Quantcast
Channel: Cronaca Giudiziaria
Viewing all 6090 articles
Browse latest View live

Il pastore tedesco ‘Kira’ fa giustizia: condannato lo spacciatore scoperto dal cane con 450 dosi di stupefacente

$
0
0

Era stato arrestato grazie al fiuto di “Kira”, il cane pastore in dotazione alla polizia. In casa, gli agenti gli avevano trovato 450 dosi di stupefacente, tra cocaina e hashish. Giorni fa, ha patteggiato la sua pena, sospesa, a due anni di reclusione dinanzi al giudice monocratico del tribunale di Nocera Inferiore. Quel pomeriggio del 27 giugno di quest’anno scattò il blitz della polizia. La perquisizione, condotta con le unità cinofila antidroga della Questura di Napoli, con il cane “Kira”, portò al sequestro di un cospicuo quantitativo di sostanza stupefacente dal quale potevano essere ricavate circa 450 dosi di hashish e 50 dosi di crack, ma anche tre bilancini elettronici e materiale per il confezionamento delle dosi. Il trentenne ha chiuso il suo iter giudiziario, concordando con il pubblico ministero, accolta poi dal tribunale, una pena di due anni di reclusione. Il giudice gli ha poi contestualmente revocato gli arresti domiciliari. Alla fine di giugno era stato arrestato grazie al fiuto di “Kira”, il cane pastore in dotazione alla polizia. In casa, gli agenti gli avevano trovato 450 dosi di stupefacente, tra cocaina e hashish. Giorni fa, ha patteggiato la sua pena a due anni di reclusione dinanzi al giudice monocratico del tribunale di Nocera Inferiore.

Cronache della Campania@2019


Batterie per ripetitori rubate e rivendute in Africa, 10 misure cautelari nel Salernitano

$
0
0

Batterie dei ripetitori di telefonia mobile rubate in Italia e rivendute sul mercato africano perché alimentassero di energia elettrica i villaggi di Paesi come il Burkina Faso, il Marocco e il Togo. A repentaglio la sicurezza nazionale dato che, in caso di blackout nelle zone interessate dai furti, non sarebbe stato possibile usufruire dei telefoni cellulari. Un’inchiesta della procura di Salerno delegata alla Guardia Costiera ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari per dieci indagati, ritenuti responsabili di aver messo su un’associazione per delinquere finalizzata alla ricettazione di accumulatori in uso alle stazioni di telefonia mobile. Uno degli indagati, irreperibile stamani, secondo gli investigatori, si troverebbe in Africa. Le persone destinatarie di misura cautelare hanno tutte tra i 40 e i 50 anni; sette di loro sono italiane e tre di nazionalità straniera. L’indagine é cominciata, con intercettazioni, diciotto mesi fa, quando Tim ha denunciato l’ennesimo furto in uno dei suoi ripetitori nel Casertano. Ma, questa volta, la compagnia telefonica aveva installato sulla batteria un ripetitore Gps per ricostruire il tracciato che passa dal porto di Salerno. Li’, nascosto in un container caricato a bordo di una nave mercantile diretta in Africa, e’ stato ritrovato l’accumulatore di energia. Tra il 2016 e il 2017, sarebbero stati effettuati, sull’intero territorio nazionale, 1.300 furti di 8mila batterie, indispensabili a garantire il funzionamento delle telecomunicazioni in caso di assenza di energia elettrica e il cui valore e’ di oltre 3 milioni di euro. I militari della Capitaneria sono riusciti a recuperarne circa un migliaio, già restituite alla compagnia telefonica. “Abbiamo appurato che era un’attività svolta in maniera professionale da chi era dedito al traffico illecito di questo tipo di materiale”, spiega il comandante provinciale di Salerno della Guardia Costiera, Giuseppe Menna, a margine di una conferenza stampa, rimarcando che “la mancanza degli accumulatori di energia dai ripetitori mandavano in tilt le telecomunicazioni e sarebbe stato un problema di sicurezza del Paese in zone che correvano il rischio, per giorni, di non avere alcun servizio”. L’indagine é stata condotta anche con la collaborazione della gendarmeria francese che, in Togo, e’ riuscita a trovare un’altra batteria occultata in un carico merci. Per eseguire le misure, questa mattina, è stato necessario anche l’ausilio dei militari della Guardia di Finanza del comando regionale della Campania. Il procuratore facente funzioni, Luigi Alberto Cannavale, sottolinea che “nell’osservatorio nazionale istituito al ministero dell’Interno per i furti di rame e’ considerato come fenomeno degno di investigazione, a livello nazionale, il furto delle batterie dei ripetitori di telefonia perché e’ indicata come situazione di pericolo della sicurezza nazionale”.

