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Channel: Cronaca Giudiziaria
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Omicidio del gioielliere di Marano, scarcerato uno dei complici di De Fenza o’ mamozio

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Il tribunale del Riesame di Napoli-X sezione-ha rimesso in libertà Santolo Chianese arrestato e posto ai domiciliari il 21 luglio scorso inSieme con altre due persone perchè accusate di favoreggiamento nell’omicidio del gioielliere di Marano, Salvatore Gala. I giudici hanno accolto la richiesta di scarcerazione presentata dall’avvocato Carlo Carandente Giarrusso, come riporta Il Roma, annullando l’ordinanza cautelare emessa dalla procura Napoli Nord.  Con lui erano stati arrestati anche Maria Russo (scarcerata il 9 agosto scorso) la fidanzata di Maurizio De Fenza detto o’ mamozio vicino al clan Orlando e in carcere perché accusato di essere uno degli assassini del gioielliere. In carcere resta invece Michele Battilomo, il 31 enne di Quarto accusato di essere stato colui che materialmente fece fuoco contro il gioielliere. Secondo Secondo l’ordinanza emessa dal Gip, Barbara Del Pizzo,  Michele Battilomo, avrebbe “in concorso con De Fenza Maurizio”, (quest’ultimo già in carcere e sotto processo davanti la Corte d’Assise di Napoli per questo omicidio), e allo scopo di procurare a sé un ingiusto profitto, adoperava un’efferata violenza nei confronti di Gala Salvatore ingaggiando con lo stesso una colluttazione ed uccidendolo con un colpo d’arma da fuoco per assicurarsi il possesso dei gioielli e dell’oro contenuto nella cassaforte della gioielleria di proprietà della vittima. In particolare sottraeva preziosi in oro e brillanti per un peso complessivo di circa 10 kg e per un valore di circa 300.000 euro nonché un quantitativo in denaro pari a circa 2000 euro’’.  Per gli altri due, Chianese e Russo, il gip ha spiegato che “dopo la commissione dei reati da parte di De Fenza Maurizio e Battilomo Michele, intervenivano per aiutare gli stessi nella fuga, nell’occultamento del corpo del reato e delle cose pertinenti il reato nonché nell’inquinamento del quadro probatorio risultando determinante per l’elusione delle investigazioni dell’Autorità giudiziaria e per l’assicurazione del profitto/provento della rapina. In particolare si recava nella gioielleria di Gala Salvatore immediatamente dopo il delitto”aiutandoli ad occultare le prove e i reati sottraendo il telefono della vittima Gala Salvatore ed il supporto per la registrazione delle immagini di video sorveglianza; ad occultare l’arma del delitto; ad assicurarsi il possesso della refurtiva; ad organizzare una fuga dalla gioielleria  con la propria auto-vettura marca Toyota”; “ad assicurarsi il prodotto, il profitto/prezzo del reato, trasportando con la medesima autovettura la refurtiva dalla gioielleria Gala’ sino all’abitazione di Russo Maria, fidanzata di De Fenza Maurizio. Con l’aggravante di aver commesso il reato per eseguirne od occultare un altro ovvero per conseguire o per assicurare a sé il prodotto od il profitto od il prezzo di un altro reato”.

Cronache della Campania@2018


‘Mondo di mezzo’, Cantone: ‘Questa è una sentenza storica’

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“Una sentenza di fondamentale importanza perche’ riguarda un nuovo tipo di mafia, diversa da quella tradizionale delle bombe e delle stragi, ma che condiziona ugualmente l’ambiente sociale con intimidazione e omerta’, si nutre della corruzione e aggredisce i gangli della pubblica amministrazione, in particolare un pezzo del Comune di Roma”. Cosi’ il presidente dell’Autorita’ nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, intervistato dalla Stampa, definisce la decisione della Corte d’Appello di Roma sul Mondo di mezzo. “Si tratta – aggiunge – di una mafia differente da quella tipica, che evoca meno immagini di bombe e lupara ed e’ piu’ connessa ai colletti bianchi. Come aveva gia’ peraltro configurato la Cassazione in fase cautelare, Mafia capitale e’ un sistema in cui la corruzione rappresenta una penetrazione mafiosa nel territorio”. Il presidente dell’Autorita’ anticorruzione ritiene “sia diversamente pericolosa dalle altre. Perche’ mette in discussione la regolarita’ delle attivita’ della pubblica amministrazione, lo spirito di concorrenza delle imprese e il diritto di accesso alle risorse pubbliche. Averne riconosciuta l’esistenza restituisce fiducia ai cittadini nella pubblica amministrazione”. Cantone osserva che “in passato la politica si muoveva alla pari rispetto alla mafia, mentre oggi svolge un ruolo ancillare. E, come dimostra anche Mafia capitale, oggi i politici vengono coinvolti nelle trame mafiose non per interessi di partito ma prettamente personali”.

Cronache della Campania@2018

Strage del bus: continua la ‘guerra delle perizie’ e i parenti delle 40 vittime urlano: ‘Dovete pagare’

