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Channel: Cronaca Giudiziaria
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Camorra, sequestro beni per 6 milioni di euro ad affiliato al clan Cava

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I carabinieri di Castello di Cisterna , hanno effettuato un sequestro patrimoniale in provincia di Napoli e Salerno, ed in diverse città italiane, nei confronti di un 72enne ritenuto vicino al clan camorristico di Quindici. I militari hanno eseguito l’ordinanza, disposta dal Tribunale di Avellino su proposta della Dda della Procura della Repubblica di Napoli, nei confronti del 72enne e della moglie convivente di 71 anni. Le indagini patrimoniali hanno portato a concludere che l’uomo avesse la disponibilità (o avesse intestato fittiziamente a familiari) di beni immobili (tra cui una società immobiliare, allo stato non operativa), conti correnti bancari e polizze assicurative frutto del reimpiego dei profitti illeciti guadagnati da attività criminose commesse come uomo vicino al clan Cava. I beni mobili, immobili e denaro oggetto del provvedimento, il cui valore complessivo ammonta a circa 6 milioni e 200mila euro, sono stati affidati all’amministratore giudiziario. I sequestri sono avvenuti a Nola e Casamarciano (nel napoletano); a Carife (Avellino), Centola (Salerno), Roma, Ancona, Torino, Milano, Siena e Trieste.

Cronache della Campania@2019


Strage del viadotto Acqualonga, l’avvocato di Lametta: ‘Errore del meccanico del bus’

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“Dal processo civile sulla strage del bus precipitato nell’Avellinese, dal viadotto Aqualonga, emerge un importante riscontro alla tesi della difesa di Gennaro Lametta (il proprietario del bus): il Giudice del procedimento civile Russolillo, dispose infatti una perizia che non solo ribadisce la piena responsabilita’ di Societa’ Autostrade per l’Italia ma dalla quale emerge che il giunto era stato sottoposto a cattiva manutenzione, ma comunque era stato sottoposto a manutenzione”. Lo sottolinea l’avvocato Sergio Pisani, legale di Gennaro Lametta, il proprietario del bus precipitato il 28 luglio 2013 dall’autostrada A16 nei pressi di Monteforte Irpino in provincia di Avellino, provocando 40 vittime. Pisani e l’avvocato Giuseppe Siciliano, difendono in sede penale e civile Gennaro Lametta, proprietario del bus e fratello del conducente che figura tra i deceduti. Pisani ha da poco presentato l’atto di Appello alla sentenza penale con la quale il Tribunale di Avellino ha condannato in primo grado a 12 anni di carcere Gennaro Lametta. Sentenza avversa, di recente, anche in sede civile per Lametta, ritenuto colpevole di non avere controllato la corretta esecuzione del lavoro di manutenzione al giunto ‘incriminato’. L’avaria del giunto di trasmissione e la perdita del semigiunto di collegamento al differenziale e’ stata spiegata dai tecnici nominati in sede civile con l’inidoneo serraggio dei perni di accoppiamento, eseguito senza una chiave dinamometrica, cosi’ come invece richiesto dalle norme tecniche. Per i periti, in sostanza, la diversita’ di serraggio dei perni sarebbe verosimilmente alla base di un eccesso di carico su alcuni di essi con la conseguente “rottura per fatica” del materiale e il conseguente sovraccarico di quelli ancora integri, fino al loro progressivo e successivo cedimento. “Al di la’ della correttezza del ragionamento del giudice civile che individua Lametta come responsabile dell’errore commesso dal meccanico, – spiega Pisani – questo dato riscontra in pieno la tesi della difesa che ha sempre sostenuto che alla base dell’incidente vi fosse un errore del meccanico del bus”.

Cronache della Campania@2019

Aveva accoltellato l’amico per una battuta in un bar di Santa Maria La Carità: arrestato il 29enne