Cronache della Campania@2019

Mugnano, la mamma della ballerina uccisa accusa l’ex fidanzata: ‘Dai domiciliari fa affari sui social’

$
0
0

Mugnano. “E’ ai domiciliari ma vive come se fosse libero” e “da casa pubblicizza e presumibilmente vende prodotti sui social”. E’ la denuncia che la mamma di Alessandra Madonna, la ballerina tra volta e uccisa dal suv guidato dall’ex Giuseppe Varriale (il ragazzo, lo scorso 15 luglio, è stato condannato dalla Corte di Appello di Napoli a 8 anni e 2 mesi di reclusione per omicidio preterintenzionale) ha presentato ieri ai carabinieri di Mugnano. Lo riporta Il Mattino. La pagina social utilizzata è la stessa attivata insieme con Alessandra per fare e-commerce e oscurata dopo la tragedia. I post pubblicizzano, sostiene Olimpia Cacace, orologi, cappelli, occhiali e altri accessori. Varriale non appare nelle foto ma il ragazzo è riconoscibile grazie a un tatuaggio che Olimpia Cacace dice di conoscere molto bene in quanto raffigura l’occhio della figlia. Inoltre se ne sarebbe fatto un altro e la signora Cacace si chiede se è stato autorizzato dai giudici.

Cronache della Campania@2019

Escort cubana per il dirigente del comune per ottenere l’appalto: chiesti 36 anni di carcere

$
0
0

“Per ottenere appalti pubblici al comune di Santa Maria a Vico non c’era bisogno solo di tangenti o assunzioni di amici e parenti, ma anche di offerte a sfondo sessuale”. E’ quello che ha ricostruito oggi il pm della Dda di Napoli, Luigi Landolfi nel corso della requisitoria, terminata con richieste di condanne. Turbativa d’asta, corruzione reclutamento e induzione alla prostituzione. Queste le accuse per i cinque imputati a carico dei quali è stato escluso l’aggravante camorristico rispetto alle accuse iniziali. Otto anni di reclusione la richiesta per l’ex dirigente del Comune di Santa Maria a Vico, Pio Affinita 8 anni a Angelo Piscitelli, 8 anni a Ernesto Savinelli, 6 anni a Pasquale Valente e 6 anni a Raffaele Caduco. La sentenza è prevista per fine novembre dopo la discussione degli avvocati Francesco Nacca, Raffaele Crisileo. Secondo le accuse della Procura di Napoli, uno dei protagonisti di questa lunga inchiesta, divisa i vari filoni, Angelo Grillo, un imprenditore di Marcianise, attualmente detenuto per omicidio, già processato per questa vicenda, collegato al clan Belforte, avrebbe ingaggiato una escort cubana per ottenere da Affinita, l’appalto della gara di rifiuti sul Comune di Santa Maria a Vico di 4 milioni di euro

Cronache della Campania@2019

Milioni di lire dei Casalesi da convertire in euro, prosciolti l’avvocato Dario D’Isa e 5 coimputati

$
0
0

Marcianise. E’ stato prosciolto dall’accusa di riciclaggio l’avvocato Dario D’Isa, coinvolto a marzo scorso in un’inchiesta per la conversione di 147 milioni di lire in euro. Il gup del tribunale di Napoli Nord Vincenzo Saladino ha dichiarato il “non luogo a procedere” perchè “il fatto non sussiste” nei confronti dell’avvocato. La vicenda risale al giugno 2017 e riguarda il tentativo di convertire 147 milioni di vecchie lire in euro. Il procuratore della Repubblica del Tribunale di Napoli Nord, all’esito della conclusione delle indagini, chiese e ottenne dal giudice il rinvio a giudizio dell’indagato. “Il reato di riciclaggio – spiega il legale di Dario D’Isa, l’avvocato Saverio Senese – si poggia sul presupposto che il denaro sia frutto di attività illecite e invece durante il processo è emerso che erano soldi derivanti da attività lecite. Il giudice, infatti, ha accolto la tesi sostenuta dalla difesa e prosciolto il mio cliente”. Insieme con D’Isa sono stati prosciolte anche altre cinque persone. “Le deduzioni difensive prospettate dall’avvocato Saverio Senese – scrive l’avvocato D’Isa in una nota – che hanno avuto ad oggetto, in via preliminare, la inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche a mio carico, in relazione alle quali sono state avviate le indagini, in quanto vietate dal codice di procedura penale perchè aventi ad oggetto conversazioni tra un avvocato ed un suo cliente”. “Ho svolto legittimamente il mio ruolo di assistenza legale – riporta ancora la nota – suggerendo al mio cliente, possessore dei 147 milioni di euro, le modalità previste dalla legge di effettuare il cambio in lire, e, fatto assorbente, che tale somma di danaro aveva, comunque, una provenienza legittima per cui mai si sarebbe potuto configurare il delitto di riciclaggio”. D’Isa spiega anche che su questo punto già il gip, in sede di richiesta di misura cautelare da parte del pm, “aveva escluso la insussistenza del fatto. Ciò nonostante il pm aveva chiesto il rinvio a giudizio”. “In maniera del tutto infondata – prosegue la nota – la mia vicenda era stata accostata ad altra analoga riguardante il riciclaggio di ingenti somme di danaro in lire nell’ambiente della camorra di Marcianise”. “Grande soddisfazione” è stata espressa dall’avvocato Dario D’Isa: “Ribadisco la mia fiducia nella magistratura, – dice infine nella nota – dal primo momento ho rappresentato la mia completa innocenza in ordine al fatto per cui sono stato, frettolosamente, indagato nonostante fosse chiara la provenienza non illegittima dei 147 milioni di lire”.