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Le barriere istallate nel 1989 sul viadotto Acqualonga dell’A16 Napoli – Canosa erano perfettamente a norma ed erano anche di concezione avanzata rispetto alle prescrizioni dell’epoca, e vennero poi adeguate alle disposizioni di sicurezza successive, dal 1992 in poi. La compromissione di alcuni elementi della barriera stessa, come i tirafondi, ha alterato l’equilibrio e la sua capacita’ di risposta all’urto. Il processo per l’incidente del 28 luglio 2013 che costo’ la vita a 40 persone precipitate con il bus che le trasportava dal viadotto Acqualonga, riprende con la testimonianza del consulente nominato dal giudice del tribunale di Avellino Luigi Buono per dipanare le contraddizioni tra le perizie eseguite dai consulenti sia della procura della Repubblica di Avellino, sia di Autostrade per l’Italia. E sui tempi della perizia si scagliano i legali della difesa dei 15 imputati, tra i quali il proprietario del bus precipitato dopo una serie di urti con altri veicoli presenti sul viadotto, Gennaro Lametta, fratello dell’autista deceduto assieme alla comitiva di pellegrini partiti da Pozzuoli, i dirigenti di Aspi, dal direttore di Tronco dell’epoca Michele Renzi fino all’amministratore delegato Giovanni Castellucci. Il perito Felice Giuliani, nominato nel giugno scorso ha depositato le sue conclusioni il 4 settembre scorso. Pochi i giorni utili per esaminare a fondo la nuova perizia, la quarta agli atti del processo. E per questo gli avvocati hanno chiesto che il controesame avvenisse, secondo una procedura adottata gia’ nel processo per l’Ilva di Taranto, da parte dei consulenti tecnici. Una richiesta rigettata dal giudice che ha invitato i legali a chiedere un contraddittorio tra tecnici per dirimere questioni scientifiche. Neppure la richiesta di rinvio per il controesame e’ stata accolta. In aula sono presenti anche i parenti delle vittime e alcuni tra i pochi superstiti che prima che cominciasse l’udienza aveva chiesto di osservare un minuto di silenzio in ricordo delle vittime di Genova. Richiesta che il giudice Buono ha respinto. “Non e’ questa la sede adatta” ha detto, tra le intemperanze di alcuni che se la sono presi anche in un momento di pausa con i difensori di Autostrade per l’Italia: “Dovete pagare” hanno ripetuto piu’ volte. Il processo dopo una breve sospensione e’ ripreso con l’interrogatorio del perito del giudice da parte dei collegio difensivo.

Cronache della Campania@2018

‘Solfatara, una tragedia troppo grande per capire’, il dolore della famiglia Carrer un anno dopo

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“Vogliamo ringraziare tutta la comunità di Pozzuoli per la vicinanza, ma preferiamo vivere in famiglia e in forma strettamente privata quest’anniversario di dolore”. A parlare è Elisabetta, la sorella di Massimiliano Carrer, il 45enne di Meolo, in provincia di Venezia, rimasto vittima, con la moglie Tiziana Zaramella ed il figlio Lorenzo della tragedia della Solfatara, il 12 settembre del 2017. Con quella delicatezza che li ha sempre contraddistinti, i familiari delle vittime hanno quindi declinato l’invito a pelisabetta carrer

albereartecipare alle celebrazioni in memoria dei loro cari, tra cui una funzione religiosa nella chiesa del convento dei frati cappuccini di San Gennaro, in programma oggi nella città flegrea. E li ricorderanno, in modo più riservato, durante la messa di domenica, alle 7.30, nella chiesa di Fossalta di Piave.Com’è tristemente noto, quella “maledetta” giornata la famiglia Carrer stava visitando il celebre sito naturalistico per ammirare uno spettacolo unico al mondo che però, purtroppo, si è trasformato in una trappola fatale. Lorenzo precipitò in una voragine del terreno che si aprì all’improvviso sotto i suoi piedi e che inghiottì, stordendoli con i gas del sottosuolo, anche il papà e la mamma, precipitatisi uno dopo l’altro nel vano tentativo di salvare il figlio. Una strage da cui scampò solo il figlio più piccolo dei Carrer, che oggi ha nove anni.

“E’ dura per noi familiari – continua Elsabetta Carrer, che con il compagno ha accolto in casa il bambino unico superstite, lo sta crescendo con tanto amore, come e più di un figlio, proteggendolo anche dal clamore mediatico della vicenda – La realtà è che ciò che è successo è troppo grande, a un anno di distanza non riusciamo ancora a rendercene conto e a focalizzarlo del tutto. Abbiamo imparato che la vita è fugace. Oggi siamo tutti concentrati su nostro nipote, che piano piano, nella normalità di tutti i giorni, sta ritrovando la serenità, e su un’infinita serie di questioni, personali e burocratiche, legate al decesso improvviso di tre persone con ancora una vita davanti”. I Carrer, per essere assistiti e ottenere giustizia, attraverso il consulente personale Riccardo Vizzi, si sono affidati a Studio 3A, società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità in ogni tipologia di sinistro, a tutela dei diritti dei cittadini, che non sta solo seguendo gli aspetti risarcitori della vicenda ma sta sostenendo la famiglia anche nel delicato processo di elaborazione del lutto del piccolo, per fargli tornare, per quanto possibile, il sorriso.

Studio 3A collabora da vicino anche con i due penalisti dei familiari, gli avvocati Alberto Berardi e Vincenzo Cortellessa, che si dicono soddisfatti di come stanno proseguendo le indagini: sono indagati per il reato di disastro colposo Giorgio Angarano, amministratore della Vulcano Solfatara srl, e altri cinque soci della società che gestisce l’area, dove le indagini hanno portato alla luce gravissime carenze di sicurezza. “La Procura di Napoli ha fatto e sta facendo un ottimo lavoro per la completa ricostruzione della filiera delle responsabilità e per evitare che tragedie così immense e assurde abbiano a ripetersi” commenta il professor avvocato Berardi, del Foro di Padova, che ovviamente concorda sul perdurante provvedimento di sequestro del sito, che gli operatori economici e anche esponenti del mondo scientifico vorrebbero rendere nuovamente fruibile ai visitatori. “Nella Solfatara sono risultate violate innumerevoli normative di sicurezza per i lavoratori e per il pubblico – conclude Alberto Berardi -: mi sembra evidente che, finché permarranno tutti questi elementi di estrema pericolosità, il sito non potrà che restare chiuso. La nuova superperizia con incidente probatorio richiesta dai pubblici ministeri partenopei, del resto, è funzionale anche e proprio a determinare i requisiti di sicurezza necessari per poterlo riaprire”.

Cronache della Campania@2018

Processo strage del bus: le conclusioni del perito diventano ‘notizia di reato’, verso una inchiesta bis

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Le conclusioni del perito nominato dal giudice nel corso del processo per la strage del bus del 28 luglio 2013 diventano “notizia di reato”. In udienza il procuratore di Avellino, Rosario Cantelmo ha chiesto la trasmissione degli atti alla procura per verificare se sussistano in tratti autostradali simili al viadotto Acqualonga dell’A16 Napoli-Canosa condizioni di compromissione grave dei sistemi di ancoraggio. Assieme al verbale della deposizione del professor Felice Giuliani, docente di costruzioni all’universita’ di Parma, Cantelmo ha chiesto anche la trasmissione del verbale del Cda di Aspi del 18 dicembre 2008, oltre che a un report del 2015 di Autostrade per l’Italia sugli interventi sulle barriere. Una richiesta che ha suscitato la reazione degli avvocati del collegio difensivo, in un momento in cui si stava concludendo la fase dibattimentale e alcuni degli imputati erano pronti a fornire dichiarazioni spontanee. Cantelmo ha sottolineato l’indisponibilita’ degli imputati a sostenere l’interrogatorio durante il processo e la richiesta di trasmissione degli atti sarebbe giustificata dalla necessita’ di chiarire se nelle altre tratte autostradali d’Italia potrebbero esserci situazioni di pericolo. Un’affermazione che ai legali di Aspi e’ suonata come una pressione. Schermaglie tra accusa e difesa non hanno convinto il procuratore Cantelmo a ritirare la richiesta di trasmissione atti, sulla quale il giudice Buono dovra’ esprimersi.