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carabinieri

Santa Maria la Carità. Arrestato il 29enne che aveva accoltellato un 30enne in un bar nella notte tra sabato e domenica. Si era offeso per una battuta e così Gennaro Di Maio, 29enne di Santa Maria la Carità, già noto alle forze dell’ordine, aveva accoltellato chi gliel’aveva fatta.
Di Maio si trovava in un bar con un amico, quest’ultimo aveva partecipato ad uno show televisivo e la circostanza ha offerto l’occasione per una battuta ad un 30enne che si trovava anch’egli nel bar. Lo aveva preso in giro e gli aveva chiesto: “Vorresti andare pure tu al programma?”. Di maio non ci aveva visto più ed aveva estratto un coltello colpendo il 30enne con 4 fendenti al torace, alle braccia e alle gambe.
Di Maio era fuggito, alcuni cittadini avevano chiamato il 112, il ferito era stato trasportato da un conoscente in ospedale ed era stato operato per l’asportazione della milza.
Dopo qualche ora i carabinieri della sezione operativa di Castellammare di Stabia e della stazione di Sant’Antonio Abate avevano rintracciato il 29enne sottoponendolo a fermo per tentato omicidio aggravato da futili motivi segnalandolo ulteriormente all’autorità giudiziaria per porto abusivo di oggetti atti ad offendere.
Al termine delle formalità l’uomo è stato trasferito in carcere. Il gip ha convalidato il fermo e disposto che Di Maio resti in carcere.

Cronache della Campania@2019

Arrestato scafatese condannato in via definitiva per abusi sulla figlia minore di 14 anni

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Avrebbe subito violenze psicologiche ma anche sessuali. E a commetterle sarebbe stato il padre. Giorni fa, è stato arrestato dopo che la sentenza di condanna nei suoi confronti è diventata definitiva. L’imputato è un uomo di 55 anni di Scafati, che dal 2012, fino ad un successivo periodo di tempo, avrebbe abusato della figlia minore, all’epoca dei fatti 14enne. L’esecuzione dell’arresto è stata effettuata dai carabinieri della tenenza di Scafati, a seguito della pronuncia della Cassazione, che ha confermato gli 8 anni decisi dalla Corte d’Appello di Salerno per l’uomo. L’inchiesta fu condotta dalla procura di Nocera Inferiore.

Cronache della Campania@2019

Relazione della Dia, l’avvocato di Domenico Arlistico: ‘Da anni lavora e nessun legame con la criminalità’

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L’avvocato Fabio Marfella, difensore di Domenico Arlistico, a proposito della pubblicazione della relazione per il secondo semestre del 2018 della Direzione Investigativa Antimafia in cui si afferma che i comuni di Pollena Trocchia e Massa di Somma sarebbero sotto l’influenza criminale del clan Arlistico-Terracciano, fa alcune precisazioni.

“Intervengo, dunque, quale difensore del sig. Arlistico Domenico, che conosco e seguo oramai da anni, con l’intenzione di fornire informazioni a chiarimento che possano integrare e specificare la relazione della DIA richiamata nell’articolo: alla pag. 180 della “relazione semestrale al Parlamento”, quale unico inciso certamente inidoneo giustificare la notizia della attuale persistenza del clan Arlistico-Terracciano su quei territori si legge:”A Pollena Trocchia si confermano segnali di ripresa del sodalizio ARLISTICO-TERRACCIANO ed il suo tentativo di spingersi verso i comuni di Massa di Somma e San Sebastiano al Vesuvio.”
Nulla più.

Corre, allora l’obbligo di specificare alcune circostanze:

1) giammai nella relazione al Parlamento appena sopra citata si offre contezza della persistenza ed operatività del ritenuto clan “Arlistico-Terracciano”, limitandosi la DIA a registrare “segnali di ripresa”. Formula tanto vaga quanto ambigua e certamente insufficiente a fondare giudizi positivi di attuale operatività del clan;

2) Nel corso degli ultimi anni (dal 2001 ad oggi) nessun procedimento a carico di Arlistico Domenico è stato intrapreso per reati di tipo associativo. Anzi, con estrema fatica, l’Arlistico si adopera per svolgere una vita sana, lontana dai circuiti devianti, dedito da anni a lecita attività lavorativa, attraverso la quale provvede al soddisfacimento delle esigenze proprie e della sua famiglia.

3) le medesime considerazioni valgono anche per i suoi germani Terracciano,  alcuni dei quali hanno abbandonato i luoghi di provenienza proprio per iniziare una nuova vita.

Non sembra cioè, che vi siano elementi che possano far ritenere persistente ovvero in via di ripresa il ritenuto clan “Arlistico-Terracciano”, oramai inoperativo dal oltre due lustri.

Tanto mi sembrava doveroso innanzitutto per offrire alla notizia la verità e la continenza che merita (nemmeno la DIA dice che il clan è tuttora operante) ma soprattutto perché il percorso di vita intrapreso dall’Arlistico Domenico rappresenta quasi un unicum nel panorama partenopeo, indice evidente che, almeno a volte, il sistema di rieducazione e recupero sociale conseguente all’applicazione della pena può funzionare.

