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Channel: Cronaca Giudiziaria
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Amianto, l’imprenditore svizzero rimane imputato nel processo per Bagnoli: è accusato di omicidio volontario

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Napoli. La seconda Corte di Assise di Napoli ha rigettato la richiesta di estromissione dal procedimento giudiziario dell’imprenditore svizzero Stephan Schmydheiny, ex amministratore delegato di Eternit, avanzata dai suoi legali. Inizia dunque il processo per omicidio volontario di otto persone dello stabilimento napoletano di Eternit, che si trovava nel quartiere Bagnoli, persone decedute, secondo l’accusa, per i residui tossici delle lavorazioni. Ammessa dai giudici la richiesta di costituzione di alcune parti civili tra le quali figura l’Osservatorio Nazionale Amianto (Ona), presieduto dall’avvocato Ezio Buonanno e a Napoli rappresentata dall’avvocato Flora Rosa Abate. L’Ona è stato ammesso come ente esponenziale rappresentativo della categoria delle vittime dell’amianto per aver svolto attività in tutta Italia e anche a Napoli e per aver, già nel 2012, depositato una serie di esposti denuncia alla Procura di Napoli e di Torino. La prossima udienza è stata fissata per il 31 maggio. 

Cronache della Campania@2018


Riciclava i soldi di Zagaria in Romania: chiesti 18 anni di carcere per Inquieto

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Diciotto anni di carcere. Questa la richiesta della Dda a carico di Nicola Inquieto, l’imprenditore di Casapesenna accusato di camorra ed in particolare di aver reimpiegato i capitali del boss Michele Zagaria nelle sue attività a Pitesti, in Romania. Dopo il rinvio breve della precedente udienza stamattina dinanzi al collegio del Tribunale di Napoli Nord, presieduto dal giudice Ciampa, i pm della Dda Maurizio Giordano ed Alessandro D’Alessio hanno pronunciato la propria requisitoria ricostruendo l’apparato probatorio e formulando la propria richiesta di condanna di 18 anni di reclusione, ritenendo che la partecipazione di Inquieto al clan dei Casalesi sia stata attiva fino al 2016. I pubblici ministeri hanno, inoltre, richiesto la confisca integrale dei beni dell’imprenditore. Il processo è stato poi rinviato per le discussioni dei difensori di Inquieto, gli avvocati Giuseppe Stellato e Nicola Marino.
Le indagini su Nicola Inquieto hanno consentito di individuare un imponente patrimonio societario ed immobiliare in Romania, tra imprese di costruzione, centri benessere, varie centinaia di appartamenti già ultimati o in costruzione. Tutto realizzato, secondo l’ipotesi della Procura Antimafia, con i capitali di Michele Zagaria a cui la famiglia Inquieto era particolarmente legata. Nicola Inquieto, infatti, è il fratello di Vincenzo Inquieto, il proprietario dell’abitazione di via Mascagni, a Casapesenna, dove il 7 dicembre 2011 venne arrestato Zagaria.
Il prossimo 26 maggio Inquieto dovrà tornare in Romania, secondo quanto disposto dalla Corte di Cassazione di Bucarest. L’imprenditore arrestato in Romania un anno fa, in virtù di un mandato di arresto della Procura europea Eurojust, spiccato nei suoi confronti in seguito ad un’inchiesta della Dia per associazione camorristica, venne consegnato alle autorità italiane in via temporanea. Dopo un’ulteriore proroga di sei mesi a novembre scorso, ora il termine ultimo è in scadenza.

Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

‘Sindaco, mi serve una mano’: ecco le intercettazioni sul voto di scambio e le accuse ad Alfieri e Coppola

