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Channel: Cronaca Giudiziaria
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Camorra: condanne per 67 anni di carcere al gruppo ‘scissionista’ del clan Mazzarella

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Cinque condanne sono state emesse dal gup Alessandra Ferrigno del tribunale di Napoli nei confronti di altrettanti esponenti del gruppo  cosiddetto “scissionista” delle Case Nuove del clan Mazzarella: Salvatore Sembianza (difeso dai penalisti Francesco Buonaiuto e Diego Pedicini) è stato condannato 14 anni e otto mesi per l’omicidio di Pasquale Grimaldi nipote del capoclan di Soccavo, Ciro  detto ‘o settirò, il 19 giugno 2006 e per il tentato omicidio di Enrico Esposito: per Sembianza viene esclusa l’aggravante della premeditazione e sono state ritenute le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti;Il gup ha inoltre condannato il pentito Salvatore Maggio a 12 anni  sempre per l’omicidio Grimaldi e per il tentato omicidio Esposito, e alla pena di 5 anni per associazione camorristica; Gennaro Catapano è stato condannato a 16 anni di reclusione; Raffaele Micillo e Domenico Di Perna sono stati condannati a dieci anni di reclusione per il tentato omicidio Persico. Il gruppo degli “Scissionisti” capeggiato da Salvatore Maggio era stato arrestato nel luglio scorso dalla squadra mobile di napoli, solo Salvatore Sembianza in quella occasione era riuscito a sfuggire alla cattura, ma fu arrestato a settembre in un B&B in via Nuova Poggioreale. Ad incastrare in maniera particolare Maggio e Sembianza erano state le dichiarazioni dell’ex boss del clan Puccinelli, ora pentito Davide Leone:  “Salvatore Sembianza guidava il mezzo mentre Salvatore Maggio è stato l’esecutore materiale dell’omicidio di Pasquale Grimaldi. Dal mio balcone ho visto Sembianza e Maggio sul motorino arrivare a pochi metri dall’Audi A3 di proprietà di Enrico Esposito “Palletta” con Pasquale Grimaldi alla guida. Maggio mi ha poi raccontato che quando il mezzo era all’altezza dello sportello posteriore, ha esploso un colpo verso il poggiatesta lato passeggero, centrando il conducente. Credo che Grimaldi sia morto all’istante perché la macchina ha proseguito la marcia finendo contro il marciapiedi e poi contro un muro. Maggio a quel punto si è avvicinato all’Audi ferma e ha sparato all’altezza del vetro anteriore destro, finendo Grimaldi. Ha scaricato l’intero caricatore sparando anche contro Esposito, il quale si è abbassato ed è stato colpito alla schiena. Allora Maggio ha preso l’altra pistola, detenuta da Salvatore Sembianza, che però si è inceppata e così Enrico “Palletta” è riuscito a fuggire a piedi. Allora Maggio e Sembianza sono andati via e sono tornati alle Case Nuove: Sembianza con il motorino e Maggio con un taxi”. Dell’omicidio di Pasquale Grimaldi e del ferimento di Enrico Esposito ha parlato anche, nell’interrogatorio del 29 luglio 2015, Errico Autiero. “Savio (Salvatore Sembianza, ndr) mi disse che Salvatore Maggio lo mandava a rione Traiano dai suoi parenti (è imparentato con Davide Leone, ndr) per ritirare la settimana. Ma “Savio” mi confidò di temere un agguato e alla mia domanda su perché avesse quella paura, mi disse che insieme a Maggio avevano ucciso Pasquale Grimaldi su ordine di Davide Leone”. Per questo episodio nel luglio scorso sono stati arrestati dalla squadra mobile Gennaro Catapano, Domenico Di Perna e Raffaele Micillo, mentre l’ordinanza a Salvatore Maggio era stata notificata in carcere. Un mese dopo è arrivata la decisione di pentirsi. Oggi la sentenza di primo grado nei confronti dei cinque.

