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Channel: Cronaca Giudiziaria
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Mondragone, usura ed estorsioni a un imprenditore agricolo: sei condanne confermate

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In 6 erano finiti a processo per usura ed estorsione ai danni di un imprenditore agricolo di Mondragone. L’uomo, R.A., tra il 2008 e il 2009 aveva ricevuto ‘in prestito’ 10mila euro da ridare con interessi del 10%. La Procura aveva svolto delle indagini sui movimenti di denaro ritenuti illeciti, effettuati con tassi usurai, con l’aggravante “della commissione del fatto nei confronti di soggetto in stato di bisogno”. Ieri si è tenuta la sentenza definitiva e sono state condannate dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Ecco le condanne: 3 anni e 6 mesi per Italo Zona (Mondragone): 3 anni di reclusione per Costantino Scungio (Castel Volturno) e Pietro Diana (Cancello ed Arnone); 2 anni e 8 mesi le condanne chieste per Giovanni Messino.

Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018


Camorra a Soccavo: scarcerato il presunto custode della droga del clan

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Il tribunale del riesame di Napoli, ottava sezione, si è pronunciato sul primo gruppo di ricorrenti avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa ad inizio mese dal gip presso il tribunale di Napoli, dott.ssa Bardi, relativa a quelli che gli inquirenti ritengono essere i due gruppi camorristici egemoni del quartiere di Soccavo, i Vigilia, con base operativa a via Palazziello e i Sorianiello, capi della zona cosiddetta della 99. Le accuse che hanno portato in carcere circa 30 persone sono di associazione camorristica, di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, ipotesi di estorsione a danno dei commercianti della zona ed ipotesi di spaccio di stupefacenti. L’impianto accusatorio ha sostanzialmente retto, tuttavia, nell ambito dell’ associazione dedita al narcotraffico riferibile al clan Vigilia si è assistito ad una scarcerazione importante. I giudici hanno infatti annullato l’ordinanza emessa a carico di Umberto Calafiore, difeso dall’ avvocato Marco Bernardo, che era ritenuto il custode delle partite di droga per conto del clan. L’avvocato Marco Bernardo è infatti riuscito a dimostrare con accurate indagini difensive che il Giuseppe cui si faceva spesso riferimento nelle intercettazioni telefoniche poste a carico del proprio assistito, non poteva essere Giuseppe Mazzotti, quello che cioè è ritenuto il capo e promotore dell’organizzazione dedita al traffico di stupefacente. Il tribunale, pertanto, stante la incertezza degli elementi posti a suo carico, ha annullato tutti i capi accusa disponendo la scarcerazione del Calafiore.

Cronache della Campania@2018

Castellammare, il pentito Cavaliere: ‘Il clan D’Alessandro sarebbe entrato nell’affare della Cirio’

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“Ricordo di avere parlato della cosiddetta area ex Cirio sia con Carolei Paolo che con D’Alessandro Vincenzo. Carolei Paolo mi ha detto che sull’area Cirio, che si trova in via Napoli, vicino al cimitero e quindi vicino all’Annunziatella (che era la zona di Carolei), c’era una compravendita, alla quale era interessato Greco Adolfo, che lo stava cercando e che lo voleva incontrare. Carolei Paolo mi ha detto che sulla compravendita saremmo entrati anche noi del clan D ‘Alessandro”. E’ una delle rivelazioni del super pentito del clan D’Alessandro, Renato Cavaliere, il killer reo confesso del consigliere comunale del Pd di Castellammare, Gino Tommasinio. La cosca di Scanzano, da quello che sta emergendo dall’inchiesta Olimpo che da tre settimane tiene in carcere il noto imprenditore stabiese, Adolfo Greco arrestato insieme con i vertici dei quattro clan che controllano la zona stabiese in una pax mafiosa, sarebbe entrato a pieno titolo quindi nel business della ristrutturazione milionaria dell’ex area industriale a ridosso del centro di Castellammare. La Dia di Napoli, sull’affare Cirio ha aperto una inchiesta a parte che vede coinvolti anche politici locali e nazionali, oltre a funzionari pubblici, magistrati e uomini delle forze dell’ordine. Il pentito Cavaliere ha raccontato ai magistrati napoletani: “So che in passato sulla compravendita voleva  entrare anche Onorato Michele. lo ho riferito quanto mi era stato detto da Carolei Paolo a D’Alessandro Vincenzo, che ha voluto incontrare Carolei Paolo. Dopo l’incontro D’Alessandro Vincenzo mi ha detto che se la sarebbe vista Carolei Paolo. L’accordo prevedeva che noi prendessimo i soldi sulla compravendita e che poi entrassimo anche nei lavori con imprese da noi indicate. Carolei Paolo ha proposto di mandare qualcosa pure ai Cesarano per i loro detenuti. Un’altra compravendita riguardava infatti il palazzo rosso che si trovava dove c’e il Tribunale di Castellammare di Stabta,  davanti c’é una rotatoria: il palazzo era sulla sinistra prima della ferrovia e del passaggio a livello. Era un palazzo grosso, che prendeva tutta la strada. Era una struttura paragonabile all’area Cirio.  Carolei Paolo mi ha detto che si trattava di un parente dei Cesarano, ai quali certamente  non potevamo chiedere i soldi per la compravendita. Tra noi ed i Cesarano c’era infatti un patto di non belligeranza. Carolei Paolo mi ha detto che poi noi ci saremmo presi i lavori. Ricordo che D’Alessandro Michele voleva che tutti i lavori grossi a .Castallammare di Stabia venissero fatti da Ercolano Catello (che è morto), dal figlio di Ercolano e dall’ingegnere Silvestri. Io ho detto a Carolei Paolo di parlarne con D’Alessandro Vincenzo e D’Alessandro Vincenzo m t ha detto che se la sarebbe vista Carolei. Un altro lavoro riguardava la grossa struttura dell’Aranciata Faito, dove venivano prodotte la gazzosa Faito e la birra Peroni. Anche quella era una zona confinante con l’Annunziatella…”.