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“Sindaco, mi servirebbe una mano”. Così Fiore Marotta si rivolgeva a Franco Alfieri. Il primo è considerato esponente dell’omonimo “clan degli zingari” di Agropoli, Il secondo, all’epoca, era sindaco della località cilentana. Oggi Alfieri è fresco ex capo segreteria del governatore Vincenzo De Luca, e candidato sindaco di Capaccio. Anche per queste intercettazioni è nei guai, travolto da una gragnuola di ipotesi di reato: scambio elettorale politico-mafioso, concussione, violenza privata e minaccia, tutti aggravati dal metodo mafioso. Sono le accuse formulate dal pm Roberto Montemurro, della Dda di Salerno, che hanno portato lunedì a perquisire abitazioni e uffici di Alfieri e Adamo Coppola (indagato scambio elettorale politico-mafioso), attuale sindaco di Agropoli.
“E ma mò mi perseguitate un poco con questo fatto…” rispondeva l’ex primo cittadino alle richieste di Marotta, in quel periodo ai domiciliari. Per poi tranquillizzarlo: “Ma non ti preoccupare, ti faccio fare una cosa io coi servizi sociali. Lo sai già dove posso “inciarmare” (architettare qualcosa, ndr) qualcosa, tu dici che non va bene». Marotta aveva bisogno di un lavoro per ottenere l’affidamento in prova. Oggi quegli ascolti, registrati al Comune, sono agli atti della nuova inchiesta. Un filone che vede al centro proprio lui,”«Franco Alfieri, notoriamente clientelare – come diceva De Luca tra il serio e il faceto all’hotel Ramada in occasione della campagna per il referendum 2016 che segnò la ‘caduta’ di Renzi – che sa fare clientela come Cristo comanda…”.
Passato alle cronache come “il re delle fritture di pesce”, Alfieri conserva il ruolo di consigliere del governatore per agricoltura, caccia e (ovviamente) pesca. A complicargli le ambizioni c’è un intreccio investigativo, segnato da questioni di competenze e pronunce giurisdizionali. Nulla, però, che registri sentenze definitive sulla presunta mafiosità dei Marotta-Cesarulo. Un carattere all’inizio non riconosciuto a queste famiglie rom, dal gip di Salerno, che aveva trasmesso gli atti a Vallo della Lucania. La presenza di alcuni profili di interesse, tuttavia, aveva portato la procura cilentana a spedire certe carte alla Dda. Il rimpallo tra uffici giudiziari aveva prodotto l’apertura del fascicolo dell’anticamorra, del quale Alfieri è protagonista. Prima, “il clan degli zingari” era stato travolto dall’inchiesta del Ros carabinieri di Salerno, sfociato in un blitz da 25 misure cautelari a novembre. Di quell’operazione l’affaire Alfieri è un collegamento, affidato stavolta alla Dia di Salerno, diretta dal colonnello Giulio Pini.
I nuovi spunti, comunque, non provengono da dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Adesso gli inquirenti puntano al capitolo delle infiltrazioni nel comune di Agropoli, dove Alfieri è stato sindaco per dieci anni, fino al 2017. Accertamenti che, in caso di riscontri, potrebbero condurre all’invio di una commissione d’accesso prefettizia. Quattro amministratori di Agropoli – tra i quali Alfieri – due anni fa erano incappati in una condanna definitiva alla Corte dei conti, per danno erariale da complessivi 40mila euro. Un procedimento avviato per il mancato utilizzo di alcuni beni confiscati. Immobili sottratti dallo Stato proprio ai Marotta, e occupati abusivamente da alcuni suoi esponenti. “Il re delle fritture” ostenta serenità («Cielo sereno non teme tempesta»). Ma intanto, aumenta il pressing per il ritiro della sua candidatura. Qualche mal di pancia si segnala perfino nel Pd, il giorno in cui il Senato approva il ddl sul voto di scambio politico mafioso, innalzando la pena massima a 15 anni (22 se il reato è aggravato). “Si ritiri ad horas” ingiungono i pentastellati Michele Cammarano e Anna Bilotti, consigliere regionale e deputata.

Cronache della Campania@2018

Giudici della Tributaria corrotti: ecco i nomi degli indagati e i ruoli

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Salerno. Sono Giuseppe De Camillis di Fragneto Monforte e Fernando Spanò di Pomigliano d’Arco i due giudici arrestati stamane dalla Guardia di Finanza per corruzione in atti giudiziari per aver pilotato sentenze della commissione tributaria di Salerno in favore di alcuni imprenditori. I due giudici sono stati arrestati insieme ad altre 12 persone, tra le quali due dipendenti della sede giudiziaria salernitana, Salvatore Sammartino di Sarno e Giuseppe Naimoli di Salerno. Tra gli arrestati anche Alfonso De Vivo, consigliere comunale di Castel San Giorgio e Teodoro Tascone di Pontecagnano, già parlamentare per l’Msi, commercialista. Nell’inchiesta della Guardia di Finanza sono finiti imprenditori consulenti, dipendenti e giudici, ma anche alcuni parenti di coloro che avrebbero ordito il sistema di corruzione. E’ indagato a piede libero, infatti, anche il figlio del giudice Spanò, Franco. Secondo l’accusa, i giudici e i dipendenti dell’ufficio giudiziario chiedevano dai 5mila ai 30mila euro per pilotare le decisioni della commissione tributaria in favore di imprenditori che avevano contenziosi con il fisco. Le sentenze favorevoli, secondo una stima della guardia di Finanza, avrebbero permesso di risparmiare 15 milioni di euro agli imprenditori coinvolti.
Ecco i nomi degli arrestati
Cosimo Amoddio, Battipaglia
Vincenzo Castellano, Ariano Irpino
Angelo Criscuolo, Cicciano
Antonio D’Ambrosi, Nocera Inferiore
Giuseppe De Camillis, Fragneto Monforte (Avellino)
Alfonso De Vivo, Castel San Giorgio
Claudio Domenico Duschi, Staletti
Andrea Miranda, San Valentino Torio
Giuseppe Naimoli, Salerno
Giuseppe Piscitelli, San Sebastiano al Vesuvio
Aniello Russo, Tramonti
Salvatore Sammartino, Sarno
Fernando Spanò, Pomigliano d’Arco
Teodoro Tascone, Pontecagnano Faiano

