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Channel: Cronaca Giudiziaria
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Scafati, inchiesta su politica & camorra: decine di imprenditori e consiglieri interrogati dalla Dda

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loreto e comune scafati

Consiglieri comunali, dirigenti: i componenti della commissione di accesso al Comune stanno lavorando da circa due mesi e hanno già raccolto importanti testimonianze e dichiarazioni su quanto accaduto nell’ultimo quinquennio al Comune. Ore e ore di interrogatori per alcuni politici che nel riserbo della Caserma dei carabinieri rilasciano dichiarazioni, messe a verbale, sulle questioni più importanti sulle quali si stanno appuntando le indagini dei tre delegati dal prefetto di Salerno, Salvatore Malfi. Politici che si sono dati la “consegna” del silenzio sulle questioni più scottanti sollevate dal viceprefetto Vincenzo Amendola e dai suoi colleghi, Giuseppe Rocco, del provveditorato alle opere pubbliche e il maggiore dei carabinieri, Carmine Apicella. Vicende note, già al centro di battaglie politiche, vengono analizzate con cura dai tre commissari che – vista la mole dei dati acquisiti – probabilmente chiederanno una proroga di altri tre mesi alla scadenza di giugno. La Commissione sta facendo un lavoro a tappeto: appalti di opere pubbliche, consulenze, contributi alle associazioni, appalti di servizi sono stati passati al setaccio per verificare infiltrazioni della criminalità organizzata nell’organizzazione dell’amministrazione pubblica. Procedono di pari passo e speditamente altre due inchieste: quella del pm Vincenzo Montemurro che vede indagati, ufficialmente, il sindaco Angelo Pasqualino Aliberti e la moglie e consigliere regionale Monica Paolino, il fratello del primo cittadino, Nello Aliberti, con la segretaria comunale Immacolata Di Saia e il factotum Giovanni Cozzolino per scambio di voto politico mafioso e associazione per delinquere. Questa inchiesta si lega, indissolubilmente, a quella curata dal pm Giancarlo Russo e scaturita dalle rivelazioni di Alfonsino Loreto. Proprio per verificare le dichiarazioni del giovane pentito in questi mesi sono stati ascoltati numerosi importanti imprenditori scafatesi. Di loro ha parlato Alfonsino Loreto, vittime di estorsioni, ma anche a conoscenza di fatti ed episodi che in qualche caso si sono intrecciati a quelli dell’amministrazione comunale, retta dal sindaco Pasquale Aliberti. Un lavoro intenso, su più fronti, che sta impegnando i carabinieri del Reparto Territoriale di Nocera Inferiore, insieme a quelli del comando provinciale di Salerno, da settembre scorso. La Dda salernitana sta restringendo il cerchio su diversi aspetti dell’infiltrazione della criminalità organizzata a Scafati, da quella tipicamente mafiosa a quella dei colletti bianchi o degli eccellenti. Un’indagine che coinvolge più aspetti della vita della città. Le dichiarazioni di Alfonso Loreto, alleato con il clan Ridosso, pare abbiano dato vigore alle indagini già in corso anche perché il figlio di Pasqualino, conosce molti particolari ed episodi della vita pubblica e camorristica di Scafati. Molti degli imprenditori sentiti non hanno potuto far altro che confermare quanto veniva chiesto loro, in merito a pagamenti di tangenti e vari favori (r.f.)


Ercolano, si pente Simone Borrelli: condannato insieme a Uliano per il tentato omicidio di Nocerino e Estilio

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simone borrelli

Ercolano. Tentato omicidio con condanna e benefici per la legge sui pentiti: Simone Borrelli  si unisce alla folta schiera dei pentiti del clan Birra-Iacomino. La notizia è stata ufficializzata nel corso del processo, con rito abbreviato, celebratosi dinanzi al Gup De Palma del Tribunale di Napoli, per il duplice tentato omicidio di Ciro Nocerino e Aniello Estilio, avvenuto nel maggio del 2007. Simone Borrelli è stato condannato a sedici anni di reclusione, beneficiando dello sconto per i collaboratori di giustizia, mentre 10 anni sono stati inflitti al complice Ciro Uliano. Si chiude con una condanna in primo grado l’episodio avvenuto il 3 maggio del 2007 quando Estilio e Nocerino furono vittima di un agguato camorristico in via Trentola. Contro di loro furono esplosi circa 30 colpi di kalashnikov, ma l’auto blindata sulla quale i due viaggiavano li salvò da morte certa. Estilio e Nocerino riuscirono a scappare verso via Doglie dileguandosi. Anni dopo altri collaboratori di giustizia del clan Birra-Iacomino hanno svelato i retroscena dell’agguato fino al processo e alla condanna dei giorni scorsi. Borrelli era uno dei kille del clan, già incastrato dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, ha deciso di passare anch’egli dalla parte dello Stato dopo aver militato per anni del gruppo criminale capeggiato da Stefano Zeno. Secondo il pentito Francesco Raimo, Simone Borrelli, fu avviato alla carriera militare da Zeno nella fase di riorganizzazione della cosca, dopo numerosi arresti e pentimenti. A Borrelli fu concesso di partecipare alle riunioni dei vertici della cosca dopo la morte di Luigi Boccia, ucciso in un agguato camorristico insieme a Pasquale Maiorano. Borrelli ora potrà raccontare le decisioni assunte dal clan di cui faceva parte e gli episodi criminali di cui è stato protagonista.

