in pieno la colpevolezza degli imputati che, disonorando la propria divisa, si sono resi responsabili di un ignobile sopruso e di un vile ricatto criminale”. “Anche in questo momento – ha precisato l’avvocato – da uomo delle Istituzioni, da giornalista del servizio pubblico e, soprattutto, da cittadino perbene, Piero Marrazzo tiene a ribadire la propria massima considerazione nell’Arma dei Carabinieri che è, insieme a lui, la vittima principale dei crimini commessi da questo manipolo di ‘mele marce’. Secondo quanto stabilito dal tribunale, il ministero dell’Interno, insieme ai carabinieri, dovrà risarcire, in sede civile Marrazzo e la trans Natali per i danni loro arrecati. I giudici hanno stabilito anche la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e in stato di interdizione legale per la durata della pena nei confronti di Testini, Tagliente e Simeone. Sempre secondo il collegio il rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione è da considerarsi “estinto”. L’altro militare sotto accusa, Tamburrino, chiamato a risarcire i danni in sede civile, è stato interdetto dai pubblici uffici per cinque anni. I giudici della IX sezione hanno stabilito di trasmettere gli atti alla Corte dei Conti per quanto di sua competenza. Tutti e quattro gli imputati dovranno infine risarcire i danni (sempre da calcolare in separato giudizio) al ministero dell’Interno (stavolta come parte civile) e a quello della Difesa.

Cronache della Campania@2018

Napoli, la cricca degli appalti negli ospedali, l’inchiesta si allarga: 33 indagati

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La Guardia di Finanza di Napoli ha notificato tra ieri e oggi 33 avvisi di conclusione indagini a 29 persone e 4 societa’ coinvolte nell’indagine della Procura della Repubblica di Napoli che sta facendo luce su un presunto sistema di corruzione nella sanita’ napoletana e non solo che ruota intorno a quattro aziende riconducibili ad alcuni componenti della famiglia dell’Accio. Coinvolta anche una dirigente dell’Asl Napoli 1 Centro. Nei giorni scorsi, i finanzieri hanno notificato sei misure cautelari agli arresti domiciliari nei confronti di quattro componenti la famiglia Dell’Accio, la dirigente dell’Asl Napoli 1 Centro Loredana Di Vico e un collaboratore dei Dell’Accio. Sono 22 le procedure di affidamento di forniture che vengono contestate a vario titolo nell’avviso di conclusione indagini a firma del sostituto procuratore Valter Brunetti.  Tra i destinatari dei 33 avvisi di conclusione indagine notificati dai finanzieri del Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli figurano Loredana Di Vico, responsabile dell’unita’ operativa complessa acquisizione beni e servizi dell’Asl Napoli 1 Centro, preposta all’istruzione delle procedure per le forniture elettromedicali, gli imprenditori Vincenzo Dell’Accio, al quale la donna era legata da uno stretto rapporto, e suoi parenti, Rosario, Antonio e Claudia dell’Accio. Tutti erano stati gia’ raggiunti dalla misure cautelari degli arresti domiciliari. Avvisi di conclusione indagini anche nei confronti dei quattro rappresentanti delle societa’ Lga, Maflamed, Frag Hospital e Vicamed, alcuni dei quali risultati essere dei prestanome dei dell’Accio. Tra gli indagati spiccano un medico dirigente dell’ospedale San Giovanni Bosco e due dipendenti dell’unita’ operativa complessa gestione economico finanziaria informatizzata dell’Asl Napoli 1, che erano addetti alla liquidazione. I tre rispondono di corruzione per avere ricevuto regali dall’imprenditore Dell’Accio al fine di compiere atti contrari ai doveri d’ufficio. Tra i benefit che gli indagati avevano ricevuto figurano anche dei buoni da spendere presso una pasticceria di Napoli, un biglietto ferroviario Napoli-Torino e un soggiorno alberghiero in una suite. Tra gli indagati figurano anche dirigenti medici, ritenuti coinvolti in forniture di varie apparecchiature (colonne laparoscopiche, broncoscopi, colonne endoscopiche, sistemi di videoendoscopia, generatori, e strumentazione varia) per gli ospedali San Giovanni Bosco, Ospedale del Mare, Ascalesi, San Paolo, Loreto Mare di Napoli e per l’Azienda Ospedaliera S. Anna e S. Sebastiano di Caserta.

Cronache della Campania@2018

Accusato di stalking dalla ex moglie può far visita al figlioletto: la decisione del giudice di Nocera Inferiore. I familiari della donna: “‘E’ un’aberrazione”