Indagati a piede libero
Giuseppe De Vivo, Castel San Giorgio
Maria Evilina Di Nosse, Nocera Superiore
Cesare Alessandro Gonnelli, Formello Roma
Franco Spanò, Pomigliano d’Arco
Raffaele Romano, Scafati

Cronache della Campania@2018

Il pentito Nicola Schiavone torna ad accusare Cosentino:’Era sostenuto dal nostro clan’

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I rapporti tra il clan dei Casalesi e l’ex sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino sono stati al centro della lunga deposizione di Nicola Schiavone, il figlio di Sandokan diventato collaboratore di giustizia, nel corso del processo d’Appello per l’inchiesta il Principe e la Scheda Ballerina.
Schiavone si è sostanzialmente attenuto ai verbali in cui ha menzionato Cosentino in cui ha parlato del sostegno dato da Sandokan all’ex parlamentare di Casal di Principe. “A cavallo tra gli anni ’80 e ’90 Cosentino – si legge nelle dichiarazioni rese agli inquirenti – in procinto di partecipare a una competizione elettorale…chiese a mio padre di essere appoggiato dal clan. Mio padre concesse il suo appoggio, ma non ricordo se sia stato eletto o meno”. Secondo Nicola, il boss Francesco Schiavone e Cosentino si sarebbero incontrati, in presenza anche di un’altra persona.
Schiavone jr spiega anche che il clan dei Casalesi non aveva mai avuto simpatia per la Sinistra e a Cosentino, ad un certo punto del suo percorso politico, fu detto chiaramente che non avrebbe potuto avere l’appoggio del clan qualora avesse deciso di militare nelle fila di un partito di sinistra. All’epoca stava nascendo Forza Italia – ricorda Nicola Schiavone – e Cosentino abbandonò i propositi di militare nella Sinistra e aderì al nascente movimento politico di destra.
Il figlio di Sandokan parla inoltre delle elezioni provinciali del 2005, vinte contro Cosentino da Sandro De Franciscis, esponente dell’Udeur, partito fondato da Clemente Mastella in cui allora militava Nicola Ferraro, imprenditore dei rifiuti condannato per concorso esterno in camorra. In quel caso il clan Schiavone fece un’eccezione per non scontentare nè Cosentino nè Ferraro (anch’egli referente politico dei Casalesi) votando per entrambi i candidati; stessa condotta fu realizzata dal clan di Michele Zagaria, mentre il clan Russo restò “fedele” a Cosentino. Il processo è stato rinviato all’inizio di luglio per il controesame da parte dei difensori.

Cronache della Campania@2018

Salerno, 12 indagati per un corteo autorizzato contro la manifestazione della Lega

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Salerno. Deposito degli atti e avviso di garanzia per dodici persone (violazione di una norma del testo unico di pubblica sicurezza) che parteciparono ad una pacifica manifestazione contro un corteo della Lega dell’11 settembre scorso sul Lungomare di Salerno.Lo Stato schierato nella difesa della Lega, un po’ meno nella difesa del diritto di manifestare liberamente e di dissentire pubblicamente. Sono ben dodici gli indagati a Salerno “perché in concorso tra loro e in esecuzione di un medesimo disegno criminoso” parteciparono l’11 settembre scorso ad una pacifica, ma “non autorizzata” manifestazione sul Lungomare “inscenando manifestazioni di dissenso” contro un corteo organizzato dalla Lega di Salvini (“corteo regolarmente autorizzato”) scandendo “slogan ed invettive” contro gli attivisti della Lega, “senza aderire all’ordine di sciogliersi intimato dagli agenti del servizio d’ordine”.
Ai dodici manifestanti è stato notificato un provvedimento di conclusione indagine (valido come avviso di garanzia) per violazione degli articoli 110 del codice penale e dell’articolo 18 del vecchio testo unico di pubblica sicurezza.
Gli indagati sono: Lambros Andreou, Francesco Ardolino, Gennaro Avallone, Francesco Biraglia, Elisabetta D’Arienzo, Domenico De Pascale, Alberto Gentile, Danide Montefosco, Dario Novelli, Mario Senatore, Gianmarco Silvano e Matteo Zagaria.

Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Terremoto giudiziario a Camerota: in carcere due ex sindaci, ecco i 13 arrestati

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Camaerota. Si allarga il terremoto giudiziario nel Cilento. Dopo le indagini della DIA ad Agropoli e gli arresti eseguiti dai carabinieri della Compagnia di Vallo della Lucania a Torchiara, Castellabate, Cannalonga e Casal Velino; i militari della Compagnia di Sapri, guidati dal cap. Matteo Calcagnile, hanno eseguito stamane 13 misure cautelari, quattro in carcere e nove ai domiciliari.
In cella sono finiti gli ex sindaci Antonio Romano e Antonio Troccoli, Fernando Cammarano e Rosario Abbate. Ai domiciliari Antonietta Coraggio (attuale vicesindaco di Vallo della Lucania e capo dell’Ufficio Tecnico a Camerota); Ciro Troccoli, figlio dell’ex sindaco; Michele Del Duca, Giancarlo Saggiomo, Lorenzo Calicchio, Mauro Esposito, Vincenzo Bovi, Gabriele Gagliotta, Vincenzo Del Duca. Tra gli indagati figurano anche Alfonso Esposito, Lina Di Lello e Paolo Desiderio.
L’indagine, denominata ‘Kamaraton’, ha ricostruito numerosi episodi di corruzione, peculato, abuso d’ufficio, falso in atto pubblico, appalti truccati e distrazione di denaro ad opera di ex sindaci, ex assessori ed ex consiglieri comunali, accertando l’esistenza e piena operatività, in seno al comune di Camerota, di un’associazione per delinquere, dal 2012 al 2017, finalizzata alla commissione di un numero indefinito di reati contro la pubblica amministrazione e la fede pubblica, come illustrato dal procuratore capo della Procura della Repubblica di Vallo della Lucania, Antonio Ricci, nel corso della conferenza stampa di stamattina.
ANNI DI MALAFFARE SISTEMATICO
Svelati, dagli inquirenti, anni di malaffare e corruzione sistematica al municipio di Camerota. Contestate la falsificazione sistematica di voci di bilancio, l’illegittima concessione dell’appalto novennale per la riscossione dei tributi alla Soget, avvenuto secondo gli inquirenti con la promessa di assunzioni presso la medesima società di personale gradito agli amministratori in carica; l’ammissione di ditte locali prive dei requisiti, con il conseguente turbamento degli appalti e degli affidamenti diretti per la realizzazione di strade, rete fognarie, gestione dei servizi cimiteriali, refezione scolastica, pulizia dei parcheggi, gestione dell’area portuale, tinteggiatura del municipio, allestimento dei seggi elettorali, incarichi legali, ripetitori di frequenze tv, concessioni demaniali, in alcuni casi in cambio di mazzette; l’appropriazione illecita e distrazione di fondi delle società partecipate La Marina de il Leon di Caprera e La Calanca per spese e sponsorizzazioni fittizie, finanche in fondi riscossi per la Tosap, che in molti casi sono stati ‘girati’ ad ex amministratori e funzionari comunali senza motivazione; acquisto di calcestruzzo a spese dell’ente da utilizzare presso l’abitazione privata; rimborsi spesa fasulli.

Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Faceva acquisti di auto al Nord con assegni scoperti: condannato 45enne di Frattamaggiore

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 Il giudice monocratico del tribunale di Aosta, Maurizio D’Abrusco (pm Cinzia Virota) ha condannato a un anno e tre mesi di reclusione e 1.000 euro di multa Andrea Imbemba, di 45 anni, di Frattamaggiore, accusato di truffa ai danni della Ideal car srl, concessionaria di Quart, a cui dovrà inoltre risarcire circa 28 mila euro. In base alle indagini, tra il giugno e il luglio del 2014 aveva acquistato quattro auto usate per un valore complessivo di 28 mila 380 euro, consegnando a garanzia quattro assegni scoperti e con firma falsa. Un’operazione riuscita, secondo gli inquirenti, grazie ai “pregressi ottimi rapporti di conoscenza e collaborazione” con i venditori. Le auto (Peugeot 107, Peugeot 207, Peugeot 308, Opel Meriva) erano destinate a essere rivendute in altre parti d’Italia