Cronache della Campania@2019

La Cassazione conferma la condanna per le quattro donne del clan Marotta specialiste di furti nelle gioiellerie

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La Cassazione rigetta ricorso di quattro donne del clan Marotta per i furti nelle gioiellerie
Confermati dunque  i quattro arresti al clan Marotta di Agropoli.Si tratta di Antonina Marotta (48 anni),  Silvana Marotta (36 anni), Antonietta Marotta (50 anni) e Isabella Marotta (45 anni).
Per tutte e quattro è stata confermata la condanna comminata a fine 2017 dalla Corte di Appello di Napoli per aver rubato preziosi in tre gioiellerie. I legali delle donne avevano sollevato diversi vizi di motivazione nel ricorso. Era state messa in discussione l’attendibilità delle immagini di videosorveglianza nei negozi al fine corretto riconoscimento delle imputate. Dalle immagini si evincerebbe che le quattro complici avessero solo toccato e non rubato i gioielli.

Cronache della Campania@2019

Tratta degli schiavi Piana del Sele: rinviate a giudizio 46 persone

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Inizierà a metà ottobre il processo sul caporalato e le truffe ad Eboli e nella Piana del Sele. Il Gup Albarano del Tribunale di Salerno ha rinviato a giudizio 46 persone.
Tutto è cominciato a marzo scorso: ci fu anche il coinvolgimento di un consigliere comunale, oltre ad imprenditori agricoli e braccianti giunti dall’Africa. Dalla contrada Cioffi di Eboli venivano gestita la “tratta degli schiavi”, braccianti agricoli giunti in Italia evitando la traversata del Mediterraneo. Un viaggio costava dai 5mila ai 12mila euro. Era compreso anche il contratto di lavoro falso.

Cronache della Campania@2019

Truffarono due anziane a Matera, arrestati altri due napoletani della gang

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Accusati di aver truffato nel luglio 2018 due anziane di Matera, due giovani di Napoli – Salvatore Sorrentino, di 24 anni, e Biagio Giugliano, di 20, entrambi con precedenti penali – sono stati posti agli domiciliari al termine di indagini condotte da Polizia e Carabinieri. I due sono accusati di associazione a delinquere finalizzata “alla commissione di un numero indeterminato di delitti contro il patrimonio e delle due truffe aggravate”: la stessa accusa di associazione per delinquere riguarda altre due persone arrestate nello scorso mese di ottobre. In totale, alle due anziane – secondo quanto ricostruito dagli investigatori – i due giovani arrestati a Napoli riuscirono a truffare 1.100 euro. Il provvedimento di custodia cautelare ai domiciliari è stato emesso dal gip di Matera Angela Rosa Nettis su richiesta del pm Lorenzo Nicastro.

Cronache della Campania@2019


Scafati, pena ridotta per la lady cocaina Teresa Cannavacciuolo

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Scafati. È ritornata, in aula, la lady cocaina del vesuviano, Teresa Cannavacciuolo, trentenne pluripregiudicata scafatese per reati specifici.
La donna fu arrestata in flagranza di reato dai carabinieri di Scafati che attuarono un lungo servizio di osservazione, culminato nel ritrovamento di oltre 50 grammi di cocaina purissima. In quel periodo lady coca aveva subito anche un violento attentato intimidatorio ai danni del suo bar a Scafati.
La lady spaccio difesa dall’avvocato Gennaro De Gennaro aveva riportato una condanna minima dinanzi al GIP, di 3 anni e 7 mesi di reclusione con esclusione di tutte le aggravanti. L’avvocato De Gennaro aveva avanzato istanza di rideterminazione della pena sulla base della sentenza n. 40 dell’8.03.2019 della Corte costituzionale per ridurre ulteriormente la pena. Strategia difensiva che è risultata vincente in quanto il giudice accogliendo la prospettazione difensiva ha ridotto la pena portandola ad anni 2 e mesi 8 di reclusione.
La forte riduzione della condanna corrispondente al minimo che si può ottenere per il primo comma dell’art.73 T.U.Stup. ha significato anche una prossima scarcerazione che si maturerà a giorni vista la riduzione della pena di oltre 1 anno.

Cronache della Campania@2019

Tentata estorsione col metodo camorristico, la squadra mobile arresta 4 persone a Salerno

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Salerno. La squadra mobile della questura di Salerni ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Salerno nei confronti 4 indagati gravemente indiziati dei reati di concorso in estorsione e tentata estorsione aggravate del metodo mafioso-camorristico. Le indagini dirette dalla Dda attraverso attività intercettive. Tre indagati sono stati portati a Fuorni, mentre il quarto è agli arresti domiciliari.

