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Channel: Cronaca Giudiziaria
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Ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa: chiesti 2 anni e 2 mesi di carcere per 16 medici

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Aversa. Pazienti maltrattati e “sequestrati” all’OPG di Aversa. Il PM chiede 2 anni e 2 mesi di carcere per tutti i medici imputati, ben 16 persone. È terminata ieri la requisitoria del Pubblico Ministero, dinanzi al Giudice dott. Orazio Rossi del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, a carico di 16 tra Medici Psichiatri e Medici di Guardia dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario (OPG) di Aversa. Per tutti, senza alcuna distinzione, la dott.ssa Ida Capone, ha avanzato la stessa richiesta di condanna: 2 anni e 2 mesi di carcere ciascuno, senza la sospensione condizionale della pena.
Oltre a Direttore Sanitario Ferraro sono imputati i medici: Diana, Pisauro, Nugnes, Borrelli, Andriani, Iaccarino, Principe, Pommella, Signoriello, Vassallo, Di Tommaso, Ruocco, Petrosino, Cristiano, Zagaria, Cappiello. Sono accusati tutti dei reati di maltrattamento e di sequestro di persona ai danni di 27 ex internati nella struttura. I fatti contestati risalgono al periodo 2006-2011. Secondo il Pubblico Ministero le vittime, alcune costituite parti civili, sarebbero state costrette a restare a letto per un periodo superiore a quello consentito e qualcuno sarebbe addirittura rimasto fermo nel letto per diversi giorni senza che alcuno si prendesse cura di loro. Questa richiesta di condanna è stata basata su testimonianze acquisite, su consulenze tecniche e prove documentali e partì da una interrogazione parlamentare del senatore Ignazio Marino cui segui una ispezione ministeriale e poi una inchiesta giudiziaria.
L’Opg di Aversa, come gli altri ospedali giudiziari non è più operativo da oltre tre anni e con legge dello Stato le sue competenze sono state trasferite alle Residenze per le Misure di Sicurezza (Rems) della Regione Campania.

Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018


Carcere duro per il boss Luigi Moccia, per i pentiti dava ordini dalla cella

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Su richiesta della Dda di Napoli, a quanto si apprende, e’ stato applicato il 41 bis, il cosiddetto “carcere duro”, a Luigi Moccia, ritenuto ai vertici dell’omonimo clan operante nel Napoletano. Moccia e’ stato arrestato lo scorso 23 gennaio con l’accusa di associazione mafiosa in un maxi blitz che ha azzerato l’intero vertice della cosca che controlla gli affari illeciti nei comuni a  Nord di Napoli con 45 arresti e tra questi anche due poliziotti infedeli. Gli investigatori hanno ricostruito il gruppo di vertice del clan, tra i quali Luigi e Teresa Moccia, Filippo Iazzetta e Anna Mazza,la ‘vedova della camorra’, morta negli anni scorsi.
Le accuse contestate vanno dall’associazione mafiosa, alla detenzione di armi comuni e da guerra, estorsioni e riciclaggio di ingenti somme di denaro. L’organizzazione e’ attiva da anni nei territori dei comuni di Afragola, Casoria, Arzano, Frattamaggiore, Frattaminore, Cardito, Crispano, Caivano e Acerra e in alcune citta’ del Lazio. Le indagini, che si sono avvalse del contributo di collaboratori di giustizia, si basano anche su intercettazioni di colloqui in carcere che hanno portato al sequestro di manoscritti con cui i detenuti del clan comunicavano con l’esterno. Gli inquirenti hanno ricostruito, oltre al gruppo di vertice, anche quello dei cosiddetti ‘senatori’ indicati come ‘affidatari delle direttive’: Salvatore Caputo (deceduto), Domenico Liberti, Maria Luongo, Pasquale Puzio e Antonio Senese. Le indagini hanno portato alla luce i profondi contrasti esistenti tra alcuni dei cosiddetti senatori, ed hanno evidenziato il ruolo di primo piano assunto da Modestino Pellino, sorvegliato speciale domiciliato a Nettuno (Roma) e ucciso il 24 luglio 2012, subordinato solo a quello del capo indiscusso dell’associazione Luigi Moccia, gia’ sottoposto a liberta’ vigilata a Roma, dove aveva da tempo trasferito i propri interessi. Sono state ricostruite – sottolineano gli investigatori – la piu’ recente conformazione del clan Moccia, le responsabilita’ del suo vertice assoluto, dei dirigenti e dei relativi referenti sul territorio, le modalita’ di comunicazione tra gli affiliati, anche detenuti, la capillare attivita’ estorsiva, l’imposizione delle forniture per commesse pubbliche e private, la ripartizione tra i sodali, liberi e detenuti, dei profitti illeciti, e le infiltrazioni del sodalizio negli apparati investigativi.

Cronache della Campania@2018

Sequestro da un milione di euro al “professore” affiliato al clan Belforte

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Personale della Divisione Anticrimine della Questura di Caserta e del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Caserta ha dato esecuzione al decreto di sequestro di prevenzione emesso dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere  – Sezione per l’applicazione di misure di prevenzione, su proposta avanzata dal Sig. Questore di Caserta, nei confronti di TROMBETTA Roberto, nato a Casagiove il 18 settembre 1964, (allo stato detenuto), già di professione insegnante, ritenuto appartenente alla consorteria criminale attiva nell’area di Marcianise e zone limitrofe, denominata clan Belforte o Mazzacane. In particolare, con il provvedimento anzidetto è stato disposto il sequestro di sei fabbricati, siti in Marcianise , nonché di diversi rapporti finanziari, nella disponibilità del TROMBETTA e del suo nucleo familiare, per un valore complessivo di oltre 1 milione di euro. L’esecuzione del sequestro dei beni rappresenta l’epilogo della complessa e articolata attività investigativa che ha permesso di ricostruire gli asset patrimoniali e finanziari nella disponibilità, diretta e indiretta (tramite i suoi familiari), del TROMBETTA, acquisiti con i proventi delle attività illecite commesse nel tempo. Infatti, il succitato è stato condannato – con sentenza del 28 febbraio 2014 – dal Tribunale di Santa Maria C.V, alla pena di anni 4 di reclusione, per estorsione continuata e aggravata dalla metodologia mafiosa e, da ultimo, raggiunto da ordinanza di custodia cautelare in carcere, in data 17 aprile 2016, per i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, in qualità di partecipe al “clan Belforte”, nonché per numerosi episodi di usura e di estorsione aggravati sempre dal metodo mafioso. Diversi sono stati i diversi collaboratori di giustizia che hanno concordemente indicato il TROMBETTA come persona che non solo era a disposizione del clan, raccoglieva tangenti e curava i rapporti con politici e imprenditori, ma che scontava assegni postdatati con il supporto del boss BELFORTE Salvatore, lucrandone una rilevante quota di interessi (pari al 3-4 % mensile). Le attività investigative svolte hanno, quindi, complessivamente dimostrato come TROMBETTA abbia tratto vantaggio, negli anni, dalla collusione con il “clan Belforte”, beneficiando di una cospicua ricchezza da ritenersi all’origine inquinata e, pertanto, sottoponibile a sequestro di prevenzione.