Cronache della Campania@2018


Tribunale blindato e sgomberato per l’udienza a carico dell’ex boss pentito

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 Il gup del tribunale di Santa Maria Capua Vetere Ivana Salvatore, deciderà il prossimo 13 giugno se accogliere o meno la richiesta di rito abbreviato avanzata dalla difesa dell ex collaboratore di giustizia Salvatore Belforte dell’omonimo clan di Marcianise accusato di un delitto di lupara bianca del 91, quello di Orlando Carbone fatto uccidere a soli 20 anni dal boss dei Mazzacane. Belforte, difeso dall’avvocato Salvatore Piccolo, ha chiesto per le prossime udienze di partecipare in videoconferenza in quanto teme ancora per la sua vita. Al suo arrivo l’aula è stata fatta sgomberare mentre il boss ha aggiunto che ‘non è più pentito in quanto litigò con il pm’.

Cronache della Campania@2018

Condannati i tre fratelli contrabbandieri

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Il giudice delle udienze preliminari del tribunale di Napoli ha condannato, dopo la richiesta di rito abbreviato, la banda che si occupava del contrabbando di sigarette sulla tratta Formia-Mondragone. Quattro anni è stata la pena inflitta ai fratelli De Rosa, originari del Basso Lazio ma trasferiti sul litorale casertano dove avevano allestito la loro principale base operativa per la vendite delle sigarette illegali. Lo riporta l’AdnKronos. Tra i condannati tre fratelli Nicola Di Rosa 31 anni, Sebastiano Di Rosa, 26 anni, Antonio Di Rosa, 29nni, Faical Ghaca, 30 anni, oltre al 36enne di Arzano Nicola De Rosa e il 43enne di Casandrino Angelo Belardo. Il pm ha chiesto 10 anni di carcere per gli imputati che si trovano agli arresti domiciliari. Secondo l’ipotesi della Procura a guidare il gruppo criminale c’era il 31enne

Cronache della Campania@2018

Baby gang, condanna bis per i tre minori che accoltellarono Arturo a Napoli: nove anni e tre mesi di carcere

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Napoli. Condanna bis per i tre minori che aggredirono Arturo il 17enne napoletano che rischiò di morire sgozzato. La Corte d’Appello del Tribunale per i minori di Napoli ha condannato tre componenti della baby gang a 9 anni e tre mesi di reclusione, confermando la pena inflitta in primo grado. Arturo fu aggredito il 18 dicembre di due anni fa in via Foria mentre tornava a casa, probabilmente anche per rapinargli il cellulare che aveva in tasca. I tre furono individuati grazie alle telecamere di videosorveglianza. Finirono in carcere a Nisida un 15enne soprannominato ”o nano’ che poi ha avuto la concessione della comunità, un 17enne, figlio di un uomo che uccise uno studente nel corso di una rapina a Napoli e poi morì suicida in carcere negli anni Duemila e un terzo ragazzo di 16 anni, il primo che ha poi ammesso di aver partecipato al raid, accusando gli altri, che poi hanno confessato. Dalle indagini e dal processo è emerso che faceva parte del branco un quarto ragazzo, all’epoca 12enne, figlio di un boss del Rione Sanità. 
L’aggressione ebbe una grande eco mediatica, con iniziative di solidarietà e manifestazioni, per denunciare la violenza delle baby gang. La mamma di Arturo, Maria Luisa Iavarone, ha partecipato negli ultimi due anni a numerose iniziative.

Cronache della Campania@2018

Bambini legati in classe: condannata la maestra violenta casertana

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Condannata ad un anno e tre mesi di reclusione per maltrattamenti su minori Maria Grazia Paolella, la maestra di Cancello ed Arnone che seminava il terrore tra gli alunni delle scuole primarie del Comune cancellese.
Secondo l’accusa l’insegnante li legava sulle sedie oppure tappava loro la bocca col nastro adesivo come punizione perché ritenuti troppo vivaci. Queste sono le testimonianze delle vittime escusse nel lungo processo a carico della ‘rude’ insegnante, difesa dall’avvocato Alessandro Diana, iniziato nel 2013 dopo che i piccoli vessati dalle innumerevoli punizioni trovarono il coraggio di parlare con le loro famiglie.
Il giudice monocratico Rosaria Dello Stritto del tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha condannato Paolella ad un anno e tre mesi di reclusione con pena sospesa ed al risarcimento del danno morale ed alla refusione delle spese in favore delle costituite parti civili difese dall’avvocato Ferdinando Letizia, per un ammontare di circa 3000 euro.