Cronache della Campania@2018

Il centro commerciale Jambo realizzato coi soldi dei Casalesi: 20 anni a Zagaria. TUTTE LE CONDANNE

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Il centro commerciale Jambo a Trentola Ducenta era stato realizzato con i soldi dei Casalesi. Anche la corte d’appello di Napoli ha confermato il quadro dell’accusa che in primo grado aveva portato a dieci condanne. Quattordici anni sono stati inflitti all’imprenditore Gaetano Balivo e al socio in affari Vincenzo Di Sarno. Per Michele Zagaria, boss del clan dei Casalesi, sono arrivati 20 anni di carcere. Sei anni e sei mesi di reclusione per l’ex assessore del Comune di Trentola Ducenta, Luigi Cassandra. I fratelli Giovanni e Giuseppe Garofalo hanno invece preso come in primo grado rispettivamente 9 e 8 anni. Questa sentenza riguarda indagati che in primo grado aveva scelto il rito abbreviato. L’accusa per tutti e’ di associazione a delinquere di stampo mafioso e a vario titolo di corruzione e riciclaggio. Le indagini hanno fatto emergere uno spaccato inquietante, con gli amministratori del comune di Trenotola completamente assoggettati alle volonta’ del boss Michele Zagaria. Emblematico il rilascio di un permesso per ampliare il centro commerciale Jambo, che secondo la Dda era riconducibile proprio a Michele Zagaria.

Cronache della Campania@2018

Strage del torrente Raganello: sette indagati

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“Ci sono al momento sette informazioni di garanzia, siamo in fase di notifica proprio in queste ore e non possiamo darvi i nomi, non devono saperlo dalla stampa”. Lo ha riferito alle agenzie di stampa il procuratore di Castrovillari, Eugenio Facciolla, che sta conducendo l’inchiesta relativa alla morte di 10 persone, che hanno perso la vita nelle gole del Raganello, a Civita in provincia di Cosenza, nel Parco del Pollino, il 20 agosto scorso a causa di un’ondata di piena. “Ci sono delle attivita’ che devono essere svolte nelle prossime ore, in maniera garantita per gli indagati – aggiunge Facciolla – e stiamo procedendo a tamburo battente, mi sembra doveroso stringere i tempi ed accelerare, per le vittime e per i feriti, e lo stiamo facendo con tanti sacrifici”. “Sin dai primi passi dell’inchiesta – ha aggiunto il procuratore Facciolla – abbiamo lavorato senza sosta per dare una risposta a quanti sono rimasti coinvolti nella tragedia del torrente Raganello: alle vittime ed ai loro familiari, ai feriti ed a quanti, pur essendo usciti indenni, hanno subito un grave trauma psicologico per la terribile vicenda che hanno vissuto. Per questo e’ giusto dare una risposta di giustizia nei tempi piu’ rapidi e nel modo piu’ efficace possibile”. “Il nostro impegno, in questo senso – ha detto ancora il Procuratore di Castrovillari – e’ massimo. Ci stiamo avvalendo, tra l’altro, delle migliori competenze tecniche che rappresentano il meglio di quanto possa offrire, in questo senso, la Calabria”.

Cronache della Campania@2018

Omicidio Sergio Giordano nella piana del Sele: la pentita svela i nomi dei killer

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Dopo venticinque anni, una donna – moglie di un esponente del clan che da mesi sta collaborando con la giustizia, fa luce sull’omicidio di Sergio Giordano, nipote del boss Mario Giordano, morto ammazzato nella faida della Piana del Sele che doveva definire gli assetti interni del clan Pecoraro Renna.
Sono quindi due gli indagati i quali, nella seconda metà degli anni Novanta hanno ricoperto ruoli di vertice nell’ambito del sodalizio. Secondo la nuova pista investigativa il delitto sarebbe maturato in seguito all’omicidio del capo zona Mario Giordano (zio di Sergio), trucidato il 16 febbraio 1991 per volere di Carmine Alfieri e di Ferdinando Cesarano che avevano recepito le richieste dei loro affiliati, Alfonso e Francesco Pecoraro. 
Mario Giordano fu agganciato da un commando entrato in azione poco dopo il cimitero degli inglesi mentre si trovava in auto e da Pontecagnano stava raggiungendo Salerno. All’inizio gli inquirenti inquadrarono il delitto nell’ambito di una vendetta trasversale tra bande avversarie, invece solo dopo un po’ di tempo e con l’aiuto di alcuni collaboratori, tra cui Ettore Tedesco, furono chiari i retroscena in cui maturò il delitto.
La morte del capozona Mario Giordano, secondo gli inquirenti, fece aprire una guerra intestina nell’ambito del clan che, nell’area tra Pontecagnano e Bellizzi, aveva perso il proprio referente. Sergio Giordano, nipote del boss, era pronto a prendere il posto dello zio ma non aveva fatto i conti con gli altri esponenti del sodalizio che nutrivano la stessa ambizione. Così il 31 marzo del 1993 il nipote di Mario fu crivellato da una raffica di proiettili che non gli lasciarono scampo.