Anche gli incensurati nel traffico di droga di “Mariano” Riccio: 80 gli indagati. Tutti i nomi

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arrestati clan mariano

Ci sono due casi  di lupara bianca, altrettanti tentati omicidi e traffici milionari di droga dietro il blitz che ieri mattina ha dato un colpo al clan degli Scissionisti che ha gestito tra scampia-Melito e caivano un ingente traffico di droga  tra il 2012 e il 2014 per conto del clan Amato e Pagano-Riccio. Le indagini condotte dai carabinieri di Marcianise hanno fatto luce sulla breve ma feroce faida interna tanto che alla fine le cosche storicamente alleate e imparentate si divisero i territori. Sono 18 le ordinanze di custodia cautelare emesse dal Gip di Napoli. Tutte eseguite tranne una:  quella a carico di Tarantino, del quale i familiari hanno denunciato la scomparsa. Le indagini sono partite nel 2012, fermandosi al 2014 dopo il tentato omicidio di due uomini di Marcianise, Saverio Mancini e Antonio Tartaglione, avvenuto a Caivano il 12 settembre 2012. Dalle indagini e grazie anche ai pentiti è venuto fuori l’ingente traffico di droga organizzato dal gruppo di Mario “Mariano” Riccio arrestato il 4 febbraio 2014. Subito dopo la sua cattura scomparve un suo fedelissimo, Antonio Ruggiero. L’altro scomparso, Davide Tarantino, era il referente a Melito per il gruppo di Riccio nei rioni popolari “219” e “Coscia Borrelli”. La holding poteva fare affidamento, caso abbastanza raro, su un nutrito gruppo di incensurati non a caso gli indagati complessivamente sono 80. Mario Riccio detto “Mariano”, a dimostrazione del ruolo apicale, in alcune intercettazioni viene definito “o’ masto” e gli indagati facevano riferimento a lui a proposito delle “mesate”. Tant’è vero che Antonio Ruggiero, vittima della lupara bianca più di due anni fa, spiegava a un affiliato di dover pazientare in attesa di stabilire chi avesse dovuto provvedere alla divisione dei soldi. “prima era “o’ masto”, ora non si sa ancora”.

 