Cronache della Campania@2018

Omicidio in corsia, per il perito: ‘L’infermiera è capace di intendere e volere’

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L’infermiera Anna Minchella era capace di intendere e di volere quando ha somministrato acido cloridrico a Celestino Valentino, un 76enne di Pratella ricoverato all’ospedale di Venafro dove la donna lavorava. A confermarlo é stato il perito della Procura di Isernia, Teofilo Golia, che ha illustrato i risultati della perizia oggi in Tribunale davanti al gup Arlen Picano, durante l’udienza che vede come imputata per omicidio la donna 46enne di Ciorlano. L’esame era stato depositato nello scorso febbraio. I fatti risalgono al 22 giugno del 2016. L’infermiera uccise Valentino, per vendicarsi della figlia dell’uomo che aveva conservato il suo posto da infermiera a Venafro per via dell’infermità del padre, mentre la Minchella era stata trasferita all’ospedale di Isernia. Per uccidere il 76enne la donna utilizzo’ una siringa a spruzzo per iniettargli nel cavo orale l’acido cloridrico. L’anziano fu trasferito a Isernia dove mori’ alcuni giorni dopo. La prossima udienza e’ in programma il prossimo 14 giugno.

Cronache della Campania@2018

Cure prescritte ai pazienti morti per gonfiare i compensi: indagati sei medici

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Nocera Inferiore. Sei medici finiscono a processo per falso ideologico in atto pubblico. Secondo le accuse della procura, avrebbero emesso prescrizioni sanitarie per persone decedute in un periodo antecedente. L’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Angelo Rubano, con indagini materialmente svolte dal Nucleo Speciale spesa pubblica della guardia di finanza di Salerno, contesta agli attuali imputati di aver prescritto visite specialistiche domiciliari, oltre all’emissione di referti medici che attestavano l’esecuzione delle visite, nei confronti di persone che erano già decedute.

Per prendere uno dei tanti esempi finiti in un’informativa, una donna deceduta il 25 settembre del 2010, fu indicata come beneficiaria di una visita domiciliare effettuata il 29 novembre del 2012. Le persone coinvolte sono medici di base e specialisti. Una volta chiusa l’indagine, la procura aveva emesso per tutti un decreto penale di condanna, e cioè una sanzione pecuniaria da pagare all’Erario, pari a circa 27mila euro, in ragione della tenuità dell’accusa. Una disposizione fissata poi dal gip, alla quale tutti i professionisti si erano opposti, attraverso i propri legali difensori. Questo ha portato, per legge, lo stesso gip a fissare per tutti il processo, attraverso il rito immediato. La posizione di un settimo medico, invece, è stata archiviata. La difesa, in questo caso, ha dimostrato che il paziente visitato era vivo. Il disguido era legato infatti ad un caso di omonimia. Il resto dei medici dovrà invece difendersi al processo.

Cronache della Campania@2018

Estorsione per conto dei Casalesi: a processo il gruppo De Luca legato a Iovine

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Estorsione per conto dei Casalesi: a processo il gruppo De Luca legato a Iovine. Si procederà con il rito ordinario. E’ stata rigettata l’istanza di processo con abbreviato, condizionato all’escussione delle parti offese, per Emiliano Lattanzio, 33 anni; Luigi Iorio, di 56 anni; Cesare Puocci, 58 anni di Casal di Principe; e Vincenzo Parisi, accusati a vario titolo di estorsione aggravata dall’aver favorito il clan dei Casalesi. Le loro posizioni si ricongiungeranno con quelle di Antonio Belloro, 44 anni di San Cipriano d’Aversa, che già aveva scelto il rito ordinario che si sta celebrando dinanzi al collegio presieduto dal giudice Miele del Tribunale di Napoli Nord. Nel collegio difensivo sono impegnati gli avvocati Paolo Caterino e Domenico Della Gatta.

L’inchiesta che ha coinvolto gli imputati è quella che mise in luce il ruolo di Corrado De Luca, fedelissimo del boss (oggi collaboratore di giustizia) Antonio Iovine, al vertice del clan dei Casalesi. Nei giorni scorsi di quell’inchiesta c’è stata una coda relativa alla detenzione di armi ritenute dagli inquirenti pronte all’impiego per coprire la latitanza proprio di De Luca, che ha portato all’arresto di Davide Diana e Mario Pagano.