 

 

(nella foto da sinistra Salvatore Maggio, Salvatore Sembianza, Gennaro Catapano, Domenico Perna,  Raffaele Micillo)

 

 

 

Cronache della Campania@2018


Operaio morto dopo 45 giorni dall’incidente e dopo un calvario tra tre ospedali: 45 indagati

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Quarantacinque persone tra medici, infermieri e collegi di lavoro degli ospedali di Sarno e Nocera Inferiore sono state iscritte nel registro degli indagati dal sostituto procuratore presso il tribunale di Nocera Inferiore, Angelo Rubano. Sono accusate di omicidio colposo per la morte di Biagio Menna, 63enne di Nola. L’uomo, circa un mese fa, stava lavorando in un cantiere edile a San Gennaro Vesuviano. Secondo la denuncia, Biagio Menna fu vittima di un incidente. Mentre lavorava avrebbe perso l’equilibrio, cadendo a terra e sbattendo con violenza la testa. L’uomo fu prima ricoverato all’ospedale più vicino, quello di Sarno, il Villa Malta.Per poi passare all’Umberto I di Nocera e poi ritornare a Sarno, dove è deceduto il 14 giugno scorso. La famiglia ha presentato denuncia lamentando l’assenza di cure adeguate, e pretendendo chiarezza sulle cause della morte. La causa del decesso è stata un’infezione. L’autopsia sarà effettuata oggi dal medico legale.

Cronache della Campania@2018

Marano, scarcerato il ras delle pompe funebri legato ai Polverino

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Marano. E’ stato scarcerato per decorrenza dei termini Attilio Cesarano, esponente di primo piano del clan Polverino. La decisione è stata assunta dalla quinta sezione della Corte d’appello di Napoli che ha accolto la richiesta avanzata dai sui avvocati avvocati Luca Gili e Stefano Sorrentino. Cesarano era agli arresti domiciliari a Terracina con il braccialetto elettronico. Era stato arrestato nel 2009 insieme con il suo congiunto Alfonso Cesarano e con Patrizio Macrì. Condannato per associazione a delinquere e racket a 14 anni, poi ridotti a 12 in Appello. Cesarano è un personaggio molto noto nei comuni a Nord di Napoli: è stato presidente della squadra di calcio della Puteolana e amante dei cavalli da corsa. Aveva una scuderia tutta sua composta da ben dieci cavalli che gli furono sequestrai al momento dell’arresto insieme con un parco auto  di lusso. E’considerato il ras delle pompe funebri della provincia di Napoli, particolarmente attivo nei comuni di Marano e Calvizzano.

Cronache della Campania@2018

Napoli, una lite per la divisione dei proventi di furti e rapine dietro l’omicidio di ‘Pisellino’

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Napoli. Svolta vicina nelle indagini per l’omicidio del 19enne Emanuele Errico detto “Pisellino” avvenuto il 26 aprile scorso in via Chiaro di Luna al rione Conocal di Ponticelli. Sono tre le persone nel mirino degli investigatori. Tra i tre ci sarebbe anche chi materialmente  fece fuoco quella sera uccidendo il giovane,. E poi ci sarebbe il filatore e colui che avrebbe attirato nella trappola “Pisellino” dandogli l’appuntamento. persone quindi che la vittima conosceva bene perché essendo agli arresti domiciliari era uscito di casa, violando la restrizione, fidandosi di persone conosciute. Gli investigatori stanno cercando gli ultimi riscontri ma la svolta sembra essere vicina.  Ci si è arrivati analizzando il traffico telefonico del giovane e controllando anche le celle dei telefoni delle persone sospettate oltre alle immagini delle telecamere private poste nella zona dell’omicidio. Il giovane qualche giorno prima di essere ammazzato aveva litigato con alcune persone della vicina Volla e anche in questo caso aveva violato gli arresti domiciliari (cosa che faceva di sovente). Ed è proprio partendo da questo episodio che gli investigatori sono riusciti a risalire agli ultimi movimenti e a quello che Pasquale “Pisellino” Errico aveva fatto negli ultimi mesi di vita. Ora la svolta sembra essere vicina.

