Quantcast
Viewing all 6090 articles
Browse latest View live

“Mia mamma mi avvelenava”: l’ossessione di De Falco: L’uomo di Qualiano resta in carcere

Image may be NSFW.
Clik here to view.

Qualiano. Ha pianificato l’omicidio della madre per un’ossessione: quella di essere avvelenato. Pasquale De Falco, il 37enne che giovedì scorso ha ucciso la mamma Teresa Licciardiello e si è barricato nella sua casa di Qualiano per circa dieci ore, non ha dubbi nella sua folle lucidità: “Mi stavano avvelenando giorno dopo giorno. Per questo ho dovuto uccidere mamma. Ho dovuto farlo”. L’uomo di Qualiano è stato interrogato dal giudice per le indagini preliminari, ieri mattina, e ha cercato di spiegare i motivi della follia, motivi folli anch’essi. Dopo il racconto, il gip ha convalidato l’arresto e confermato le accuse di omicidio premeditato e resistenza a pubblico ufficiale. Secondo la procura Pasquale De Falco ha pianificato l’omicidio della madre, ha preparato tutto nei dettagli, lo lasciano intendere le sue parole: “I miei genitori volevano uccidermi, mercoledì mia mamma mi ha fatto bere acqua avvelenata. Mio padre era severo e rigido con me, c’era astio”. Il 37enne ancora una volta ha ribadito l’odio profondo nei confronti dei genitori, senza ombra di pentimento per quello che è accaduto. Ed è proprio il sentimento nei confronti del padre Antonio che ha spinto il giudice a rigettare la richiesta di una misura alternativa al carcere chiesta dai legali, seppure con il braccialetto elettronico. Pasquale De Falco potrebbe essere ancora pericoloso per i suoi familiari e in particolare per il padre, con il quale viveva.
Il racconto del 37enne combacia con i risultati investigativi raccolti dai carabinieri della Compagnia di Giugliano, guidati dal capitano Antonio De Lise. Giovedì scorso il 37enne è riuscito ad arrivare alle chiavi della cassaforte dove erano custodite le armi: “Da tempo conoscevo il nascondiglio – ha spiegato – ma non ne ho mai approfittato”.  Poi, la convinzione, diventata ossessione, che i genitori lo stessero avvelenando e dunque ha messo in atto il suo folle piano. De Falco ha dato una spiegazione anche alle sue azioni successive all’omicidio della mamma: aveva paura di essere ucciso dal padre per ‘avergli ucciso la moglie’. Ha commentato quel lungo giorno in cui era barricato in casa, armato, e addirittura ha spiegato che le notizie ascoltate dagli organi di stampa, sul suo passato, non sono vere: “Non ho tentato il suicidio per una donna. Mica sono scemo”. 
Pasquale De Falco subito dopo l’arresto è stato sottoposto ad una visita psichiatrica ed è stato ritenuto idoneo a essere sottoposto ad interrogatorio. La sua percezione di quanto accaduto è falsata dalle sue ossessioni, ma l’assassinio della mamma è stato lucido e volontario, premeditato. E medesima ossessione, Pasquale De Falco, vive nei confronti del padre Antonio.

Cronache della Campania@2018


Scafati, estorsioni e danneggiamento: ordinanza della Dda per sei persone

Image may be NSFW.
Clik here to view.

Scafati. Blitz dei carabinieri a Scafati: è in corso da stamane una vasta operazione dei militari del Reparto operativo del comando provinciale di Salerno per l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare a carico di sei persone. La misura cautelare ha come oggetto episodi di tentata estorsione e danneggiamento, armi e stupefacenti. I militari stanno eseguendo anche una serie di perquisizioni a carico di pregiudicati della zona. Circa duecento militari con l’ausilio di unità cinofile ed il supporto aereo di un elicottero, hanno eseguito 27 perquisizioni e i sei arresti, eseguendo un’ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Salerno su richiesta della Dda. I dettagli verranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che si terrà alle 10 presso la Procura della Repubblica di Salerno.

Cronache della Campania@2018

Sorrento, falsi ciechi: chieste 17 condanne

Image may be NSFW.
Clik here to view.

Torre Annunziata. Una maxi truffa ai danni dello Stato che ha visto coinvolte oltre 17 persone accusate di aver truffato lo Stato fingendosi non vedenti ed incassare la pensione. Solo una donna, una 75enne di Boscoreale, è stata assolta per non aver commesso reato in quanto ritenuta “realmente non vedente”. Due anni e quattro mesi di reclusione è questa la richiesta del pm Prisco nei confronti di tutti gli imputati. Guardia di Finanza e Carabinieri da Torre del Greco a Massa Lubrense riuscirono a scoprire un gruppo di persone che era riuscita a ingannare i medici e a farsi attestare di essere non vedenti. Tutti gli imputati sono residenti tra Torre Annunziata, Torre del Greco, Boscoreale, Castellammare di Stabia, Striano, Vico Equense, Sant’Agnello, Piano di Sorrento e Massa Lubrense. La truffa ammonterebbe ad una cifra che supera oltre il milione di euro. Nella giornata di ieri è stata chiesta una condanna per tutti. Dalle indagini sui finti ciechi è emerso che c’era chi riusciva a fare la spesa, leggere il giornale, guidare, fare la spesa. A Pompei, invece, un 60enne percorreva chilometri a piedi da casa sua al centro, salutava il comandante dei vigili urbani e saliva le scale per assistere al consiglio comunale. Nelle prossime udienze spetterà alla difesa smontare la tesi accusatoria.

Cronache della Campania@2018

Salerno, agguato a Fratte: fine pena mai per il figlio del boss e i complici

Image may be NSFW.
Clik here to view.

Una sentenza arrivata in tarda serata dopo quasi dieci ore di camera di consiglio. Ergastolo per esecutori materiali e mandante del duplice omicidio consumatosi nel 2015 a Fratte per ordine del boss di Ogliara, Matteo Vaccaro. Con quel delitto l’ormai vecchio boss voleva vendicarsi dell’affronto subito da Antonio Procida e riaffermare il controllo del territorio.
I fatti sono accaduti nel Maggio del 2015 quando Antonio Procida ed Angelo Rinaldi persero la vita dopo un agguato crivellati da tre colpi di pistola. Ergastolo per Matteo Vaccaro, Roberto Esposito e il Guido Vaccaro. Duplice omicidio volontario e premeditato sono queste le accuse che pendevano sul capo degli imputati incastrati grazie al servizio di videosorveglianza. Le immagini hanno registrato tutti gli spostamenti dei killer e grazie anche ad una serie di testimonianze tra cui quella del pentito Sabino De Maio che ha rivelato di aver appreso da Roberto Esposito di essere stato tra gli autori del delitto per rivendicare l’onore di Vaccaro.
Durante il processo sono state riprese le singole fasi del delitto che secondo la Corte d’Assise di Salerno è stato premeditato e preparato nei minimi dettagli e che deve essere contestualizzato “in contesti associativi di natura camorristica legati al controllo del territorio per il predominio criminale dello stesso”. Il movente del delitto resta la lite della mattina in un bar al centro del quartiere per l’affissione dei manifesti elettorali. Procida e Rinaldi avevano ricevuto da Lello Ciccone, candidato di Forza Italia alle elezioni regionali, l’incarico di affiggere il suo materiale in zona. Matteo Vaccaro però pretendeva di ritornare nel giro ed aveva affrontato Procida nel bar. Vaccaro da parte sua gli aveva intimato di consegnare a lui un centinaio di manifesti perché ne gestisse la collocazione in un’altra zona. Procida aveva reagì facendone nascere una colluttazione. “Sei vecchio, non conti più nulla” – disse. Questa cosa all’ormai vecchio boss non piacque. Decise di rivendicare la discussione con il sangue. «Tempo tre giorni e ti uccido». Un avvertimento che si è concretizzato dopo qualche ora. Alla lettura del dispositivo parenti ed avvocati che sono pronti a ricorrere in Appello dopo che saranno depositate le motivazioni della sentenza.