Cronache della Campania@2018


Voto di scambio: a giudizio i Cesaro, Flora Beneduce e altri 24 tra imprenditori e professionisti

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Vanno a giudizio con l’accusa di corruzione elettorale il senatore di Fi Luigi Cesaro, i suoi fratelli Aniello e Raffaele (gia’ in carcere per un’altra inchiesta) e anche il figlio Armando, capogruppo del partito nel Consiglio regionale della Campania, insieme al consigliere regionale azzurro Flora Beneduce e ad altre 24 persone, tra imprenditori e professionisti. Agli imputati e’ stato notificato un decreto di citazione a giudizio diretto. Il processo avra’ inizio il 13 dicembre davanti al giudice monocratico del tribunale di NAPOLI Nord, che ha sede ad Aversa. L’inchiesta e’ relativa all’elezione di Armando Cesaro nel 2015 in Consiglio regionale: elezione – caratterizzata da un boom di preferenze – che secondo l’accusa sarebbe stata favorita da promesse e favori elargiti sul territorio.   “L’inchiesta che ha portato al rinvio a giudizio, tra gli altri, del consigliere regionale FI Armando Cesaro, della sua collega di partito Flora Beneduce, del papa’ senatore e dei suoi due zii gia’ detenuti per altre vicende, al di la’ delle responsabilita’ che saranno chiarite in sede di giudizio, rimanda ancora una volta a un sistema di becera politica e scambi di favori che stenta a tramontare. Uno scenario, quello ricostruito e descritto dai magistrati, nel quale appare assodato che l’unica maniera per racimolare preferenze elettorali resta quella dei favori e di promesse di qualunque genere. Nulla che abbia a che vedere con l’interesse della collettivita’ e il bene comune”. Cosi’ il capogruppo regionale del Movimento 5 Stelle Gennaro Saiello. “Purtroppo – sottolinea Saiello – ancora oggi siamo costretti a constatare che esistono molti territori simili a veri e propri feudi, nei quali la scalata politica la si compie riempiendo il cesto dei favori con posti di lavoro, commesse pubbliche, appalti, denaro, finanche abbonamenti in palestra. E’ contro il rovesciamento di questo sistema che e’ nato e cresce il Movimento 5 Stelle, perche’ per fortuna il numero dei cittadini onesti e di quanti sono pronti a battersi per migliorare la qualita’ della vita di tutti resta considerevolmente maggiore rispetto a quello che compone le cricche di spregiudicati affaristi che, con il loro esercito di faccendieri, spaccia per politica la brama di potere e di arricchimento”.

Cronache della Campania@2018

Caso Consip, il nuovo collegio del Csm giudicherà i pm Woodcock e Carrano

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Sara’ la Sezione disciplinare del nuovo Csm, che si insediera’ alla fine del mese, a giudicare i pm di Napoli dell’inchiesta Consip Henry John Woodcock e Celestina Carrano. Il “tribunale delle toghe” attualmente in carica, presieduto da Giovanni Legnini, ha accolto l’istanza della difesa dei due magistrati, rinviando il processo al 5 novembre prossimo. Il processo, nel quale i due magistrati devono rispondere della violazione dei diritti di difesa di uno degli indagati nell’inchiesta Consip, l’ex consigliere di Palazzo Chigi Filippo Vannoni, non ricomincera’ pero’ da zero. Perche’ le due toghe hanno gia’ assicurato che davanti al nuovo collegio che li giudichera’ non chiederanno il rinnovo degli atti compiuti.
I difensori dei due magistrati, Marcello Maddalena e Antonio Patrono, avevano chiesto il rinvio del procedimento, alla luce delle considerazione che la procura di Roma sta per chiudere l’indagine sull’inchiesta Consip, come confermato anche oggi davanti al Csm dal pm Mario Palazzi. E che proprio da questi ultimi atti potrebbero emergere elementi indispensabili alla difesa di Woodcock e Carrano. E la decisione presa dalla Sezione disciplinare, dopo oltre un’ora di camera di consiglio, e’ stata presa per “garantire un compiuto esercizio del diritto di difesa”. “La concessione del rinvio dell’udienza non pregiudica la sollecita definizione del procedimento – nota il Csm nell’ordinanza emessa – anche in considerazione dell’impegno delle parti a prestare il consenso alla utilizzazione del materiale probatorio raccolto dalla Sezione disciplinare in questa composizione”.

Cronache della Campania@2018

Imprenditore ucciso ad Agrigento, 25 anni dopo arrestato il killer di Passafiume

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A 25 anni dall’omicidio, i Carabinieri di Agrigento ed i magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo avrebbero individuato l’esecutore materiale dell’uccisione di Diego Passafiume, procedendo al suo arresto. In carcere è finito Filippo Sciara, agrigentino 54enne, già affiliato alla famiglia mafiosa di Siculiana.
Passafiume era stato freddato nel giorno del suo anniversario di matrimonio, il 22 Agosto 1993, a Cianciana in provincia di Agrigento, piccolo centro dell’Agrigentino. Passafiume, un onesto imprenditore 41enne nel settore del movimento terra, era stata raggiunta, mentre era alla guida della sua auto, da alcune fucilate, sparategli da un ignoto, che si era subito dileguato con altri complici, a bordo di un’autovettura. Durante le immediate ricerche, i Carabinieri ritrovarono, in fiamme, l’auto utilizzata dai killer. L’autopsia confermò che l’imprenditore era stato colpito da tre fucilate, di cui una in pieno volto. Fu subito privilegiata, nel corso delle indagini, la pista che portava ai sub appalti, settore in cui risultava ben inserito Passafiume. Dalle indiscrezioni allora raccolte, era emerso che l’imprenditore non aveva voluto piegarsi alle regole imposte dalle cosche mafiose in ordine alla spartizione dei sub appalti nel settore del movimento terra e del trasporto di inerti. Dopo una prima archiviazione delle indagini, a carico di ignoti, l’inchiesta era stata riaperta grazie anche ad alcune dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia. La morsa degli investigatori del Reparto Operativo di Agrigento però non si è mai allentata ed infatti, il “cold case” è stato risolto grazie alla raccolta ed all’incrocio di alcuni indizi raccolti nel tempo.
La svolta nelle indagini si è avuta nel luglio del 2017, quando i militari dell’Arma, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, hanno acquisito indizi di colpevolezza nei confronti di un individuo, sospettato di essere l’esecutore materiale del brutale omicidio. In particolare, grazie ad alcuni album fotografici esibiti ad alcuni parenti della vittima, che all’epoca avevano assistito alla tragica scena del delitto, i Carabinieri hanno stretto il cerchio dei loro sospetti nei confronti di Filippo Sciara, agrigentino, 54 enne, già affiliato alla “famiglia” mafiosa di Siculiana, coinvolto anche nella vicenda del sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo, ucciso e sciolto nell’acido. Gli elementi di prova raccolti sarebbero stati poi confermati anche dalle convergenti dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia (Pasquale Salemi, Maurizio Di Gati e Giuseppe Salvatore Vaccaro), secondo i quali l’omicidio fu commesso nel contesto mafioso territoriale, in quanto Diego Passafiume era ritenuto un imprenditore “scomodo”, che faceva troppa concorrenza alle dinamiche mafiose. E così, nelle ultime ore, su ordine della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, i Carabinieri del Reparto Operativo di Agrigento hanno eseguito nei confronti di Sciara un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Palermo per il reato di omicidio premeditato, con l’aggravante di aver agevolato l’attività di “Cosa Nostra”.