ECCO TUTTI GLI INDAGATI

ABATE GIOVANNI  CAIVANO 4.06.1945

AIELLO GIUSEPPE  CAIVANO 18.03.1966

ALETTO VINCENZO   NAPOLI 18.03.1980

ANGELINO PIETRO   CASERTA 1.07.1984

ARICÒ MASSIMILIANO  NAPOLI 01.05.1978

ASCIONE GIOVANNI  NAPOLI 5.6.1970

BARRA GIOVANNA  NAPOLI 14.08.1971

BASILE CARMINE  EBOLI 6.05.1979

BERGANTINO MASSIMO  MINTURNO 9.07.1974

BORRELLO CARMELO  NAPOLI 5.04.1988

BUONOCORE ANNA  NAPOLI 5.04.1988

BUSIELLO GIUSEPPE  NAPOLI 30.07.1960

CAPUTO ANTONIO  NAPOLI 5.1.1980

CAPUTO GIANDOMENICO NAPOLI 3.11.1974

CASTALDO ANTONIO  AVERSA 11.07.1992

CASTALDO MATTIA  NAPOLI 8.11.1993

CASTALDO VINCENZO  CASERTA 10.02.1991

CASTELLI DOMENICO  CASERTA 19.12.1983

CASTELLI GIOVANNI  MADDALONI 24.08.1991

CERQUA CIRO  CAIVANO 10.10.1959

CHIANESE ENZO   MARANO 15.10.1951

CHIRICHELLA GENNARO  NAPOLI 4.08.1976

COLUCCI GIUSEPPE  NAPOLI 13.01.1957

CORVINO MARIARCA  NAPOLI 3.12.1989

CRISANTI NUNZIA NAPOLI 25.01.1991

CRISANTI VITTORIO  NAPOLI 3.3.1978

CRISTIANO ARCANGELO  NAPOLI 13.09.1982

D’ADDIO MASSIMO  MADDALONI 25.01.1992

DE MARTINO GIUSEPPE  CAPUA 12.12.1989

DI BIASE DOMENICO  NAPOLI 13.03.1962

DI SOMMA ARMANDO   MADDALONI 22.12.1990

DONADIO ANTONIO   NAPOLI 28.11.1980

DONATO PASQUALE  CASERTA 7.07.1986

ESPOSITO FELICE   NAPOLI 24.10.1990

ESPOSITO VINCENZO  NAPOLI 10.12.1991

FAVA ARMANDO   NAPOLI 31.03.1990

FERRARA DIEGO   S. MARIA C. V. 5.08.1985

FERRO FRANCESCO   NAPOLI 12.10.1986

FRASCOGNA RAFFAELE   NAPOLI 28.04.1985

GUERRA ANTONIO  NAPOLI 27.06.1976

IADONISI GIUSEPPINA  CASERTA 29.11.1987

IADONISI LUIGI   NAPOLI 30.05.1991

IADONISI MARIO   NAPOLI 6.10.1992

INIZIATO LORENZO   NAPOLI 19.11.1972

IODICE DANIELE   CASERTA 21.08.1976

LAURENZA VINCENZO  SANTA MARIA C.V. 2.8.1991

LIGUORI ANTONIO   CASERTA 21.08.1987

LIMONGELLI ROSARIA CASERTA 11.07.1989

LOFFREDO ORLANDO   NAPOLI 19.10.1981

MAURIELLO RAFFAELE  NAPOLI 25.10.1977

MESSINA MICHELE  MELITO 3.08.1974

MILONE GAETANO  MARANO 14.03.1966

MORLANDO GIUSEPPE  NAPOLI 25.04.1982

MORLANDO MANUEL  GAETA 9.07.1982

NATALE RAFFAELLA  GAETA 31.1.94

NICASTRO LUIGI  CASERTA 24.08.1988

OTTUSO ANNA  MONTECORVINO 2.10.1975

PANEBIANCO MASSIMO   NAPOLI 6.11.1994

PANICO SAVERIO   NAPOLI 22.8.1976

PAROLISI ANTONIO  MUGNANO 30.3.1989

PATRICELLI VINCENZO   NAPOLI 19.03.1992

PELUSO VERONICA  MARCIANISE 11.12.1966

PERONE NATALE   CASERTA 18.05.1988

PEZZELLA GAETANO  NAPOLI 11.09.1973

PISCOPO ANIELLO  NAPOLI 10.08.1969

RAIA CARLO  MUGNANO 18.11.1974

RANIERO GORIZIA  NAPOLI 22.04.1977

RANIERO SABINA  CAIVANO 7.04. 1967

RICCIO ALFONSO  CAIVANO 26.08.1975

RICCIO MARIO   MUGNANO 18.07.1988

RONCONI ALESSANDRO   MUGNANO 28.06.1991

RONCONI ELIANA  NAPOLI 23.12.1974

RUGGIERO CASTRESE NAPOLI 13.08.1979

SALZANO VINCENZO  MUGNANO 21.03.1988

SCUOTTO MICHELE S. MARIA C. V. 30.05.1990

SICA GIUSEPPE CAIVANO 5.01.1963

SIVIERO GIUSEPPE NAPOLI 25.081972

STABILE SALVATORE NAPOLI 5.09.1988

TARANTINO DAVIDE NAPOLI 6.03.1972

TEDESCO DANIELE S. MARIA C.V. 6.10.1990

TESSITORE RAFFAELE ORTA 15.08.1972

TUTINO LUIGI NAPOLI 12.12.1984

TUTINO RAFFAELLE NAPOLI 16.04.1987

 

 

Torre del Greco:controlli “pilotati” ai commercianti chiesta la condanna per il sindaco Borriello

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Ciro-Borriello

Nel 2009, durante il suo primo mandato da sindaco di Torre del Greco, Ciro Borriello secondo le accuse avrebbe “pilotato” alcuni controlli dei vigili urbani ad un negoziante. E per questo che ieri il Procuratore generale durante il Processo in Corte di Appello ha chiesto la condanna a un anno e due mesi di carcere. Il primo cittadino era stato invece assolto dai giudici di primo grado a Torre Annunziata. I reati contestati sono abuso d’ufficio e soppressione di atti. Nell’inchiesta e nel processo figurano anche alcuni vigili urbani condannati in primo grado. tra questi Errico Sorrentino ex capo del nucleo anti-abusivismo dei caschi bianchi è accusato di aver falsificato più di un sopralluogo in strutture abusive, con verbali addolciti o inaspriti a seconda del “regalo” ricevuto. Per lui il pg ha chiesto la conferma della condanna di primo grado: 8 anni e 9 mesi di reclusione. Richieste pesanti anche per altri politici coinvolti nell’inchiesta della “cricca” dei vigili urbani. L’ex assessore ed esponente storico di Forza Italia Vincenzo Maida, padre dell attuale consigliere comunale,Domenico, che in primo grado aveva avuto 3 anni e 3 mesi in continuazione con una precedente pena, ha ricevuto una nuova richiesta di condanna a5 anni e 9 mesi di carcere. Anche Antonio Donadio e il figlio Nicola, assolti in primo grado ora rischiano rispettivamente un anno e 5 mesi e un anno di carcere. Richieste di conferme di condanne anche per gli altri caschi bianchi Francesco Di Maio, condannato a 6 anni e 9 mesi di reclusione, Giuseppe Mazzella  a 3 anni e mezzo,. Condanna pesante anche per i due tecnici comunali Enrico Bianco (5 anni e mezzo) e Ciro Pagliuso (5 anni). Per gli altri imputati (sono trentotto quelli a processo) dipendenti comunali, vigili urbani e abusivisti che facevano parte del “sistema” di corruzione, falsi verbali, soppressione di atti e abusi edilizi, invece, erano arrivate condanne più lievi, da un anno e 8 mesi a scendere fino ai 7 mesi. A preoccupare gli imputati, però, è molto anche la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, praticamente imposta a quasi tutti i condannati.

Palma Campania: ergastolo per l’omicidio di un camionista, assolto dopo 8 anni in cella l’imprenditore Elia Nunziata. Il pentito prima di morire lasciò un biglietto col quale lo salvava

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Elia NunziataLATITANTE

Palma Campania. Condannato all’ergastolo per omicidio viene scarcerato dopo 8 anni perchè riconosciuto innocente.  E’ stato liberato Elia Nunziata, uno dei titolari dell’impresa di autotrasporto nolana “Autoparco Meridionale”, arrestato nel novembre 2008 per scontare una pena all’ergastolo, divenuta definitiva, per l’omicidio di Daniele Lamperti, un camionista ucciso nel corso di una rapina la sera del 21 ottobre del 1991. I giudici della Corte d’Assise d’Appello di Roma hanno annullato la sentenza dopo un processo durato 20 anni. Dalle accuse Elia Nunziata si era sempre professato innocente, innocenza riconosciuta dallo stesso Procuratore generale del Tribunale che nel corso della requisitoria aveva chiesto l’assoluzione dell’imputato, detenuto da otto anni nel carcere di Frosinone. Le prove portate dalla difesa rapresentata dall’avvocato Massimo Mercurelli hanno convinto i giudici che hanno accolto la richiesta del Procuratore generale annullando la condanna all’ergastolo per l’imputato. Nunziata, detenuto nel carcere di Frosinone da otto anni, è stato anche scarcerato.  Ad accusarlo era stato un “pentito”, poi suicidatosi in carcere, lasciando un biglietto con il quale ammetteva di aver accusato ingiustamente l’imprenditore. La sentenza dovrà diventare definitiva per avviare l’iter del risarcimento per l’ingiusta detenzione.Nunziata che oggi ha 57 anni era stato arrestato nel 2008 dagli agenti della Squadra Mobile di Napoli all’esterno dell’ippodromo romano di Tor di Valle. Era ricercato proprio a seguito dell’ordine di esecuzione emesso dalla Procura Generale di Napoli alla pena dell’ergastolo, per l’omicidio dell’autotrasportatore, Daniele Lamperti, avvenuto nell’1991, nel corso di una rapina che il Nunziata – sostenne il pentito – aveva effettuato con altri complici. Nunziata ha pagato lo scotto delle accuse di un collaboratore di giustizia che poi, prima di uccidersi ha ritrattato, e per essere cognato del boss Aniello Ruocco, a capo dell’omonimo cartello del clan clan Alfieri. I collaboratori di giustizia lo indicavano ance come prestanome e riciclatore dei soldi della camorra indicando la sua azienda come il luogo d’incontro per i summit della cosca. Accuse dalle quali Elia Nunziata si è sempre strenuamente difeso, fino all’ora della verità che è arrivata con la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Roma.