Cronache della Campania@2018

Camorra: il boss Scognamillo condannato a 4 anni per favoreggiamento

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Il boss Antonio Scognamillo, considerato il reggente del clan camorristico Grimaldi, attivo nella zona di Fuorigrotta, a Napoli, e’ stato condannato a quattro anni di reclusione per favoreggiamento aggravato dalle finalita’ mafiose. La sentenza e’ stata emessa dalla III sezione del tribunale, collegio C, che ha accolto la richiesta del pm Claudio Onorati. Dal dibattimento e’ emerso che Scognamillo, detto tonino ‘o parente,  uomo di fiducia del boss Ciro Grimaldi ‘o settirò, per evitare problemi giudiziari al proprio braccio destro Giovanni Artiano, aveva convinto tre affiliati al clan ad autoaccusarsi falsamente di estorsione. L’ultimo arresto di Artiano risale allo scorso quando la polizia fece irruzione in via Nerva, dove si trovava sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari in seguito all’arresto avvenuto nell’aprile dello scorso anno per possesso di una pistola e ricettazione. Così, hanno trovato e sequestrato tre pistole, tutte in perfetto stato manutentivo e riposte con cura all’interno di una cassetta di sicurezza murata all’interno di uno sgabuzzino. La cassetta era celata da un armadio, il cui fondo era stato modificato con un’anta scorrevole. Le armi, una pistola a tamburo Smith & Wesson calibro 357 magnum, una pistola marca S&B modello CZ75B calibro9luger ed una Beretta FS.9×21, e 50 cartucce di diverso calibro, sono state sequestrate.

Cronache della Campania@2018

Camorra & Politica: si aggrava la posizione del ex sindaco di Trentola

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Camorra & Politica: si aggrava la posizione del ex Sindaco di Trentola. Il Giudice ha disposto la modifica del capo di imputazione da concorso esterno in associazione mafiosa.”Michele Griffo era l’anello di congiunzione tra Michele Zagaria e Nicola Cosentino” questa è in sintesi resa da Nicola Schiavone nella dichiarazione fiume resa nel corso del processo Jambo nel delineare i rapporti tra l’ex sindaco di Trentola Ducenta e il boss dei Casalesi. Per questo il Pm della Dda Maurizio Giordano ha annunciato il cambio dell’imputazione per Griffo da concorso esterno a associazione di stampo mafioso.
L’ex sindaco di Trentola Ducenta Michele Griffo aveva un ruolo attivo all’interno del clan dei Casalesi. È quanto ha deciso il collegio presieduto dal giudice Roberto Donatiello, del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che ha accolto la modifica del capo d’imputazione. Attualmente l’ex Sindaco non è più agli arresti domiciliari ma ha solo l’obbligo di residenza fuori dalla Campania. Il giudice ha rigettato la richiesta del difensore che alla luce della modificazione del capo di imputazione aveva chiesto di aprire un nuovo procedimento.
Alla luce dei nuovi avvenimenti sono possibili nuove iniziative della Procura.

Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Pizzo & clan a Castellammare, l’Olimpo non crolla: il Riesame conferma anche l’arresto dei fratelli Carolei

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Castellammare. Regge l’inchiesta Olimpo e reggono le accuse, nonostante sia stata sollevata la questione della mancanza delle proroghe delle indagini. Il Tribunale del Riesame di Napoli ha confermato, in serata, l’ordinanza di custodia cautelare degli ultimi indagati, che si trovano in carcere, nell’inchiesta della Dda che, lo scorso 5 dicembre, ha colpito la camorra di Castellammare di Stabia e dei comuni limitrofi. I giudici della decima sezione penale, collegio B, hanno confermato, le misure cautelari nei confronti di Michele e Raffaele Carolei, fratelli del boss del clan D’Alessandro Paolo, nonché di Umberto Cuomo, ritenuto il braccio destro del boss Afeltra. La conferma del Riesame blinda l’inchiesta coordinata dalla Procura Antimafia e della Squadra Mobile di Napoli anche se in mattinata, in sede di discussione, l’avvocato Francesco Romano, che assiste i fratelli Carolei, aveva sollevato un’eccezione di nullità degli atti di indagine, sostenendo che mancassero tutti gli atti di proroga delle indagini a partire dallo scadere dei primi 12 mesi di attività investigativa. Si attende il deposito delle motivazioni del Riesame per capire come è stata superata la questione. Il Tribunale del Riesame aveva già confermato gli arresti in carcere per l’imprenditore ‘borderline’ Adolfo Greco, con agganci molto forti nel mondo della politica locale per due episodi estorsivi aggravati dalla matrice camorristica.
Nel corso della discussione di stamane l’avvocato Romano aveva sottolineato la mancanza di atti di proroga delle indagini preliminari. C’è una data spartiacque oltre la quale si sarebbe creato un vuoto, o meglio una voragine che poteva vanificare tutto quello che la Procura antimafia di Napoli ha costruito per chiedere e ottenere l’ordinanza di custodia cautelare eseguita dalla Polizia tra Castellammare, Pompei e i Monti Lattari. Quella data spartiacque è il 24 aprile del 2014 termine in cui il sostituto procuratore Claudio Siracusa avrebbe dovuto chiedere una proroga di indagine che agli atti non c’è, almeno in quelli depositati al Tribunale del Riesame che ha valutato la posizione degli indagati. A sottolineare questo vuoto era stato stamane l’avvocato di Michele e Raffaele Carolei, fratelli di Paoluccio, uomo di punta della camorra stabiese con un passato nel clan Imparato e poi da alcuni anni uomo di riferimento del clan D’Alessandro. Secondo la difesa, i reati contestati agli indagati si sono concretizzati con prove acquisite proprio nel corso del 2014, anno in cui le cimici piazzate nell’ufficio, in casa e nell’auto di Adolfo Greco, hanno cominciato a produrre conversazioni diventate poi fonti di prova di estorsioni, pagamenti e anche contatti tra il re del latte e esponenti di diverse cosche del comprensorio stabiese. Dunque, per la difesa di Carolei mancano i presupposti per provare quando accaduto, non sono valide le intercettazioni – in mancanza di proroghe – non sono validi i riscontri. Tutto nullo. La mancanza di proroghe nel fascicolo trasmesso al tribunale del Riesame aveva spinto il legale dei Carolei a chiedere al Tribunale di acquisirle, ma la Procura e il sostituto procuratore Cimmarotta che ha ereditato il fascicolo ‘rinnovandolo’ nel 2017 e dando seguito alla richiesta di custodia cautelare hanno dovuto rispondere che tutti gli atti in possesso dell’ufficio erano già stati trasmessi. Dunque, se nel fascicolo del riesame non vi è traccia di proroghe allora vuol dire che probabilmente non ci sono. Stamane, al vaglio dei giudici della libertà vi erano oltre le posizioni dei fratelli Carolei anche quelle dell’altro imprenditore coinvolto nell’inchiesta, Liberato Paturzo, dei Di Martino Antonio e Luigi e di Umberto Cuomo. Dopo la conferma della misura cautelare nei confronti di Adolfo Greco – per il quale il Tribunale ha già deciso martedì scorso, arriva anche quella per gli altri indagati. Non resta che attendere le motivazioni per capire come sia stata superata la questione delle mancanze di proroga e poi bisognerà fare ricorso in Cassazione.
Greco resta per il momento in carcere la sua posizione è aggravata anche alla luce di quanto acquisito nel corso della perquisizione effettuata il giorno dell’arresto presso la sua abitazione. Il ritrovamento dell’ingente somma di danaro – due milioni e mezzo di euro in contanti – ha aperto un nuovo fronte di inchiesta. Nei suoi confronti si potrebbero profilare altre accuse, tra i quali il riciclaggio di danaro.