Cronache della Campania@2019

Napoli, ai domiciliari due del gruppo di pusher di San Vitaliano legati ai Mazzarella

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Napoli. il Gip presso il Tribunale di Napoli, Pietro Carola ha disposto la scarcerazione degli imputati Eugenio De Cicco difeso dall’avvocato Danilo Volpe e di Emanuele Lucenti difeso dall’avvocato Vincenzo Iovine e la concessione degli arresti domiciliari. In particolare, i due soggetti unitamente a Cesare Lucenti, Maria Teresa Cinque, Carmela De Gais, Luigi Cinque e Carla Colurciello erano accusati di aver costituito un’associazione dedita allo spaccio di sostanza stupefacente sul territorio di San Vitaliano. Tuttavia, il Gip all’esito del procedimento svoltosi nelle forme del rito abbreviato in data 25 luglio 2019 accogliendo la tesi sostenuta dal collegio difensivo composto anche dagli avvocati Danilo Volpe e Vincenzo Iovine assolveva con formula piena tutti i predetti imputati dal reato associazione finalizzata al traffico di droga perché il fatto non sussiste, annullando in buona sostanza le pesanti richieste di pena avanzate dai PM della DDA (10 anni per De Cicco Eugenio e 17 anni per Lucenti Emanuele).

Cronache della Campania@2019

Rapporti coi Casalesi e coi Mallardo: la Dia confisca beni per 10 milioni di euro al nipote di Nitto Santapaola

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Beni per 10 milioni di euro sono stati definitivamente confiscati dalla Dia di Catania a Vincenzo Enrico Augusto Ercolano, 49 anni, figlio dello storico boss deceduto ‘Pippo’ e di Grazia Santapaola, sorella del capomafia ergastolano Benedetto ai vertici di ‘Cosa nostra’ etnea. Il provvedimento e’ stato emesso dal Corte d’appello di Catania dopo il pronunciamento irrevocabile della Cassazione nell’ambito delle indagini ‘Sud Pontino’ della Dia sui rapporti tra i clan camorristici dei Casalesi e dei Mallardo di Giugliano con la ‘famiglia’ mafiosa Santapaola-Ercolano. Al centro dell’inchiesta della Dda etnea la societa’ “Geotrans Srl”, di cui Vincenzo Ercolano curava l’intera attivita’, nonostante ne detenesse formalmente solo il 50%. L’indagato, inoltre, gestiva la societa’ con metodi mafiosi, imponendo le tariffe di mercato e impendendo la libera attivita’ del settore, e avrebbe anche utilizzato altre ditte per “recuperare” patrimonio aziendale e clienti della “Geotrans” dopo che era stata sequestrata. Il provvedimento dispone anche per Vincenzo Ercolano la sorveglianza speciale, con l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza, per la durata di tre anni, oltre al versamento di una somma di 20.000 euro a titolo di cauzione. Imposta anche l’applicazione dei divieti previsti dal codice antimafia: l’impossibilita’ di conseguire licenze o autorizzazioni, concessioni di qualsiasi genere, iscrizioni negli elenchi di appaltatori o di fornitori di opere, beni e servizi per la pubblica amministrazione e qualsiasi tipo di erogazione pubblica. Le indagini della Dia di Catania che hanno portato al provvedimento odierno sfociarono nell’operazione “Sud Pontino” del 2006 e nella “Caronte” del 2014, con dichiarazioni di collaboratori di giustizia che lo hanno accusato di estorsioni, minacce e violenze, intestazione fittizia di beni. In particolare col blitz “Sud Pontino” fu smantellato un sodalizio criminale che aveva al centro dei suoi interessi l’importante Mercato Ortofrutticolo di Fondi e fece emergere la sua figura di gestore e controllore nel settore dei trasporti, in nome e per conto della mafia. La confisca riguarda 100% delle quote, con relativo patrimonio aziendale, delle seguenti societa’: Geotrans Srl, costituita nel 1993 da Vincenzo Enrico Augusto Ercolano e dalla sorella Palma Cosima, di 56 anni, operante da anni nel settore del trasporto su gomma e della logistica, divenuta, in breve tempo, leader in tutta la Sicilia; Geotrans Logistica Frost Srl, societa’ controllata dalla Geotrans Srl per il 99% e per l’1% da Vincenzo Enrico Augusto Ercolano, costituita nel 2009 da altri soci, che, successivamente, cedevano le proprie quote agli Ercolano; R.C.L, societa’ costituita nel 2014 da alcuni dipendenti della Geotrans Srl; E.T.R. di Cosima Palma Ercolano, impresa individuale costituita nel 2001 e attiva nell’autotrasporto per conto terzi. Il valore del patrimonio confiscato e’ stimato dalla Dia in circa dieci milioni di euro.