Sequestrati i beni del figlio di “Sandokan”: c’è anche la villa in stile Gomorra con la tv nella cornice dorata

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nicola schiavone

 Sequestro di beni da 15 milioni di euro per Nicola Schiavone, 37 anni, primogenito del boss dei Casalesi, Francesco detto Sandokan. Sigilli a 11 societa’, 10 fabbricati, 16 automezzi e numerosi rapporti bancari e polizze assicurative. Nicola Schiavone e’ stato arrestato il 15 giugno 2010 ed e’ detenuto a L’Aquila in regime di 41 bis. Le indagini lo indicano come erede della leadership del padre; i beni sequestrati erano legati anche a uno degli imprenditori piu’ vicini al clan e fedelissimo del figlio del boss, nonche’ coetaneo, Nicola Pilozzi, considerato l’uomo che per conto di Nicola Schiavone investe in attivita’ commerciali i guadagni del clan. Tra i beni sequestrati, anche la lussuosa abitazione di Nicola Schiavone, al centro di Casal di Principe, oltre a un deposito di materiali edili, un punto scommesse e un negozio di calzature all’interno di un centro commerciale. Tra i beni figura anche una lussuosa villa stile “gomorra”, con il salotto simile a quello che si vede in casa Savastano, con la tv nella cornice dorata, che si trova alle spalle della casa comunale di Casal di Principe (Caserta). Complessivamente, i finanzieri hanno messo i sigilli a 11 società, 10 immobili, 16 automezzi (prevalentemente utilitarie), conti correnti e polizze assicurative. La riconducibilità dei beni sequestrati a Nicola Schiavone, 37 anni, arrestato nel 2010, detenuto in regime di 41bis nel carcere di L’Aquila, è stata rivelata agli inquirenti da alcuni pentiti del clan dei Casalesi. A gestire i beni era Nicola Pirozzi, detto “o’ picciuotto”, anche lui di 37 anni, che li intestava ai suoi familiari e parenti.

Torre Annunziata, omicidio di Natalino Scarpa per i giudici: “Pasquale Gionta più sanguinario del fratello Aldo”

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omicidio scarpa con aldo e pasquale gionta ok

 Fu Pasquale Gionta, fratello di Aldo a decidere di uccidere il rivale Natalino Scarpa. Era il più deciso e sanguinario dei fratelli.  E’ quanto sostiene il Gup, Paola Piccirillo, nelle motivazioni della sentenza che ha visto l’assoluzione di Alduccio ‘o poeta il 23 febbraio scorso. Ma Pasquale Gionta, già giudicato e assolto in via definitiva non potrà più essere processato per quell’omicidio di camorra avvenuto il 14 agosto del 2006 che consentì di eliminare il padre 73enne del boss rivale Vincenzo ‘caramella’ dei Gallo-Cavalieri. Aldo Gionta, detenuto in regime di 41 bis nel carcere di Opera si è scrollato di dosso una richiesta di ergastolo fatta dal pm della Dda Claudio Siragusa, fondata sulle dichiarazioni di quattro collaboratori di giustizia – Carmine Martusciello, Aniello Nasto, Vincenzo Sauro e Michele Palumb ‘munnezza’ – che sostennero che a decretare l’uccisione di Zi natalino era stato dal carcere Aldo Gionta. Una notizia ‘de relato’, appresa proprio da Pasquale Gionta ‘o chiatto e non quindi direttamente dal presunto mandante. Solo Vincenzo Raimo, alias ‘o castellone, pentito di Ercolano detenuto con Aldo sostiene di aver saputo direttamente dal compagno di cella la notizia poi rivelata ai magistrati. Secondo il Gup, invece, è più plausibile che ‘Pasquale Gionta ha forzato la mano sulla decisione di uccidere Natale Scarpa’, lui boss sanguinario e spregiudicato, rispetto al più ponderato e famoso fratello. La Dda aveva invece portato avanti un’altra tesi quella che Zi Natalino morì per volere di Aldo ‘o poeta, colpito da numerosi colpi di calibro 9×21. Per quell’omicidio è stato condannato all’ergastolo Giuseppe Coppola, l’uomo che rivelò ai killer l’ora e il giorno in cui sarebbe stato trovato il 73enne. A sparare furono poi, Luigi Maresca ‘o trippone e Francesco Amoroso, ‘a vecchierella, morto in carcere un anno fa. Per l’omicidio di Natale Scarpa poi sono stati condannati a 8 anni di reclusione Vincenzo Sauro ‘scivolone’ e Aniello Nasto ‘quarto piano’, entrambi collaboratori di giustizia.

(nella foto il luogo dell’omicidio di Natalino Scarpa e nel riquadro i due fratelli Pasquale e Aldo Gionta)

Positano, travolse e uccise la 16enne Giovanna Acampora. Condannato 3 tre anni di carcere

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giovanna-acampora-15-anni-ha-lasciato-positano-nel-dolore

Condannato a tre anni di carcere il 50enne di Positano Salvatore Milano che nella serata del primo novembre del 2010 travolse e uccise con il suo fuoristrada la 16enne Giovanna Acampora. Il terribile incidente avvenne sulla statale Amalfitana in località Laurito, poco distante dall’hotel San Pietro e al confine tra il comune di Praiano e quello di Positano, dove la ragazza abitava con i genitori. E ieri il giudice Ornella Dezio ha condannato Milano a una pena di tre anni per omicidio colposo, senza concessione delle attenuanti generiche e con l’aggravante di avere violato il codice della strada per aver superato i limiti di velocità e non aver rallentato in prossimità della fermata degli autobus. La sedicenne infatti era scesa da poco da un pullman della Sita quando si verificò la tragedia. Era rimasta qualche minuto alla fermata, in attesa di un mini bus, per scambiare qualche chiacchiera con alcune amiche. Ma arrivò, la Jeep Wrangler guidata da Milano che la investì e la uccise sul colpo. 