Cronache della Campania@2018

Abuso d’ufficio e turbativa d’asta: a processo ex assessore del Comune di Roma e direttore del Patrimonio dopo la denuncia della Romeo Gestioni

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Il GIP presso il Tribunale di Roma d.ssa Vilma Passamonti ha disposto il rinvio a giudizio di Alessandra Cattoi, all’epoca dei fatti (2015) Assessore del Comune di Roma Capitale con delega al patrimonio, e di Clorinda Aceti, Direttore presso il Di­partimento Patrimonio e Sviluppo e Valorizzazione di Roma Capitale.
Alle imputate viene contestato, all’esito delle indagini condotte dal Pubblico Mini­stero presso il Tribunale di Roma dott. Corrado Fasanelli, rispettivamente il reato di abuso d’ufficio e di turbata libertà degli incanti.
La vicenda giudiziaria, originata da una denunzia della Romeo Gestioni, costituitasi parte civile nel processo a mezzo dell’avvocato Alfredo Sorge, ha ad oggetto il fitto, da parte del Comune di Roma, di immobili di proprietà della società Prelios Integra, im­mobile privo dei requisiti previsti dal bando secondo l’ipotesi accusatoria contestata alla Cattoi Alessandra; ed altresì la ipotizzata collusione della Aceti Clorinda con persone appartenenti alla società Prelios, in ordine alla assunzione di personale già di Romeo Gestioni segnalato da Aceti Clorinda, Responsabile Unico del Procedi­mento della gara pubblica concernente il servizio gestione amministrativa e contabi­le dell’utenza del patrimonio immobiliare del Comune di Roma Capitale. Nonché, infine la turbativa di gara, sia quando la Aceti prorogava il termine di giustificazio­ne delle offerte su richiesta del R.T.l. Prelios Integra s.p.a. e Gestione Integrata s.r.l. (proroga non prevista dalla legge), sia quando, nella qualità di componente del­la commissione di verifica delle offerte anomale, riteneva giustificata l’offerta di Prelios Integra s.p.a. sotto il profilo del numero e del costo delle unità di personale da adibire per la gestione dell’appalto che comportava un azzeramento degli utili dichiarati dalla società aggiudicataria.
Il dibattimento avrà inizio il 6 marzo 2019 davanti alla ottava sezione penale del Tribunale di Roma

Cronache della Campania@2018

Sequestrati beni per 1,5 milioni di euro al giudice di pace corrotto, Antonio Iannello

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Il gruppo della Guardia di Finanza di Torre Annunziata, sta eseguendo un decreto di sequestro preventivo d’urgenza emesso dal pm Anna Chiara Fasano, del tribunale di Nocera Inferiore, nei confronti del giudice di pace Antonio Iannello, arrestato lo scorso 27 settembre insieme ad altri 22 indagati per corruzione in atti giudiziari. L’indagine ha consentito di ricostruire un quadro indiziario dal quale emerge una sistematicita’ di condotte di corruzione in atti giudiziari da parte di diversi giudici di pace, numerosi avvocati e alcuni consulenti tecnici per ‘orientare’ pratiche e contenziosi riguardanti sinistri stradali, in talune circostanze falsi. In particolare, il sistema si basava, in prima battuta, in un accordo illecito tra il giudice di pace e l’avvocato di parte che condividevano la scelta di un perito compiacente al quale affidare la consulenza oltremodo favorevole. Una volta selezionato il perito, quest’ultimo provvedeva ad elargire la prima parte della mazzetta’ al giudice di pace in segno di ‘riconoscenza’ per la nomina ricevuta, ricevendo a sua volta un indebito e generoso compenso da parte dell’avvocato per l’ottenimento di una perizia particolarmente favorevole. In un’ultima fase, la dinamica corruttiva si perfezionava attraverso la redazione di una sentenza concordata dall’avvocato di parte e dal giudice di pace, con quest’ultimo che riscuoteva dal professionista la seconda parte della tangente, il cui importo variava in ragione del risarcimento indebito anche grazie alla consulenza pilotata. In un solo mese di monitoraggio degli indagati da parte dei finanzieri sono stati registrati 37 casi di corruzione. Accertamenti hanno mostrato che il giudice Iannello nell’ultimo quinquennio ha acquistato autovetture e immobili, fittiziamente intestati a familiari conviventi, in maniera sproporzionata rispetto ai redditi dichiarati. Sigilli dunque a disponibilita’ finanziarie, due immobili a Scafati, nel Salernitano, e beni mobili.