Cronache della Campania@2018

‘Solfatara, una tragedia troppo grande per capire’, il dolore della famiglia Carrer un anno dopo

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“Vogliamo ringraziare tutta la comunità di Pozzuoli per la vicinanza, ma preferiamo vivere in famiglia e in forma strettamente privata quest’anniversario di dolore”. A parlare è Elisabetta, la sorella di Massimiliano Carrer, il 45enne di Meolo, in provincia di Venezia, rimasto vittima, con la moglie Tiziana Zaramella ed il figlio Lorenzo della tragedia della Solfatara, il 12 settembre del 2017. Con quella delicatezza che li ha sempre contraddistinti, i familiari delle vittime hanno quindi declinato l’invito a pelisabetta carrer

albereartecipare alle celebrazioni in memoria dei loro cari, tra cui una funzione religiosa nella chiesa del convento dei frati cappuccini di San Gennaro, in programma oggi nella città flegrea. E li ricorderanno, in modo più riservato, durante la messa di domenica, alle 7.30, nella chiesa di Fossalta di Piave.Com’è tristemente noto, quella “maledetta” giornata la famiglia Carrer stava visitando il celebre sito naturalistico per ammirare uno spettacolo unico al mondo che però, purtroppo, si è trasformato in una trappola fatale. Lorenzo precipitò in una voragine del terreno che si aprì all’improvviso sotto i suoi piedi e che inghiottì, stordendoli con i gas del sottosuolo, anche il papà e la mamma, precipitatisi uno dopo l’altro nel vano tentativo di salvare il figlio. Una strage da cui scampò solo il figlio più piccolo dei Carrer, che oggi ha nove anni.

“E’ dura per noi familiari – continua Elsabetta Carrer, che con il compagno ha accolto in casa il bambino unico superstite, lo sta crescendo con tanto amore, come e più di un figlio, proteggendolo anche dal clamore mediatico della vicenda – La realtà è che ciò che è successo è troppo grande, a un anno di distanza non riusciamo ancora a rendercene conto e a focalizzarlo del tutto. Abbiamo imparato che la vita è fugace. Oggi siamo tutti concentrati su nostro nipote, che piano piano, nella normalità di tutti i giorni, sta ritrovando la serenità, e su un’infinita serie di questioni, personali e burocratiche, legate al decesso improvviso di tre persone con ancora una vita davanti”. I Carrer, per essere assistiti e ottenere giustizia, attraverso il consulente personale Riccardo Vizzi, si sono affidati a Studio 3A, società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità in ogni tipologia di sinistro, a tutela dei diritti dei cittadini, che non sta solo seguendo gli aspetti risarcitori della vicenda ma sta sostenendo la famiglia anche nel delicato processo di elaborazione del lutto del piccolo, per fargli tornare, per quanto possibile, il sorriso.

Studio 3A collabora da vicino anche con i due penalisti dei familiari, gli avvocati Alberto Berardi e Vincenzo Cortellessa, che si dicono soddisfatti di come stanno proseguendo le indagini: sono indagati per il reato di disastro colposo Giorgio Angarano, amministratore della Vulcano Solfatara srl, e altri cinque soci della società che gestisce l’area, dove le indagini hanno portato alla luce gravissime carenze di sicurezza. “La Procura di Napoli ha fatto e sta facendo un ottimo lavoro per la completa ricostruzione della filiera delle responsabilità e per evitare che tragedie così immense e assurde abbiano a ripetersi” commenta il professor avvocato Berardi, del Foro di Padova, che ovviamente concorda sul perdurante provvedimento di sequestro del sito, che gli operatori economici e anche esponenti del mondo scientifico vorrebbero rendere nuovamente fruibile ai visitatori. “Nella Solfatara sono risultate violate innumerevoli normative di sicurezza per i lavoratori e per il pubblico – conclude Alberto Berardi -: mi sembra evidente che, finché permarranno tutti questi elementi di estrema pericolosità, il sito non potrà che restare chiuso. La nuova superperizia con incidente probatorio richiesta dai pubblici ministeri partenopei, del resto, è funzionale anche e proprio a determinare i requisiti di sicurezza necessari per poterlo riaprire”.

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Processo strage del bus: le conclusioni del perito diventano ‘notizia di reato’, verso una inchiesta bis

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Le conclusioni del perito nominato dal giudice nel corso del processo per la strage del bus del 28 luglio 2013 diventano “notizia di reato”. In udienza il procuratore di Avellino, Rosario Cantelmo ha chiesto la trasmissione degli atti alla procura per verificare se sussistano in tratti autostradali simili al viadotto Acqualonga dell’A16 Napoli-Canosa condizioni di compromissione grave dei sistemi di ancoraggio. Assieme al verbale della deposizione del professor Felice Giuliani, docente di costruzioni all’universita’ di Parma, Cantelmo ha chiesto anche la trasmissione del verbale del Cda di Aspi del 18 dicembre 2008, oltre che a un report del 2015 di Autostrade per l’Italia sugli interventi sulle barriere. Una richiesta che ha suscitato la reazione degli avvocati del collegio difensivo, in un momento in cui si stava concludendo la fase dibattimentale e alcuni degli imputati erano pronti a fornire dichiarazioni spontanee. Cantelmo ha sottolineato l’indisponibilita’ degli imputati a sostenere l’interrogatorio durante il processo e la richiesta di trasmissione degli atti sarebbe giustificata dalla necessita’ di chiarire se nelle altre tratte autostradali d’Italia potrebbero esserci situazioni di pericolo. Un’affermazione che ai legali di Aspi e’ suonata come una pressione. Schermaglie tra accusa e difesa non hanno convinto il procuratore Cantelmo a ritirare la richiesta di trasmissione atti, sulla quale il giudice Buono dovra’ esprimersi.