Omicidio Vaccaro: la Cassazione conferma l’ergastolo per il boss Adinolfi

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umberto adinolfi

La Cassazione  ha confermato la condanna all’ergastolo per il boss di san Marzano, Umberto Adinolfi ‘a scamarda quale mandante dell’omicidio dell’imprenditore Salvatore Vaccaro operante tra Angri e Scafati. L’omicidio avvenuto nel 2004, in via Nazionale ad Angri. Vaccaro fu inseguito e poi ucciso al confine con Sant’Egidio del Monte Albino. La sua auto fu affiancata da una moto in sella alla quel si trovavano Luigi Iannaco, zì maisto, già condannato (reo confesso) in precedenza, e il presunto killer Giuseppe Bombardino, assolto in precedente  per assenza di prove. La vicenda fu ricostruita dal pentito Pietro Selvino. Il boss Umberto Adinolfi avrebbe dato l’ordine di procedere con l’omicidio, preannunciato anche da un biglietto di minacce di Vaccaro. Biglietto consegnato all’imprenditore da Vincenzo Nappo, detto ‘o nonno di Scafati. Movente del delitto sarebbe stata una tangente di 50 milioni di vecchie lire, non pagata dall’imprenditore angrese, per un albergo in via di costruzione. L’Hotel Villa Luisa. Vaccaro non aveva ceduto, decidendo invece di denunciare gli autori della minaccia. Ma prima di recarsi in questura, aveva pagato una prima tranche della tangente, pari a circa 30 milioni. Poi intervenne la polizia. Il boss di San Marzano sul Sarno non glielo perdonò e una volta uscito dal carcere, decise – stando alla ricostruzione degli inquirenti – di organizzare la vendetta. 

(nella foto il boss Umberto Adinolfi)

Avellino: 7 arresti all’Acs. Nella coop sistemati parenti e amici. La carta di credito utilizzata per le spese dell’amante

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acs

La Polizia di Stato di Avellino, dalle prime ore di questa mattina,ha eseguito 7 misure cautelari personali (un arresto domiciliare e 6 divieti di dimora nel Comune di Avellino) a carico dell’amministratore della societa’ partecipata dal Comune denominata Acs (azienda citta’ servizi) e di amministratori di cooperative. I reati contestati vanno dal peculato alla corruzione. I protagonisti della vicenda hanno distratto fondi pubblici per le proprie utilita’ e per favorire parenti, amanti ed amici. Le attivita’ di intercettazione telefoniche ed ambientali hanno disvelato una gestione chiaramente “criminale” della societa’ e dimostrato che l’utilizzo delle cooperative aveva la reale finalita’ di creare contenitori per sistemare amici e parenti. Le indagini, coordinate dalla Procura di Avellino, sono iniziate nel marzo 2015 e oggi l’esecuzione delle ordinanza e’ stata eseguita dagli uomini della Squadra mobile, coadiuvata dall’Upgsp e dalla Guardia di Finanza del Comando Provinciale di AvellinoLa carta di credito aziendale usata per le spese dell’amante, del cognato e della cognata, ma anche per acquisti personali. L’amministratore unica dell’Avellino Citta’ Servizi, Amedeo Gabrieli, si trova da questa mattina agli arresti domiciliari per ordine del gip di Avellino, che ha disposto anche 6 divieti di dimora a carico di funzionari della societa’ e del Comune di Avellino. In particolare l’amministratore e’ accusato di aver affidato servizi a cooperative costituite ad hoc, anche da pregiudicati, senza bandire gare d’appalto “in cambio di un ingiustificato consenso popolare e di sostegno elettorale”, si legge nell’ordinanza. L’Acs, societa’ in house a totale partecipazione comunale, era diventata il ‘bancomat’ per pochi eletti. In particolare per i parenti dell’amministratore che, pur non avendo alcun rapporto con la societa’, utilizzavano la carta di credito aziendale per spese personali, vacanze e acquisti anche importanti. A loro disposizione anche il telepass aziendale. Le indagini sono cominciate un anno fa e gli indagati, pur avendo ricevuto avvisi da parte degli inquirenti, non hanno desistito dalle loro condotte. Nell’indagine sono coinvolti a vario titolo anche numerosi amministratori pubblici. E’ stata sequestrata una mole consistente di documentazione contabile e amministrativa sull’anomala gestione delle spese, il piu’ delle volte illegittime, effettuate dall’Acs per diverse centinaia di migliaia di euro.

Castellammare: promisero posti di lavoro a Italo in cambio di soldi e appoggi elettorali. Ecco i nomi dei cinque truffatori

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© Gian Mattia D'Alberto/LaPresse
30-04-2012 Milano
nella foto: Italo, sponsor maglia rossa del Giro d'Italia

Avevano truffato una ventina di giovani di Castellammare e dei comuni vicini promettendo posti di lavoro a ItaloTreno incassando somme dai tre a cinquemila fino a 10mila euro e poi avevano cercato anche il consenso elettorale perché alle scorse elezioni comunali si erano presentati con una propria lista civica. Ad alcuni dei giovani truffati avevano anche chiesto di candidarsi. Ora per gli organizzatori e promotori della truffa è pronta la richiesta di rinvio a giudizio da parte della Prrcura di Torre Annunziata che nei giorni scorsi ha firmato la chiusura delle indagini. I cinque indagati sono Catello Garigulo, 44 anni, di Castellammare, Andrea Viscardi 55 anni, di Nola, Francesco Buondonno, 33 anni di Santa Maria la Carità, Giulio Raimo, 52 anni di Castellammare e un altro stabiese, Francesco d’Assisi Di Maio di 32 anni. I cinque sono accusati di associazione per delinquere e truffa aggravata e falso. I promotori della truffa secondo l’inchiesta della guardia di finanza a cui si erano rivolti alcuni dei giovani truffati sono Catello Gargiulo e Andrea Viscardi che avevano fondato l’associazione politica Progetto Italia (la lista civica che si presentò alle scorse elezioni comunali stabiesi nel 2013 di chiamava Movimento Progetto Italia-Mid ed appoggiava l’ignaro avvocato Salvatore Vitiello alla carica di sindaco) e attraverso di essa millantavano amicizie influenti con politici e funzionari della Ntv, la società della cordata di Luca Cordero di Montezemolo che gestisce ItaloTreno. Naturalmente dopo aver sborsato i quattrini e fatto la campagna elettorale (con scarsissimo successo) i cinque sono spariti e nessuno dei giovani è stato mai chiamato dalla società per un colloquio di lavoro. Di qui la denuncia, l’inchiesta e ora la prossima richiesta di rinvio a giudizio.