Cronache della Campania@2019

Corruzione, la Procura di Salerno chiede il rinvio a giudizio per il procuratore di Castrovillari e 5 imputati

$
0
0

Castrovillari. La procura della Repubblica di Salerno ha chiesto il rinvio a giudizio di cinque persone coinvolte in un’inchiesta sull’attività della Procura della Repubblica di Castrovillari in merito all’affidamento alla ditta Stm del contratto finalizzato alla fornitura di apparecchiature per intercettazione. I reati ipotizzati sono corruzione e falso ideologico. Fra gli indagati figura il procuratore capo Eugenio Facciolla che, secondo l’ipotesi investigativa, avrebbe ricevuto utilità per l’affidamento del servizio. Le altre persone per le quali è stato chiesto il rinvio a giudizio sono Vito Tignanelli, agente della Polizia stradale di Cosenza, amministratore di fatto della Stm srl e la moglie Marisa Aquino, titolare della societa’; il comandante della stazione forestale di Cava di Melis (Cosenza) Carmine Greco e un carabiniere, Alessandro Nota, in servizio nello stesso centro. Gli indagati dovranno comparire il prossimo 27 novembre per l’udienza preliminare fissata dal gup di Salerno Giandomenico D’Agostino. La procura del capoluogo campano e’ competente per i reati commessi dai magistrati del distretto di Catanzaro.

Cronache della Campania@2019

Sistema Bibbiano anche a Salerno: inchiesta su presunti affidi illeciti

$
0
0

A Salerno la Procura si è già messa in moto per rivedere alcuni casi, mentre in città come Verona e Roma sono emerse storie che ricalcano in maniera impressionate quelle che arrivano da Bibbiano. Storie di mamme e papà accusati di aver abusato dei propri figli senza uno straccio di prova, storie di famiglie divise e minori portati via dalle proprie case come fossero dei pacchi. E a Torino? Dopo l’arresto di Claudio Foti, i riflettori sul capoluogo sabaudo si sono spenti, eppure è qui che il professore di Pinerolo, finito al centro dell’inchiesta Angeli e Demoni, ha mosso i primi passi come terapeuta. Siamo nel 1980, Foti ha in tasca una laurea in lettere ma finisce a fare un tirocinio da psicologo presso l’ospedale di Novara. Appena due anni più tardi darà vita alla sua creatura: la Hansel e Gretel di Moncalieri.

Cronache della Campania@2019

Benevento, processo Asl. I testimoni in aula: “Nessuna pressione da De Girolamo e Manager”

$
0
0

Sette testimoni sono stati ascoltati questa mattina nell’ambito del processo sulla gestione della Asl di BENEVENTO. Un procedimento a carico di otto persone tra cui anche Nunzia De Girolamo che per le vicende legate all’inchiesta rassegnò le dimissioni da ministro. Il punto su cui si tenta di far chiarezza è se nelle scelte decisionali aziendali ci siano state pressioni o interferenze da quelli che allora erano i manager dell’azienda sanitaria locale e/o dall’ex parlamentare. I teste che si sono alternati questa mattina hanno escluso di aver ricevuto sollecitazioni o indicazioni in tal senso. Si torna in aula il prossimo 17 ottobre.