10. continua

Cronache della Campania@2018

Castellammare: Greco, i politici locali e le schede telefoniche intestate al fratello di un consigliere comunale

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Castellammare. Trema la politica stabiese. A far paura sarebbe il secondo filone dell’Operazione Olimpo che questa volta riguarderebbe volti noti della politica “nostrana”. A quanto risulta dai vari verbali di interrogatori da circa 20 anni ad oggi, sarebbe onnipresente nelle dichiarazioni dei pentiti il nome dell’ “amico degli amici”, Adolfo Greco. In carcere da più di 20 giorni, Greco avrebbe da sempre condizionato la società civile e la scena politica cittadina e del circondario stabiese. Le indagini dell’Operazione Olimpo, almeno a quanto si evince dai verbali, si fermano al 2016, anno in cui pare fu lo stesso Adolfo ad imporre al figlio di non candidarsi a Sindaco della città delle acque. Secondo alcune indiscrezioni il rampollo di casa Greco, reduce delle dimissioni da consigliere comunale di opposizione assieme ad altri 12 consiglieri comunali tra i quali l’attuale parlamentare Antonio Pentangelo, l’attuale Sindaco di Castellammare di Stabia, Gaetano Cimmino ed il suo Presidente del Consiglio Vincenzo Ungaro, avrebbe cercato di imporre la sua candidatura a sindaco, fino a quando in una riunione ristretta con il padre-dominus Adolfo e qualche amico della ristretta cerchia Greco gli fu imposto di non candidarsi nemmeno alla carica di consigliere: ‘Dobbiamo rimanere dietro le quinte, non dobbiamo dare nell’occhio – avrebbe motivato la scelta Adolfo al figlio Luigi’. Personaggi noti in città, oggi come allora, e personaggi che ritornano sempre nelle quasi mille pagine di verbale dell’informativa della sezione Anticrimine che ha dato il via all’operazione Olimpo. Dell’attuale amministrazione comunale stabiese non ci sarebbe nessun politico ma forse soltanto perché pare che il filone politico dell’inchiesta sia tutt’ora in corso, ma ci sono persone vicine agli attuali amministratori. E’ proprio il caso di un “fratello d’arte” che entra a pieno titolo nelle pagine dell’informativa. Si tratta del fratello di un politico molto vicino all’attuale Sindaco di Castellammare. Il fatto che lo vede coinvolto, al netto degli innumerevoli “omissis”, lo accosterebbe all’imprenditore della camorra Liberato Paturzo. Congelando l’evento, si deve tornare indietro al gennaio 2014. Alcuni indagati legati al clan D’Alessandro scoprono le microspie che gli investigatori hanno piazzato nei vari ambienti a loro usuali per poterli tenere sotto controllo e reperire informazioni utili all’indagine. Subito, gli indagati si attivano presso un delaer telefonico stabiese compiacente e complice (il suo nome è tra i 39 indagati) ma purtroppo qualcuno chiede troppe informazioni al telefono ed il dealer naturalmente sa di rischiare. Con operazioni definite fittizie, l’uomo tenta di deviare le indagini facendo due passaggi tramite operatori telefonici: il primo è quello di cambiare gestore (avrebbe pensato di non essere più intercettato, ndr) per poi cambiare anche intestatario del numero a lui in uso. Dalle indagini risulta che il nuovo intestatario del numero in uso al dealer era il fratello del politico oggi al comando di Palazzo Farnese e persona molto vicina al Sindaco Gaetano Cimmino, come del resto molto vicino a Cimmino è stato proprio il Greco (in pubblico Luigi, ma nelle retrovie e nelle riunioni “delicate” Adolfo). Le scene degli abbracci tra Luigi Greco e il sindaco Cimmino  subito dopo la vittoria elettorale sono state diffuse nei giorni scorsi sui social stabiesi.

10.continua

Cronache della Campania@2018

Napoli, aggressione ad Arturo, l’avvocato del 17enne: ‘La foto lo incastra? E’ azzardato’

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“E’ azzardato affermare che questa ulteriore fotografia, che sarebbe stata ricavata dagli investigatori, incastri definitivamente il mio assistito considerato che il minore, nei primi step dell’indagine che lo incriminava, e’ stato sottoposto ad esame antropometrico che ha dato esito negativo”. E’ quanto sottolinea, in una nota, l’avvocato Carla Maruzzelli – legale del 13enne ritenuto coinvolto nell’aggressione di Arturo, il 17enne accoltellato poco prima di Natale dello scorso anno, in via Foria a Napoli – in relazione a nuove prove che inchioderebbero il suo assistito, rese note in un articolo pubblicato oggi da Il Mattino. Nei mesi scorsi il Tribunale dei Minorenni di Napoli ha condannato tre dei quattro aggressori di Arturo. Per quanto riguarda invece il quarto aggressore, non si e’ proceduto in quanto non imputabile. Per scagionare il suo cliente, indicato come il quarto componente il branco, l’avvocato Maruzelli ha condotto indagini difensive, successivamente consegnate alla Procura dei Minori, che, sulla base di questi dati ha chiesto un supplemento investigativo. Secondo le indagini difensive, nel lasso di tempo durante il quale Arturo veniva aggredito, il 13enne era a una partita di calcio in un campo parrocchiale. “Secondo l’articolo – spiega l’avvocato del minorenne – sarebbe sconfessato da queste nuove indagini l’ alibi del ragazzino in virtu’ di una foto che incriminerebbe il minore come il quarto aggressore di Arturo. Una foto – prosegue l’avvocato Maruzzelli – in cui questa persona indosserebbe gli stessi abiti di colui che viene indicato come il quarto aggressore. Tenuto conto che la difesa viene a conoscenza dal quotidiano della conclusione di queste indagini – dice ancora Maruzzelli – non ci e’ dato capire se questa nuova foto sia capace di raffigurare il volto della persona in maniera tale da poter con assoluta certezza riconoscervi il mio assistito”. Inoltre, prosegue il legale, “non ci e’ dato capire perche’ dare evidenza al dato del vestiario quando appare ovvio che sia lo stesso raffigurato nel video, cosi’ come appare ovvio che se un accertamento tecnico abbia escluso l’identificazione con il mio assistito alla medesima conclusione ci condurra’ anche l’esame antropometrico di questa nuova foto”. “La difesa – ricorda l’avvocato difensore del ragazzino – lavora perche’ e’ di interesse primario capire se un minore di 13 anni sia o no coinvolto in questo fatto perche’ e’ un accertamento indispensabile prima di intervenire anche sul nucleo suo familiare. Spero che chi abbia svolto le indagini abbia agito con lo stesso spirito”.