Cronache della Campania@2018


Strage del bus, l’ex ministro Severino: ‘Il comportamento di Castellucci è stato corretto, nessuna responsabilità nell’incidente’

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Manca una condotta omissiva, mancano i presupposti per sostenere che Giovanni Castellucci si sia sottratto in qualche modo alla giustizia. Con queste conclusioni, il difensore dell’amministratore delegato di Autostrade per l’Italia ha chiesto l’assoluzione con formula piena. Per l’avvocato Paola Severino, che in una lunga arringa, ha cercato di smontare le accuse di concorso in omicidio colposo plurimo, disastro colposo e omissioni, non reggono le contestazioni che la procura muove su responsabilita’ nell’incidente avvenuto il 28 luglio 2013, nel quale persero la vita 40 persone, che viaggiavano sul bus precipitato dal viadotto autostradale Acqualonga. Se tutte la colpe di Aspi si fondano sul mancato contenimento della barriera precipitata assieme al pullman, l’avvocato Severino ricorda in aula che “tutti i periti consultati hanno affermato che la barriera era adeguata per classe e nelle condizioni di installazione avrebbe contenuto agevolmente il pullman”. “Abbiamo portato all’attenzione del giudice prove solide e chiare sulla correttezza del comportamento dell’ingegner Castellucci nel suo ruolo di amministratore delegato. – sottolinea l’ex ministro della Giustizia, al termine di un’arringa durata circa due ore – non ci siamo limitati, quindi, a sottolineare l’assenza di qualunque prova a carico dell’ad, ma abbiamo documentato e provato tutte le scelte di organizzazione volte ad assicurare alle strutture tecniche la possibilita’ di decidere, con ampia autonomia, gli interventi di adeguamento delle barriere”. In conclusione, l’avvocato respinge anche un addebito che il procuratore Rosario Cantelmo mosse ai vertici di Aspi nella sua requisitoria. Castellucci, non facendosi interrogare, non si sarebbe sottratto alla giustizia. “E’ stato presente sul luogo dell’incidente il giorno successivo – ricorda Severino – ha subito incontrato il sindaco di Pozzuoli per offrire sostegno e ha disposto che sei orfani dell’incidente venissero assunti”. L’ultimo intervento dell’udienza sara’ affidato all’avvocato Carlo Marchiolo, sempre in difesa dell’amministratore delegato, che anticipa il tema della sua arringa. “Le condizioni del bus, come e’ gia’ emerso nella fase istruttoria – dice Marchiolo – e ancora con maggiore precisione durante il dibattimento, erano praticamente disastrose. Il pullmann aveva quasi 1 milione di chilometri. Non aveva la meccanica in ordine, era stato sottoposto a una revisione finta, perche’ non sarebbe mai stato in grado di superarne una regolare. Gli pneumatici erano usurati e, per giunta, non omogenei. Quel mezzo quindi e’ partito in condizioni impossibili, assolutamente precarie, che erano anche state intuite da alcuni dei poveri passeggeri che poi hanno perso la vita”. L’udienza proseguira’ anche con le arringhe dei difensori di altri dirigenti di Aspi e si concludera’ con l’intervento dell’altro difensore di Giovanni Castellucci, l’avvocato Carlo Marchiolo.

Cronache della Campania@2018

Scafati, a casa il giudice corrotto Antonio Iannello: concessi gli arresti domiciliari

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Scafati. E’ agli arresti domiciliari l’ex giudice di pace Antonio Iannello, arrestato a fine settembre con l’accusa di corruzione e falso. Il Gip Danise del Tribunale di Nocera Inferiore ha accolto l’istanza dell’avvocato Francesco Matrone ed ha concesso all’avvocato scafatese finito in carcere i benefici degli arresti in casa. Nei giorni scorsi, la guardia di Finanza di Torre Annunziata aveva eseguito un sequestro preventivo urgente per un valore di un milione e mezzo di euro nei confronti del legale scafatese, indagato insieme ad altre 22 persone per corruzione in atti giudiziari. Accertamenti hanno mostrato che il giudice Iannello nell’ultimo quinquennio ha acquistato autovetture e immobili, fittiziamente intestati a familiari conviventi, in maniera sproporzionata rispetto ai redditi dichiarati. Sigilli dunque a disponibilità finanziarie, due immobili a Scafati e beni mobili. L’inchiesta ha permesso di accertare una serie di episodi – 37 in tutto – di corruzione in atti giudiziari, non solo di Iannello ma anche di altri giudici, avvocati e consulenti tecnici per ‘orientare’ pratiche e contenziosi riguardanti sinistri stradali, in talune circostanze falsi. In particolare, il sistema si basava, in prima battuta, in un accordo illecito tra il giudice di pace e l’avvocato di parte che condividevano la scelta di un perito compiacente al quale affidare la consulenza favorevole. Una volta selezionato il perito, quest’ultimo provvedeva ad elargire la prima parte della ‘mazzetta’ al giudice di pace in segno di ‘riconoscenza’ per la nomina ricevuta, ricevendo a sua volta un indebito e generoso compenso da parte dell’avvocato per l’ottenimento di una perizia particolarmente favorevole. In un’ultima fase, la dinamica corruttiva si perfezionava attraverso la redazione di una sentenza concordata dall’avvocato di parte e dal giudice di pace, con quest’ultimo che riscuoteva dal professionista la seconda parte della tangente, il cui importo variava in ragione del risarcimento indebito anche grazie alla consulenza pilotata.
A fine novembre il Tribunale del Riesame di Salerno aveva concesso a tutti gli indagati finiti in carcere gli arresti domiciliari. L’unico a rimanere in carcere era stato Iannello che nel frattempo era stato interrogato dal pubblico ministero per fornire chiarimenti sulla sua posizione e non solo. L’inchiesta, trasferita dal tribunale di Roma a Nocera Inferiore per competenza territoriale, così come chiesto dall’avvocato difensore di Iannello, Francesco Matrone, è tutt’altro che conclusa lo dimostra il recente sequestro d’urgenza disposto dal sostituto procuratore Fasano della Procura nocerina.
Ai domiciliari a fine novembre erano già andati l’altro giudice di pace, in servizio al Tribunale di Torre Annunziata, Raffaele Ranieri e anche  Salvatore Verde di Boscoreale, consulente tecnico, che, secondo le accuse, dal suo studio avrebbe gestito l’organizzazione dei sinistri combinati, la corruzione dei giudici onorari e diversi falsi incidenti. A casa anche i due avvocati di Torre Annunziata Ivo e Guido Varcaccio Garofalo, ritenuti tra i principali protagonisti dell’inchiesta, Aniello Guarnaccia, Eduardo Cuomo e l’ex consigliere comunale del Pd di Castellammare di Stabia, Rodolfo Ostrifate. Arresti domiciliari anche per i consulenti, Luigi Coppola e Vincenzo Elefante e per il medico Ciro Guida.
Ai domiciliari erano già Francesco Afeltra, Enrico Tramontano Guerritore, Rosaria Giorgio e Carmela Coppola, l’altro giudice Paolo Formicola, Liberato Esposito e l’avvocato Nicola Basile, libero era Marco Vollono, il consulente tecnico stabiese che aveva accusato Iannello di avergli imposto un’estorsione per ottenere consulenze tecniche presso il tribunale.
Avevano già ottenuto la libertà con obbligo di firma i due carabinieri coinvolti nell’inchiesta Gennaro Amarante, Antonio Cascone. Antonio Iannello, il più gravato dalle accuse, era l’ultimo ad essere rimasto in carcere. Da oggi è agli arresti domiciliari.