Cronache della Campania@2019


L’ex assessore regionale Nappi spiega al processo Bros le minacce subìte dai disoccupati

$
0
0

“Per i progetti Bros, tra il 1999 e il 2010 sono stati stanziati circa 200 milioni. Erano soldi messi a disposizione da chi ci ha preceduti in Giunta. Poi con Stefano Caldoro si è cambiato rotta”. Non ha usato mezzi termini per descrivere la situazione che si è vissuta a Napoli durante le proteste dei disoccupati organizzati aderenti al cosiddetto Coordinamento Bros solo 6 anni fa, con azioni anche violente tanto da far partire una indagine della procura che ha portato all’arresto e al processo per 35 persone accusate di associazione per delinquere, interruzione di pubblico servizio, violenza privata e minacce. A testimoniare nell’aula 117 del Tribunale di Napoli  l’ex assessore al Lavoro, Severino Nappi. “Con Caldoro si decise di inserire  questa tipologia di disoccupati nel settore del lavoro privato. Ho subito minacce e per cinque anni sono anche stato sotto scorta”, ricorda. L’avvocato Domenico Ciruzzi, difensore di alcuni degli imputati, ha chiesto all’ex assessore se quelle minacce potessero essere riconducibili ad altri lavoratori e non ai Bros. “C’erano anche altre vertenze, come quella relativa all’Astir – spiega Nappi – ma si trattava di vicende che avevamo in condominio con l’assessorato all’Ambiente”.

Cronache della Campania@2019

I verbali di Genny a’ carogna: ‘Litigai con Lavezzi, chiedemmo l’assunzione di Grava e incontrai De Laurentiis’

$
0
0

Napoli. Una lite con l’ex campione del Napoli “Pocho” Lavezzi, un incontro chiarificatore a Castel Volturno grazie a Pier Paolo Marino (all’epoca direttore sportivo del Napoli), la richiesta di assunzione di Gianluca Grava nel settore giovanile del Napoli (ruolo che tuttora ricopre) e un incontro con Formisano  (manager del Napoli calcio) e con il presidente De Laurentiis. C’è tutto questo nei verbali del pentito Gennaro De Tommaso al secolo Genny a Carogna depositati agli atti del processo a suo carico dei suoi amici per traffico internazionale di droga e anticipati stamane dai quotidiani Corriere del Mezzogiorno, Repubblica e Il Mattino. Racconti senza riscontri ancora ma che hanno consentito alla Dda di Napoli (pm Francesco De Falco, titolare delle indagini sulla paranza dei bimbi di Forcella) ad aprire un capitolo ad hoc, a proposito di “Precisazioni sui rapporti con la società sportiva calcio Napoli”. Il calcio Napoli, seppur interpellato dai quotidiani, al momento ha preferito non rispondere. I fatti di cui parla Genny a’ carogna si riferiscono agli anni 2012-2013. Una sera De Tommaso incontrò Lavezzi e l’ex portiere del nNpoli Navarro in una discoteca di Agnano. Genny lo prese a malo modo e lo fece uscire perché in quella discoteca girava troppa droga e per il campione argentino del napoli era pericoloso. Poi ci fu in incontro chiarificatore a Castel Volturno organizzato da Pierpaolo Marino. Racconta De Tommaso: “Litigai con Lavezzi e il portiere Navarra, perché da vero tifoso ultrà non vedevo di buon occhio il fatto che frequentavano una discoteca dove girava droga. Per questo litigio fui chiamato da Antonio Lo Russo di Miano, che era come un fratello per Lavezzi. Il Lo Russo mi minacciò fuori al bar, sulla via principale di Miano, dicendomi di lasciar stare Lavezzi, il quale ci faceva divertire giocando a calcio. Io, pur consapevole di chi fosse il Lo Russo, gli risposi che ragionavo diversamente da lui, perché ero un tifoso. E fu ancora il Lo Russo a costringerci di esporre al San Paolo, nelle due curve, lo striscione il Pocho non si tocca…Il giorno dopo raccontai tutto a Pierpaolo Marino, gli spiegai il fatto della discoteca, e fu lui a portarmi da Lavezzi, lì a Castelvolturno. Mi portò negli spogliatoi, al cospetto di Lavezzi, si fece la doccia, poi andammo nell’hotel Holiday inn, sempre a Castelvolturno…Gli spiegai guarda, che se l’ho fatto, l’ho fatto per te. Perché quella discoteca è una discoteca che non ti appartiene. Gli feci capire la situazione e dopo diventammo amici”. Agli atti ci sono anche due altri episodi raccontati da De Tommaso. Il primo è la presunta imposizione al Napoli dell’assunzione di Gianluca Grava nel settore giovanile del Napoli.Un incontro con Formisano nell’ufficio marketing del Napoli al San Paolo, su pressanti richieste di due esponenti del clan Lo Russo( Luciano Pompeo e Gennaro Palumbo).”Guarda, ci hanno mandato a chiamare dei nostri amici a cui non possiamo dire di no e ci hanno chiesto di far entrare Gianluca Grava nel settore giovanile”, ha raccontato a’ carogna. E su richiesta di  riscontri concreti da parte del pm, per sapere se in quell’occasione De Tommaso avesse fatto i nomi dei due esponenti del clan Lo Russo: “Non facemmo i nomi (di Pompeo e Palumbo), gli dicemmo che la richiesta proveniva da persone alle quali non potevamo dire di no…”. E infine l’incontro con De Laurentiis che si sarebbe complimentato con il lui per la coreografia che ricostruiva il Vesuvio in curva B. “Si complimentò con noi, voleva finanziarci, ma noi rifiutammo, gli dicemmo che volevamo solo che il Napoli vincesse di nuovo”. Il verbale con le dichiarazioni di De Tommaso è stato depositato alla cancelleria della quarta sezione della Corte di Appello, davanti alla quale si sta celebrando il processo in cui  Gennaro De Tommaso è imputato. In primo grado è stato condannato a 16 anni di reclusione per traffico intemazionale di stupefacenti: era a capo, infatti, di una associazione per delinquere che importava in Italia cocaina e altra droga dall’Olanda e dal Sud America.