Cronache della Campania@2018

Rapì un imprenditore negli anni ’80: confiscati 30 milioni di beni a Stallano

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Beni per un valore complessivo di 30 milioni di euro sono stati confiscati dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo di Bari a Giuseppe Stallone, di 78 anni, di Andria, con precedenti penali, condannato a 6 anni e 4 mesi di reclusione per il rapimento, a scopo di estorsione, di un imprenditore di Brescia, Pietro Fenotti, avvenuto nel marzo del 1984 e per la cui liberazione fu pagato un riscatto di 10 miliardi di lire. Al fisco Stallone dichiarava 15mila euro all’anno. Il provvedimento scaturisce da un’ordinanza emessa dal Tribunale – Sezione Misure di Prevenzione di Trani – che ha disposto la confisca, accogliendo gran parte delle risultanze investigative dei Carabinieri, da cui emerge in modo chiaro come Giuseppe Stallone e i suoi congiunti fossero intestatari di beni di provenienza illecita, già sottoposti a sequestro, il 5 giugno 2017, per un valore complessivo di oltre 30 milioni euro. Confiscati il capitale sociale di una società che si occupa della organizzazione di eventi, una famosa sala ricevimenti, 26 appartamenti e 10 terreni.

Cronache della Campania@2018

Appalti truccati a Grumo Nevano, scarcerato l’ex sindaco Brasiello

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I giudici del Tribunale del Riesame di Napoli hanno disposto la scarcerazione dagli arresti domiciliari per Vincenzo Brasiello, ex sindaco di Grumo Nevano finito nell’inchiesta sugli appalti truccati per lo smaltimento dei rifiuti in città e che ha visto coinvolto anche l’attuale sindaco Pietro Chiacchio che nei giorni scorsi ha rimesso il mandato. Con loro ai domiciliari si trovano anche il comandante della polizia municipale, nonche’ responsabile del servizio ecologia, Luigi Chiacchio, e di un vigile urbano, Antonio Pascale. Tutti sono stati accusati, a vario titolo, di peculato, frode, abuso d’ufficio, utilizzo di emissione di fatture per operazioni inesistenti, assenteismo. L’inchiesta partita nel 2016 era nata da una interrogazione parlamentare della senatrice dei Cinque Stelle, Paola Nugnes al Ministro dell’Ambiente e secondo la quale l’appalto iniziato nel 2006  viene pro- rogato fino al 2013: “imponendo al gestore del servizio l’utilizzo di mezzi ed attrezzature ad uso esclusivo del Comune di Grumo Nevano; l’impiego di mezzi di nuova costruzione o costruiti da non oltre 2 anni, così come previsto dalle linee guida per la redazione degli atti relativi all’affidamento dei servizi di raccolta dei rifiuti urbani, alle procedure di gara e d’esecuzione dei relativi appalti; prevedeva un ammortamento dei mezzi impiegati nel servizio calcolato su un periodo di 5 anni”. E ancora: “Alla scadenza del contratto gli automezzi e le attrezzature, utilizzati per l’espletamento del servizio in mo- do esclusivo dalla Stazione Appaltante, qualora la stessa ne ravvisi la convenienza, saranno da questa acquisiti gratuitamente, fatti salvi i meri costi per i necessari passaggi di proprietà” . Il nuovo servizio viene affidato con determina del settore vigilanza. Poi c’è il nuovo appalto 2013 – 2018. I senatori scrivono: “l’amministrazione comunale continua a versare, mensilmente alla ditta le quote di ammortamento dei mezzi nuovi previsti nel piano industriale” e sottolinea che “il Comune sta pagando per nuovi i mezzi già utilizzati nel precedente appalto, nonostante gli stessi risultino vetusti, completamente ammortizzati, e di fatto di proprietà del Comune; al contrario il capitolato speciale d’appalto stabilisce che i mezzi devono essere di proprietà del gestore, devono essere idonei e devono essere “nuovi”.

Cronache della Campania@2018

Camorra, nuovo colpo ai narcotrafficanti legati a ‘zia’ Rosaria Pagano: 11 arresti nel gruppo di Mario Avolio ‘o ciuraro