(nella foto da sinistra Matteo Vaccaro, Guido vaccaro, Roberto Esposito)

Cronache della Campania@2018

Scafati, “Ci manda zio Peppe, dateci i soldi per i carcerati”: ecco il sistema del clan Matrone-Buonocore

Image may be NSFW.
Clik here to view.

Scafati. “A noi ci manda l’ultimo che è uscito a Scafati, per Scafati! Sono scoperte tre rate su Scafati! Natale, Pasqua e Ferragosto! Ti diamo 48 ore … sai che sta succedendo su Scafati? con bombe e spari!”. Un 2017 di terrore quello che gli uomini di Giuseppe Buonocore, zio Peppe, avevano instaurato in città: estorsioni, armi, droga. Zio Peppe, genero di Francesco Matrone, il boss di cui Buonocore ha sposato la figlia, dopo la sua scarcerazione alla fine del 2016 ha tentato la scalata nella criminalità locale, salvo poi finire vittima egli stesso di un attentato. E’ questo lo scenario delineato nel corso delle indagini del Reparto Territoriale di Nocera Inferiore e del Comando Provinciale di Salerno che hanno portato stamane all’arresto di sei persone, con 27 persone indagate e perquisite, su richiesta del Gip Vincenzo Pellegrino del Tribunale di Salerno. Le indagini dei militari hanno evidenziato l’esistenza di un gruppo criminale, guidato da Buonocore che a partire dalla sua scarcerazione e approfittando del vuoto criminale determinato dall’arresto dei Loreto-Ridosso e di altre frange locali, ha tentato di imporsi come capo. Peppe Buonocore ha brillato anche della luce riflessa del suocero, Franchino Matrone, ‘a belva, e dell’assenza dopo l’arresto del cognato Michele Antonio Matrone. Ha costituito un suo gruppo, secondo gli investigatori, fatto in gran parte di giovanissimi adepti, suoi emissari nei confronti dei commercianti, costretti a pagare tangenti. Due le tentate estorsioni ricostruite dai carabinieri nel corso del 2017 una ai danni dei titolari dei supermercati Iper G di Scafati, tre sedi tra Angri e Scafati (centro Plaza e Malvis), l’altra ai danni del titolare della tabaccheria Touch di via Passanti. L’altra tentata estorsione messa a segno ai danni del ristorante pescheria Acqua & sale ha visto già finire in manette, a gennaio scorso Pasquale Panariello, emissario di Zio Peppe. A Buonocore viene addebitato, insieme ai sodali, anche il possesso di numerose armi, alcune delle quali sequestrate nel corso delle indagini, altre mai recuperate. Vi era poi la frangia – guidata da Panariello – che si occupava dello spaccio di stupefacente, marijuana e hashish con metodi tecnologici innovativi: foto e scambi su whatsapp e consegne a domicilio. Nell’inchiesta per scambi di armi clandestine finiscono anche due nomi e volti noti alle cronache giudiziarie: uno è Vincenzo Nappo, ‘o nonno – finito ai domiciliari – al quale Buonocore ha consegnato una pistola e munizioni due mesi fa, l’altro è Vincenzo Muollo ‘o lallone, fratello di Luigi ucciso nella guerra di camorra tra i Loreto-Ridosso e i Muollo dell’inizio degli anni 2000. Vincenzo Muollo è indagato, non essendo accolta nessuna misura cautelare per lui. Dalle indagini emerge una rete di rapporti tra vecchi e nuovi ras che Buonocore tiene insieme rispolverando vecchie amicizie e nuovi legami con la criminalità organizzata. Emblematico il metodo e il linguaggio utilizzato per impaurire le vittime, in particolare quello nei confronti dei titolari dei supermercati Iper G, ai quali Buonocore attraverso Pasquale Panariello e Antonio Palma chiede il pagamento di 9mila euro per tre rate in sospeso. ‘A noi ci manda l’ultimo che è uscito a Scafati – si sente nelle intercettazioni ambientali captate dai carabinieri – ha visto quello che succede … spari, bombe”. Tra gli emissari di Buonocore anche Giovanni Barbato Crocetta, il cui nome era emerso nell’ambito delle indagini per l’omicidio di Armando Faucitano avvenuto in piazza Falcone e Borsellino a Scafati, per motivi legati allo spaccio di stupefacenti. Barbato Crocetta ricettò la moto utilizzata per l’agguato e fu sottoposto ad un fermo della Dda per questo episodio. Poi uscito libero, è diventato l’emissario e l’uomo di fiducia di Buonocore. A Barbato Crocetta, 25 anni, il compito di chiedere una tangente al titolare della tabaccheria di via Passanti, la cui famiglia ha altri analoghi punti vendita a Scafati e a Pompei. Al pregiudicato il compito di sparare nella vetrata dell’esercizio commerciale, quando passò il termine per la consegna di mille euro per i ‘carcerati’ pattuito a dicembre scorso con Buonocore all’interno del Roxi bar, gestito dal pregiudicato e dai suoi familiari. A raccontare questo incontro per intimidire la vittima, le telecamere di sorveglianza del bar gestito dai Buonocore e da Filomena Generali, figlia di Francesco Matrone. 
Ma le indagini raccontano anche di armi, a disposizione del gruppo criminale, armi nascoste e gestite per conto di zio Peppe e prelevate nel momento del bisogno. I pm della Dda Giancarlo Russo e Marco Guarriello avevano chiesto la misura cautelare per nove indagati, per un minore, fratello di uno degli arrestati sono stati inviati gli atti al Tribunale per i minorenni, mentre la mamma di Pasquale Panariello, Elvira Improta nota anch’ella alle cronache giudiziarie, è indagata. Rigettata la richiesta di misura cautelare anche per Nicola Patrone, cognato di Antonio Palma – uno degli emissari di Buonocore – che avrebbe fatto da palo ad una dei tentativi di estorsione. Nel corso delle indagini sono stati registrati anche numerosi colloqui in carcere dopo l’arresto di Antonio Palma e Pasquale Panariello, avvenuti alla fine dello scorso anno, nei quali gli indagati parlano con i familiari. Dopo i primi arresti, Giuseppe Buonocore, aveva messo a disposizione dei suoi fedelissimi un avvocato di fiducia e anche soldi per sostenere il regime carcerario.
Ordinanza di custodia cautelare in carcere per
Buonocore Giuseppe, 44 anni di Scafati
Berritto Francesco, 25 anni di Scafati
Palma Antonio, 40 anni residente a Boscoreale
Panariello Pasquale, 26 anni di Scafati
Ai domiciliari
Nappo Vincenzo, 70 anni, di Scafati
Barbato Crocetta Giovanni, 25 anni, di Scafati

Indagati: Nicola Patrone, cognato di Antonio Palma, Elvira Improta, 42 anni, mamma di Pasquale Panariello, Vincenzo Muollo ‘o lallone, Pasquale Palma, fratello di Antonio. Atti al Tribunale per i minori per M. P..