Cronache della Campania@2018

Gestiva il traffico di droga lungo l’asse Rione Traiano-Caserta: scarcerato il narcos Cacace

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E’ di ieri la decisione adottata dal Tribunale della Libertà di Napoli, in merito all’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa lo scorso 13 dicembre dal G.I.P. di S.M. Capua Vetere, a carico di Raffaele Cacace, trentaseienne napoletano, che, in pianta stabile a Sessa Aurunca, aveva ideato una ‘piazza mobile’ tra la provincia di Caserta ed il Rione Traiano. Gli inquirenti, attraverso una lunga operazione di intercettazione delle conversazioni telefoniche, servizi di pedinamento e sequestri di sostanze stupefacenti sono riusciti a svelare i meccanismi di locomozione della cocaina, dell’ ‘erba’ e del ‘fumo’, dalla zona occidentale di Napoli a Sessa Aurunca. Fino, addirittura, ad ascoltare in caserma gli acquirenti degli ‘autopusher’, che ammettevano di aver comprato dosi, previa ordinazione al telefono, e con pagamento al momento della consegna o poco prima. Il Riesame partenopeo, in accoglimento delle istanze discusse dagli avvocati Marco Bernardo e Giuseppe Milazzo, ha disposto la scarcerazione del Cacace. I due difensori hanno attaccato il provvedimento cautelare, tacciandolo di incoerenza sul piano giuridico. Dunque si sono riaperte le porte di uno dei carceri più rigidi che il paese possa vantare. E il narcos ‘al volante’ potrà ora trascorrere il Capodanno con la propria famiglia.

Cronache della Campania@2018

Capodanno a casa per il pusher dei Casalesi

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Capodanno a casa per il pusher dei Casalesi. Accolta la richiesta di Micillo, che passa agli arresti domiciliari. Capodanno ‘casalingo’ per Carmine Micillo, affiliato al clan dei Casalesi, fazione Bidognetti, originario di Villa Literno e residente a Castel Volturno. Micillo è stato arrestato per associazione finalizzata allo spaccio, aggravata dal metodo mafioso, nel 2016 a Castel Volturno, e tradotto successivamente presso la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere.
L’affiliato ai Casalesi passerà quindi il Capodanno nel Comune di residenza. Il Tribunale di Napoli Nord, accogliendo la richiesta dell’avvocato di fiducia.

Cronache della Campania@2018

Castellammare, il pentito: ‘Il clan mi aveva promesso il parcheggio o il bar nella Cirio’

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Castellammare. Il rapporto tra l’imprenditore stabiese e il clan D’Alessandro dura da anni. E’ quanto emerge dall’inchiesta Olimpo che ha portato in carcere tre settimane fa lo stesso imprenditore e i vertici di tutti i clan della zona stabiese. Ne sono convinti i magistrati della Dda napoletana che hanno chiesto e ottenuto il suo arresto e lo hanno raccontato i pentiti i cui verbali sono contenuti nelle 249 pagine dell’ordinanza cautelare firmata dal gip Tommaso Parrella. Tra questi ci sono anche i racconti di Francesco Belviso, detto ciccio o’ mister, ex calciatore e cognato di Teresa Martone, la moglie del defunto padrino Michele D’Alessandro. Prima di lui si era pentito il figlio Salvatore che aveva fatto luce sull’omicidio del consigliere comunale del Pd, Gino Tommasino.