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Roccapiemonte. Denunciato per stalking nei confronti della ex moglie, potrà far visita al figlio. Lo ha stabilito il giudice del tribunale di Nocera Inferiore che ha concesso al padre di un bimbo di 4 anni il diritto di visita nei confronti del piccolo e, soprattutto, “il diritto ad esercitare il ruolo di padre in maniera piena e paritaria, al pari, dunque, del diritto della madre a svolgere, parimenti, il proprio ruolo”. Dunque, secondo il giudice non esistono motivi per i quali l’uomo non possa incontrare il figlio al di fuori del contesto dei Servizi Sociali, contesto che, sarebbe “riduttivo e, per certi aspetti, fortemente limitativo del pieno sviluppo della personalita’ del minore”. Il giudice invita i genitori a intraprendere “percorso di mediazione familiare”, nel supremo interesse del figlio e della sua serenità che “non potrà che dipendere dal comportamento maturo e responsabile di entrambi i genitori”. Quella degli ex coniugi M.A. e T.L. di Roccapiemonte, nel Salernitano, è una vicenda giudiziaria che va avanti, da circa tre anni, a suon di querele da entrambe le parti. La famiglia di lei, in un comunicato diramato alla stampa stamattina, scrive che “è incredibile che la presunta vittima di stalking debba incontrare il suo presunto carnefice, da sola e senza testimoni, per disposizione di un giudice” e parla di “aberrazione che individua responsabilità ben precise, non eludibili nel caso accada qualcosa”. A questo risponde l’interessato sui social sostenendo che “si è innocenti fino all’ultimo grado di giudizio ed io e la signora L. siamo sottoposti a procedimenti penali, io per stalking e lei per quanto citato prima” cioè ‘mancata esecuzione dolosa del provvedimento di un giudice con condotta perdurante in materia di diritto di visita’.

Cronache della Campania@2018

Nocera Inferiore, non rispettava gli obblighi pregiudicato finisce ai domiciliari

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Nocera Inferiore. Pregiudicato con obbligo di dimora non firma in commissariato e finisce ai domiciliari. Oggi pomeriggio, gli agenti del Commissariato di Nocera Inferiore hanno arrestato un noto pregiudicato, per un aggravamento della misura cautelare.
I. A., trentasettenne originario di Nocera Inferiore, pluripregiudicato per reati connessi allo spaccio di sostanze stupefacenti, furto, ricettazione ed altro, già destinatario dell’obbligo di dimora, l’8 settembre scorso, era stato sorpreso dagli Agenti mentre rubava all’interno di autovetture in sosta, nel centro di Nocera Inferiore.
Nell’occasione, I.A. fu arrestato e, a seguito di udienza di convalida, sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo di presentazione, due volte al giorno, al Commissariato per la firma. Ciò nonostante, il pregiudicato violava, la prescrizione imposta dal giudice non presentandosi, negli orari previsti.
A seguito delle dettagliate segnalazioni del Commissariato di Pubblica Sicurezza, è stata aggravata la misura nei suoi confronti.
Gli agenti del Commissariato, hanno rintracciato il pregiudicato in Nocera inferiore e lo hanno messo agli arresti domiciliari presso la propria abitazione.

Cronache della Campania@2018

Boscoreale, assolto il rampollo della famiglia Padovani

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Boscoreale. Assolto il rampollo della famiglia Padovani, nipote del ras Carlo, considerato il signore della droga dell’area vesuviana e socio di affari di Franco Casillo alias a’ vurzella. Secondo il questore la sussistenza di una pluralità di condanne nei confronti del Padovani Umberto, risultato coinvolto in fatti di droga appariva, di per sé, elemento idoneo e sufficiente per desumerne un elevato livello di pericolosità sociale tale da esigere, quantomeno, un formale richiamo da parte dell’autorità di pubblica sicurezza a tenere una condotta di vita conforme a legge. Il giovane, dal canto suo, incurante di rispettare la legge e gli obblighi disposti dal questore, circolava tranquillamente in auto senza aver mai conseguito la patente di guida e di fatto trasgredendo le regole del codice della strada. Il rampollo della famiglia Padovani era stato fermato e denunciato dalle forze dell’ordine perché alla guida di un auto sebbene non avesse mai conseguito la patente di guida e fosse sottoposto alla misura di prevenzione per la sua pericolosità sociale.
Ritenuto dagli inquirenti un soggetto altamente pericoloso perché abituale pusher, tra i più attivi, gli avevano assicurato negli ultimi anni la massima attenzione investigativa ovvero quella che si riserva solitamente ai sorvegliati speciali. Innumerevoli le denunce riportate dal Padovani Umberto e decine e decine i processi ancora pendenti.
Al processo relativo al maxi blitz del rione popolare del Piano Napoli di Boscoreale, tristemente famoso per essere la Scampia del vesuviano, il PM aveva chiesto la condanna più alta per lui, invocando una pena di sette anni di reclusione perché il giovane era considerato al vertice dello spaccio organizzato.
In quell’occasione, il pregiudicato era uscito quasi indenne con una minima pena di un anno e otto mesi e pena sospesa. Questa volta il Padovani era stato portato al cospetto del giudice per violazione degli obblighi delle misure di prevenzione. Difeso dall’avvocato Gennaro De Gennaro, il giovane ha scelto di essere giudicato col rito abbreviato ovvero sulla base delle accuse che gli venivano elevate dagli agenti operanti.Il PM aveva chiesto una condanna di otto mesi di reclusione in quanto il Padovani si comportava secondo le sue regole come se vivesse nell’anarchia di una giungla e violando gli obblighi delle misure di prevenzione. Ed anche perché aveva una decina di carichi pendenti alle spalle per violazione degli obblighi delle misure di prevenzione. Sebbene gravato da una pluralità di denunce per la stessa fattispecie delittuosa ed in una circostanza era stato finanche condannato, il giudicante ha condiviso la prospettazione del suo avvocato ed ha assolto il pericoloso pregiudicato che secondo il giudice non ha violato le misure di prevenzione sebbene fosse alla guida di un auto senza patente.

Cronache della Campania@2018

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