Cronache della Campania@2018

Marano, dipendente comunale faceva il trafficante di hashish: arrestato in Sicilia

Image may be NSFW.
Clik here to view.

Anche un dipendente del Comune di Marano tra le persone arrestate due giorni fa dalla squadra mobile di Bagheria in provincia di Palermo per traffico di droga. Si tratta del 63enne Giuseppe Di Costanzo, custode della villa comunale. L’uomo è accusato di traffico di sostanze stupefacenti. I poliziotti hanno trovato cento chili di hashish all’interno di un’auto guidata da Pasquale De Fenza anch’egli residente a Marano. Le manette sono scattate anche per una terza persona: Ivan Bonaccorso che si trovava con Di Costanzo nell’ auto che scortava l’altro veicolo pieno di droga. Gli agenti hanno seguito le due vetture fino al loro arrivo in un parcheggio di un’abitazione isolata. Non appena i poliziotti hanno fatto irruzione nell’immobile i tre sono scappati nelle campagne circostanti ma sono stati rintracciati e presi. Giuseppe Di Costanzo sarà ufficialmente sospeso dal servizio. Si arriverà al licenziamento solo se i fatti dovessero essere confermati al termine dell’ iter processuale.

Cronache della Campania@2018

Omicidio Izzi, chiesti altri 5 ergastoli per i Lo Russo

Image may be NSFW.
Clik here to view.

Altri cinque ergastolo sono stati chiesti dalla Dda nell’ambito del processo stralcio per l’omicidio del detenuto in semilibertà Pasquale Izzi ucciso il 29 marzo 2016, sotto casa del boss pentito Carlo Lo Russo in via Ianfolla a Miano. Il massimo della pena è stato chiesto per gli altri componenti del commando di morte ovvero Ciro Perfetto, Antonio Buono, Marco Corona, Tommaso D’Andrea  e Salvatore Freda, che erano stati raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare nel febbraio scorso. Ad incastrarli sono state le dichiarazioni del neo pentito Mariano Torre (già condannato all’ergastolo insieme con Luigi Cutarelli sempre per questo omicidio). All’elenco quasi infi­nito di partecipanti all’omicidio di Pasquale Izzi, con vari ruoli, man­ca ancora un nome. Ed è quello di colui che prese le pistole utilizza­te da Luigi Cutarelli e Mariano Torre e le fece sparire. Un uomo di cui quest’ultimo, pentito dallo scorso novembre, ha fatto il nome nei primi verbali di interrogatorio alla procura antimafia. Unico a mancare all’appello con la giusti­zia per chiudere le indagini. “Ol­tre a quelli che avete già arresta­to hanno partecipato all’omicidio di Pasquale Izzi anche Ciro Per­fetto, Antonio Buono, “Tommy” Tommaso D’Andrea, Salvatore Freda e un’altra persona che ha recuperato le armi…”  con tanto di omissis nel verbale. Evidentemente rispetto a questa ultima persona mancano ancora i riscontri.

“Carlo Lo Russo” – ha spiegato Mariano Torre – rice­vette una lettera da un detenuto che stava in carcere insieme ad Antonio Gcnidoni e Fabio Cardillo e venne a sapere che Pasquale Izzi li stava aiutando per portare a termine il suo omicidio. Carlo quindi decise che Pasquale Izzi doveva morire in quanto si appre­stava a fare la “filata” ai suoi dan­ni. Izzi doveva essere ucciso già mesi prima, in occasione di un precedente permesso premio, ma non ci organizzammo in tempo. La se­ra prima insieme a Luigi andai da Carlo per organizzare come fare. Ricordo che aspettavamo il figlio Enzo, che si sarebbe dovuto orga­nizzare con Marco Corona per avere l’aiuto del suo amico Tommy che conosceva Izzi e doveva farci sapere l’ora in cui sarebbe uscito di casa. Dicemmo a Tommy (D’Andrea, ndr) che il giorno dopo dovevamo fare un servizio e che ci serviva il suo aiu­to. Per farci sapere l’orario preci­so in cui lui usciva di casa per tor­nare in carcere. Chiedemmo il suo aiuto perché lui lo conosceva, si mise a disposizione e prendemmo appuntamento per l’indomani mattina, alle 7 a casa di Salvatore Freda dove avevamo le armi. Inol­tre da casa di Salvatore Freda si vede la zona da cui sarebbe usci­to Izzi. Dicemmo a Tommy che dovevamo fare “un servizio” per­ ché nel nostro gergo si parla di “servizio” per riferirci agli omici­di. Del Resto, Marco lo aveva in­formato su quello che dovevamo fare. Tommy, Ciro e Antonio Buo­no rimasero a casa di Salvatore. Ciro e Buono si misero sul balco­ne con il compito di farci il fischio quando vedevamo Izzi scendere da casa. Le armi erano custodite da Salvatore: io presi una calibro 9, Luigi una 9×21”. Marco Corona e Tommaso D’Andrea, nel­la ricostruzione degli inquirenti e del gip, consentiro­no al gruppo di fuoco del clan Lo Russo di conoscere il giorno e l’ora in cui Pa­squale Izzi sarebbe rientrato in carcere dal permesso-premio e quindi a che ora sarebbe uscito di casa. Fu Tommy, uomo di fiducia dell’altro, a risultare deter­minante perché permise ai componenti del comman­do di essere informati in maniera precisa sugli sposta­ menti della vittima designata. Tommaso D ’Andrea in tal senso venne coinvolto nell’omicidio perché cono­sceva il figlio di Izzi e quindi, con questa scusa, si infor­mò a che ora usciva di casa per far rinetro nel carcere di Benevento.

Cronache della Campania@2018

Napoli, Luca Materazzo: ‘Voglio parlare in privato con il pm, ho paura, non mi sentito tutelato’

Image may be NSFW.
Clik here to view.