“Adolfo Greco è un grosso imprenditore che gestisce camion e si occupa dei rifornimenti ai supermercati di latte e di altri prodotti alimentari, aveva un contatto diretto con Paoluccio Carolei. Paoluccio Carolei incontrava Adolfo Greco a largo Fusco presso l’abitazione dell’imprenditore, che si trovava in un portone venti metri prima del portone di Romano Catello e quindi in via Tavernola. PAOLUCCIO CAROLEI ci ha dato un paio di tranche da cinquemila euro ciascuna provenienti da Adolfo Greco. Le due quote di cinquemila euro ciascuna sono state consegnate da Paoluccio Carolei direttamente a me. Il denaro che Paoluccio Carolei riceveva da Adolfo Greco era di importo superiore. Infatti, il denaro consegnato da Adolfo Greco veniva diviso tra D’Alessandro Vincenzo e Paoluccio Carolei e quindi quello che veniva dato a noi costituiva soltanto la parte spettante a D’Alessandro. Le consegne delle tranche di denaro provenienti da Adolfo Greco sono avvenute a fine aprile e ad inizio maggio del 2009. Adolfo Greco aveva pagato anche a Natale del 2008. È stato lo stesso Paoluccio Carolei, nel consegnare le altre quote di denaro, a dire che l’imprenditore si era già messo a disposizione a Natale. Adolfo Greco era un carissimo amico di Pasqualino D’Alessandro, fratello di Vincenzo. Adolfo Greco in passato è stato coinvolto in un blitz o in una indagine che aveva riguardato Pasqualino D’Alessandro. Adolfo Greco doveva realizzare un centro commerciale, dove c’era il Cirio, vicino al passaggio a livello di via Alcide de Gasperi. Il centro commerciale doveva essere realizzato in un’area a cento metri dal cimitero sulla sinistra andando verso i Cantieri o sulla destra venendo da Castellammare di Stabia. Si trattava di una struttura vecchia, costituita soltanto dalle mura, che doveva essere trasformata in centro commerciale. Io ho detto a D’Alessandro Vincenzo che volevo o il parcheggio o il bar del centro commerciale. Avevo già parlato del mio progetto con (…omissis…) e con il padre, dicendo che, se avessi avuto la possibilità di realizzarlo, avrei intestato tutto proprio a (…omissis…) D’Alessandro Vincenzo ha acconsentito alla mia richiesta e mi ha detto di parlare del mio progetto a Paoluccio Carolei. Io ho saputo che Adolfo Greco voleva realizzare il centro commerciale da Paoluccio Carolei. Infatti, Carolei, in una occasione in cui mi ha portato una delle tranche di denaro provenienti da Adolfo Greco, mi ha detto che l’imprenditore in quel momento non aveva molto denaro proprio perché stava realizzando quel progetto. Paoluccio Carolei mi ha anche riferito che Adolfo Greco gli aveva detto che, una volta iniziata l’attività, per la quale era ancora in attesa delle autorizzazioni del Sindaco, non c’erano problemi. Al parcheggio del centro commerciale era interessato anche Pasquale Pellicchione, il quale utilizzava quell’area, sita nei pressi del cimitero, come parcheggio in occasione della festa dei morti e in occasione della feste dei Santi. Dopo avere ricevuto l’autorizzazione da D’Alessandro Vincenzo ho parlato del mio progetto con Paoluccio Carolei, il quale mi ha fatto sapere che non c’erano problemi. Il mio progetto non ha avuto seguito perché sono stato arrestato. So che grazie alla sua amicizia con Pasqualino D’Alessandro, Adolfo Greco aveva il monopolio della distribuzione del latte e degli altri prodotti alimentari ai supermercati di Castellammare di Stabia. Ciò da molti e molti anni…”.
11.continua

Cronache della Campania@2018


Camorra: si consegnano al carcere di Secondigliano tre dei sette ‘latitanti’ del clan Rinaldi

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Napoli. Si sono consegnati al carcere di Secondigliano nella giornata di ieri tre dei sette ricercati del clan Rinaldi del rione Villa di San Giovanni a Teduccio per scontare la loro condanna definitiva per estorsione aggravata. Si tratta di Pasquale Rinaldi (fratello del boss Ciro detto “Mauè” anch’egli latitante ma per il duplice omicidio Cepparulo-Colonna), Ciro Rinaldi nato nel 1975 (cugino omonimo del boss) e Giovanni Nocerino detto “Celentano”. Insieme con altri 4 complici erano  stati condannati per estorsione aggravata a un imprenditore di Ercolano, la cui sentenza è diventata definitiva dopo la pronuncia della Cassazione lo scorso 15 dicembre. Risultano ancora uccel di bosco i fratelli Ciro e Sergio Grassia detto Sergiolino, Raffaele Oliviero “o pop” e Raffaele Maddaluno “nzalatella”.  I sette condannati in via definitiva, come ricorda Il Roma, furono coinvolti nell’inchiesta che nel 2011 portò dietro le sbarre 32 esponenti della camorra orientale di Napoli e del centro per estorsione aggravata dal metodo mafioso nei confronti dell’imprenditore di Ercolano, impegnato in lavori importanti a San Giovanni a Teduccio, finito nella morsa di 5 clan, il quale esausto per le continue pressioni si trasformò in detective. Con microtelecamere e registratore, documentò le richieste di tangenti e in 28 finirono dietro le sbarre: tutti appartenenti ai clan Mazzarella, Formicola, Rinaldi, Altamura e Contini.

Cronache della Campania@2018

Niente telecamere Rai al processo contro i presunti stupratori di Meta

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Non ci saranno le telecamere ne del programma Rai ‘Un giorno in Pretura’ ne di altri canali televisivi alla prima vera udienza prevista per il 17 gennaio del processo a carico della banda di stupratori di Meta accusati di violenza sessuale di gruppo ai danni di una turista inglese. Le udienze saranno però pubbliche anche se si tratta di un caso di violenza sessuale ma essendo tutti i protagonisti maggiorenni i giudici hanno acconsentito alla partecipazione del pubblico. Alla sbarra ci saranno Fabio De Virgilio, Antonino Miniero, Gennaro Davide Gargiulo, Francesco Ciro D’Antonio e Raffaele Regio, i cinque ex dipendenti dell’Hotel Alimuri di Meta (estraneo alla vicenda) accusati di avere narcotizzato e violentato una turista inglese ospite dell’albergo insieme con la figlia la notte tra il 6 e il 7 ottobre 2016. I cinque sono agli arresti domiciliari dal 25 ottobre scorso dopo cinque mesi trascorsi in carcere. Nell’udienza del 17 gennaio saranno ascoltati il rappresentante del tour operator al quale la turista britannica confidò l’aggressione, la figlia della donna e i poliziotti di Sorrento che hanno svolto le indagini. Un processo che promette grande attenzione mediatico ma anche probabili colpi di scena da parte degli avvocati della difesa pronti a respingere le accuse della donna.