Cronache della Campania@2019

Patto con i clan alle elezioni comunali a Nocera: nuovi dettagli in aula al processo ‘Un’altra storia’

$
0
0

Patto con i clan alle elezioni comunali a Nocera Inferiore. Emergono nuovi dettagli del processo “Un’altra storia”. Secondo quanto rilevato dal colonnello dei carabinieri del Ros, Gabriele Mambor, Antonio Pignataro era il garante dei voti dell’ex consigliere comunale Carlo Bianco. L’inchiesta dell’Antimafia punta a dimostrare l’esistenza di uno scambio elettorale politico mafioso tra l’ex boss Antonio Pignataro e i candidati alle elezioni del 2017, a Nocera Inferiore, Carlo Bianco e Ciro Eboli.
Nella mattinata di ieri le ultime risposte del militare sul resto delle intercettazioni, tra le quali spunta un sms inviato da Carlo Bianco al sindaco Manlio Torquato, per avvertirlo “di una compravendita di voti a Nocera Inferiore”. La testimonianza, registrata a seguito delle domande del pm Vincenzo Senatore, hanno poi riguardato il momento nel quale Bianco seppe della candidatura di Eboli da Antonio Cesarano.
“Minacciò di fermare l’iter sulla delibera, era preoccupato e voleva sapere se Pignataro ne fosse al corrente”. Dal racconto del militare è emersa poi la figura di una intermediaria telefonica una donna, che avrebbe smistato telefonate e fissato gli incontri, come nello studio di Cesarano, per volere del boss. Sempre secondo Mambor, Bianco, temendo di perdere voti, chiese aiuto a Luigi Sarno. Ma il 27 giugno né Eboli né Bianco furono eletti.

Cronache della Campania@2019

Inchiesta “Patenti facili”, già scarcerato il ras dell’organizzazione

$
0
0

Ha ottenuto gli arresti domiciliari a Siena, concessi dal tribunale del Riesame di Napoli, Silvestro Ferraro, 60 anni di Sparanise ma residente a Campo di Giove (L’Aquila). Conosciuto da tutti con il nome di Silvano, nome della sua autoscuola a Marcianise, è rimasto coinvolto nella maxi inchiesta ‘patenti facili’ della Procura di Santa Maria Capua Vetere che 10 giorni fa ha portato in carcere 13 persone.
Insieme al nipote Giuseppe Ferraro 44 anni di Marcianise detto Tiziano (lo stesso arrestato) nelle intercettazioni, millantando conoscenze importanti, scrive il gip Nicoletta Campanaro “Tiziano propone allo zio Silvano di far conseguire la patente guida all’ex giocatore della Juventus Simone Zaza (non indagato) al quale ha già chiesto un compenso di 7 mila euro”.

Cronache della Campania@2019

Appalti della Regione ai Casalesi: condannati l’ex senatore Barbato, l’imprenditore Fontana e un carabiniere

$
0
0

Clan Zagaria e gli appalti ‘sull’idrico’ in Regione: sono i principali ingredienti dell’inchiesta Medea. Nel 2015 gli arresti, nel 2018 la sentenza di primo grado e ieri pomeriggio il verdetto d’Appello. La Corte partenopea ha condannato Giuseppe ‘Pino’ Fontana a 10 anni di reclusione. L’imprenditore di Casapesenna è accusato di associazione mafiosa. Sei anni, invece, a Tommaso Barbato: già senatore dell’Udeur, il 66enne di Marigliano Francesco Picca, risponde di concorso esterno al clan dei Casalesi. Quattro anni e due mesi la pena stabilita per Alessandro Cervizzi, 57enne di Caserta, militare dell’Arma: la Procura gli contesta i reati di corruzione e rivelazione di segreti d’ufficio. Due anni (pena sospesa), infine, per Carmine Lauritano: il 55enne di Marcianise è imputato per intestazione fittizia di beni. Pene leggermente più basse quelle decise in Appello rispetto ai verdetti del tribunale di Napoli Nord: Fontana aveva incassato 14 anni e 6 mesi, Barbato 7 anni e Cervizzi 4 anni e mezzo. Le motivazione della Corte partenopea saranno rese note entro i prossimi 90 giorni. Una volta depositate, gli avvocati valuteranno la possibilità di presentare ricorso in Cassazione.