Sterminò un’intera famiglia per motivi di parcheggio nel casertano: condannato all’ergastolo

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strage trentola ducenta

Il pm del Tribunale di Napoli Nord Ilaria Corda ha chiesto l’ergastolo per Luciano Pezzella, la 51enne guardia penitenziaria, attualmente sospesa, accusata di aver ucciso il 12 luglio 2015, per una questione di parcheggio, quattro persone a Trentola Ducenta (Caserta), tra cui i tre vicini Michele Verde, 61 anni, Enza Verde 58, e Pietro Verde di 31 anni, padre, madre e figlio. La quarta vittima è il 37enne Francesco Pinestro, che la mattina dell’eccidio si era recato a casa di Verde per scaricare delle cassette di frutta. Questa mattina in aula – il processo si svolge con rito abbreviato davanti al giudice Daniele Grunieri – erano presenti gli altri due figli di Michele Verde e la fidanzata del 31enne Pietro, Antonella, 24 anni, scampata miracolosamente al massacro. Pezzella, ricostruirono i carabinieri di Aversa, dopo aver intimato a Pinestro di spostare il furgoncino parcheggiato davanti casa dei Verde, perché gli dava fastidio, salì in casa, prese la pistola d’ordinanza e iniziò a sparare colpendo Pinestro, poi Michele Verde; quindi entrò in casa e colpì con furia cieca Pietro e la madre. La fidanzata di Pietro era a letto, sentì i colpi di pistola, uscì dalla stanza e trovo i corpi distesi a terra in un lago di sangue. L’avvocato della famiglia Verde, Mario Griffo, si è associato alla richiesta del pm chiedendo inoltre una maxi-provvisionale di un milione di euro.

Violentarono una turistica americana a Sorrento: pene lievi per l’ex calciatore Franchini e un rampollo della Caserta Bene

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francesco franchini

Sono stati condannati Francesco Franchini e Riccardo Capece, i due giovani casertani che lo scorso anno violentarono una turista americana nei bagni di una discoteca di Sorrento. Il primo, che è un calciatore, giocava, fino al momento del suo arresto, nel Gladiator,  la squadra di  calcio di Santa Maria Capua Vetere che milita nel campionato dell’Eccellenza Campania,  è stato condannato a 4 anni e 4 mesi mentre il secondo, che è il figlio di un noto ristoratore casertano, a 3 anni e 4 mesi. La sentenza è stata emessa dal gup Emma Aufieri del Tribunale di Torre Annunziata. Il processo si è svolto con il rito abbreviato per cui i due imputati hanno usufruito di un abbondante sconto di pena. Sia Franchini sia Capece erano presenti in aula al momento della lettura della sentenza così come la vittima, la newyorkese 25enne Jenna. La squallida vicenda avvenne all’interno di una toilette di una discoteca di Sorrento nella notte tra il 27 e 28 luglio scorsi. Il giorno dopo la  bravata i due si fecero anche un selfie con il segno della vittoria mentre bevevano un drink sulla terrazza di uno stabilimento balneare di Nerano. Riccardo è figlio del titolare di una nota catena di ristoranti. Francesco, che ha giocato da centrocampista per il Sora e il Gladiator. E proprio in Ciociaria era stato protagonista di una vicenda simile. I due furono rintracciati grazie alla descrizione della vittima e grazie alle riprese delle telecamere di sorveglianza del locale.  Franchini fu incastrato dal tatuaggio che gli copre quasi per intero il braccio destro.

Torre Annunziata, traffico di droga dalla Spagna: assolti i vertici del clan Scarpa

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Torre Annunziata. Traffico di stupefacenti dalla Spagna: assolti i vertici del clan Scarpa coinvolti nella maxi indagine della Dda. Ieri mattina, cinque imputati – coinvolti nell’indagine che due anni fa portò all’arresto degli esponenti della cosca torrese, in combutta con i Tamarisco – sono stati assolti dal giudice della 14esima sezione del tribunale di Napoli, Lucarelli, dalle accuse di traffico e spaccio di stupefacenti. Escono indenni dal procedimento dell’antimafia: Marco Galli, difeso dall’avvocato Gennaro Somma; Bruno Scarpa, difeso da Salvatore Irlando; Carmelo Alessandro Scarpa (avvocato Carlo Ercolino); Pasquale Scarpa (avvocato Giovanni Tortora); Francesca Finazzo (avvocato Andrea Calandro). Secondo la Dda, Vincenzo Scarpa ‘o dottore – già condannato per analoghi episodi a circa 20 anni di reclusione – dirigeva il losco traffico dalla Spagna. Infatti il boss oplontino – che negli anni di detenzione impartiva ordini dal carcere – fu arrestato nel 2013 mentre con un documento fasullo tentava di prendere il volo per la Penisola Iberica. A fargli da sponda in Italia, i figli Bruno, insieme a Pasquale Scarpa ‘caramella’ e gli altri vertici dell’organizzazione. Le accuse ipotizzate, già valutate in altri processi, sono state invece ritenute non sufficienti a produrre una condanna dal Gup Lucarelli che dopo la richiesta di rito abbreviato dei difensori, ha assolto tutti gli imputati dalle accuse associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata al traffico e allo spaccio di stupefacenti.  