 

Cronache della Campania@2018

Donna sommersa dalle formiche in ospedale, la Procura di Napoli dispone l’autopsia

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Si terra’ mercoledi’ 9 gennaio, su disposizione della Procura della Repubblica di Napoli, l’autopsia della 70enne dello Sri Lanka, Thilakawathie Dissianayake, morta il 29 dicembre all’Ospedale del Mare. La donna fu presa d’assalto dalle formiche nel novembre scorso, mentre era ricoverata nel reparto di medicina generale di un altro ospedale napoletano, il “San Giovanni Bosco”. Nei giorni scorsi la Procura, in seguito alla denuncia presentata dall’avvocato Hilarry Sedu, che assiste la figlia della donna, ha aperto un fascicolo per abbandono di incapace e lesioni, conferendo poi l’incarico per l’esame autoptico. La 70enne, dopo il “caso formiche”, rimase nello stesso reparto del San Giovanni Bosco, ma per l’aggravarsi delle condizioni di salute fu poi trasferita il 21 dicembre scorso all’ospedale del Mare. Nella denuncia, l’avvocato Sedu ha chiesto alla Procura di accertare se il peggioramento delle condizioni della 70enne fosse dipeso “dalla mancanza di cure, che hanno provocato nella donna – spiega il legale – piaghe da decubito profondissime che le hanno leso la cute e la carne fino a quasi intravedere le ossa”.

Cronache della Campania@2018

Castellammare, inchiesta Olimpo: il deputato Carlo Sarro sentito dalla Dda

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E’ stato ascoltato ieri dal pm della Dda di Napoli, Giuseppe Cimmarotta ‘come persona informata dei fatti’ il deputato di Forza Italia, Carlo Sarro il cui nome compare nell’informativa di oltre 800 pagine allegata all’inchiesta Olimpo che il mese scorso ha portato in carcere il noto imprenditore di Castellammare Adolfo Greco ( di cui Sarro è stato anche il legale per alcune vicende amministrative) e i vertici dei quattro clan che controllano il malaffare nella zona stabiese e dei Monti Lattari. Nell’informativa si fanno anche i nomi del parlamentare Antonio Pentangelo di Forza Italia e del senatore Luigi Cesaro in relazione al mega affare della riconversione dell’ex area industriale della Cirio ma anche degli ex deputati Antonio Milo e Antimo Cesaro, dell’ex assessore regionale Pasquale Sommese e dell’ex vice sindaco del Pd di castellammare, Nicola Corrado. Nessuno risulta indagato al momento nell’inchiesta in cui figurano 39 persone indagate appunto e tra queste anche il figlio di Greco, Luigi ex consigliere comunale di Scelta Civica a sostegno del candidato sindaco sconfitto Antonio Pentangelo.  La Dda, come anticipa l’edizione napoletana di Repubblica, potrebbe sentire nei prossimi giorni anche gli altri politici i cui nomi compaiono nell’informativa. Intanto sempre la Dda ha trasmesso alla Procura di Torre Annunziata tutti gli atti dell’inchiesta relativi all’iter amministrativo seguito dall’ex Provincia di Napoli, ora Città Metropolitana, al cui vertice figurava Antonio Pentangelo per l’approvazione della riqualificazione sull’ex area Cirio che nelle intenzioni dell’imprenditore Adolfo Greco e dei suoi soci sarebbe dovuta diventare una mega area edificabile con centinaia di appartamenti ma anche con uffici, galleria commerciale, piazze e parcheggi.

Cronache della Campania@2018

Camorra, la Cassazione dice no alla revisione per l’omicidio della vittima innocente Gelsomina Verde

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Non ci sara’ nessuna revisione della condanna all’ergastolo per Ugo De Lucia, il killer della camorra accusato di aver ucciso Gelsomina Verde, la ragazza napoletana di 22 anni torturata e bruciata nel 2004 nell’ambito delle violenze della ‘faida’ di Scampia tra gli ‘scissionisti’ e il clan Di Lauro in lotta per il predominio nello spaccio. Lo ha deciso la Cassazione che ha dichiarato inammissibile il ricorso con il quale De Lucia sosteneva che ‘pentiti’, non meglio identificati, lo scagionerebbero. Gelsomina venne seviziata per costringerla a rivelare il nascondiglio di Enzo Notturno degli ‘scissionisti’. La ragazza non era in grado di fornire notizie: fu uccisa a colpi di pistola e bruciata nella sua auto. Per gli ‘ermellini’, il killer non ha “alcun documento o atto che possa richiamarsi al concetto di ‘prova nuova’ limitandosi a lamentare l’esistenza di mere asserzioni prive di qualsiasi sostegno”. Confermata l’ordinanza della Corte di Appello di Roma che il 31 maggio 2018 aveva detto ‘no’ alla revisione della condanna emessa dalla Corte di Appello di Napoli il 19 aprile 2007.

Cronache della Campania@2018

Clan dei Casalesi: dissequestrati 50 milioni di euro all’imprenditore Sagliocchi. Pentiti non attendibili