Cronache della Campania@2019

Omicidio Fortuna, Caputo in aula: “Non l’ho mai violentata”. Rinviata l’udienza per la morte del figlio della ex

$
0
0

Caivano. “Io non l’ho mai toccata Fortuna, non l’ho mai violentata, non le ho mai messo una mano addosso” Raimondo Caputo, l’uomo condannato per la morte della piccola Fortuna Loffredo ha gridato queste parole, oggi in aula nel Tribunale di Napoli, durante l’udienza, subito rinviata, in cui il gup Luana Romano si sarebbe dovuto pronunciare sull’imputazione coatta formulata lo scorso 5 giugno dal gip Pietro Carola per Caputo e per la ex compagna Marianna Fabozzi, accusati, rispettivamente, di favoreggiamento personale e omicidio. I due reati vengono contestati a Caputo e Fabozzi in relazione alla morte piccolo Antonio Giglio, figlio della Fabozzi, il bimbo di 4 anni precipitato il 28 aprile 2013 dalla finestra dell’abitazione del Parco Verde di Caivano, dove viveva con la sua famiglia. Entrambi sono stati già condannati per l’omicidio di Fortuna Loffredo, la bimba gettata giù dallo stesso palazzo, circa un anno dopo la morte di Antonio. Gennaro Giglio, padre del bambino, difeso dagli avvocati Sergio e Angelo Pisani, ha più volte accusato la ex moglie della morte di Antonio. Secondo quanto riferito dalla madre il bimbo quel giorno sarebbe precipitato dopo essersi sporto troppo dalla finestra nel tentativo di guardare un elicottero dei carabinieri in volo. Il 24 giugno 2014, Fortuna Loffredo, che tutti chiamavano Chicca, veniva gettata giù dallo stesso palazzo. Ad accusare e far condannare Caputo per la morte di Fortuna fu la sorella maggiore di Antonio, la piccola amica del cuore di Fortuna. A riferire che Antonio Giglio non morì accidentalmente, invece, fu una donna che si disse testimone della tragedia. La donna, sorella di Caputo, riferì di avere visto la Fabozzi, riflessa in uno specchio, compiere l’insano gesto. Pure Raimondo Caputo ha più volte accusato la compagna della morte del piccolo. Davanti all’aula dove si stava tenendo l’udienza camerale c’era anche Pietro Loffredo, il papà di Chicca, il quale ha sempre sostenuto che ad uccidere la figlia non fosse stato Caputo. Il gup Romano ha deciso di rinviare l’udienza di oggi al 9 gennaio dopo avere accolto la richiesta di legittimo impedimento presentata dall’avvocato Ferdinando Di Mezza, legale di Marianna Fabozzi. Raimondo Caputo, invece, è difeso dall’avvocato Paolino Bonavita.

Cronache della Campania@2019

Ingegnere Materazzo ucciso a Napoli, il fratello Luca ricorre in Appello contro la condanna all’ergastolo

$
0
0

Napoli. E’ arrivato l’annunciato ricorso in Appello per Luca Materazzo, l’uomo condannato all’ergastolo per la morte del fratello Vittorio, ingegnere del Vomero, ucciso il 28 novembre del 2016. L’avvocato Alfonso Furgiuele ha presentato oggi ricorso riguardo la condanna all’ergastolo comminata lo scorso 7 maggio a Luca Materazzo, 39 anni, ritenuto colpevole dalla prima sezione della Corte di Assise di Napoli (presidente Giuseppe Provitera) di avere ucciso il fratello Vittorio. L’ingegnere Vittorio Materazzo venne assassinato davanti la sua abitazione, a Napoli, la sera del 28 novembre 2016. Il termine per la presentazione del ricorso era lunedì prossimo. A difenderlo, dinnanzi ai giudici di secondo grado, sarà un pool composto dal professore Furgiuele (nominato lo scorso agosto, ndr) e dagli avvocati Luca Bancale e Fabio Carbonelli. Il pool difensivo ha depositato stamattina un corposo atto di appello di 70 pagine.