“Vorrei parlarne in privato con i pm ed essere tutelato. Non mi sento al sicuro, ed è anche per questo che un anno fa mi allontanai dall’Italia”, è il colpo di scena al processo che vede accusato Luca Materazzo per l’omicidio del fratello Vittorio avvenuto nel quartiere di Chiaia i 28 novembre di due ani fa. Luca, trentasei anni, aspirante notaio, si mostra quindi collaborativo. Chiede la parola dopo la lunga testimonianza del capo della sezione Omicidi della squadra mobile Mario Grassia, che in aula ha ripercorso tutte le fasi delle indagini, a partire dalla sera del delitto.  Ottiene la possibilità di rendere dichiarazioni spontanee, come riporta Il Mattino, e parla per venti minuti: “È fondamentale che ci sia un ritorno alla collaborazione che è venuto meno quando ho deciso di andarmene – dice Luca – Vorrei confrontarmi direttamente con i pubblici ministeri perché ritengo di poter dare un enorme contributo alla ricostruzione dei fatti per inquadrarli correttamente. Ancora oggi mancano molti tasselli – continua – Ci sono cose che ho omesso di riferire per tutelarmi e ci sono cose che a loro (il riferimento è agli inquirenti, ndr) non risultano, cioè movimenti che ho fatto andando avanti e indietro per via Crispi, persone che incontrato. E sono cose importantissime”.
“Vorrei parlarne prima con i pm, poi saranno loro a decidere cosa portare nel processo senza pregiudicare la mia tutela”. L’imputato ripete la richiesta fatta già nella scorsa udienza, ribadendo di conoscere una verità che finora non sarebbe emersa dagli atti, quella che vorrebbe raccontare in prima battuta soltanto ai pubblici ministeri, quella che sostiene di non poter rivelare in aula, nel processo pubblico che sarebbe la sede naturale vista la fase in cui si trova attualmente la vicenda giudiziaria che lo riguarda, per il timore di non ben precisati rischi. Rischi a cui lega anche i motivi della sua latitanza di un anno all’estero, fino all’arresto a Siviglia, in Spagna, avvenuto a gennaio scorso. “Devo anche spiegare il perché mi sia allontanato”, sembra concludere Luca Materazzo ma poi aggiunge: “È importante che dia il mio contributo. Si tratta della mia vita. Sono cinque mesi che sono recluso. Ho tante cose da dire, maturate anche col senno del poi e con la lettura del fascicolo in cui ci sono tante inesattezze”. I pm Luisanna Figliolia e Francesca De Renzis, che hanno coordinato le indagini con il procuratore aggiunto Nunzio Fragliasso e ora nel processo rappresentano la pubblica accusa, dovranno valutare la richiesta dell’imputato. Materazzo appare determinato nella sua difesa. “Tutta la modalità è incompatibile con i miei perché, con l’idea che possa avere aggredito mio fratello senza averne motivo in quanto il movente ad oggi non è ancora chiaro a nessuno – dice Luca in aula – Con mio fratello ho avuto tanti contrasti, ma normali litigi. L’unica vicenda risale a quando ero ragazzino, nel 2003, ma fu solo una spinta, nello studio di mio padre. Mio fratello – continua Luca, senza mai pronunciare il nome del fratello morto assassinato – era solito con gli atteggiamenti di denuncia. Anche nel 2016 si distinse per una denuncia che non esisteva, perché io non avevo fatto nulla tanto che addirittura fui invitato a pranzo dalla moglie, quindi non ci fu alcuna aggressione né fisica né verbale”.
Luca passa poi a singoli dettagli delle ore e dei giorni successivi al delitto, per fare precisazioni e provare così ad allontanare da sé l’immagine di un fratello litigioso e aggressivo, quando Vittorio era ancora in vita, e di un presunto assassino lucido e calcolatore, quando il corpo di Vittorio fu trovato ormai nel sangue davanti al portone di casa, ucciso da quaranta coltellate.  
Luca prova a chiarire alcuni dei particolari messi in evidenza dagli inquirenti nel corso delle indagini: “Le ferite alla mani me le procurai con un pentolino per le uova sode e con i pesi durante un allenamento, con la polizia non fui aggressivo e maleducato, mi infastidì solo quando mi fu chiesto di spogliarmi”.
Quanto alla denuncia che sporse la mattina successiva per segnalare la sparizione di alcuni oggetti che la polizia aveva trovato in strada, tra indumenti e guanti sporchi di sangue abbandonati lungo la via di fuga del killer, Luca dichiara: “Dialogai serenamente, diedi impronte e feci fare tutti i rilevamenti del caso. A casa mia in tanti potevano entrare anche senza il mio permesso e senza avvisarmi perché per motivi familiari o lavorativi avevano le chiavi, e se non c’erano segni di effrazione sul portone era perché si apriva anche con il vento”. E infine ha una propria verità anche sulla sua fuga dalla città: “Feci subito la valigia per andare a casa di un amico perché non mi sentivo al sicuro – dice in aula – E successivamente, dal pc di un’amica, scelsi la destinazione dove allontanarmi perché continuavo a non sentirmi tutelato. E questa non può essere la prova della premeditazione e della mia implicazione nell’omicidio, perché l’ho fatto due settimane dopo i fatti e non prima”. Mercoledì si torna in aula. Nel processo sono parte civile la vedova dell’ingegnere Vittorio e tre delle quattro sorelle della vittima e dell’imputato.

Cronache della Campania@2018


Il ‘boss’ delle discoteche: ‘Manda un bacio a Ettoruccio da parte mia’. LE INTERCETTAZIONI

Image may be NSFW.
Clik here to view.

«Ma quando vai dal compagno mio?». «Sabato». «Allora un bacio a Ettore». «Lui chiede sempre di voi, degli amici più stretti». A parlare sono Giuseppe Esposito uno dei tre imprenditori di Posillipo arrestati ieri per i legami con il clan Contini e Filomena Lo Russo, figlia del pentito Mario “Capitoni” di Miano ma soprattutto moglie di Ettoruccio o’ russo, a sua volta figlio di Patrizio Bosti, uno dei fondatori dell’Alleanza di Secondigliano La conversazione tra i due è del 21 giugno dell’anno scorso ed è contenuta nell’ordinanza di custodia cautelare che ieri ha colpito il gruppo degli Esposito. La donna durante la conversazione chiese a Giuseppe Esposito, sapendo dell’amicizia con alcuni calciatori del Napoli, di inviarle qualche video o foto con dedica dei campioni azzurri ai figli prossimi alla prima comunione. «Glieli facciamo fare da tutti quanti» , fu la risposta. 
Lo Russo: «Pronto?». Esposito: «Mena …»
Lo Russo: «Ehi, Giuseppe …» Esposito: «Tutto a posto?»
Lo Russo: «Tutto bene e a te?» Esposito: «Senti» .
Lo Russo: «Dimmi ..» . Esposito: «Ma quando vai dal compagno mio?»
Lo Russo. «Sabato»
Esposito: «E diglielo … io tengo quella maglia di Borriello che a lui serviva … da un mese ..» .
Lo Russo: «Ma quella che tu dicesti? Il fatto del regalo del bambino?»
Esposito: «Brava! Ti ricordi? La doveva mandare ad un bambino malato ..» .
Lo Russo: «E mo’ glielo dico … Giuseppe, un’altra cosa … io co- munque ti avrei chiamato …» Esposito: «Che dobbiamo fare?» Lo Russo: «Volevo chiederti se c’è la possibilità di fare qualche foto a Patrizio o una piccola intervista per gli auguri della comunione … perché in tutto questo se la fa pure …….. perché noi non siamo riusciti a farla a lui … Esposito: «E che vuoi? I video?» Lo Russo: «No, nel senso … o un messaggio per lui per gli auguri, hai capito? O una foto con loro ….(i calciatori del Napoli, ndr) Esposito: «No … i video mo’ glieli facciamo fare da tutti quanti … da tutti quanti … ma che stai pazziando?! Loro sono partiti, rientrano il 5 luglio (a Napoli per poi partire per il ritiro a Dimaro, ndr), e mi vengo a prendere a … pure se … inc. … un po’ da fare». Lo Russo: «Sì … che qualche foto gliela metto … hai capito? Qualche foto con loro …» . Esposito: «I video mo’ glieli faccio fare a tutti quanti … a chi glieli dobbiamo fa fare? A lui o a lei?» .
Lo Russo: «A tutti e due, secondo me … se la fanno tutti e due insieme (la prima comunione, ndr) Esposito: «… così li porti dal fotografo e glieli fai montare tu ..». Lo Russo: «Sì, bravo … però a lui non glielo voglio dire, hai capito ..» .
Esposito: «No, no … dagli sempre un bacio, Mena non ti devi scordare, eh!» .
Lo Russo: «No, non ti preoccupare … ma quello chie- de sempre di voi … degli ami-
ci più stretti lui chiede sempre».
Esposito: «Dagli un bacio forte … vabbuò, mo’ ti faccio fare i video e poi qualsiasi cosa lo sai … tu non chiami … inc. ..» .