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“Finale” a sorpresa nell’inchiesta ai danni dell’imprenditore di Villa Literno, Michele Patrizio Sagliocchi. Il tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha infatti respinto la misura di prevenzione personale che era stata richiesta dalla Procura (4 anni di sorveglianza speciale) ma soprattutto ha dissequestrato il tesoro da circa 50 milioni di euro che era stato posto sotto chiave. Le dichiarazioni di una decina di pentiti del clan dei Casalesi non sono state ritenute sufficienti dai giudici sammaritani per confermare il sequestro del patrimonio dell’imprenditore (difeso dall’avvocato Giovanni Cantelli) accusato di essere “colluso” con la fazione di Michele Zagaria.
Un patrimonio di 50 milioni di euro era stato sequestrato dalla Guardia di Finanza di Latina ad un imprenditore di Villa Literno, Michele Patrizio Sagliocchi, operativo nel settore petrolifero e immobiliare considerato vicino al clan dei Casalesi. Sagliocchi per oltre un ventennio avrebbe intrattenuto, secondo gli inquirenti, relazioni stabili e continuative con la criminalità organizzata campana, considerato come dominus di numerose attività imprenditoriali.
In tal senso le dichiarazioni plurime di 10 collaboratori di giustizia tra cui Iovine lo vedevano collegato con esponenti del Clan dei Casalesi facenti capo a Michele Zagaria ed alla famiglia Bidognetti, ai quali ha corrisposto, secondo quanto era stato accertato dalle Fiamme Gialle, a piu’ riprese ingenti somme di denaro attraverso il cambio di assegni che gli veniva richiesto di volta in volta, una sorta di interazione paritetica tra Sagliocchi e la consorteria criminale che si traduceva in favori e protezioni. Un giro di assegni, quello dell’imprenditore, che aveva insospettito gli inquirenti con denaro “in nero” utilizzato anche per operazioni immobiliari molto ingenti. Nell’operazione di polizia giudiziaria erano state approfondite anche una serie di segnalazioni per operazioni sospette previste dalla normativa antiriciclaggio nelle quali erano state evidenziate numerose anomalie su movimentazioni finanziarie risultate prive di qualsiasi giustificazione. Il provvedimento del Collegio per l’applicazione delle Misure di prevenzione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (CE), che era stato emesso a conclusione delle indagini effettuate dalla Guardia di Finanza di Latina coordinate dal Procuratore Aggiunto Giuseppe Borrelli e dal Sostituto Procuratore Giovanni Conzo della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, vedeva coinvolti anche la moglie ed i figli di Sagliocchi, nonche’ quattro amministratori di societa’ collegati all’imprenditore casertano. L’operazione di polizia giudiziaria che era stata effettuata dal Gruppo di Formia aveva consentito di sottoporre a misura ablativa l’intero patrimonio riconducibile Sagliocchi ed al proprio nucleo familiare, composto da disponibilita’ finanziarie per circa 8 milioni di euro costituite da conti correnti bancari, conti postali, libretti di deposito, titoli e rapporti assicurativi, un’imbarcazione di lusso, 14 automezzi e l’intero patrimonio societario delle societa’: Ctp Petroli srl – Ctp Immobiliare srl – Immobiliare San Carlo Caserta srl – V. & G. Energy srl – Full Petrol srl – Auto Petrol srl unipersonale – Posillipo petroli srl – La Marinara srl – Sa.Mi. Trasporti srl – Blue Energy srl, tutte attive nelle province di Napoli e Caserta. Le attività economiche venivano svolte sia nel settore immobiliare che nel settore del commercio all’ingrosso ed al dettaglio di prodotti petroliferi con la gestione di un deposito di carburanti e tre impianti di distribuzione stradale. I militari avevano inoltre proceduto al sequestro di quote societarie per partecipazioni in sei società operanti nei medesimi settori economici presenti nelle province di Napoli, Caserta e Benevento, nonché’ di una società con sede a Malta svolgente l’attività di locazioni immobiliari. Erano stati inoltre sottoposti a sequestro 123 beni immobili, terreni e fabbricati, ubicati nelle città e province di Napoli, Caserta, Roma e Latina. In particolare nel sud pontino a Formia era stato eseguito il sequestro di un fabbricato acquistato ad un’asta fallimentare, per un valore di circa 600mila euro, dalla Ctp Immobiliare srl e contestualmente lasciato in locazione ad un centro medico diagnostico, mentre a Roma erano state sequestrate tre unità immobiliari site in Trastevere.
Tra gli immobili che erano oggetto di misura patrimoniale anche fabbricati di pregio quali l’intera struttura del Cinema Posillipo di Napoli, nonché’ il Palazzo Alois di Caserta e il nuovo parcheggio in Via San Carlo a Caserta. Complessivamente la misura di prevenzione patrimoniale aveva colpito beni patrimoniali per un valore di circa 50 milioni di euro.

 Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Donna ricoperta di formiche morta in ospedale a Napoli, si ipotizza omicidio colposo

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La Procura di Napoli indaga per omicidio colposo in relazione alla vicenda della 70enne dello Sri Lanka, Thilakawathie Dissianayake, morta il 29 dicembre all’Ospedale del Mare. E’ stato il legale della donna, Hilarry Sedu, a presentare denuncia alla Procura quando la donna era ancora in vita, lamentando una presunta “mancanza di cure”; l’ufficio inquirente ha cosi’ aperto un fascicolo per i reati di abbandono di incapace e lesioni, ma la morte della cingalese ha poi cambiato le cose. Sedu ha chiesto alla Procura di sequestrare la salma e disporre autopsia, e i pm hanno modificato l’imputazione in omicidio colposo. La donna fu sommersa dalle formiche nel novembre scorso, mentre era ricoverata nel reparto di medicina generale di un altro ospedale napoletano, il “San Giovanni Bosco”; qui vi rimase fino a quando le sue condizioni non peggiorarono irreversibilmente, tanto da essere poi trasferita all’ospedale del Mare, dove e’ deceduta di recente.