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Il centro commerciale Jambo realizzato coi soldi dei Casalesi: 20 anni a Zagaria. TUTTE LE CONDANNE

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Il centro commerciale Jambo a Trentola Ducenta era stato realizzato con i soldi dei Casalesi. Anche la corte d’appello di Napoli ha confermato il quadro dell’accusa che in primo grado aveva portato a dieci condanne. Quattordici anni sono stati inflitti all’imprenditore Gaetano Balivo e al socio in affari Vincenzo Di Sarno. Per Michele Zagaria, boss del clan dei Casalesi, sono arrivati 20 anni di carcere. Sei anni e sei mesi di reclusione per l’ex assessore del Comune di Trentola Ducenta, Luigi Cassandra. I fratelli Giovanni e Giuseppe Garofalo hanno invece preso come in primo grado rispettivamente 9 e 8 anni. Questa sentenza riguarda indagati che in primo grado aveva scelto il rito abbreviato. L’accusa per tutti e’ di associazione a delinquere di stampo mafioso e a vario titolo di corruzione e riciclaggio. Le indagini hanno fatto emergere uno spaccato inquietante, con gli amministratori del comune di Trenotola completamente assoggettati alle volonta’ del boss Michele Zagaria. Emblematico il rilascio di un permesso per ampliare il centro commerciale Jambo, che secondo la Dda era riconducibile proprio a Michele Zagaria.

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Strage del torrente Raganello: sette indagati

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“Ci sono al momento sette informazioni di garanzia, siamo in fase di notifica proprio in queste ore e non possiamo darvi i nomi, non devono saperlo dalla stampa”. Lo ha riferito alle agenzie di stampa il procuratore di Castrovillari, Eugenio Facciolla, che sta conducendo l’inchiesta relativa alla morte di 10 persone, che hanno perso la vita nelle gole del Raganello, a Civita in provincia di Cosenza, nel Parco del Pollino, il 20 agosto scorso a causa di un’ondata di piena. “Ci sono delle attivita’ che devono essere svolte nelle prossime ore, in maniera garantita per gli indagati – aggiunge Facciolla – e stiamo procedendo a tamburo battente, mi sembra doveroso stringere i tempi ed accelerare, per le vittime e per i feriti, e lo stiamo facendo con tanti sacrifici”. “Sin dai primi passi dell’inchiesta – ha aggiunto il procuratore Facciolla – abbiamo lavorato senza sosta per dare una risposta a quanti sono rimasti coinvolti nella tragedia del torrente Raganello: alle vittime ed ai loro familiari, ai feriti ed a quanti, pur essendo usciti indenni, hanno subito un grave trauma psicologico per la terribile vicenda che hanno vissuto. Per questo e’ giusto dare una risposta di giustizia nei tempi piu’ rapidi e nel modo piu’ efficace possibile”. “Il nostro impegno, in questo senso – ha detto ancora il Procuratore di Castrovillari – e’ massimo. Ci stiamo avvalendo, tra l’altro, delle migliori competenze tecniche che rappresentano il meglio di quanto possa offrire, in questo senso, la Calabria”.

Cronache della Campania@2018


Camorra, Mallo e i suoi andarono a casa di Musto per ucciderlo ma non lo trovarono. LE INTERCETTAZIONI