Cronache della Campania@2018

Sospesa definitivamente la responsabilità genitoriale alla famiglia di una delle bimbe vittima degli esorcismi di don Barone

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Don Michele Barone viene accusato di crimini orrendi che vanno dalla violenza su minori, violenza sessuale aggravata su minori, alla sospensione di cure farmacologiche salva-vita e a medievali e brutali riti esorcisti non autorizzate dalla Diocesi. Il Tribunale dei Minori di Napoli ha decretato definitivamente la revoca della responsabilità genitoriale a Carangelo Lorenza e a Tramontano Cesare rispettivamente madre e padre della piccola 14enne T.A. vittima riti esorcisti posti in essere con modalità violente, in tal modo concretizzando la realizzazione delle fattispecie incriminatrici dei maltrattamenti in famiglia aggravati dalla realizzazione, ai danni della minore di una lesione gravissima e sospensione di cure farmacologiche. I genitori non potranno avere più contatti con la vittima neanche telefonici.

 Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Il pentito Grillo: ‘La cocaina della camorra spacciata in un Night Club alle porte di Caserta’

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La cocaina del gruppo Letizia spacciata in un noto Night Club della zona di viale Carlo III. È questa la circostanza svelata agli organi inquirenti da Giuseppe Grillo, nipote dell’imprenditore Angelo Grillo, che ha iniziato a collaborare con la giustizia raccontando il business degli stupefacenti dei clan di Marcianise.
Grillo parla di una persona, G.B., che “è sposato o comunque convive con una ragazza che lavora nel night che si trova sul vialone. Lui vendeva la cocaina all’interno ed all’esterno del night, cocaina che acquistava da Giovanni Pontillo”.
Circostanze che sono note a Grillo per il fatto che “personalmente ho consegnato la droga acquistata da Pontillo direttamente al night”, locale che “per un periodo ho frequentato anche io”. Il misterioso G.B. non risulterebbe tra i 41 indagati dell’operazione condotta dalla Dda.

 Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Operazione ‘Unrra Casas’: il pentito conferma che 12 dei 42 indagati controllavano le piazze di spaccio di Marcianise. I NOMI

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Il collaboratore di giustizia Giuseppe Grillo fa i primi 12 nomi dell’organizzazione che gestiva le piazze di spaccio di Marcianise ed indica nome per nome il rione che ognuno di loro controllava per conto del clan. Si aggravano le posizioni di questi indagati che oltre i riscontri investigativi della Dda ora trovano anche riscontri obbiettivi.
I nomi associati alle piazze di spaccio:
Secondo Giuseppe Grillo l’organizzazione reticolare si era così suddiviso metro per metro il Comune di Marcianise:

Andrea Bizzarro: nel parco delle Mimose e nel parco De Filippo;
Gregorio Raucci spacciava in via Durante e nel rione dei Pagnari;
Generoso De Sivo a Puzzaniello;
Salvatore Allegretta nel parco Primavera;
Andrea Nocera a Parco Primavera e piazza Mercato;
Francesco Persico a Parco Italia;
Gennaro Barca in un night club su viale Carlo III;
Giulio Ciano a parco Primavera e piazzetta dell’oroscopo;
Zarrillo nella zona del Macello;
i fratelli Lasco al Parco Unrra Casas;
Alessandro Mandarino nello stesso parco dei fratelli Lasco.

Cronache della Campania@2018

Processo Jambo, il pentito Schiavone: ‘Zagaria imponeva le forniture’

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Processo Jambo: “Zagaria imponeva le forniture”. Il figlio di Sandokan: “Tassa del 13% sugli appalti ricevuti con l’intervento del clan” e le “forniture obbligate”.
La storia della camorra si ripete nella tipologia di reato. Quella delle imposizioni delle forniture è stata più volte ricostruita dagli inquirenti in tanti casi di soprusi esercitati dai vari clan. Gli Ascione di Ercolano imponevano l’acquisto della farina, I Moccia e Fabbrocino quello del calcestruzzo. I casalesi non sono stati da meno. Secondo le dichiarazioni di Schiavone Jr., nell’ambito del processo Jambo, non solo gli appalti da far vincere ad imprese vicine al clan ma anche l’imposizione di forniture e la partecipazione diretta del boss alle attività imprenditoriali. Il figlio di Sandokan ha spiegato come il clan ricavasse il 3% se gli imprenditori prendevano l’appalto da soli mentre la quota aumentava al 13% dell’importo se l’appalto veniva aggiudicato grazie all’intervento dei Casalesi. Ha spiegato Schiavone “Io non sono mai entrato in società con gli imprenditori. Michele Zagaria, invece, entrava in società con loro, investendo o imponendo forniture”.

 Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Politici, magistrati, imprenditori, forze dell’ordine: tutti alla ‘corte’ di ‘don’ Adolfo Greco il ‘pericoloso imprenditore criminale’