Cronache della Campania@2018


Abuso ufficio, chiesto processo procuratore Corte Conti Campania

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Per il procuratore regionale della Corte dei Conti della Campania, Michele oricchio, e’ stato chiesto il processo con l’accusa di abuso di ufficio in relazione a sue presunte interferenze in un processo tributario. L’inchiesta del dicembre 2017 ruota intorno alla figura di Mario Pagano, ex giudice della II sezione civile del Tribunale di Salerno. Pagano aveva messo in piedi un sistema per pilotare processi in favore di amici e conoscenti in cambio di denaro e favori. L’udienza preliminare di questa tranche d’indagine principale e’ fissata per il prossimo 11 gennaio; quella in cui sono imputati Pagano e Oricchio, invece, si terra’ dieci giorni dopo, il 21 gennaio; la posizione dei due e’ stata infatti stralciata dai pm titolari del fascicolo, Ida Frongillo e Celeste Carrano. Il nome di Oricchio compariva nell’ordinanza di custodia cautelare emessa poco piu’ di un anno fa dal gip Luisa Toscano nei confronti di Mario Pagano e di altre sei persone. Le conversazioni intercettate tra Pagano e Oricchio, scriveva il gip, “evidenziano che Pagano interveniva sulle decisioni della Commissione tributaria mediante illecita interferenza nell’assegnazione delle cause grazie all’amicizia con il presidente della Commissione tributaria, Michele Oricchio, con il quale era solito scambiarsi favori. Tra Oricchio e Pagano sono stati accertati contatti che dimostrano una consuetudine di rapporti caratterizzati dal reciproco aiuto nell’illecita attivita’ di condizionamento delle decisioni giudiziarie in favore di persone amiche. Lo stretto rapporto esistente tra i due emerge chiaramente dal tenore dei messaggi, dai quali si evince un continuo scambio di richieste di illecite interferenze tra i due soggetti”. Michele Oricchio, contattato telefonicamente dall’Agi ha preferito non anticipare la sua linea difensiva.

Cronache della Campania@2018

Travolto e ucciso, datore di lavoro del fuggitivo costrinse altro dipendente ad autoaccusarsi

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Investì e uccise un uomo, poi fuggì. Per aiutarlo il suo datore di lavoro avrebbe spinto uno dei suoi dipendenti dai carabi­nieri per autoaccusarsi dell’in­cidente: alla fine probabilmente si potrà final­mente inchiodare l’autore, quello vero, alle sue responsa­bilità. Il caso è quello della morte di Michele Cavallaro, 68enne di Pagani morto a San Marzano sul Samo, il 12 ottobre 2012. A processo ora cinque persone, il giudice ha ascoltato la testimonianza della Polizia municipale che quel giorno in­tervenne. I caschi bianchi hanno affermato di aver tro­vato all’interno del camion un borsello, con dentro la carta d’identità e il telefono cellulare dell’uomo che guidava il ca­mion. Le indagini ricostrui­rono, invece, che alla caserma dei carabinieri si era presen­tato un autotrasportatore, che dichiarò di essere il responsa­bile della morte del 68enne. E le cui generalità non combacia­vano con quelle trovate all’in­terno del camion. Le accuse sono, oltre che di omicidio col­poso e omissione di soccorso, anche di favoreggiamento e ca­lunnia per gli altri indagati.

Cronache della Campania@2018

‘Vigliacco e riprovevole’: per i giudici il pizzaiolo di Torre del Greco che uccise la moglie non agì ‘con animo freddo’

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Non ha agito “con animo freddo” il pizzaiolo Antonio Ascione, quando la mattina del 23 luglio 2017, a Musile di Piave in provincia di Venezia, ha ucciso l’ex moglie Mariarca Mennella, ma trascinato da “una sorta di delirio” per avere letto dei messaggi WhatsApp tra Mariarca e il suo nuovo partner. Sono state depositate le motivazioni della sentenza con la quale Ascione, lo scorso 4 ottobre, e’ stato condannato a venti anni di reclusione (in virtu’ del rito abbreviato) per l’assassinio della ex moglie 38enne Maria Archetta Mennella. Un verdetto che sarebbe potuto essere molto piu’ pesante se la legge sull’inapplicabilita’ dell’abbreviato ai delitti puniti con l’ergastolo, approvata lo scorso novembre, non fosse giunta troppo tardi. La donna, di origini campane come l’ex marito, si era trasferita al Nord per trovare lavoro e per allontanarsi dal consorte. Ma li’ e’ stata raggiunta e poi assassinata. Nelle motivazioni il giudice del Tribunale di Venezia Massimo Vicinanza usa toni durissimi: Ascione “ha provocato volontariamente la morte della moglie” che e’ stata colpita da numerose coltellate “quand’era ancora a letto, all’interno della sua camera, nelle prime ore del mattino, intorno alle 7, pochi minuti dopo essersi svegliata”. E ancora: “Ascione ha colpito la povera Mennella in modo a dir poco vigliacco…se l’azione delittuosa e’ stata caratterizzata dalla vilta’, il comportamento successivo (l’invio di una lettera alla figlia con il pin del telefono della madre per consentire alla 15enne di controllare la nuova relazione della madre, ndr) si connota per riprovevolezza non solo morale, perche’ incide anche sul danno che gia’ era stato provocato ai figli”. A pesare sul verdetto e’ stato il fondamentale mancato riconoscimento di due aggravanti: i futili motivi e la premeditazione. La famiglia della donna, difesa dall’avvocato di parte civile Alberto Berardi in collaborazione con lo Studio 3A, si e’ sempre lamentata dell’inadeguatezza della pena. “Il nostro sistema giuridico – hanno commentato i familiari della vittima – tutela in modo sproporzionato i colpevoli e troppo poco le vittime e i loro familiari. E’ un sistema che spinge a farsi giustizia da soli”. “Parlero’ con il pm – annuncia l’avvocato della famiglia Mennella Alberto Berardi – per capire se ha intenzione e se vi siano i margini per impugnare la sentenza, che sicuramente sara’ impugnata in sede civile”.