Cronache della Campania@2018


Il pentito: ‘Mignano? Era uno del clan, gli portavo la ‘settimana’ a casa’. LE INTERCETTAZIONI SULL’OMICIDIO

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Napoli. L’agguato al rione villa del 9 aprile scorso in cui fu ucciso Luigi Mignano e passato alla storia della camorra come “l’omicidio dello zainetto” è stato un segnale ben preciso da parte del clan D’Amico-Mazzarella per affermare la loro leadership al rione Villa. L’arresto dei sette coinvolti nell’agguato compreso i due reggenti ovvero Umberto D’Amico o’ lione e Umberto Luongo ha scompaginato di nuovo le carte in tavola. Ma chi era Luigi Mignano oltre ad essere il cognato del boss Ciro Rinaldi detto maué avendone sposato la sorella Maria? Il pentito Luigi Gallo, ex Rinaldi poi passato con i D’Amico ha spiegato agli investigatori: “… fa parte del clan. Gli ho portato io la settimana a casa. E’ stato per un periodo in una Comunità a Ponticelli dove sono andato con Pagano Giovanni a trovarlo”. E quindi “l’omicidio dello zainetto” , ovvero quello del piccolo nipote della vittima immortalato dai fotografi abbandonato vicino alle aiuole poco distante dal luogo dove avevano ucciso il nonno, è stato quindi un omicidio eccellente. Il clan Rinaldi è stato colpito al cuore avendo i D’Amico eliminato un elemento della famiglia nemica. Ma come si evince dalle intercettazioni, contenute dell’ordinanza a carico di Umbero D’Amico, Umberto Luongo (ritenuti i mandanati) Ciro Rosario Terracciano (ritenuto il killer) e i fiancheggiatiori Salvatore Autiero detto Savio, Gennaro Improta, Giovanni Musella detto Giuvann ch’e lent e Giovanni Borrelli detto quagliarella, tra i familiari poteva essere una strage. I dialoghi tra i familiari di Mignano compreso il ferito Pasquale Mignano, figlio della vittima e padre del ragazzino testimoniano come che morire sia stato solo Luigi Mignano “é dipeso esclusivamente dal caso” come hanno scritto i pm che conducono l’inchiesta Antonella Fratello e Simona Rossi.

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Pasquale: .. io non ci credo ancora …

A: . .. si adesso ho capito… tua mamma.. non ci sta.. ma è riuscito a mettere il bambino in macchina? …

Pasquale: … si.. si è seduto .. io stavo girando.. stavo salendo in macchina …

A: … eh Madonna chi ha detto che sono rotti anche i vetri della macchina ..

Pasquale: …. si hanno sparato anche nella macchina ..

A: … Madonna .. anche nella macchina .. ma tu che cazzo stai dicendo ..

L: .. quello era morto anche lui …

Pasquale: .. io ero convinto che avessero colpito anche …omissis…(si riferisce al figlio)

A: .. non avevo capito questo fatto Lucia .. a che parte stava .. incomprensibile …

P: .. stava mettendo la cartella nella macchina ..

omissis

R: .. Pasquale come è stato .. poi papà e rimasto fuori dalla macchina ed hanno sparato a lui? …

P: .. ho visto venire questi qua (si riferisce agli autori dell’omicidio} .. piano piano.. chi sa chi sono questi qua.. non immaginavo mai che

R: quello sparasse … (con il braccio alzato indica il gesto) .. prima in aria .. proprio altezza uomo …

P: .. altezza uomo ..

R: .. eh voi dove stavate .. vicino alla panchina.. stava papà . . o stava scappando ..

Pasquale: .. papà ha avuto il primo colpo .. incomprensibile ..

R: .. poi sono scesi loro dal motorino ..

Pasquale: .. non lo so ..

R: .. perché papà aveva un colpo al petto .. proprio nel cuore ..

L: .. ah si ..

R: … io gli ho alzato la camicia teneva un colpo qua e poi ho spostato il giubbino un colpo qua (indica dove era stato colpito) .. sono scesi da sopra al motorino …

Cronache della Campania@2018

La segue fino in ascensore, poi la picchia e rapina di 30 euro: condannato a 7 anni di carcere

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E’ stato condannato a 7 anni e 3 mesi di carcere un 49enne di Roccapiemonte, che aggredì in ascensore e picchiò con violenza, per poi rapinare, una donna che faceva ritorno a casa. Era il 20 agosto del 2015, quando l’uomo seguì la vittima all’interno dell’ascensore condominiale. Una volta dentro, la bloccò e tentò di strapparle la borsa.
La sentenza è stata emessa dal collegio del tribunale di Nocera Inferiore. Quel giorno, la vittima provò a resistere, ma rimediò una serie di botte che le costarono quasi 10 giorni di prognosi in ospedale. Il rapinatore riuscì ad afferrare la borsa, con dentro 30 euro e un telefono cellulare. Per la vittima fu impossibile resistere, a causa dello spazio esiguo dell’ascensore. Il 49enne riuscì poi a fuggire, facendola franca. La vittima urlò con tutta la sua forza richiesta d’aiuto, ma il marito giunse troppo tardi. La denuncia fu presentata al commissariato di polizia di Cava de’ Tirreni, che avviò le indagini servendosi del sistema di videosorveglianza della strada dove era ubicato il condominio, insieme alla descrizione fornita dalla donna.