Cronache della Campania@2018

Estorsioni a Giugliano, arrestato Vallefuoco esponente del clan Mallardo

Image may be NSFW.
Clik here to view.

Varcaturo. Cercava di imporre il pizzo ad un imprenditore: i carabinieri della Compagnia di Giugliano in Campania arrestano Biagio Vallefuoco ‘o biasone, esponente del clan Mallardo. I militari gli hanno notificato un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Napoli, per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Secondo gli inquirenti, il 50enne avrebbe – il 18 gennaio scorso – tentato un’estorisone ai danni del titolare 56enne di un’impresa edile della zona.
Le indagini avviate a gennaio hanno consentito di cristallizzare la responsabilità di Vallefuoco in ordine a una estorsione tentata il 18 gennaio: con violenza e minacce, consistite nel prospettargli gravi ritorsioni, aveva tentato di farsi consegnare del denaro, non quantificando ancora la somma, facendo leva sulla forza d’intimidazione dell’agire evocando l’appartenenza al clan Mallardo, operante a Giugliano in Campania.

Cronache della Campania@2018

Camorra, Pepe Reina sarà sentito come teste nell’inchiesta sui fratelli Esposito

Image may be NSFW.
Clik here to view.

Pepe Reina sara’ ascoltato come persona informata dei fatti dai magistrati della Dda di Napoli che indagano sulle attivita’ dei fratelli Esposito, imprenditori ritenuti legati a clan della camorra e arrestati ieri con l’accusa di intestazione fittizia di beni. Tra gli elementi che gli inquirenti intendono approfondire vi sono infatti i legami con il mondo del calcio degli Esposito, in particolare Gabriele Esposito – che e’ titolare tra l’altro di una agenzia di scommesse – destinatario ieri anche di un Daspo con il divieto di frequentare i luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive. Il portiere del Napoli, in procinto di passare al Milan la prossima stagione, nei giorni scorsi organizzo’ una festa di addio nella discoteca Club Partenopeo a Coroglio – tra Bagnoli e la collina di Posillipo – che e’ stata sottoposta a sequestro preventivo dal gip che ha accolto le richieste della procura a conclusione delle indagini condotte dai pm della Dda Francesco De Falco, Enrica Parascandolo e Ida Teresi, coordinati dal procuratore Giovanni Melillo e dall’aggiunto Filippo Beatrice. 

Cronache della Campania@2018

Attentati a Scafati, la guerra tra i Matrone-Buonocore e i Cesarano nelle dichiarazioni di Spinelli

Image may be NSFW.
Clik here to view.

Scafati. Bombe con mezzo chilo di polvere esplosiva, proiettili, intimidazioni: tra il 2017 e il 2018 Scafati è stata terra di terrore. Una escalation criminale frutto di un ‘riposizionamento’ dei clan sul territorio e del ritorno proponderante di vecchi boss e di un manipolo di giovanissimi adepti.
Molti degli episodi accaduti a partire dall’estate del 2017 sono ancora oggetto di indagine, ma l’arresto di Giuseppe Buonocore, zio Peppe, genero di Francesco Matrone ha delineato i contorni delle nuove ascese criminale sul territorio scafatese. Il primo attentato eccellente è stato proprio quello ai danni di Buonocore: il 14 giugno del 2017 una bomba carta aveva distrutto l’ingresso del Roxi Legend Bar, di via Pietro Melchiade di fronte al Municipio. Le telecamere di videosorveglianza della banca riprendono le immagini dell’attentatore, un individuo con il volto e il capo coperto dal cappuccio di una felpa o di un giubbino. Il 4 luglio, un individuo con il medesimo tipo di abbigliamento viene immortalato da un’altra telecamera mentre posiziona una bomba carta nei pressi di un negozio di via Martiri d’Ungheria, ex centro di scommesse strike in fase di ristrutturazione, di proprietà della famiglia Ridosso. Dieci giorni dopo, un individuo con il volto e la testa coperta da un cappuccio esplode cinque colpi di pistola calibro 7,65 nella saracinesca del Bar Dolce vita di via Alcide De Gasperi di proprietà di Giuseppina Generali, moglie di Andrea Spinelli, detto Dariuccio, poi pentitosi. Il 29 agosto e il 30 agosto vengono presi di mira il negozio di parrucchiere Nico Style di via della Resistenza e la pescheria-ristorante Acqua e sale di via Montegrappa. Ed è proprio Dario Spinelli a dare una spiegazione a quando accaduto nella calda estate del 2017. Il primo attentato è quello a Buonocore, il Roxi legend bar è formalmente intestato a Vincenzo Buonocore, ma è anche gestito dai genitori Giuseppe e Filomena Generali. Zio Peppe è uscito dal carcere nel novembre del 2016 dopo una lunga detenzione per estorsione, ma non perde tempo e si rimette in attività. E Spinelli spiega agli inquirenti che la contesa sul territorio di Scafati è tra due gruppi quello di Buonocore-Matrone e il clan Cesarano di Pompei Castellammare. E quindi racconta di essere “in grado di spiegare cosa sta accadendo, anche del perché è stato fatto un attentato a me, ma si tratta di una vicenda complessa e della quale mi riservo di parlare in un momento in cui sono più calmo e riposato. Attualmente in Scafati si stanno scontrando il clan Cesarano di Castellammare di Stabia e il clan Matrone di Scafati e il tutto è cominciato a seguito della scarcerazione di Buonocore Giuseppe quale reggente del clan Matrone. Il Buonocore Giuseppe, quando è uscito dal carcere si è imposto sul territorio presentandosi come incaricato da parte di Terrestre Umberto – detto Mazzola – e di Matrone Franchino per riattivare il clan Matrone. Sempre a dire del Buonocore sarebbe stato egli a contare mentre non contava più Michele Matrone figlio di Franchino”. Spinelli è sempre stato più legato ai Cesarano che non al clan Matrone e conosce bene le dinamiche che si sono sviluppate dopo gli arresti di esponenti del clan Matrone e dei Loreto-Ridosso. D’altronde è lo stesso Buonocore che dopo aver risposto all’attentato ai suoi danni si è fatto spazio in ambito criminale, tant’è che nelle intercettazioni incluse nell’ordinanza che ha portato al suo arresto racconta – parlando con Vincenzo Nappo ‘o nonno, finito ai domiciliari e fedelissimo del suocero Francesco Matrone, come sta operando in ambito criminale.  Di grande interesse investigativo l’intercettazione registrata il 1 aprile scorso, il giorno di Pasqua tra Buonocore e Vincenzo Nappo, il quale gli raccomandava di agire con prudenza. Buonocore gli spiega che sta agendo “con calma”: ”Io non vado come facevo prima … vado prima con la dolcezza … delicatezza come sto facendo …’stiamo pieni di problemi’ mi avvicino ‘mi dovete dare una mano, una cosa a piacere vostro vedete voi’. Ma allo stesso tempo intimorisce le sue vittime con intimidazioni e minacce, qualora la vittima non paghi. Sempre il 1 aprile del 2018, verso mezzogiorno, Buonocore spiega come ha intimorito delle persone restie a pagare: “un bel pezzo di terra…che ho fatto…vado là… ho tre buchi… ho fatto spalare tre..tre buchi sistemati … ora quando mi inceppo un po’ con la testa, che faccio … armato … andai con le cose in mano … e mi presento ‘… vedi che da oggi in poi tu a me mi devi pagare il mensile .. ci siamo 7?. Dice … ‘ma voi siete ..?; ‘Si.. sono inc. … mi senti a me? Le ha viste queste buche? L’ultimo è preparato per te! I primi due sono per la famiglia tua’ Perché tu ora te ne vai da qua e già lo so che te ne vai nella Caserma … ci puoi andare’ Ti ci accompagno io …’. Non ce l’ho fatta a terminare il discorso … ‘ti ci accompagno io. Li vedi a questi due dietro a me che tu non sai? A kamikaze stanno Devono andare dalla tua famiglia’ Devono uccidere prima a qualcuno della tua famiglia, stanno i buchi preparati … e poi a te vedi?’ e ce lo butto dentro … così per farlo prendere paura o no? … inc. … sulle scarpe senza … senza niente Si pisciò sotto … ‘No … io non vado da nessuna parte’. ‘Ma se vuoi ti accompagno perché lo so che tu mi fai arrestare … cornuto!’ ho detto … ‘tu li vedi a questi due? Uccidono ad uno della tua famiglia Non farai mai bene …’ O no … ‘tu a me mi fai arrestare, ma a questi altri due non li fai arrestare’ E loro ti sanno a te'”.