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Nella tarda serata di ieri la Polizia di Stato ha dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Napoli, nei confronti di 11 soggetti, resisi responsabili dei reati di traffico di droga. I destinatari della misura restrittiva, già colpiti da analogo provvedimento cautelare in data 17 gennaio 2017, sono stati tutti condannati in primo grado, a seguito di giudizio abbreviato, a pene che vanno da un minimo di 8 anni a un massimo di 20 anni e, pertanto, la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli ha chiesto nuovamente l’emissione dell’ordinanza cautelare. Molti di essi infatti erano in liberi per la scadenza dei termini della custodia cautelare sopraggiunta prima della sentenza di primo grado.L’attività investigativa, svolta tra il 2014 e 2017, ha consentito di cristallizzare le vicende relative al Clan Amato-Pagano, dal 2012 al 2017 (periodo della cosiddetta. Terza Faida di Scampia), nonché di individuare il canale di approvvigionamento di droga e le dinamiche relative alla gestione delle piazze di spaccio del menzionato gruppo criminale. In data 17 gennaio 2017, infatti, sempre la Polizia di Stato aveva dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 17 persone, tra cui Rosaria Pagano, all’epoca reggente del clan camorristico Amato/Pagano.Le indagini della Squadra Mobile avevano esplorato due distinte organizzazioni criminali che si erano spartite la gestione del mercato all’ingrosso della cocaina e hashish nell’area a Nord di Napoli.Le misure odierne sono state eseguite in diverse province d’Italia, comportando l’impiego di personale anche delle Squadre Mobili di Parma, Ancona, Teramo, Arezzo, Siena, Latina e Catanzaro. Le manette sono scattate ai polsi di AVOLIO Mario, LIZZA Ferdinando, TUFO Salvatore mentre ai domiciliari sono finiti BARBELLA Vincenzo, CESARINI Massimo, CORVIETTO Patrizio, IAVARONE Giuseppe, LEONARDI Giuseppe, LEONARDI Luigi, MANZO Salvatore, ONORATO Giovanni.

(nella foto da sinistra in alto Rosaria Pagano, Mario Avolio, Giuseppe Iavarone, Ferdinando Lizza, Massimo Cesarni, Giovanni Onorato, Giuseppe Leonardi, Luigi Leonardi, Salvatore Manzo, Vincenzo Bolognini,  Salvatore Tufo)

Cronache della Campania@2018

Avellino, i soldi delle onlus gestite dalla moglie di De Mita finivano sui conti correnti di un bar e di una società di informatica

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Avellino. I provvedimenti cautelari che hanno colpito – tra cui l’obbligo di firma per Anna Maria Scarinzi, moglie dell’ex presidente del Consiglio Ciriaco De Mita – sono stati emessi a carico di altrettante persone coinvolte nell’inchiesta su Aias-Noi con Loro, le due onlus che ad Avellino si occupano dell’assistenza ai pazienti spastici e con disturbi dello spettro autistico. Le misure, firmate dal Gip del Tribunale di Avellino su richiesta della locale Procura, riguardano Gerardo Bilotta, ex presidente Aias, e Massimo Preziuso, titolare di una societa’ informatica, entrambi agli arresti domiciliari; l’obbligo di firma con presentazione giornaliera alla pg scatta invece per Anna Maria Scarinzi, presidente di “Noi con Loro”, Annamaria Preziuso, Marco Preziuso e Carmine Preziuso, titolari questi ultimi di societa’ beneficiarie di bonifici bancari da parte di Aias che, secondo la Procura, sarebbero incompatibili con le attivita’ svolte dalle stesse societa’.

Nei loro confronti, a vario titolo, si ipotizzano i reati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, malversazione ai danni dello Stato, riciclaggio e peculato. Le misure cautelari fanno seguito al sequestro preventivo per oltre 1 milione e 600 mila euro, distratti dal 2013 al 2017, dai fondi ottenuti dalla Regione Campania e dalla Asl di Avellino per la cura e la riabilitazione di pazienti con handicap. Le indagini della Guardia di Finanza di Avellino hanno fatto emergere, come spiega un comunicato della Procura irpina, un elevato flusso di denaro che dai conti correnti delle due onlus confluiva verso due societa’ con sede ad Avellino, operanti nel settore informatico e nella gestione di un bar, senza trovare una valida giustificazione nella causale delle fatture emesse a fronte dei pagamenti ricevuti, in quanto non compatibili con le attivita’ esercitate dai beneficiari. Sempre secondo gli investigatori, i pagamenti venivano poi smistati dai rappresentanti legali delle due societa’ su conti correnti e carte prepagate intestati a se stessi e a loro familiari. L’inchiesta, partita nel maggio dello scorso anno, vede gia’ indagate dieci persone, tra queste anche quelle destinatarie dei provvedimenti odierni, nei cui confronti si ipotizzano, a vario titolo, i reati di falsa fatturazione, abuso di ufficio, truffa per l’ottenimento di fondi pubblici, associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio e evasione delle imposte. Alcune settimane fa, il Gip del Tribunale di Avellino, Paolo Cassano, aveva disposto, dopo quello di Avellino, i sequestri dei centri Aias di Nusco e Calitri e dei conti correnti riconducibili agli indagati, tra i quali Simona e Floriana De Mita, figlie dell’ex leader democristiano Ciriaco che e’ attualmente sindaco di Nusco.