Cronache della Campania@2019

Si pente Francesco Zagaria l’imprenditore amico dell’omonimo boss arrestato con l’ex sindaco

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Si pente Francesco Zagaria, l’imprenditore originario di Casapesenna e trapiantato a Capua, coinvolto nell’inchiesta che ha portato all’arresto dell’ex sindaco Carmine Antropoli.
Zagaria, meglio noto con l’alias di Ciccio e Brezza e referente della fazione del boss Michele Zagaria, ha iniziato il suo percorso di collaborazione con la giustizia lo scorso 5 luglio.
Ieri le sue primissime dichiarazioni sono state depositate nel corso dell’udienza al Riesame ‘bis’ per Antropoli dopo che la Cassazione aveva annullato, in parte, l’impianto accusatorio a carico del chirurgo di Sant’Angelo in Formis, difeso dagli avvocati Mauro Iodice e Vincenzo Maiello.
L’udienza è slittata a settembre per valutare le nuove prove portate in aula dalla Dda e verificare la sussistenza delle esigenze cautelari per Antropoli, detenuto ai domiciliari a Rivisondoli. Secondo l’accusa Antropoli e Zagaria avrebbero esercitato pressioni su un candidato alle elezioni comunali per costringerlo a ritirare la candidatura e favorire un altro aspirante consigliere, Marco Ricci. Solo Zagaria, invece, è accusato anche di aver svolto un ruolo nell’omicidio di Sebastiano Caterino, avvenuto nel 2003 a Santa Maria Capua Vetere.

 Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2019

Scafati, non si accorsero dell’infarto: due medici del 118 indagati per la morte della 33enne Anna Pistol

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Scafati. Per la morte della giovane Anna Pistol i giudici del tri­bunale di Nocera Inferiore hanno chiesto il rinvio a giu­dizio per i due medici del 118 che per primi presta­rono soccorso alla giovane trentatrenne originaria di Scafati. I due medici del primo soccorso non si sa­rebbero accorti che la donna veniva colpita da un infarto. La donna di Scafati, morì quindi a 33 anni dopo il ri­covero in due ospedali, vi­cenda che portò la magistratura ad indagare su trenta persone tra personale medico e paramedico con la pesante accusa di omicidio colposo
Secondo gli inquirenti i sa­nitari del 118 non si sareb­bero accorti che la donna al momento del primo soc­corso nella sua abitazione veniva colta da infarto e suc­cessivamente trasportata all’ospedale Umberto I di Nocera Inferiore.
Una volta a Nocera, la donna era stata trasferita in fase di ricovero presso il re­parto di rianimazione. Qui sarebbe rimasta per un lungo periodo, fino al trasfe­rimento all’Andrea Tortora di Pagani. Proprio nell’omonimo reparto è poi deceduta pochi giorni dopo, il 23 dicembre 2017.

Cronache della Campania@2019

Napoletani scomparsi in Messico: a settembre la sentenza sui 4 poliziotti che li ‘vendettero’ ai narcos

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Sarà emessa entro il prossimo 26 settembre, se non ci saranno colpi di scena, la sentenza sui quattro poliziotti messicani di Tecalitlan ritenuti coinvolti nella sparizione nel Paese centroamericano di Raffaele Russo, Antonio Russo e Vincenzo Cimmino, i tre napoletani di cui non si hanno più notizie dal 31 gennaio 2018. A renderlo noto è Claudio Falleti, uno degli avvocati delle famiglie Russo e Cimmino, il quale, attraverso un collega in loco, sta difendendo la posizione delle famiglie dei tre italiani nel processo in corso nel Tribunale di Jalisco. “La Costituzione Messicana – spiega Falleti – e il codice di procedura penale prevedono che il ‘Juicio Penal Oral’ (una sorta di sentenza di primo grado, ndr) si definisca al massimo nell’arco di due anni”. Intanto uno degli avvocati degli agenti arrestati ha presentato appello nei confronti di alcune prove depositate dalla Procura: “un appello del tutto pretestuoso, – spiega il legale – dettato dalla disperazione. E’ impossibile che prove cosi’ determinanti possano essere considerate invalide. Per noi è chiara la direzione che prenderà il processo”. Falleti fa anche sapere di avere fatto istanza affinchè Francesco Russo (figlio, fratello e cugino, rispettivamente, di Raffaele, Antonio e Vincenzo) venga ascoltato, in video collegamento dall’Italia. Francesco Russo eècolui a cui Antonio e Vincenzo inviarono gli audio registrati in auto, il giorno della sparizione, grazie ai quali è stato possibile risalire al coinvolgimento della Polizia locale nella sparizione dei napoletani. “Vogliamo fidarci della Giustizia e vogliamo che i colpevoli paghino per ciò che hanno commesso, – dice ancora Falleti – desideriamo che la Procura Generale della Repubblica Messicana possa, attraverso le indagini, individuare i mandanti e le loro responsabilità ma, soprattutto, ritrovi i nostri connazionali”