 Rosaria Federico

 (nella foto da sinistra il pentito Dario Spinelli, Giuseppe Buonocore, Vincenzo Nappo e Luigi Di Martino)

Cronache della Campania@2018

Napoli, processo cella zero a Poggioreale: rischio prescrizione per tutti

Image may be NSFW.
Clik here to view.

Napoli. C’è il rischio prescrizione per tutti gli imputati del processo per i maltrattamenti ai detenuti nel carcere di Poggioreale ribattezzato processo 2Cella zero” dal nome della stanza dove secondo le denunce venivano fatte le torture. E’ l’ennesimo atto di accusa di Pietro Ioia, presidente degli Ex detenuti della Campania, che ieri ha manifestato davanti al Tribunale di Napoli mentre era in corso l’ennesima udienza (anche questa aggiornata) del processo. Ioia poi si è incontrato con Samuele Ciambriello, garante regionale dei detenuti. “Questo processo non è neanche iniziato e già rischia di andare verso la prescrizione, ecco il motivo per il quale noi vigileremo dall’inizio alla fine affinché tutto proceda secondo la legge e senza ostacoli”, ha spiegato Ioia. I reati contestati a vario titolo vanno dal sequestro di persona, all’abuso di potere nei confronti di persone detenute, lesioni e mal- trattamenti. I fatti contestati si riferiscono agli anni 2013 e 2014. La vicenda venne alla luce in seguito a un esposto del Garante per i diritti dei detenuti. I pestaggi sarebbero avvenuti sia nella “cella zero” a piano terra, si in altri locali del carcere. Per gli inquirenti gli episodi sarebbero stati originati da contrasti, anche per motivi fu- tili, che si verificavano tra singoli detenuti e guardie carcerarie. 

A seguito delle denunce degli ex detenuti, usciti dal carcere di Poggioreale, che hanno dichiarato di aver subito violenze fisiche e mo-ali all’interno della famosa “cella zero”  dove si sarebbero consumate percosse e abusi, la Procura di Napoli aveva per questo avviato due inchieste che sono confluite nel processo. “Si sta giudicando l’operato di 12 agenti per i quali – ha detto il responsabile dell’associazione ex Don, Pietro Ioia – se ritenuti colpevoli, chiediamo che venga applicata la legge così come è sta- to fatto per tutte le persone che oggi sono in carcere. La Cella zero di Poggioreale è stata per anni utilizzata per punire i carcerati che lì venivano denudati e pestati e al- cune volte è capitato anche a me – ha detto Ioia – Se è giusto che chi sbaglia debba pagare non è accettabile che ciò avvenga in luoghi e modi che non hanno nulla di umano e che sicuramente non sono utili alla riabilitazione”.

 

Cronache della Campania@2018

Napoli, gli Esposito si difendono: ‘Non siamo i prestanome di nessuno’

Image may be NSFW.
Clik here to view.

“Il nostro patrimonio non è il frutto di affari illeciti e non è stata mai commessa alcuna fitti-zia intestazione di beni per favorire la camorra”, dichiarazioni spontanee quasi similari quelli dei tre fratelli Gabriele, Giuseppe e Francesco Esposito e delle mogli dei primi due ovvero Teresa Esposito che Carmela Russo, tutti arrestati  tre giorni fa insieme con Diego La Monica per intestazione fittizia di beni e legami con il potente clan Contini. Hanno questi respinto le accuse nell’interrogatorio di garanzia davanti al gip. I fratelli Esposito, assistiti dall’avvocato Roberto Saccomanno (Gabriele è difeso anche da Domenico Dello Iacono), hanno respinto tutte le accuse della Dda. Al centro dell’inchiesta c’è la discoteca Club Partenopeo di via Coroglio, formalmente intestata a Diego la Monica frequentata da vip  e dalla quasi totalità dei calciatori del Napoli. Dopo gli arresti e le scarcerazioni dello scorso giugno l’inchiesta sull’arricchimento dei fratelli Esposito è andata avanti grazie anche alle dichiarazioni del killer pentito Salvatore Maggio raggiunto lo scorso anno da un’ordinanza nella stessa inchiesta e che aveva messo sotto estorsione un’agenzia di scommesse in piazza Mercato sempre riconducibile agli Esposito. Gabriele  reduce da una condanna in primo grado per associazione per delinquere di stampo mafioso, ha sostenuto che, proprio a causa di quel verdetto, si è trovato costretto a far fronte a una “lunga serie di problemi di natura amministrativa”, e che nonostante ciò mai si sarebbe “sognato di fare interposizione fittizia per agevolare la camorra”. Francesco ha sostenuto di non avere “nulla a che vedere con questa vicenda”. Giuseppe ha invece spiegato di essere sì un imprenditore, ma di “svolgere in proprio l’attività di manager”. Dello stesso tenore le dichiarazioni delle mogli.  Sia Teresa Esposito che Carmela Russo, rispettivamente consorti di Gabriele e Giuseppe, hanno negato gli addebiti e poi hanno spiegato al giudice che  i beni in questione sarebbero effettivamente i loro e che, dunque, non avrebbero fatto alcun ricorso a operazioni di intestazione fittizia. Quanto ai soldi impiegati nei business di famiglia – gli Esposito operano anche nel commercio dei giocattoli – le donne hanno sostenuto che quel denaro è sempre stato di “provenienza lecita, dal momento che non siamo i prestanome di nessuno”.