Cronache della Campania@2018

Mazzette e favori sessuali al comune di Castel Volturno, al via il processo per 28 persone

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comune.castelvolturnoCaserta. Il prossimo 21 giugno inizierà davanti al gup del foro di Santa Maria Capua Vetere l’udienza preliminare del procedimento penale che vede indagati i funzionari del comune di Castel Volturno per corruzione. Sono 28 le persone che compariranno davanti al gup Orazio Rossi. L’indagine condotta dai carabinieri di Mondragone, coordinati dalla Procura di competenza, portò lo scorso 11 gennaio all’arresto di sei persone tra cui il dirigente dell’Utc del Comune di Castel Volturno, Carmine Noviello e il dipendente Antonio Di Bona, il primo ritenuto figura centrale di un “consolidato sistema corruttivo” che per anni avrebbe caratterizzato la prassi amministrativa del comune del litorale domizio, noto soprattutto per il degrado socio-ambientale legato alla presenza di almeno 15mila immigrati clandestini. A marzo sono state chiuse le indagini, è c’è stata poi la richiesta di rinvio a giudizio della Procura. Secondo gli inquirenti, che hanno iniziato ad indagare nel 2016 sulla base della denuncia di un cittadino che aveva chiesto un’autorizzazione sismica per un complesso residenziale, Noviello e Di Bona, finiti in carcere, avrebbero ottenuto negli anni, in modo sistematico, soldi e favori per rilasciare atti e permessi; gli inquirenti hanno intercettato i due in ufficio, scoprendo che in qualche circostanza, Di Bona in particolare, si è fatto pagare “in natura”, con prestazione sessuali, anche in Comune, da persone che chiedevano il suo intervento per vicende edilizie. Tra gli indagati il Comandante della Municipale Luigi Cassandra, il maresciallo Francesco Morrone, il tecnico comunale Giuseppe Russo, e Rosario Trapanese, dirigente dell’Imat (Italian Maritime Academy Technologies), l’accademia di formazione del personale marittimo ritenuta all’avanguardia in Europa.

Cronache della Campania@2018

“Se esco di galera mi ammazzano”, il boss La Torre preferisce l’ergastolo e ritratta le accuse

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L’ex boss della camorra a Mondragone, Augusto La Torre, fa marcia indietro e ritratta le accuse per la paura di “uscire di galera e farmi ammazzare”. Le volontà dell’ex capoclan, in carcere dal 1996, sono emerse in due memorie deposita in tribunale a Napoli e finite anche alla commissione centrale del Ministero dell’Interno a Roma, che decide sulla protezione dei collaboratori. La Torre avrebbe riferito di voler ritrarre le sue dichiarazioni accusatorie “nel processo sulla strage di Pescopagano e in tutti gli altri processi in cui sono imputato e chiedo, anche, che mi sia revocato il trattamento speciale per i collaboratori”. Una retromarcia a sorpresa, col boss che ha messo nero su bianco come preferisca “scontare l’ergastolo piuttosto che uscire da galera e farmi ammazzare”. La Torre in particolare avrebbe spiegato di “non sentirsi tutelato dallo Stato”.

Cronache della Campania@2018

Camorra: estorsioni ai commercianti, arrestato Gallo ras del clan dei ‘Muzzoni’

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I Carabinieri della Stazione di Cellole, hanno dato esecuzione all’ordine di carcerazione emesso dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Napoli – Ufficio Esecuzioni Penali, nei confronti di Pasquale Gallo, 35 anni, residente a Sessa Aurunca, già ristretto ai domiciliari per altra causa, esponente del clan camorristico denominato “dei Muzzoni”, operante in Sessa Aurunca, Cellole, Carinola e comuni limitrofi. L’ordinanza scaturisce dalla partecipazione dell’arrestato al sodalizio criminale, anche attraverso più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, con le quali, nel corso del 2014 estorceva ad alcuni commercianti ed imprenditori del luogo somme di denaro.
Gallo è stato accompagnato presso la casa circondariale di S. Maria Capua Vetere, a disposizione della competente Autorità Giudiziaria.

Cronache della Campania@2018

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