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Castellammare. E’ un “pericoloso imprenditore criminale”: lo dicono gli investigatori. Viene etichettato, così, il noto imprenditore stabiese Adolfo Greco, in carcere da oltre 20 giorni per collusione e legami con tutti i clan della camorra dell’area stabiese. Nell’inchiesta che lo ha portato in carcere insieme con altre 12 persone e denominata ‘Olimpo’ sono indagate 39persone e tra questi anche il suo unico figlio Luigi, ex consigliere comunale di “Scelta Civica” con aspirazioni politiche importanti. Negli uffici della Cil (società di distribuzione del latte) in via Varo a Castellammare ma anche nella sua abitazione di via Tavernola sono passati politici di tutti i partiti, ma anche uomini della forze dell’ordine, magistrati, professionisti. “Il potere e la forza economica del Greco inoltre gli hanno fatto guadagnare l’appellativo, come lo stesso non disdegna di sottolineare, di deus ex machina di molte delle vicende inerenti la vita sociale e politica stabiese” si legge nelle 808 pagine della richiesta di custodia cautelare del pm Giuseppe Cimmarotta della Dda di Napoli. E non è un caso che nel corso delle indagini sono spuntati nomi eccellenti, in quelle pagine ci sono i senatori di Forza Italia, Antonio Pentangelo e Luigi Cesaro, il deputato Carlo Sarro (pure lui di Forza Italia), gli ex deputati Antonio Milo e Antimo Cesaro (ex sottosegretario nel governo Gentiloni), il potentissimo ex assessore regionale Pasquale Sommese imputato nel procedimento per legami con il clan dei Casalesi, l’ex consigliere comunale del Pd di Castellammare, Nicola Corrado ma anche il gip del Tribunale di Torre Annunziata, Giovanni De Angelis e il giudice Luigi Pentangelo (fratello del senatore Antonio) ex presidente vicario del Tribunale di Torre Annunziata e oggi presidente del Tribunale di Lagonegro ma anche due capitani dei carabinieri. L’indagine che vede coinvolto Greco è nata dalle dichiarazioni del primo ‘pentito di famiglia’ del potente clan D’Alessandro di Castellammare: Salvatore Belviso (coinvolto e condannato per l’omicidio del consigliere comunale del Pd stabiese, Gino Tommasino). Analizzando la sua figura e il circuito dei rapporti professionali, politici, criminali e sociali la Dda spiega che “Adolfo Greco sarebbe socialmente riconosciuto quale valente imprenditore” ma che la sua attività di fornitura e distribuzione del latte “rappresenterebbe, almeno in apparenza, la principale fonte della propria forza economica, appare al contempo il canale di collegamento per interagire con diverse realtà sociali, politiche, imprenditoriali anche legate alla criminalità organizzata”. Dal mondo del latte, Adolfo Greco ha, negli anni, esteso i propri interessi anche in altri settori economici quali le attività immobiliari, turistico-alberghiera, aerospaziale, ed altro.
“I proventi di tutte queste attività economico-imprenditoriali – spiega ancora la Dda avrebbero fatto del Greco un soggetto economicamente accreditato e in grado di influire, anche in modo illecito e significativo, sugli equilibri sociali, politici ed economici propri dell’ habitat, nemmeno molto ristretto, in cui è inserito. Orbene, le attività investigative esperite, analizzate e compendiate nella presente informativa hanno permesso di esprimere, innanzitutto, un giudizio di valore sulla figura di Adolfo Greco che, è si un imprenditore, ma non di quelli che, nel rispetto dei principi sociali e giuridici, motori informatori del nostro ordinamento, danno lustro e favoriscono lo sviluppo economico e sociale del nostro paese. Il Greco Adolfo ha dimostrato di essere invece, un pericoloso ‘imprenditore ­criminale’. Lo stesso, pur esercitando effettivamente la libertà d’iniziativa economica riconosciuta dalla nostra carta costituzionale al fine di produrre beni e/o servizi e di lucrarvi, lungi dall’attenersi ai limiti imposti dalla stessa carta, pone in essere le sue prerogative, certamente a tutt’oggi, anche con modalità illecite e soprattutto in dispregio di moltissimi divieti anche di carattere penale”. Le indagini hanno permesso agli investigatori di tracciare una mappatura delle aree territoriali su cui insistono i consistenti interessi patrimoniali dell’imprenditore: interessi che spaziano dai territori stabiesi e lambiscono la provincia di Caserta, la provincia di Salerno e l’isola di Capri.
Ed è per questo che la Dda scrive: “Mentre le prime due aree territoriali sono da sempre state assoggettate alla diretta pressione delle organizzazioni criminali, le seconde rappresentano invece terreni fertili ove investire e ripulire i ricavi di attività illecite. L’interesse di Greco Adolfo di raggiungere ovunque profitti sempre più ingenti e consolidati lo ha indotto a rapportarsi, senza alcun tipo di resipiscenza o freno morale, con diversi ambienti malavitosi. L’imprenditore, infatti, nelle sue molteplici attività ha: reimpiegato fattori economico-produttivi di provenienza illecita (fondi neri); portato a termine, senza alcuna impenitenza, una serie di operazioni corruttive per favorire le proprie imprese; mostrato una “contiguità” penalmente rilevante nei confronti di associazioni criminali di stampo camorristico. Il patrimonio del Greco Adolfo è costituito oltre che dai proventi delle attività imprenditoriali, da proprietà e comproprietà immobiliari, molte delle quali messe a rendita anche con ricavi sconosciuti al fisco. In particolare Greco, oltre a vari immobili residenziali e commerciali, che detiene in proprietà esclusiva, ha acquisito, anche in società con altri soggetti, aree industriali in disuso, come l’ex stabilimento Cirio in Castellammare di Stabia, la ex centrale del latte di Padova, un “contenitore” industriale in Pozzuoli, un immobile industriale in Cava de’ Tirreni poi trasformato in un Hotel affiliato alla catena “Holiday Inn” ed un albergo a Capri. Le acquisizioni immobiliari sarebbero state realizzate anche con l’insinuazione in procedure fallimentari e/o concorrendo ad aste giudiziarie.
Dalle indagini è desumibile che un ruolo fondamentale, in tal senso, è stato svolto dal socio Giovanni Lombardi, spregiudicato imprenditore di origine casertana. Le prime risultanze delle attività investigative, aprile 2013, cristallizzavano le iniziative del Greco a sostegno della campagna elettorale del figlio, Luigi, candidato al consiglio comunale della
città stabiese. Le conversazioni captate, a sfondo elettorale, seppur non fornissero rilevanti
elementi di diretta inerenza penale, permettevano di comprendere e decifrare
comportamenti e relazioni sociali, politiche e delinquenziali che rivestiranno, in
seguito, particolare interesse investigativo ai fini della ricostruzione delle molteplici, e per certi versi oscure, attività poste in essere dal Greco Adolfo.
In tal senso va interpretata, per esempio, la candidatura di Greco Luigi, poi eletto consigliere comunale tra le fila del partito “Scelta Civica”, a sostegno del
candidato sindaco, esponente di Forza Italia, Pentangelo Antonio
Quest’ultimo, come le indagini dimostreranno, difatti, avrebbe poi assunto un ruolo strategico fondamentale nello scacchiere di Greco Adolfo per la realizzazione
dei suoi intenti criminosi riguardo alle vicende concernenti la riqualificazione
dell’area ex industriale Cirio ed alle vicende legate all’ Area Sviluppo Industriale di Castellammare di Stabia. Antonio Pentangelo costituiva, infatti, l’anello di congiunzione tra
l’imprenditore indagato e il Deputato della Repubblica, Luigi Cesaro che da Presidente della Provincia di Napoli, assunto il seggio di Parlamentare, avrebbe poi nominato con proprio decreto, il suo “delfino” stabiese, alla poltrona di facente funzioni di Presidente della Provincia, carica che lo stesso avrebbe poi ricoperto fino all’avvicendamento della neonata realtà Città Metropolitana di Napoli. Tale nomina sarebbe poi stata utilizzata proprio dal Greco relativamente alla vicenda “Cirio”.
Dalle risultanze delle intercettazioni si è avuto, altresì, modo di prendere coscienza dei vari riferimenti politici su cui Greco Adolfo poteva contare sia a carattere locale, come Corrado Nicola, o regionale, quali Sommese Pasquale e Cesaro Antimo, sia di rilievo nazionale, quali i Senatori della Repubblica Milo Antonio e Sarro Carlo, oltre che naturalmente il citato Cesaro Luigi. Tali elementi, tratteggiavano in modo particolareggiato, confermandole, sia la personalità criminale del Greco e dei suoi familiari che molte delle dinamiche degli eventi delittuosi acclarati nel corso della indagine. In particolare sarebbe emerso che Greco, coadiuvato dalla moglie, accumulava, conteggiava, confezionava e conservava tra le mura domestiche un’ingente quantità di denaro contante. Grazie a tali risorse occulte, provenienti da illeciti fiscali, ovvero, acquisto di beni e servizi privi di fatturazione, il Greco concretizzava molteplici dei suoi obiettivi. In generale le indagini avrebbero dimostrato che, con queste risorse, il Greco finanziava attività illecite tese al mantenimento ed accrescimento del proprio patrimonio. E’ stato cristallizzato inoltre che le medesime risorse sarebbero state utilizzate per finalizzare le azioni di corruttela sia per la vicenda Cirio, sia per quella posta in essere nel Luglio 2015 per corrompere alcuni funzionari dell’agenzia delle entrate di Napoli al fine di assicurarsi un accertamento fiscale di “favore”, fatti i predetti oggetto di analisi e comunicazione in autonome e successive note informative.
Tali risorse occulte sarebbero state utilizzate anche per affrontare le richieste estorsive delle locali organizzazioni camorristiche.
Tornando ai fondi neri dell’imprenditore va rappresentato che le indagini hanno dimostrato che l’approvvigionamento del denaro contante al nero avveniva attraverso differenti canali. Ulteriori occasioni di ricavi in nero erano sicuramente rappresentate dagli incassi di denaro contante proveniente dai canoni di locazione dichiarati al fisco per un diverso ammontare, nonché da operazioni truffaldine come quella della fittizia assunzione di …omissis…La contabilità di tali oscuri e illeciti guadagni era tenuta minuziosamente sotto controllo da Greco Adolfo e dalla moglie, che lo coadiuvava nelle operazioni di conteggio, confezionamento e deposito del denaro.
Uno strumento che, si è accertato, sarebbe stato utilizzato dal Greco per “ripulire” somme di denaro contante sconosciute al fisco, era quello della concessione di prestiti personali che, secondo uno stratagemma consolidato, “riapparivano” sui propri conti correnti bancari nella forma, non di restituzioni di quanto concesso a mutuo, ma di prestiti invece ricevuti dallo stesso. I suoi debitori restituivano le somme ottenute in prestito con degli assegni che venivano versati dal Greco Adolfo sui propri conti correnti. Con tali escamotage i medesimi soggetti assumevano quindi la simulata qualità di creditori del Greco Adolfo invece di quella reale di debitori solventi.
Le conversazioni captate in casa Greco avrebbero poi consentito altresì, attraverso un’analisi comparata, di chiarire alcuni aspetti emersi in molteplici risalenti conversazioni tra Greco Adolfo ed il suo commercialista ed amministratore di alcune società del suo gruppo…omissis. Quest’ultimo avrebbe dimostrato di essere perfettamente integrato nei propositi illeciti del Greco tanto da assumerne consapevolmente un ruolo fondamentale.
Nella primavera/estate del 2015 si sviluppavano nuove vicende in occasione delle quali i percorsi del Greco Adolfo si intrecciavano ancora una volta con quelli di un’altra importante organizzazione criminale. Le stesse fornivano un ulteriore saggio della contiguità degli interessi personali dell’imprenditore stabiese con quelli delle organizzazioni criminali egemoni nei territori in cui lo stesso tutt’oggi opera…”.