(nella foto il capo clan Vincenzo Scarpa ‘o dottore)

Scafati, usura ai danni di imprenditori di Nocera: processo per i fratelli Catania

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tribunale nocera

Usura ai danni di una coppia di imprenditori: a processo i fratelli Catania, titolari della Catania gomme Il giudice per le udienze preliminari, Paolo Valiante, ha rinviato a giudizio Vincenzo e Angelo Catania, di 42 e 37 anni per aver praticato tassi usurai ai danni di una coppia di imprenditori in difficoltà economiche con percentuali tra il 20 e il 254% annui. A fronte di un prestito di 499mila euro si facevano promettere la somma di un milione e settecentomila euro circa, dei quali un milione e quattrocentomila effettivamente versati in circa otto anni. Inoltre i due sono accusati di aver emesso false fatturazioni a favore delle società delle vittime per un milione di euro per mascherare il prestito e la sua restituzione. Per questa vicenda il pm Lenza aveva chiesto l’arresto dei due imprenditori, arresto negato dal gip Alfonso Scermino nel 2014. La vicenda inizia nel 2006, ma le vittime la denunciano nel 2013. Tre anni fa i due imprenditori di Nocera, titolari di due aziende operanti nel settore dei trasporti, denunciano di essere sotto strozzo da parte dei colleghi ai quali avevano chiesto aiuto in un momento di forte crisi economica. Nel 2005 l’azienda di Nocera Inferiore si trova a dover fronteggiare una richiesta di rientro parziale di un debito contratto con la Banca di Roma, filiale di Nocera Inferiore, per 160mila euro. Vista l’impossibilità di reperire l’ingente somma nei circuiti legali, l’imprenditore si rivolge a Vincenzo Catania che è tra l’altro un suo fornitore. Catania che – secondo l’accusa – monitorava la situazione economica dell’uomo gli concede 100/120mila euro in prestito. Per mascherare la concessione dei soldi, Catania propone alla vittima l’emissione di fatture per operazioni inesistenti che potessero regolare formalmente le dazioni di danaro. Vengono emesse da Angelo Catania fatture per operazioni mai avvenute per giustificare il rientro del danaro avvenuto in nero. Le vittime iniziano la trafila dei pagamenti giustificati dall’emissione delle fatture false. Il prestito non serve a risolvere la disastrosa vicenda economica e anzi, dopo due anni di pagamenti nel 2006 la società viene dichiarata fallita. Poco prima del tracollo finanziario, però, la ditta effettua una cessione del parco automezzi ad un’altra società intestata ad una persona di famiglia, persona che entra nelle grinfie di Vincenzo Catania poco dopo. Nel 2008 le vittime sono costrette a chiedere un altro prestito di circa 230mila euro, ne sborsarono quasi il doppio con cambiali, assegni e in contanti. I fratelli sono difesi dagli avvocati Antonio Cesarano e Andrea Vagito. Le vittime si sono costituite parte civile con l’avvocato Rodolfo Viserta. (r.f.)


Estorsioni a Pagani e Nocera: “sconto di pena” per Fiore e Passante

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Quattro anni di carcere per Antonio Fiore alias Pallino e 3 anni e 8 mesi per Giuseppe Passante: è questa la sentenza emessa ieri dal  giudice Donatella Mancini del Tribunale di Salerno al termine del processo per le tentate estorsioni del settembre 2015 in un negozio di giocattoli di Nocera e in una scuola privata di Pagani. Ai due imputati, entrambi ex affiliati al clan Contaldo, è stata contestata anche l’aggravante del metodo mafioso ma hanno usufruito dello sconto di pena con il rito abbreviato. Fiore e Passante sono accusati delle richieste estorsive alla scuola privata “Sapientia” a Pagani e al negozio Carolinatoys di Nocera. Nel primo caso era stata chiesta una somma di diecimila euro, mentre nell’esercizio commerciale si pretendeva merce del valore di 600 euro, oltre a una somma di denaro non quantificata. I fatti risalgono allo scorso anno durante il quale ci furono una serie di attentati ai danni di esercizi commerciali di Pagani e  Nocera. 

(nella foto da sinistra Giuseppe Passante e Antonio Fiore)

“Ci siamo tolti un peso dalla stomaco”, così Umberto Accurso commentò l”omicidio del suo amico fraterno Carlo Matuozzo

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Giovane, spietato, determinato e vendicativo era anche questo Umberto Accurso uno degli orami ex superlatitanti italiani del crimine organizzato che oltre a scrivere canzoni  per il figlio chiedendo l’aiuto di Gesù per ritrovare “A’ libertà” ha compiuto omicidi efferati e dato ordine di compierne tanti altri. Nelle quattro ordinanze di custodia cautelare che l’hanno inseguito per questi anni vi sono degli spaccati inquietanti  di Umberto Accurso. Come quello dell’omicidio del suo amico Carlo Matuozzo con il quale era stato in vacanza alle Baleari insieme con le rispettive famiglie. Il 24 agosto del 2013 Accurso e Matuozzo tornarono a Napoli da Ibiza. Cinque giorni dopo furono uccisi lui e il fratello Amtonio.Era stato proprio Carlo Matuozzo, secondo il pentito Mario Pacciarelli, a organizzare le vacanze a Ibiza affittando una villetta a tre piani. Per un minimo di prudenza le due famiglie partirono da aeroporti diversi e a orari diversi, trascorrendo una quindicina di giorni presumibilmente in allegria. Ma secondo gli investigatori della sezione Omicidi della Mobile, che hanno chiarito gli omicidi di Carlo e Antonio Matuozzo con il coordinamento della procura antimafia, Umberto Accurso già a inizio mese aveva pianificato la trappola all’amico e socio nei traffici di droga. Il movente starebbe nel fatto che la vittima gestiva una piazza di droga senza il permesso del clan della “Vinella”.”I rapporti tra Umberto e Antonio Accurso e Carlo Matuozzo – ha raccontato Mario Pacciarelli – nei pochi giorni che separarono il loro rientro da Ibiza dalla morte di Carlo e Antonio Matuozzo, furono tesi. Anche perché io potei assistere a un ulteriore discorso tra Antonio Accurso, che era stato richiamato dai Licciardi per la permanenza della piazza di spaccio dei Matuozzo, e Umberto Accurso. Antonio disse a Umberto: “questo non ha capito niente. Deve chiudere la piazza e sta buscando più soldi di noi. Non ha un carcerato da mantenere mentre noi abbiamo tutti carcerati. Umberto Accurso si disse d’accordo, ma davanti a me non parlarono di altro”.Secondo l’accusa dell’omicidio di Carlo Matuozzo, il cui cadavere mai è stato trovato, i responsabili sarebbero Antonio Accurso, Umberto Accurso, Alfredo e Giovanni Leonardi (pentiti). “Ci siamo tolti un peso dallo stomaco” fu il commento al massacro che agli esecutori fruttò una promozione: uno stipendio settimanale di 700 euro e la gestione dello spaccio nella zona detta “Ciampa di cavallo” a Scampia. Matuozzo fu attirato in una trappola e ucciso barbaramente, la pistola si inceppò e fu finito a mani nude per poi infierire sul corpo con un coltello da cucina e infine bruciato in strada assieme a un cumulo di rifiuti. Era il 29 agosto 2013, e in quello stesso giorno fu ammazzato anche Antonio Matuozzo, il fratello, per evitare che potesse pentirsi e per vendetta fare ai magistrati i nomi dei killer.I due Accurso e i due Leonardi con Fabio Di Natale, Ciro Castiello e Cosimo Chirolli sono invece considerati i responsabili della morte violenta di Antonio Matuozzo, il cui corpo fu trovato senza vita in via Dolomiti.