Cronache della Campania@2019


Terremoto ad Amatrice, ex sindaco a giudizio con altre 5 persone per il crollo di una palazzina in cui morirono 7 persone

$
0
0

Amatrice. Sergio Pirozzi, ex sindaco di Amatrice oggi consigliere regionale del Lazio, è stato rinviato a giudizio dal giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Rieti, Giovanni Porro, per il crollo di una palazzina ex Ina Casa situata in piazza Sagnotti che la notte del 24 agosto del 2016, notte del terremoto nell’Appennino centrale, collassò su se stessa provocando la morte di 7 persone. Con Pirozzi andranno a processo altre 5 persone: il progettista Ivo Carloni, i tecnici del Genio civile Valerio Lucarelli, Giovanni Conti e Maurizio Scacchi, e l’allora comandante dei vigili urbani del borgo reatino distrutto dal sisma, Gianfranco Salvatore. Prosciolto dalle accuse invece il responsabile tecnico del Comune di Amatrice, Virna Chiaretti. Durante l’inchiesta i sostituti procuratori Lorenzo Francia e Rocco Gustavo Maruotti hanno raccolto elementi a sufficienza per convincere il giudice a mandare a processo gli indagati con le accuse di omicidio colposo e disastro colposo. Per gli inquirenti la ristrutturazione dell’immobile nel 2009 fu condotta senza rispettare le norme antisismiche e senza effettuare gli opportuni collaudi. La prima udienza è stata fissata per il 6 febbraio 2020. “Siamo soddisfatti – ha commentato l’avvocato dei familiari delle vittime, Wania Della Vigna, del foro di Teramo – perchè avremo la possibilità nella fase dibattimentale di vedere riconosciute le responsabilità umane che la Procura e le perizie hanno evidenziato”.

Cronache della Campania@2019

Condannato a un anno e 4 mesi costretto per oltre 2 anni alla firma per una ‘dimenticanza’ della cancelleria dell’Appello

$
0
0

È successo a Napoli, come purtroppo molto spesso capita. Un imputato, un 42enne di Varcaturo, era stato condannato in via definitiva dalla Corte di appello di Napoli, IV Sezione Penale a un anno e 4 mesi di reclusione (confermando la sentenza di primo grado emessa il 28 settembre 2016 dal GIP del Tribunale di Napoli Nord), con sentenza emessa in data 4 gennaio 2017.
Per una grave negligenza da parte delle cancellerie competenti, concernente la mancata comunicazione della divenuta definitività ed irrevocabilità della sentenza in commento all’ufficio esecuzioni, il condannato “continuava” ad essere sottoposto ad una “ingiusta” misura detentiva non custodiale per ben 2 anni in più, che sarebbe dovuta cessare di diritto con la definitività della sentenza di appello.
Il mese di settembre il condannato, che nel frattempo aveva espiato “quasi” per intero la pena, ha contattato l’avvocato Massimo Viscusi, del foro di Benevento, per dirimere questa assurda situazione, che gli aveva arrecato danni alla sua salute psichica, costringendolo ad andare per ben 3 volte a settimana presso la stazione del comando dei carabinieri di Lago Patria per la regolare firma. Il legale, dopo aver presentato al competente ufficio giudiziario una lunga, articolata e motivata istanza, ha visto “legittimamente” accogliere il suo ricorso. Per la grande felicità di chi è stato praticamente, come si suol dire in gergo comune, “in prigione”, ingiustamente, per “ben” 2 anni in più.
Il legale, con il suo assistito, stanno valutando la possibilità di chiedere un equo risarcimento danni per l’ingiusta detenzione patita, al fine di poter compensare la vittima dalle sofferenze personali ingiustamente patite.

Cronache della Campania@2019

Riparte in Assise il processo a Emilio Lavoretano, accusato di aver ucciso la moglie Katia Tondi