8. continua

(nell’immagine l’imprenditore Adolfo Greco mentre viene portato via dalla polizia, sul sfondo il figlio Luigi)

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Nola, la Finanza scopre un giro di falsi incidenti di auto: 53 indagati

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La guardia di finanza di Napoli ha smascherato un radicato sistema di corruzione in atti giudiziari, finalizzato all’ottenimento di azioni risarcitorie per episodi di danneggiamento inventati. Sono 53 le persone indagate, tra cui giudici di pace, avvocati e consulenti tecnici operanti nel distretto giudiziario del tribunale di Nola, in particolare nelle sezioni di Nola, Sant’Anastasia e Marigliano. L’indagine, coordinata dalla procura della Repubblica di Roma, ha consentito di ricostruire un quadro indiziario “connotato da una sistematicità di condotte di ‘corruzione in atti giudiziari’ perpetrate in relazione a contenziosi civili riguardanti sinistri stradali”, si legge in una nota della guardia di finanza di Napoli. Le fiamme gialle hanno scoperto illeciti indennizzi ‘sentenziati’ dai giudici di pace coinvolti, per un ammontare pari ad oltre 120mila euro.

Cronache della Campania@2018

Voto di scambio: cancellati gli arresti domiciliari per il fratello dell’ex consigliera

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Voto di scambio. Cancellati gli arresti domiciliari per il fratello dell’ex consigliera. Accolta l’istanza di Giovanni Esposito, coinvolto nell’inchiesta sulla corruzione elettorale a Maddaloni. Dovrà sottoporsi solo all’obbligo di firma Giovanni Esposito, fratello della candidata al consiglio comunale di Maddaloni, Teresa Esposito, arrestato assieme al fratello Eduardo, alla madre Carmela Di Caprio e alla stessa sorella nell’inchiesta coordinata dalla Dda sulla corruzione elettorale (aggravata dal metodo mafioso) alle scorse amministrative.
Il gip Alfano ha infatti accolto l’istanza presentata dagli avvocati difensori di Giovanni Esposito, Dezio Ferraro e Franco Liguori, cancellando per lui gli arresti domiciliari. E domani è prevista l’udienza al Riesame anche per la sorella Teresa, il fratello Eduardo e la madre Carmela Di Caprio, tutti agli arresti domiciliari.

 Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Operazione Olimpo, scarcerato il fratello del boss latitante

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Castellammare. Prima scarcerazione nell’inchiesta Olimpo. Il tribunale del Riesame di napoli nel pomeriggio di oggi ha rimesso in libertà Francesco Afeltra, 44 anni, detto Francetiello, fratello del noto boss dei Monti Lattari, Raffaele o’ burraccione latitante dal giorno del blitz , il cinque dicembre scorso. Un difetto di notifica rilevato dall’ avvocato Iolanda Chierchia, uno dei suoi due difensori insieme con l’avvocato Francesco Attanasio, ha fatto perdere di efficacia la misura cautelare per cui senza discutere nel merito i giudici del Tribunale del Riesame hanno dovuto rimettere in libertà il fratello del boss latitante. Francesco Afeltra è accusato insieme con il noto imprenditore Adolfo Greco, elemento centrale dell’inchiesta, il fratello Raffaele e il nipote Giovanni Gentile (arrestato la sera della vigilia di Natale dopo tre settimane di latitanza) di aver organizzato profferito delle minacce di morte e quindi una estorsione da cinquantamila euro all’imprenditore caseario di Agerola, Giuseppe Imperati, titolare dell’impresa “la Goccia Bianca”, a cui in precedenza erano stati rubati da ignoti due furgoncini carichi di suoi prodotti.