Cronache della Campania@2019


Omicidio Cerciello Rega: i due americani potrebbero essere riascoltati

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Finnegan Lee Elder e Christian Gabriel Natale Hjort, i due ragazzi 19enni accusati di concorso in omicidio per la morte del vicebrigadiere dei carabinieri, Mario Cerciello Rega, potrebbero chiedere di essere ascoltati nuovamente dal procuratore facente funzioni Michele Prestipino e dall’aggiunto Nunzia D’Elia. Al momento i legali dei due californiani, entrambi in carcere a Regina Coeli, non escludono, infatti, questa possibilità. Intanto non e’ stata ancora fissata l’udienza davanti al tribunale del Riesame dopo l’istanza presentata dalle difese dei due americani. Udienza che con tutta probabilità a questo punto potrebbe slittare a settembre. I legali dei due indagati hanno anche chiesto alla pubblica accusa di fornire tutti i filmati in loro possesso.

Cronache della Campania@2019

Truffa all’Asl di Caserta, confermati tutti gli arresti

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Caserta. Restano ai domiciliari Angelo Costanzo, ex primario del reparto Patologia Clinica dell’ospedale di Caserta e sua moglie Vincenza Scotti, sorella del boss della NCO Pasquale Scotti. Confermato il carcere per Angelina Grillo, tecnico di laboratorio del Sant’Anna e San Sebastiano. Insieme ad altre 41 persone sono accusati di aver gestito il centro analisi dell’ospedale come fosse “cosa loro”.
La decisione, come viene riportato in un articolo del ‘Mattino’, a firma della collega Mary Liguori, arriva dal tribunale del Riesame, che ha respinto tutte le istanze di scarcerazione presentate dagli avvocati difensori. Regge, quindi, l’impianto accusatorio della Procura di Santa Maria Capua Vetere, guidato da Maria Antonietta Troncone.

Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2019

Estorsioni a Scafati: il gruppo Matrone-Buonocore presenta ricorso in Appello

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Scafati. Depositate nei termini processuali le motivazioni della sentenza emessa dal gip di Salerno, dott.ssa Marilena Albarano nei confronti del ricostituito gruppo Matrone-Buonocore egemone nel territorio scafatese. I difensori hanno già preannunciato di impugnare la sentenza relativamente alle posizioni che hanno riportato condanna. Erano già note dal 17 aprile le pene comminate agli imputati molto ridimensionate rispetto alle richieste della DDA. In alcuni casi addirittura il “verdetto” era stato a dir poco “miracoloso” soprattutto per i quattro imputati assolti. Secondo il teorema accusatorio i ‘signori’ del pizzo di Scafati che a suon di pistolettate e bombe chiedevano le tangenti ai commercianti scafatesi avevano costretto i negozianti a vivere in un clima di paura. Cinquantasette anni di carcere questa la somma degli anni di reclusione che aveva chiesto il pm della Dda Giancarlo Russo al giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Salerno. Verdetto finale che ha visto condanne complessive di 30 anni con un forte sconto dovuto alle assoluzioni pronunciate dal giudice. Lo stesso Tribunale del riesame aveva confermato la prospettazione accusatoria con l’unica riforma, importante, della neutralizzazione dell’aggravante del metodo mafioso.Spiccano le assoluzioni di Palma Pasquale, Patrone Nicola, Panariello Marcello ed Elvira Improta ( tutti difesi dall’avvocato Gennaro De Gennaro). Per Palma Pasquale e Patrone Nicola il pubblico ministero aveva chiesto addirittura una condanna di 5 anni ciascuno per detenzione di armi e concorso in estorsione aggravati dal metodo mafioso. Il Patrone veniva accusato di aver partecipato all’estorsione del supermercato IPERG di Angri e di essersi interessato alla ricerca di armi.
Nonostante le gravi accuse l’imputato è stato assolto. Il suo difensore l’avvocato De Gennaro ha dovuto neutralizzare una serie di accuse molto gravi per convincere il giudice alla pronuncia assolutoria.
Condanna fortemente ridimensionata per Buonocore Giuseppe ( difeso dagli avvocati Massimo Autieri e Stella Criscuolo) considerato il nuovo reggente della presunta cosca malavitosa, condannato per due tentate estorsioni con uno sconto di 4 anni rispetto alla richiesta del PM. Condanne in linea con le attese per Barbato Crocetta Giovanni e Panariello Pasquale. Il primo difeso dall’avvocato Gennaro De Gennaro ha riportato una condanna di 7 anni e 2 mesi per la tentata estorsione consumata ai danni di un tabaccaio, per la detenzione di armi, reati aggravati dal metodo mafioso, riciclaggio, ricettazione e detenzione di marijuana.Il Barbato non aveva confessato i reati e non ha collaborato con la giustizia. L’unico a non confessare unitamente al Buonocore e per questo non ha beneficiato della riduzione di pena per chi confessa le sue responsabilità. Il Panariello Pasquale, difeso dalla penalista Anna Fusco, condannato alla pena di anni 6 e mesi due per tentata estorsione iper G, detenzione di armi aggravati dal metodo mafioso e detenzione di droga. Palma Antonio soggetto già coinvolto nella guerra omicidiaria di Scafati e figura apicale della criminalità vesuviana difeso dall’avvocato Gennaro De Gennaro ha riportato una condanna di 4 anni per la tentata estorsione iper G e per la detenzione di armi. Per questa tentata estorsione è stato assolto Patrone Nicola. Nappo Vincenzo, calibro 90 della criminalità scafatese, difeso dall’avvocato Massimo Torre è stato condannato a due anni. Su quest’ultimo si era soffermato molto il pubblico ministero nelle sue repliche essendo considerato una figura apicale del sodalizio. Pena di anni uno e mesi 8 per Berritto Francesco difeso dalla penalista Stefania Pierro.
Secondo gli inquirenti questi soggetti avrebbero chiesto tangenti a suon di bombe e proiettili. Tre i tentativi di estorsione avvenuti tra i mesi di agosto e dicembre dello scorso anno ai danni di un imprenditore dell’area scafatese, contestati agli imputati che facendo riferimento all’appartenenza al clan Matrone di Scafati, chiedevano ai commercianti di pagare il pizzo. Tra i vari attentati contestati, quello nei confronti dell’insegna dei Roxy Legend Bar di via Melchiade di proprietà della famiglia Buonocore. Un altro davanti al centro scommesse di via Martiri d’Ungheria “Fly Play”. E ancora, colpi di pistola calibro 7,65 nei confronti del bar La Dolce Vita di Giuseppina Generali, moglie di Dario Spinelli (ora pentito) per finire ad agosto 2017 quando finirono nel mirino la pescheria Acqua e Sale di via Montegrappa (a commettere l’attentato furono per gli inquirenti i fratelli Pana riello) il negozio di parruccheria Nico Style di Nicola Tamburo. L’Antimafia nella sua conclusione indagini ha anche contestato la lettera dal carcere che Panariello spedì al fratello nella quale sarebbe emersa la volontà del detenuto di far scomparire la pistola servita per l’attentato al ristorante pescheria. A dicembre, poi, l’estorsione al titolare di un tabacchi da parte di Giovanni Barbato Crocetta. Secondo gli inquirenti le azioni criminose erano state ordinate da Peppe Buonocore il quale, proprio ai giudici del Riesame di Salerno, ribadì di non essere artefice di nessun clan e il Tribunale confermò che nelle azioni delittuose non c’era agevolazione mafiosa. Gli “uomini della paura” ora dovranno difendersi in sede di appello, visto il ricorso al giudizio di secondo grado da parte dei loro difensori.