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Napoli. Il giovane boss idealista  Walter Mallo e i suoi seguaci avevano individuato in Giacomino Musto, giovane pusher del clan Lo Russo, quale obiettivo da eliminare nell’ambito della faida che era scoppiato agli inizi del 2016. E’ quanto emerge dalle intercettazioni ambientali e telefoniche allegate all’inchiesta sui clan Nappello e i reduci dei Lo Russo che lo scorso novembre portò in carcere una quarantina di affiliati ai vari schieramenti criminali della zona a Nord di Napoli. Water Mallo e i suoi affiliati avevano creato un clima di terrorenei territori storicamente sottoposti al controllo dei ‘Capitoni’ ed in particolare nel Don Guanella, zona di grande interesse per i clan in quanto zona di spaccio particolarmente redditizia.
Carlo Lo Russo faceva affidamento sui propri killer di fiducia, Cutarelli, Ruocco, Cerasuolo e Perfetto Ciro con il proprio gruppo di fuoco per contrastare gli ‘emergenti’, presuntuosi ed impertinenti, facenti capo al giovane boss con la lacrima tatuata.
Il clima di terrore si concretizza nelle continue stese, realizzate dagli uomini dell’uno piuttosto che dell’altro gruppo contrapposto, culminate in eventi tragici, con la morte di persone estranee al ‘conflitto’, e nel tentato omicidio dello stesso Walter Mallo  commesso il 26 aprile del 2016.
Tra gli obiettivi che il gruppo di Mallo intende colpire vi è Giacomino Musto. A conferma di ciò e allegati al processo in corso in primo grado, vi sono una serie di intercettazioni d registrate in ambientale all’interno del veicolo Ford Fiesta, intestato a Paolo Russo alias a’Patana, braccio destro di Mallo e dai quali si comprende che il 30 marzo 2016 il gruppo  del Mallo aveva deciso di tendere un agguato ai danni di Giacomo Musto. Sono le 1.50 di notte del 30 marzo 2016 e in auto ci sono Walter Mallo, Paolo Russo e Vincenzo Danise. Arrivano all’interno del Lotto G di Via Antonio Labriola all’altezza dell’isolato 7 si mettono in cerca di Musto. Si spingono fin sotto il palazzo ipotizzando in un primo momento che il soggetto possa essere rincasato mediante un motociclo (“Non è che si è ritirato con il trecento questo cornutone, Paolo?”). Dopo un breve sopralluogo a piedi però, i due desistono e non trovando il loro obiettivo, tornano a bordo dell’autovettura e si allontanano dal Lotto G.
Qualche ora più tardi, intorno alle ore 02:33, sempre a bordo della Ford Fiesta, Mallo, Russo e Danise si mettono nuovamente alla ricerca del loro ‘obiettivo’, e giungono in Via Nuova Toscanella, sperando di individuare l’abitazione giusta in cui dimora Musto grazie alla localizzazione del motociclo che sanno essere di sua proprietà (“Dove sta il trecento non ti puoi sbagliare”) e che secondo loro è parcheggiato proprio all’ingresso dell’abitazione. Mallo conosce quell’abitazione ed esorta Russo ad andare che però invita gli altri due a seguirlo (“Andiamoci tutti quanti!”) e li informa che sarà lui a bloccarlo (“Walter, io lo incastro, che lo dobbiamo bloccare!”). I tre ipotizzano che Musto potrebbe trovarsi altrove, probabilmente nella casa ubicata in via Mugnano a Marianella, dove però Mallo non crede sia per loro sicuro portare a termine un agguato (“Sì, non hai capito, se veniamo qua e vediamo solo a lui vuol dire che sta solo lui, invece se andiamo a Marianella, dobbiamo passare davanti a trecento case, è diversa la situazione! Se vogliamo andare, andiamo un attimo!”). La casa di cui fanno riferimento è ubicata infatti in una zona popolare in cui sono presenti vari fabbricati a breve distanza tra loro, territorio quindi non ottimale per compiere un omicidio senza essere visti e che permetta loro una fuga veloce e sicura. Parlano dunque dell’abitazione un tempo occupata da Fabio Cardillo, e dove il sette luglio del 2016  Giacomo Musto poi è stato tratto in arresto.
Walter Mallo , ritenendo che l’obiettivo non si trovi nemmeno alla Via Nuova Toscanella, ipotizza che questi abbia potuto discutere con la moglie di Ciro Culiersi, alias “Birritella” e possa essere andato via (“Sì, avrà fatto discussione con la moglie di Birretella, sul lutto di Alfonso, e se n’è andato da qua, solo che qua sta da solo ad abitare!”). I tre quindi, dopo aver discusso in merito ai rischi dell’agguato, decidono di scendere dall’autovettura e muoversi a piedi per non rischiare (“E sì, qua, qua… mettiamo la macchina qua, lasciamo le chiavi in faccia, salite e scendiamo, è meglio qua che non ci facciamo bloccare.”) .
Infine però, probabilmente in quanto non in grado di individuare l’abitazione di Giacomo Musto in via Nuova Toscanella e per la difficoltà nel raggiungere l’altro domicilio sito in via Mugnano a Marianella (si entrerebbe nel territorio del clan rivale e si sarebbe costretti a transitare davanti a numerose abitazioni, aumentando il rischio di essere scoperti ed individuati dal clan nemico), i tre desistono dal loro intento e così Giacomo Musto sarà salvo.

Renato Pagano

2. continua

@riproduzione riservata

 

(nella foto da sinistra Walter Mallo, Paolo Russo, Vincenzo Danise, Giacomo Musto, Carlo Lo Russo)

Cronache della Campania@2018

Figlio candidato, Il Cs archivia il procedimento contro il Procuratore Lembo: ‘Niente incompatibilità’

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Salerno.Non vi e’ alcuna incompatibilita’ riguardante il procuratore capo di Salerno Corrado Lembo. Si chiude cosi’, con l’archiviazione della pratica, la verifica compiuta dal Csm sull’eventuale sussistenza di elementi per avviare una procedura di trasferimento d’ufficio per incompatibilita’ nei confronti del procuratore capo di Salerno, Corrado Lembo. Lo scorso inverno il Comitato di presidenza di Palazzo dei Marescialli aveva autorizzato l’apertura della pratica, come sollecitato dalla Prima Commissione, in merito a notizie di stampa sulla candidatura a sindaco per il Pd al Comune di Campagna, nel Salernitano, del figlio di Lembo, Andrea, alle elezioni amministrative dello scorso giugno. Il plenum, questa mattina, ha approvato la delibera con cui veniva proposta l’archiviazione: nel documento si sottolinea che “Andrea Lembo non e’ stato eletto sindaco di Campagna” e che, in ogni caso, “gia’ svolgeva attivita’ politica e gia’ era stato candidato a sindaco del Comune di Campagna quando il Csm decise di nominare Corrado Lembo come procuratore della Repubblica di Salerno. Rispetto ad allora – rileva Palazzo dei Marescialli – nessun significativo e sostanziale elemento di novita’ e’ sopravvenuto”. La circostanza della candidatura, inoltre, “non ha destato commenti critici nell’ambiente giudiziario”, come emerso dalle audizioni compiute dalla Prima Commissione e “l’ufficio diretto da Lembo ha esercitato l’azione penale nei confronti di esponenti locali di primo piano dello stesso partito in cui milita il figlio”, osserva ancora il Csm, sottolineando infine che il capo della procura di Salerno “e’ oramai prossimo alla pensione, il che, in via pratica, escluderebbe ogni attualita’ e pertinenza di una supposta (ed invero inesistente) situazione di incompatibilita’ ambientale”.

Cronache della Campania@2018

Duplice omicidio di Saviano, il killer chiede perdono: “Ho sbagliato”

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“Sono stato io, ho ucciso quei due ragazzi e se potessi tornare indietro nel tempo darei anche la mia vita per non fare cio’ che ho fatto. Ho sbagliato e chiedo perdono. Voglio pagare la mia pena ma non per tutto il resto della mia vita”. Sono state queste le dichiarazioni a sorpresa di Nicola Zucaro, 33 anni, di Casalnuovo, accusato di aver ucciso il 15 febbraio del 2016, con 13 colpi di pistola Francesco Tafuro e Domenico Liguori, gestori di un centro scommesse a Somma Vesuviana in provincia di Napoli, giustiziati come camorristi, in via Olivella a Saviano, per un debito di gioco contratto da un boss della zona che non voleva pagare. E’ sotto processo infatti il ras Eugenio D’Atri, colui il quale aveva scommesso 24mila euro e non aveva intenzione di pagare. La svolta nelle indagini e’ arrivata con il racconto di uno del gruppo, Domenico Altieri, poi pentitosi. In primo grado Zucaro è stato condannato all’ergastolo nel processo che si è celebrato con il rito abbreviato  invece é stato condannato a 12 anni di carcere Domenico Altieri, alias “Mimm ’o gemell”, colui che aiutò il killer Zucaro a compiere la missione di morte ordinata dal ras Eugenio d’Atri, 33 anni di Somma Vesuviana, ritenuto vicino al clan Cuccaro. Altieri che era l’uomo di fiducia del ras D’Atri ha ottenuto lo sconto di pena in quanto nel frattempo è diventato pentito e grazie al suo racconto è stato ricostruito il duplice omicidio nei dettagli.