Cronache della Campania@2018

Inchiesta “The Queen”: tutti rinviati a giudizio. Turbativa d’asta e concorso esterno in associazione camorristica

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“The Queen”, È questa la decisione del giudice per le udienze preliminari Comella del tribunale di Napoli per la richiesta di rinvio a giudizio a carico degli indagati dell’inchiesta “The Queen”. Al termine dell’audizione degli imputati, il giudice ha emesso il decreto di rinvio a giudizio così come era stato richiesto dal pubblico ministero. L’inchiesta coinvolte 45 persone. Tra gli imputati, l’ex consigliere regionale Pasquale Sommese, gli ex sindaci di Alife Giuseppe Avecone, di Riardo Nicola D’Ovidio, l’attuale sindaco di Aversa Enrico de Cristofaro. Gli imputati sono accusati, a vario titolo, di corruzione, turbativa d’asta e concorso esterno in associazione camorristica (solo per alcuni indagati). Tutta l’indagine ruota attorno all’ingegnere napoletano Guglielmo La Regina da cui ha preso il nome l’operazione. Sotto la lente della Dda di Napoli sono finte alcuni appalti che i colletti bianchi avrebbero truccato per favorire imprese della famiglia Zagaria del clan dei Casalesi.
Gli imputati
Claudio Accarino, 22 anni, Alife
Pasquale Amato, 63 anni, Comiziano
Francesco Ambrosio, 52 anni, San Giuseppe Vesuviano
Michele Apicella, 67 anni, Napoli
Giuseppe Avecone, 51 anni, Alife
Aldo Aveta, 69 anni, Napoli
Claudio Borrelli, 71 anni, Napoli
Ferdinando Bosco, 65 anni, Casapulla
Antonio Bretto, 42 anni, Casal di Principe
Vito Cappiello, 70 anni, Napoli
Luigi Conte, 69 anni, Salerno
Carlo Coppola, 64 anni, Napoli
Claudio D’Alessio, 56 anni, Pompei
Andrea D’Aniello, 34 anni, Gricignano
Nicola D’Ovidio, 50 anni, Telese Terme
Claudio De Biasio, 53 anni, Napoli
Enrico De Cristofaro, 63 anni, Aversa
Luciano Di Fraia, 64 anni, Napoli
Loredana Di Giovanni, 46 anni, Napoli
Rino Dimola, 48 anni, Aversa
Pasquale Garofalo, 43 anni, Aversa
Francesco La Regina, 78 anni, Napoli
Guglielmo La Regina, 40 anni, Napoli
Vincenzo Manocchio, 73 anni, Napoli
Daniele Marrama, 43 anni, Napoli
Mario Martinelli, 53 anni, San Cipriano
Salvatore Mazzocchi, 73 anni, Nola
Raffaele Meo, 47 anni, Nola
Andrea Nunziata, 49 anni, Nola
Mario Palermo Cerrone, 40 anni, Napoli
Umberto Perillo, 48 anni, Napoli
Carlo Antonio Piccirillo, 39 anni, Portico
Raffaele Piccolo, 55 anni, Casapesenna,
Domenico Antonio Ranauro, 68 anni, Cannalonga,
Corrado Romano, 53 anni, Pettorano sul Gizio
Antonio Sommese, 48 anni, Nola
Pasquale Sommese, 61 anni, Cimitile
Vincenzo Sposito, 59 anni, Maddaloni
Sergio Stenti, 71 anni, Napoli
Raffaele Testa, 54 anni, Pastorano
Gabriele Venditti, 61 anni, Alife
Salvatore Visone, 56 anni, Avellino
Alessandro Zagaria, 31 anni, Casapesenna
Raffaele Zoccolillo, 53 anni, Piedimonte

Cronache della Campania@2018

Bidelli campani in Veneto: primo licenziamento in provincia di Venezia, l’inchiesta si allarga

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In Veneto si allarga l’inchiesta sui bidelli campani con falsi diplomi: un primo licenziamento c’e’ gia’ stato pochi giorni fa in una scuola di Portogruaro, in provincia di Venezia, ma le indagini si stanno estendendo a tutti quelli in graduatoria o gia’ operativi nelle scuole della regione. Il caso e’ scoppiato lo scorso dicembre dopo la segnalazione di una scuola di Garda, nel Veronese, che ha ipotizzato alcune irregolarita’ relative a diversi posti da bidelli. In particolare, numerosi collaboratori scolastici di provenienza campana vantavano di essersi diplomati con il massimo dei voti e di avere maturato precedenti esperienze, ma senza alcun attestato per dimostrarlo. Ora anche una scuola dell’altopiano di Asiago (Vicenza) avrebbe sollevato il caso di un bidello diplomato con il massimo dei voti, fratello di un altro bidello impiegato nel vicentino e diplomato anche lui con 100. A Bassano del Grappa (Vicenza) invece un istituto scolastico avrebbe escluso dalle graduatorie due persone dopo che queste non erano state in grado di produrre della documentazione differente da una autocertificazione. “Molte scuole si stanno muovendo in autonomia – ha spiegato all’Agi l’assessore alle Politiche scolastiche della Regione Veneto Elena Donazzan – chiedendo all’Inps di verificare le esperienze lavorative precedenti dei soggetti in questione: di certo se si tratta di frutta, anche nel caso ci siano degli istituti compiacenti pronti a mentire sulle loro precedenti esperienze, appare difficile da credere che queste abbiano anche versato i contributi lavorativi”. Nel frattempo con la ripresa dell’attivita’ degli istituti scolastici riprende anche il dialogo avviato tra l’Ufficio scolastico del Veneto e quello della Campania, regione di provenienza di quasi tutte le circa 100 posizioni lavorative dubbie. Si parla in particolare di scuole-fantasma nella’rea di Napoli in cui tra il 2011 e il 2013 si sarebbero diplomate con il massimo dei voti persone che non frequentavano le lezioni. “E’ mio intendimento proseguire con la collaborazione con la Regione Campania per verificare se, dopo l’uscita della notizia, stiano emergendo altre segnalazioni – ha continuato l’assessore Donazzan – e proseguire lo stretto confronto con l’Ufficio scolastico del Veneto. Come assessore al Lavoro, oltre che all’Istruzione, mi impegnero’ anche per coinvolgere il direttore regionale dell’Inps affinche’ vengano messe a disposizione tempestivamente tutte le banche dati esistenti”.

Cronache della Campania@2018

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