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I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma hanno dato esecuzione a un decreto di confisca dei beni emesso dal Tribunale di Roma-III Sezione Penale specializzata per l’Applicazione Misure di Prevenzione, nei confronti degli imprenditori Luigi, Antonio e Salvatore Righi e di Alfredo Mariotti, i primi tre arrestati dai Carabinieri di Roma nel gennaio 2014. Il provvedimento si basa sull’accertata pericolosita’ sociale dei predetti soggetti, fondata sul loro coinvolgimento in traffici delittuosi gestiti dalla camorra napoletana. I beni confiscati, gia’ sottoposti a sequestro di prevenzione nel gennaio 2014 su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, sono attualmente gestiti dagli amministratori giudiziari nominati dal Tribunale. Il procedimento di prevenzione si innesta nel contesto di una complessa ed articolata indagine avviata autonomamente dal Nucleo Investigativo Carabinieri di Roma, convenzionalmente denominata “Margarita”. I tre citati imprenditori napoletani Antonio, Luigi e Salvatore Righi, partendo dalla gestione della piccola pizzeria del padre (“da Ciro”) sita a Napoli in via Foria, si erano trasferiti negli anni 90′ a Roma, ove in poco tempo erano diventati proprietari di fatto di una holding di societa’ attive nella gestione di numerosissimi ristoranti/pizzeria ubicati nelle principali vie di pregio del centro storico della Capitale, con un volume d’affari palesemente sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati. Sull’ascesa imprenditoriale della famiglia Righi sicuramente ha influito il loro coinvolgimento nel sequestro di persona a scopo di estorsione di Luigi Presta, avvenuto a Napoli nel 1983. All’epoca, Ciro, la moglie e i figli Luigi, Salvatore e Antonio Righi furono arrestati, poiche’ sospettati di aver riciclato parte del riscatto di un miliardo e settecento milioni di lire pagato dalla famiglia Presta per ottenere la liberazione del loro congiunto; a conclusione di un tortuoso iter giudiziario, Luigi e Salvatore furono condannati per riciclaggio. Le indagini della Dda di Roma e dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma hanno dimostrato che l’impero economico dei fratelli Righi veniva gestito con modalita’ illecite, mediante una rete di societa’ intestate a prestanome, finalizzate al reimpiego e all’occultamento di ingenti risorse economiche di provenienza illecita ed alla sottrazione delle imprese acquisite e gestite con il denaro sporco a possibili misure di prevenzione patrimoniale. I fratelli Righi, quindi, sono emersi quali stabili riciclatori per conto della camorra napoletana, al servizio, in particolare, del clan Contini, ai cui dirigenti Giuseppe Ammendola e Antonio Cristiano, Salvatore Righi corrispondeva periodicamente somme di denaro contante, costituenti il provento delle attivita’ riciclatorie svolte per conto del clan (cd. operazioni di money back). Il vincolo con il clan Contini non impediva peraltro ai Righi di proporsi quale punto di riferimento sulla Capitale per altri sodalizi camorristici, prescindendo dagli equilibri e delle alleanze tra i vari clan napoletani; del resto l’esperienza investigativa ha spesso evidenziato come ai riciclatori non venga richiesto quell’impegno di fedelta’ esclusiva normalmente preteso dagli affiliati appartenenti alle componenti militari dei clan. Le indagini dei Carabinieri di Roma hanno infatti rivelato la vicinanza di Antonio Righi anche al clan Mazzarella, avendo egli svolto attivita’ di riciclaggio e supporto logistico per conto di Oreste Fido, reggente del gruppo di Paolo Ottaviano operante in zona Mercato-Santa Lucia a Napoli, nonche’ la vicinanza di Ivano Righi, figlio di Salvatore, al clan Amato-Pagano, cosiddetti degli “scissionisti” di Secondigliano. A Napoli dopotutto, la famiglia Righi ha negli anni mantenuto delle basi operative rappresentate da alcuni locali e dal Centro Sportivo e dalla Societa’ Sportiva “Mariano Keller”, titolare di una squadra di calcio attualmente militante nel campionato di Serie D girone H. Il mondo del calcio delle serie minori e’ un settore in cui i Righi hanno nel tempo investito per impiegare le ingenti somme di denaro nero a loro disposizione e, in tale ambito, le indagini hanno svelato un intervento del clan Contini, su richiesta di Salvatore Righi, nei confronti di alcuni calciatori del Real Marcianise, affinche’ perdessero un incontro con il Gallipoli Calcio che, a conclusione della stagione 2008/2009 del campionato di Lega Pro, girone B, aveva bisogno di una vittoria, effettivamente avvenuta, per accedere alla serie B. L’accertamento dell’affiliazione, quali concorrenti esterni, dei tre fratelli Antonio, Luigi e Salvatore Righi a clan camorristici napoletani ha determinato lo spostamento da Roma a Napoli della competenza giurisdizionale sul procedimento, con il conseguente invio degli atti alla Procura della Repubblica – Dda – di Napoli che, valutando il corposo quadro indiziario gia’ acquisito dalla Dda e dai Carabinieri di Roma, peraltro suffragato dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, lo ha messo a sistema con i risultati di un piu’ ampio lavoro investigativo sul clan Contini. Nell’ambito del procedimento di prevenzione, avviato su proposta del Nucleo Investigativo di via in Selci nel contesto della citata indagine, si e’ proceduto, nel gennaio 2014 e nei mesi successivi, in esecuzione di decreti di sequestro anticipato emessi dal Tribunale di Roma, su richiesta della Procura della Repubblica di Roma – Dda di Roma al sequestro finalizzato alla confisca dei beni e rapporti finanziari riconducibili ai Righi e al Mariotti. Il provvedimento di confisca odierno colpisce la quasi totalita’ dei citati beni e rapporti finanziari, per un valore complessivo di oltre 80 milioni di euro e in particolare: 28 esercizi commerciali di bar/ristoranti/pizzerie, ubicati a Roma (24), Napoli e Provincia (3) e Gabicce Mare (1); 41 beni immobili ubicati in Roma (16 fabbricati), Napoli (12 fabbricati), Caserta (5 fabbricati), Benevento (7 terreni), Rieti (1 terreno); 385 rapporti finanziari/bancari; 76 veicoli, di cui 57 autovetture, 1 roulotte, 18 motocicli; 77 societa’ titolari di parte dei suddetti beni; 300mila euro di denaro contante rinvenuti nel corso delle operazioni.