 

Cronache della Campania@2018

Intercettazioni, il pm Fragliasso: ‘Servono strutture che mancano’

Image may be NSFW.
Clik here to view.

“Deve essere chiaro che non e’ possibile il perseguimento degli obiettivi posti dal legislatore a costo zero”. Lo ha detto Nunzio Fragliasso, procuratore aggiunto a Napoli, in occasione del convegno organizzato da Magistratura indipendente. “Penso alla imminente entrata in vigore della riforma sulle intercettazioni che postula strutture che, allo stato, gli uffici giudiziari non hanno, per garantire la riservatezza delle intercettazioni che, come e’ noto, devono essere conservate in archivi riservati, inaccessibili se non a soggetti qualificati, in relazione ai quali la norma c’e’, ma rischia di rimanere sulla carta se non verranno apprestati i mezzi e le risorse che consentano l’effettiva attuazione della previsione normativa” ha aggiunto il magistrato. “E’ evidente che un esercizio efficace della giurisdizione – ha aggiunto Fragliasso – presupponga una organizzazione efficiente degli uffici giudiziari. Molto e’ rimesso ai dirigenti degli uffici giudiziari sia requirenti sia giudicanti”. “Non bastano organizzazioni efficienti, per una efficace risposta di giustizia – ha concluso – ma e’ necessario un intervento in termini normativi, di dispiegamento di mezzi e di risorse”.

Cronache della Campania@2018


Femminicidio, il comune di Cava de Tirreni parte civile al processo per Nunzia Maiorano

Image may be NSFW.
Clik here to view.

Per l’omicidio di Nunzia Maiorano, il Comune di Cava de’ Tirreni si costituirà parte civile nel procedimento penale che riguarda Salvatore Siani. La decisione del sindaco Vincenzo Servalli, è stata resa nota nel corso della riunione di Giunta che si è tenuta giovedì: “Abbiamo dato seguito ed interpretato il sentimento dell’intera comunità cavese rimasta sconvolta per un delitto atroce che ha distrutto un’intera famiglia” – ha commentato il sindaco di Cava de’ Tirreni, Vincenzo Servalli – “Il ricorso alla violenza non è tollerabile in nessuna forma ha aggiunto il primo cittadino e il femminicidio è certamente una barbarie che bisogna combattere tutti insieme”.
La decisione di costituirsi parte civile nel procedimento è stata assunta anche in ossequio all’articolo 6 dello Statuto comunale che riconosce i diritti fondamentali della persona umana. “La mobilitazione che è seguita all’omicidio di Nunzia ha visto la nostra comunità unita come non mai ed è questo il valore che dobbiamo perseguire sempre”, conclude il sindaco. Il 22 gennaio scorso la quarantunenne Nunzia Maiorano, nella sua abitazione di via Aniello Vitale, perse la vita sotto gli occhi di sua madre e del più piccolo dei suoi tre figli per mano del marito Salvatore Siani che l’assassinò barbaramente con oltre quaranta coltellate. L’uomo, che nelle scorse settimane ha chiesto e ottenuto il rito alternativo, dovrà rispondere dell’accusa di omicidio volontario e aggravato da futili motivi. 

Cronache della Campania@2018

Scafati, estorsioni per conto del boss Matrone, il ras Palma dava ordini dal carcere

Image may be NSFW.
Clik here to view.

Scafti.Proseguono gli interrogatori degli arrestati dopo l’esecuzione della misura cautelare in carcere del GIP di Salerno, dott.Pellegrino. Domani comparirà dinanzi al GIP di Frosinone, che interviene per rogatoria, un altro degli indagati, Antonio Palma (difeso dall’avvocato Gennaro De Gennaro)detenuto nel carcere di Frosinone, che risponde, per questa specifica ordinanza, di violazione della normativa sulle armi e dell’aggravante del metodo mafioso. Secondo la Pubblica Accusa, il Palma apparteneva alla squadra delle estorsioni del clan Matrone ed era stato lui unitamente al Panariello Pasquale ed al cognato Patrone Nicola a compiere l’estorsione al supermercato IPerG di Angri. È lo stesso soggetto che, anni addietro, era stato arrestato perché ritenuto il responsabile della morte del Tenente dei Carabinieri,Pittoni ma, successivamente, era stato scagionato perché estraneo a quell’omicidio. Il detenuto, ristretto nel carcere di Frosinone per altro filone di indagine di questa stessa procedura seguita dalla DDA di Salerno, dott. Russo, ovvero quello inerente alla tentata estorsione al punto vendita IPerG ha coinvolto, sotto il profilo investigativo, anche la moglie Patrone Monica, il fratello Pasquale Palma e Patrone Nicola. Le intercettazioni ambientali nel carcere di Frosinone hanno dimostrato che il Palma si serviva dei suoi familiari per operare spostamenti di armi e per richiedere la mesata all’organizzazione di appartenenza. Ed era proprio il fratello del Palma Antonio, Pasquale che eseguiva le direttive dal carcere, recuperando le armi che servivano all’organizzazione per intimidire i commercianti scafatesi nel nome di Franchino a’ belva ed i soldi. Il PM aveva chiesto la detenzione in carcere per entrambi gli indagati, Patrone Nicola e Palma Pasquale ma il GIP ha rigettato la richiesta che restano indagati a piede libero con l’accusa di appartenere ad una associazione camorristica. La posizione di Palma Antonio risulta speculare con quella di Panariello Pasquale, avendo i due soggetti operato in sintonia nel campo estorsivo, intimidendo i loro interlocutori nel nome del clan Matrone.

Tesi che viene confermata dalle intercettazioni ambientali in carcere dove i due indagati davano direttive ai rispettivi fratelli di interagire con Giuseppe Buonocore, 44 anni, genero di Franchino Matrone.
Al Panariello Pasquale (difeso dall’avvocato Gennaro De Gennaro) la Procura contesta un ruolo egemone, essendo una figura di primo piano nell’organizzazione scafatese, attivo nelle estorsioni, nella droga e nelle armi.
L’indagato è stato interrogato nel carcere di Larino di Campobasso, assistito dal suo difensore, e si è avvalso della facoltà di non rispondere. Strategia difensiva seguita dagli altri indagati sin ad ora interrogati.Nella giornata di mercoledì si chiuderanno gli interrogatori degli arrestati quando verrà sentito Giovanni Barbato Crocetta nel carcere di Lanciano.

Cronache della Campania@2018

Perseguitava la ex moglie a Battipaglia, divieto di avvicinamento per un uomo di 70 anni

Image may be NSFW.
Clik here to view.