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Castellammare: l’imprenditore Greco, il magistrato e l’affare Cirio. LE INTERCETTAZIONI

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E’ in carcere da circa venti giorni Adolfo Greco insieme ad altre 12 persone nell’ambito dell’operazione “Olimpo” messa a segno dagli agenti della Squadra Mobile di Napoli sotto il coordinamento della Dda partenopea. Greco, l’ “amico degli amici”, poteva vantare rapporti non solo con tutti i vertici delle famiglie criminali egemoni sul territorio di Castellammare di Stabia e dintorni ma anche di ufficiali dell’arma dei Carabinieri e di funzionari di giustizia. E’ quanto emerge nell’informativa che ha portato all’emanazione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere a firma del gip Perrella del Tribunale di Napoli. In alcune intercettazioni l’imprenditore “non mancava di rimarcare la sua particolare vicinanza ad ambienti, anche deviati della macchina statale, che gli garantivano – si legge – una conoscenza anticipata delle mosse della Magistratura e delle forze dell’ordine”. L’imprenditore stabiese “amico degli amici” poteva contare su importanti aderenze tanto negli apparati criminali quanto in quelli istituzionali. Dalla conversazione intercettata con Michele Carolei emerge un rapporto di conoscenza tra Adolfo Greco e Giovanni De Angelis, numero 1 dei Gip del Tribunale di Torre Annunziata.
Michele Carolei: “Ma voi conoscete De Angelis?”
Adolfo Greco: “Chi è De Angelis?”
Michele Carolei: “Il Magistrato…”
Adolfo Greco: “Lo conosco tanto è vero “loro” si rivolsero a me… che ero amico, sono amico della famiglia della moglie”
Michele Carolei: “La buon’anima”
Adolfo Greco: “La buon’anima della moglie ed il fratello della moglie stava a scuola con Luigi… la suocera…”
Michele Carolei: “Ma voi ci avete mai parlato con lui?”
Adolfo Greco: “Sono stato a Capri insieme, al matrimonio… stettimo al matrimonio del figlio… si mette a disposizione quando può… mai chiesto nulla nel modo più assoluto. Siamo stati a pranzo insieme quando sposò la figlia dell’ingegnere Schettino… l’ingegnere Schettino del comune…”
Michele Carolei: “Quello che hanno arrestato?”
Adolfo Greco: “No no.. il figlio, è capitano, maggiore dei carabinieri e fa il coman… fa l’attendente del comandante generale dell’arma dei carabinieri a Roma e venne anche il comandante generale e poi si sposò e io fui invitato ed al tavolo che formarono stava De Angelis, io, mia moglie, il giudice Pentangelo e… allora… ma ci conosciamo bene, conosce a Luigi (Luigi Greco, figlio di Adolfo nda)… lui, si ferma più con Luigi, ma con me ha un riguardo, mi saluta quando c’è Luigi.
Michele Carolei: “Però portano sempre…”
Adolfo Greco: “… e lo tengono”
Michele Carolei: “Don Adolfo..”
Adolfo Greco: “…Lo tengono…2
Michele Carolei: “ Per dirvelo io”
Adolfo Greco: “Ce l’hanno sempre,… non vi dovete mai fidare… come la polizia, come i carabinieri… lo tengono sempre”
Michele Carolei: “Vogliono vedere agli altri e non si vedono a casa loro, dove va, va non vogliono proprio pagare questo…”

Nel corso della conversazione si palesavano – si legge nell’informativa – connivenze di Adolfo Greco con personaggi malavitosi quanto rapporti con esponenti della Magistratura e delle Forze dell’Ordine tra cui anche ufficiali di alto profilo dell’Arma dei Carabinieri, a cristallizzare la figura ibrida dell’imprenditore a cavallo tra mondo della legalità e criminalità.
Nonostante ciò Michele Carolei, nella conversazione con il re del latte, mostra una certa diffidenza nei confronti di forze dell’ordine e membri della magistratura e racconta di un eventuale interesse del Magistrato De Angelis alla vicenda Cirio ed ai lavori che sarebbero dovuti iniziare. Inoltre secondo Michele Carolei, De Angelis si stava interessando particolarmente a sapere chi avrebbe fatto i lavori. Lo si evince dalla conversazione tra i due.
Michele Carolei: “Se vi dico una cosa…però don Adolfo deve rimanere qua”
Adolfo Greco: “We we è certo”
Michele Carolei: “Lui (pare riferendosi a De Angelis nda) disse vicino a uno… poi vediamo dietro alla ferrovia chi ci sta quando mettono mano”.
Michele Carolei proponeva, come già accaduto in altre conversazioni, in alternativa all’azienda di costruzione Passarelli il costruttore Gennaro Solimene, quale unica persona di cui si fidava il magistrato De Angelis e quindi in grado di allontanare l’attenzione della magistratura e delle forze dell’ordine.

9.continua

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Soldi e costosi regali: così i giudici di pace di Nola ‘liquidavano’ i falsi incidenti di auto

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Sono cinque i giudici di pace coinvolti, nove avvocati, medici ed altre persone con dei ruoli precisi, coinvolti nell’inchiesta sui falsi sinistri stradali nel napoletano. I professionisti e gli indagati dovranno rispondere di truffa, corruzione in atti giudiziari e falso. L’indagine, condotta dalla Procura di Roma, ha visto la firma di oltre cinquanta avvisi di conclusione indagini. Dal giudice al testimone, passando per il passeggero. Tutti avevano un ruolo ben preciso, inoltre gli inquirenti romani hanno appurato anche un giro di tangenti per fa sbloccare i mandati di pagamento per incidenti mai avvenuti. Computer, cellulari, orologi di valore, vini e soldi, erano alcuni dei regali fatti ai togati per l’apposizione di un timbro. “Le indagini condotte – scrivono gli investigatori – hanno permesso di accertare illeciti indennizzi «sentenziati» dai giudici di pace coinvolti, per un ammontare pari ad oltre 120 mila euro”. Un ruolo importante è stato giocato anche da consulenti e assicuratori oltre che da medici compiacenti che firmavano referti falsi e che sono stati acquisiti mesi fa dai militari dell’arma. I giudici di pace, tutti operativi tra i tribunali di Nola, Marigliano e Sant’Anastasia dovranno difendersi, insieme a tutti gli altri soggetti coinvolti, dalle pesanti accuse e dimostrare la loro estraneità dei fatti nell’eventualità inizi il processo.

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