$
0
0

Riprenderà domani innanzi la Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere (Presidente, Giovanna Napoletano; giudice a latere, Alessandro De Santis; pubblico ministero, Domenico Musto), il processo a carico di Emilio Lavoretano, accusato a piede libero, di essere l’assassino della moglie Katia Tondi, rinvenuta cadavere nella propria abitazione nel luglio del 2013.
E’ un processo altamente indiziario. Non c’è la cosiddetta prova regina che può incastrare l’imputato e schiacciarlo sotto la propria responsabilità. Non ci sono contestazioni di aggravanti ed il movente, che come hanno scritto molti giuristi di rilievo, – è il caleidoscopio del delitto – non esiste, o almeno dagli incartamenti processuali non si evince.
Non c’è dunque quella certezza che tranquillizzerebbe i giudici togati e quelli popolari per la emissione di un verdetto di condanna.
Lavoretano, peraltro, è sospettato perché avrebbe avuto un alibi: lo scontrino della spesa. Bene. Ma è poco per una eventuale condanna.
Viva attesa intanto nella prossima udienza per il deposito della perizia del prof. Pietro Tarsitano che dovrà, tra l’altro, stabilire l’ora della morte e quindi l’ora esatta del delitto.
Su questi punti – essenziali ai fini della individuazione della colpevolezza del presunto assassino –ci sono contrastanti pareri tra i periti e i consulenti.
Nell’udienza in programma lunedì 14 sono previsti anche le deposizioni del perito della Procura Dr. Maurizio Saliva e del consulente della difesa Prof. Vittorio Fineschi (ordinario di medicina legale de La Sapienza di Roma, tra l’altro è stato consulente della difesa nel processo per la morte di Stefano Cucchi).
Su molti punti delle conclusioni peritali vi sono diversi contrasti che certamente riemergeranno nel corso del dibattimento, il quale, peraltro, se non vi saranno richieste di acquisizioni di ulteriori prove testimoniali si avvierà verso la conclusione.
Sarà allora predisposto un calendario, prima per la requisitoria del pubblico ministero, poi per l’arringa del rappresentante della parte civile ed infine della difesa.
Emilio Lavoretano, che è difeso dall’avvocato Natalina Mastellone,(la parte civile costituita in giudizio con Assunta Giordano e Carlo Tondi, genitori della vittima, è assistita dall’avvocato Gianluca Giordano)si è difeso finora strenuamente, rigettando ogni accusa e confutando, punto per punto le asserzioni dei vari testimoni. (ferdinando terlizzi)

Cronache della Campania@2019

Per la Cassazione Zagaria è pericoloso: ‘Ha ancora legami con il clan’

$
0
0

Zagaria è pericoloso: “Ha ancora legami con il clan”. “Evidenziati dall’alto tenore di vita dei familiari, non giustificato dai redditi ufficiali“.
Salvatore Nobis fedelissimo del boss Michele Zagaria è ancora socialmente pericoloso sia per non essersi mai dissociato dal clan dei Casalesi sia per i presunti collegamenti ancora attuali con il clan “evidenziati dall’alto tenore di vita dei familiari, non giustificato dai redditi ufficiali”.
Lo ha messo nero su bianco la Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui ha rigettato il ricorso presentato da Nobis contro la misura di sicurezza della casa lavoro, nonostante fosse detenuto al regime del carcere duro.
In particolare Scintilla ha evidenziato, tra i motivi di impugnazione della decisione del Magistrato di Sorveglianza di Trieste, l’inapplicabilità della misura di sicurezza detentiva (la casa lavoro) come aggravamento della sua condizione di detenuto al regime speciale del 41 bis.
Per i giudici alla base della decisione del Magistrato di Sorveglianza, che ha prorogato la misura di sicurezza detentiva, la probabile commissione di nuovi reati da parte di Nobis sia per il suo “curriculum” criminale sia per l’evoluzione del suo percorso detentivo, caratterizzato da una violazione della disciplina penitenziaria.
L’applicazione della misura di sicurezza detentiva, quindi, risulta essere “pacificamente ammessa, potendo ricorrere nei confronti di costoro, le medesime esigenze tutelate a regime differenziato dei detenuti in esecuzione di una pena”.

Cronache della Campania@2019

Pen drive con i segreti di Zagaria: iniziato il processo al poliziotto Vesevo

$
0
0

Prima udienza, al tribunale di Napoli Nord, del processo a carico del poliziotto Oscar Vesevo, accusato di aver fatto sparire la pen drive del boss Michele Zagaria dal covo nel quale il capoclan dei “Casalesi” fu individuato il 7 dicembre 2011, in via Mascagni, a Casapesenna. Vesevo, accusato di peculato e corruzione con l’aggravante mafiosa, e di accesso abusivo ai sistemi informatici (difeso dall’avvocato Giovanni Cantelli), era stato rinviato a giudizio il 29 maggio scorso; è tuttora in servizio. Secondo la Dda di Napoli – che ha coordinato l’indagine, partita dopo l’arresto del boss – nella pen drive, un supporto incastonato in un ciondolo a forma di cuore della Swarovski, ci sarebbero stati i segreti del boss. Nei mesi scorsi è stato assolto, sempre nell’ambito dell’inchiesta sulla pendrive, l’imprenditore Orlando Fontana, ritenuto colui che avrebbe acquistato per 50 mila euro la pennetta. Per i giudici non fu raggiunta la prova dell’acquisto. La prossima udienza è stata fissata per il 18 novembre.

Cronache della Campania@2019

Viewing all 6090 articles
Browse latest View live


<script src="https://jsc.adskeeper.com/r/s/rssing.com.1596347.js" async> </script>