Estorsioni a Pianura: chiesti 180 anni di carcere per 18 affiliati ai clan Lago e Marfella

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aula tribunale

Pene pesantissime sono state chieste dal pm Michele Del Prete della Dda di Napoli nei confronti di 16 esponenti dei clan Lago e Marfella che negli anni scorsi avevano imposto il pizzo a tutti i commercianti e imprenditori di Pianura e fronteggiandosi con una sanguinosa guerra. Nonostante abbiano scelto di essere giudicato con il rito abbreviato che prevede lo sconto di un terzo della pena è arrivata una richiesta complessiva di ben 180 anni di carcere per 16 affiliati ai due clan. Per tre invece è stata chiesta l’assoluzione mentre per uno la prescrizione e invece per Salvatore Cecere, la chiusura della sua posizione in quanto nel frattempo deceduto. le accuse sono di associazione mafiosa, estorsione, usura e traffico di droga. La richiesta di pena maggiore è per Salvatore Racise, esponete di spicco del clan Lago per il quale sono stati chiesti 22 anni di carcere. Racise risponde di una serie di estorsioni, rapine e sequestro di persona ed è coinvolto in una serie di omicidi tra cui quello di Gaetano Avolio del clan Marfella, avvenuto a Castel Volturno nel 200o e al quale parteciparono killer dei casalesi alleati con i Lago.

Ecco tutte le richieste

Salvatore RACISE 22 anni

Gennaro INNOCENTI  15 anni

Alfredo FOGLIA 14 anni

Aurelio GIACOMINI 14 anni

Claudio PIANO 12 anni

Ciro BIRRA 12 anni

Pasquale CAPRETTI 12 anni

Luigi VIVENZIO 12 anni

Mario LAGO “marittone” 10 anni

Antonio CAPARRO 9 anni

Pasquale COCCIA 9 anni

Vincenzo FOGLIA 9 anni

Giorgio ROMANO 8 anni

Salvatore DI FRANCIA 8 anni

Andrea DAMIGELLA 6 anni e sei mesi

Francesco NESI 6 anni e sei mesi

RICHIESTA ASSOLUZIONE: Maria Grazia CECERE, Salvatore MARFELLA eMassimiliano SCHISANO

PRESCRIZIONE: Mario DI MAIO

 

Castellammare: sequestro record di 90 milioni di euro all’assicuratore Antonio Somma. Gestiva anche l’Ippodromo di Agnano

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antonio somma

Sequestro record all’assicuratore stabiese Antonio Somma il mago delle assicurazioni famoso in città per la sua passione del gioco e dei cavalli tanto che è perfino diventato uno dei gestori dell’Ippodromo di Agnano e per avere festeggiato i suoi 50 anni affittando due jet privati e portando qualche centinaio di amici per tre giorni a Miami. Novanta milioni di euro gli sono stati sequestrati dalla Guardia di Finanza che aveva sui sui conti presso la Banca Stabiese su disposizione della Procura di Torre Annunziata. Antonio Somma, figlio del compianto Lucio Somma, ex presidente dei commercianti stabiesi e a lungo consigliere comunale  e assessore, era diventato in questi anni uno dei più grandi manager nel ramo assicurativo fino ad essere nominato rappresentante in Italia  del colosso americano Am Trust specializzato in polizze sanitarie. Somma è stato rinviato a giudizio dal Tribunale di Torre Annunziata perché secondo una denuncia fatta proprio dagli americani avrebbe intascato anticipatamente provvigioni per 50milioni di euro e sospettato di aver corrotto il presidente del collegio arbitrale di Milano che avrebbe dovuto decidere su un lodo da un miliardo di euro e che è stato ricusato.

Ercolano: condannato Alfonso Borrelli, l’attore de ‘o capoclan

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borrelli o capocaln

Condannato a tre anni e 4 mesi di carcere Alfonso Borrelli, detto “’o fonzo”, di Ercolano, diventato famoso per essere il protagonista del videoclip musicale di “’O capoclan”, la canzone del cantautore neomelodico  Nello Liberti,  che per la Dda rappresenterebbe un tributo al boss Vincenzo Oliviero, l’ex padrino del clan Birra-Iacomino deceduto in carcere e soprannominato il “papa buono”. Borrelli è stato condannato nell’ambito del processo per  l’omicidio dei due netturbini di Torre del greco, Vincenzo e Gennaro Montella, ritenuti vicini al clan Ascione- Papale, avvenuto il 15 gennaio del 2007. Nello stesso processo sono stati condannati a dieci anni di carcere i due pentiti Francesco Raimo e Agostino Scarrone, colui che commise materialmente il duplice omicidio. Secondo il racconto del pentito Raimo l’attore Alfonso Borrelli avrebbe consegnato la pistola utilizzata per compiere l’agguato.

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