Cronache della Campania@2019

Camorra: ordinanza in carcere per 4 del clan Mazzara. Sono accusati di due omicidi

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I carabinieri hanno notificato in carcere a quattro esponenti del clan Mazzara l’avviso della fissazione del giudizio immediato, per il 23 ottobre prossimo, dinanzi alla prima sezione della Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere per l’accusa di un duplice omicidio aggravato. Sono ritenuti responsabili dei delitti di Michele Caterino, compiuto il 20 maggio 2006 a Cesa, e di Cesario Ferriero 25 dicembre 2007, nell’ambito della sanguinosa faida tra i clan Caterino e Mazzara avvenuta a Cesa. Sotto accusa Giovanni Mazzara, 61 anni, detenuto a Siracusa; Nicola Mazzara, 64, detenuto a Terni; e Alberto Verde, 46 anni, di Aversa che di recente ha ottenuto i domiciliari (accusato solo del delitto Caterino).Il quarto imputato è il collaboratore di giustizia Tammaro Scarano 33 anni di Aversa che oltre ad aver ammesso le proprio le sue responsabilità nei delitti commessi all’età di appena 20 ha chiamato in correità i tre complici. Le sue confessioni sono state confermate dalle dichiarazioni di un altro pentito del clan dei Casalesi, Nicola Schiavone, figlio del famigerato capoclan Francesco “Sandokan” Schiavone, che hanno permesso di individuare gli autori dei due omicidi di camorra le cui vittime (Caterino e Ferriero) erano ritenute vicine al clan Caterino – Ferriero rivale a quello dei Mazzara di Cesa. In particolare l’uccisione dell’imprenditore 26 anni Cesario Ferriero crivellato la sera di Natale del 2007, nella sua auto con un fucile a pallettoni in via Fratelli Cervi , sotto l’abitazione della fidanzata che avrebbe dovuto sposare a giugno del 2008 suscitò molto scalpore. La sua è una famiglia di costruttori. Il capostipite è il papà Domenico Ferriero, poi i tutti i figli maschi (Lorenzo e Michele) hanno seguito le sue orme. Come aveva fatto anche il 26enne. E le ditte di famiglia (Cogefer e Immobiliare Ferriero) sono finite in passato diverse volte nel mirino della camorra. Davanti alla loro casa di via Nenni fu fatta esplodere una bomba carta, mentre risale a qualche fa un altro raid in un cantiere di Orta di Atella, dove ignoti appiccarono il fuoco provocando ingenti danni. I collaboratori di giustizia spigheranno i motivi di questi attentati e di questa lunga scia d sangue Nel collegio difensivo gli avvocati Carlo De Stavola, Elisabetta Carfora, Franco Liguori e Patrizia Sebastianelli per il collaboratore Scarano.

Cronache della Campania@2019

Cerciello Rega, l’italo americano: ‘Negli Usa sarei stato fuori su cauzione’

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“In America c’è un sistema diverso e probabilmente non sarei stato in cella, sarei uscito su cauzione”. Sono le parole di Christian Gabriel Natale Hjort, accusato insieme a Finnegan Lee Elder, di concorso in omicidio per la morte del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega. Entrambi gli americani sono reclusi a Regina Coeli, dove una delegazione del Partito Radicale (Irene Testa, la tesoriera, il segretario del partito Maurizio Turco, la presidente dell’Istituto Luca Coscioni Maria Antonietta Farina Coscioni) ha fatto visita nell’ambito dell’iniziativa ‘Ferragosto in carcere’, un check sulle condizioni di detenzione negli istituti penitenziari italiani per renderli più trasparenti. “Natale Hjort non si è lamentato delle condizioni in cella, ci è sembrato invece molto incuriosito della nostra iniziativa. Avendo i genitori lontani, ci ha detto che li rivedrà probabilmente a settembre”, riferisce all’Adnkronos Irene Testa, la tesoriera del Partito Radicale. I due americani sono tra gli oltre 1.000 detenuti reclusi a Regina Coeli, a fronte di una capienza di 616 posti letto nella struttura. Quella del sovraffollamento è tra le “evidenti criticità” riscontrate dal Partito Radicale nel carcere romano (e non solo). “E’ un carcere vecchio, ci sono reparti davvero fatiscenti, le celle sono molto piccole (tre metri quadri con più letti a castello). In alcune ci sono muri davanti alla finestra. Troppi detenuti e pochi agenti penitenziari”, sottolinea Testa ricordando che l’iniziativa promossa dal suo partito ha portato in quattro giorni (fino ad oggi) circa 300 visitatori, tra cui parlamentari di tutti gli schieramenti e avvocati, in oltre 70 penitenziari italiani di 17 Regioni. “I detenuti in custodia cautelare superano il 31%. Va rivisto – evidenzia Testa- tutto il sistema, serve una vera riforma della Giustizia. Il carcere, d’altronde, non è che l’appendice di un assetto che non funziona”.

Cronache della Campania@2019

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