Battipaglia. Ha il divieto di avvicinare l’ex moglie. La polizia del commissariato di Battipaglia ha notificato ad un uomo di 70 anni, residente a Roma, una misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla ex moglie. La vittima, dopo la separazione, aveva denunciato l’ex coniuge per la sua condotta denigratoria, minacciosa e persecutoria, tanto che era stata costretta ad un sostanziale mutamento del proprio regime di vita. Il riepilogo testimoniale e l’analisi dei tabulati telefonici acquisiti dalla Polizia Giudiziaria suffragavano quanto rappresentato dalla vittima nell’atto di querela. L’atteggiamento quotidianamente violento ed intimidatorio tenuto dall’indagato nei confronti dell’ex coniuge, concretizzatosi in abituali minacce, anche di morte, ed aggressioni telefoniche verbali, protrattosi per un lungo lasso di tempo e tutt’ora in essere, hanno generato nella vittima un perdurante stato d’ansia e di paura tale da indurla a temere per la propria incolumità, a non uscire più di casa da sola e ad interrompere la propria attività professionale.
La condotta dell’indagato, con sistematico ricorso a condotte violente e minacciose, ha determinato l’applicazione della misura coercitiva finalizzata ad evitare alla vittima ulteriori e più gravi conseguenze.

Cronache della Campania@2018

Scafati, Aliberti cambia i difensori alla vigilia dell’udienza per sentire i due testimoni ‘chiave’

Image may be NSFW.
Clik here to view.

Scafati. Una tappa importante quella che attente l’ex sindaco di Scafati, Angelo Pasqualino Aliberti, mercoledì mattina si terrà l’incidente probatorio per ascoltare due dei principali testi d’accusa nel processo per scambio di voto scaturito dall’indagine Sarastra: Aniello Longobardi e Raffaele Lupo. Ma l’incidente probatorio sarà anche un test importante per l’ex primo cittadino dopo la revoca dei due legali che lo hanno accompagnato nel corso della sua vicenda giudiziaria, Silverio Sica e Agostino De Caro. Ad assisterlo dovrebbe arrivare l’avvocato penalista napoletano Salvatore Maria Lepre che dovrebbe formalizzare dinanzi al Gip Emiliana Ascoli la difesa di Angelo Pasqualino Aliberti. Un cambio repentino arrivato dopo il rinvio a giudizio del 26 aprile scorso dell’ex sindaco e degli altri coimputati. Determinante, per l’accusa di scambio di voto politico mafioso, contestata ad Aliberti, a Monica Paolino, sua moglie e consigliere Regionale, al fratello Nello Maurizio Aliberti e agli altri coimputati, saranno le dichiarazioni dell’imprenditore Longobardi, già presidente dell’Acse, e vittima di estorsione da parte degli esponenti del clan Ridosso e di Raffaele Lupo, ispiratore – insieme ad esponenti del clan Loreto-Ridosso – della lista Grande Scafati che si presentò alle amministrative del 2013 e che mantenne i rapporti tra l’aspirante consigliere comunale Andrea Ridosso, figlio di Salvatore, e il sindaco di Scafati Aliberti. La richiesta di ascoltare entrambi in audizione ‘protetta’ è stata inoltrata dal pm della Dda Vincenzo Montemurro, per cristallizzare le accuse nei confronti dei politici e degli uomini che furono inseriti nella pubblica amministrazione, come Ciro Petrucci, dal clan in cambio del sostegno elettorale fornito durante le amministrative al fine di  agevolare gli affari dei rampolli del clan dominante in quel periodo a Scafati. Sia Longobardi che Lupo hanno raccontato episodi che riguardano le campagne elettorali del 2013, per l’elezione del sindaco, e del 2015 per le Regionali in cui – secondo la Procura – il clan avrebbe fornito appoggio elettorale, inserendo nell’amministrazione pubblica uomini come Roberto Barchiesi, ex zio di Alfonso Loreto, scelto come candidato al posto di Andrea Ridosso. I due testimoni dovranno ribadire i lunghi interrogatori resi dinanzi agli uomini della Dia nel corso delle indagini, uscendo così dal processo che si celebrerà a Nocera Inferiore, in quanto l’incidente probatorio confluirà direttamente negli atti del dibattimento.

Rosaria Federico

Cronache della Campania@2018

“Mia mamma mi avvelenava”: l’ossessione di De Falco: L’uomo di Qualiano resta in carcere

Image may be NSFW.
Clik here to view.

Qualiano. Ha pianificato l’omicidio della madre per un’ossessione: quella di essere avvelenato. Pasquale De Falco, il 37enne che giovedì scorso ha ucciso la mamma Teresa Licciardiello e si è barricato nella sua casa di Qualiano per circa dieci ore, non ha dubbi nella sua folle lucidità: “Mi stavano avvelenando giorno dopo giorno. Per questo ho dovuto uccidere mamma. Ho dovuto farlo”. L’uomo di Qualiano è stato interrogato dal giudice per le indagini preliminari, ieri mattina, e ha cercato di spiegare i motivi della follia, motivi folli anch’essi. Dopo il racconto, il gip ha convalidato l’arresto e confermato le accuse di omicidio premeditato e resistenza a pubblico ufficiale. Secondo la procura Pasquale De Falco ha pianificato l’omicidio della madre, ha preparato tutto nei dettagli, lo lasciano intendere le sue parole: “I miei genitori volevano uccidermi, mercoledì mia mamma mi ha fatto bere acqua avvelenata. Mio padre era severo e rigido con me, c’era astio”. Il 37enne ancora una volta ha ribadito l’odio profondo nei confronti dei genitori, senza ombra di pentimento per quello che è accaduto. Ed è proprio il sentimento nei confronti del padre Antonio che ha spinto il giudice a rigettare la richiesta di una misura alternativa al carcere chiesta dai legali, seppure con il braccialetto elettronico. Pasquale De Falco potrebbe essere ancora pericoloso per i suoi familiari e in particolare per il padre, con il quale viveva.
Il racconto del 37enne combacia con i risultati investigativi raccolti dai carabinieri della Compagnia di Giugliano, guidati dal capitano Antonio De Lise. Giovedì scorso il 37enne è riuscito ad arrivare alle chiavi della cassaforte dove erano custodite le armi: “Da tempo conoscevo il nascondiglio – ha spiegato – ma non ne ho mai approfittato”.  Poi, la convinzione, diventata ossessione, che i genitori lo stessero avvelenando e dunque ha messo in atto il suo folle piano. De Falco ha dato una spiegazione anche alle sue azioni successive all’omicidio della mamma: aveva paura di essere ucciso dal padre per ‘avergli ucciso la moglie’. Ha commentato quel lungo giorno in cui era barricato in casa, armato, e addirittura ha spiegato che le notizie ascoltate dagli organi di stampa, sul suo passato, non sono vere: “Non ho tentato il suicidio per una donna. Mica sono scemo”. 
Pasquale De Falco subito dopo l’arresto è stato sottoposto ad una visita psichiatrica ed è stato ritenuto idoneo a essere sottoposto ad interrogatorio. La sua percezione di quanto accaduto è falsata dalle sue ossessioni, ma l’assassinio della mamma è stato lucido e volontario, premeditato. E medesima ossessione, Pasquale De Falco, vive nei confronti del padre Antonio.

Cronache della Campania@2018

Viewing all 6090 articles
Browse latest View live


<script src="https://jsc.adskeeper.com/r/s/rssing.com.1596347.js" async> </script>