I due ragazzi che gestivano un centro scommesse a Somma Vesuviana, avrebbero avuto la sfortuna di incontrare sulla loro strada il pregiudicato di Ponticelli. Eugenio D’Atri, abitava infatti proprio nel parco adiacente al centro scommesse nel quale si recava per effettuare grosse scommesse, spesso a credito, facendo leva sulla sua personalità criminale. L’uomo avrebbe così contratto con l’agenzia gestita dai due ragazzi un debito di gioco di circa 25mila euro. Le due vittime avrebbero inoltre pagato con la vita il fatto di aver preteso da D’Atri la restituzione di quel denaro, giusto per rendere chiaro il concetto di come stavano le cose. Francesco e Domenico, quella sera, si erano accorti che qualcosa non andava ed avevano telefonato ad un amico imprenditore per avvertirlo della presenza di un’ auto sospetta che li seguiva.Furono raggiunto in via Olivella, la strada di campagna di Saviano dove furono raggiunti dai killer e massaccrati.

In un video i carabinieri di Castello di Cisterna hanno ricostruito il duplice omicidio di Francesco Tafuro e Domenico Liguori, titolari di un centro scommesse di Somma Vesuviana uccisi il 10 febbraio scorso in una stradina di campagna di Saviano. Nel video preparato dai carabinieri c’è la ricostruzione dei fatti da parte dei carabinieri. Si vede Altieri che con uno scooter va a Somma Vesuviana presso l’agenzia Intralot delle due vittime, parla con Tafuro e fissa l’appuntamento con D’Atri e Zucaro. Attraverso immagini reperite dai Carabinieri della Compagnia di Nola durante le indagini, la chiara ricostruzione della scena particolare del crimine fino all’epicentro -il luogo del crimine- e poi il bagliore degli spari. Lungo il tragitto Altieri in sella dello scooter fa da battistrada all’auto delle vittime. Al passaggio da un incrocio, si nota l’auto dei due presunti killer, D’Atri e Zucaro, accodarsi. In una stradina buia di campagna arrivano le due auto e lo scooter.  Grazie alla telecamera di un sistema di videosorveglianza posizionata nei paraggi, appena le auto spengono i fari, si vede chiaramente il bagliore degli spari. 

 

 

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Scafati, l’ex sindaco Aliberti lascia il carcere: torna ai domiciliari a Roccaraso

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Scafati. Lascia il carcere per tornare agli arresti domiciliari a Roccaraso. L’ex sindaco Angelo Pasqualino Aliberti, arrestato per scambio di voto politico-mafioso ottiene nuovamente i domiciliari grazie ad una decisione dei giudici del Tribunale di Nocera Inferiore, presidente Raffaele Donnarumma. Ai togati nocerini i legali del politico -avvocati Silverio Sica e Giuseppe Pepe – avevano presentato istanza di scarcerazione dopo che due mesi fa gli stessi giudici avevano inasprito il regime detentivo per una serie di violazioni riscontrate dalla Dia. Aliberti torna nella casa di Roccaraso dove era stato dopo la prima scarcerazione dal carcere. Allentati i limiti di visita dei parenti: potrà vedere la moglie, Monica Paolino, consigliere regionale e coindagata nel processo scaturito dall’operazione Sarastra, nessuna limitazione anche per i figli. Secondo i giudici il regime di inasprimento della misura, attuato in questi due mesi, è stato un deterrente per evitare ulteriori violazioni del regime degli arresti domiciliari e in ogni caso le violazioni riscontrate dalla Dia nella loro relazione non sono state attuate per ‘inquinare il quadro probatorio’. I giudici nocerini hanno disposto che Angelo Pasqualino Aliberti lasci il carcere per essere trasferito ai domiciliari, il provvedimento sarà eseguito nelle prossime ore.
Intanto il processo ricomincerà il prossimo 26 settembre con la testimonianza del capitano Fausto Iannaccone della Dia di Salerno.

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Da Caserta alla Sicilia per trovare lavoro, scomparsi dal 2014: indagato imprenditore

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Il Gup di Siracusa, Tiziana Carrubba, accogliendo l’opposizione dell’avvocato Daniele Scrofani, ha rigettato la richiesta di archiviazione, e disposto nuove indagini, dell’inchiesta sulla scomparsa di Alessandro Sabatino, 40 anni, e di Luigi Cerreto, 23, entrambi originari di Caserta, di cui non si hanno piu’ notizie dall’11 maggio del 2014. I due erano arrivati a Siracusa rispondendo a un annuncio di lavoro di Giampiero Riccioli, 49 anni, indagato per omicidio e occultamento di cadavere, che cercava badanti per accudire, in una villetta in contrada Tivoli, il padre ottantenne. Nel provvedimento, depositato il 18 luglio, ma di cui si e’ avuta notizia soltanto adesso, il Gup ha disposto “ulteriori indagini” tenuto conto che le vittime “non risulta si siano mai allontanate da Siracusa”, mentre, ha osservato il Giudice Tiziana Carrubba, “risulta la sussistenza di ragioni di contrasto con Giampiero Riccioli durante il periodo di permanenza nell’abitazione di suo padre”. Il Gup ha accolto la richiesta dell’avvocato Scrofani di “assunzione a sommarie informazioni testimoniali di Nicola Sabatino e Giuseppe Cerreto, rispettivamente fratello e padre degli scomparsi”. E ha ordinato anche accertamenti per la ricerca di materiale biologico e dei corpi degli scomparsi, “anche attraverso la perlustrazione di pozzi in zone facilmente raggiungibili dalla casa di Vincenzo Riccioli”. Il Gup ha concesso 90 giorni al Pm per espletare le indagini richieste e altre ritenute utili all’inchiesta.

Cronache della Campania@2018

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