Cronache della Campania@2018


Oltre settanta anni di carcere alla banda che stava per compiere la ‘rapina del secolo’

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Dopo circa otto mesi dall’operazione della Squadra Mobile della Polizia di Stato, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Nocera Inferiore, che vide coinvolti a vario titolo 19 soggetti – di origine foggiana, salernitana, napoletana ed albanese – gravemente indiziati di far parte di un’associazione per delinquere transnazionale, dedita alle rapine a furgoni portavalori e in danno di istituti di credito, commesse con l’uso di armi, anche da guerra, sono state emesse nella giornata di oggi dal Tribunale di Nocera Inferiore, dopo la celebrazione del rito abbreviato, le condanne per 9 soggetti: COCCO Domenico, di Scafati e CARBONE Angelo di Foggia sono stati condannati a 20 anni di carcere, DE SANDI Antonio, di Foggia  a 9 anni e 2 mesi, PUGLIESE Angelo di Cerignola a 8 anni e 4 mesi, DELLA RATTA Salvatore di Somma Vesuviana a 2 anni e 2 mesi, PANICO Antonio di Acerra a 2 anni, la guardia giurata della Cosmopol DE FALCO Ciro di Acerra ad 1 anno, DELLI CARRI Luigi di Foggia a 2 anni e BRUNO Ciro di Foggia a 1 anno e 2 mesi. Hanno patteggiato, invece, CUCCHIARALE Francesco e SALLAKU Erand, condannati rispettivamente a 2 anni e 5 mesi e 2 anni e 8 mesi. Assoluzione, infine, per GARMIELE Luigi e HUQUI Lorenc.

Le indagini – svolte dal Servizio Centrale Operativo e dalle Squadre Mobili di Salerno e Foggia – furono avviate a seguito di una rapina ad un furgone portavalori commessa a Fisciano nel febbraio del 2017. Le conseguenti attività, supportate da complesse intercettazioni telefoniche ed ambientali, consentirono di ricostruire la struttura organizzativa e le dinamiche criminali della consorteria malavitosa, identificandone i singoli componenti e disvelando, inoltre, l’organizzazione di un prossimo assalto armato da compiersi in Germania, e che doveva essere la rapina del secolo, scongiurato grazie alla collaborazione della polizia tedesca, attivata su input degli investigatori italiani. In tale ambito è risultato fondamentale l’efficace scambio informativo tra le Autorità giudiziarie dei due Paesi, assicurato dal costante coordinamento di Eurojust, che, in particolare, attraverso i magistrati dei desk italiano e tedesco riuscì a garantire il necessario raccordo per valorizzare gli sviluppi investigativi italiani ed, al contempo, prevenire la commissione di altre rapine sul territorio tedesco.

 

Cronache della Campania@2018

Abusi sulla nipotina: arriva l’assoluzione per lo zio

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Abbandonata all’età di quattro anni dalla madre, viene collocata in una comunità dove trascorre la sua infanzia. Stuprata ripetutamente, a processo finisce uno zio che aveva chiesto l’affido della bambina. Dopo dieci anni si scopre che non è stato lui ad abusare della bambina. L’uomo per 10 anni ha vissuto con un’accusa infamante. A.D. 38enne è stato assolto al termine di un complesso e lungo dibattimento “in quanto – scrivono i giudici nella motivazione della sentenza – i fatti, sussistenti nella loro materialità, non possono ritenersi ascrivibili all’imputato”. E’ il 2009, la piccola riferisce alla responsabile della casa famiglia delle violenze ed accusa lo zio materno delle pratiche sessuali fatte ai suoi danni. La bambina, come segnalato dai servizi sociali, “ha da subito mostrato comportamenti isterici accompagnati da crisi di pianto ed ha dimostrato continuamente di avere necessità di continue manifestazioni di affetto, di attenzione e protezione”. Questo fa si che la procura apri un fascicolo a carico dello zio che riceve dopo un anno l’avviso di conclusione delle indagini. La piccola, però, non viene sottoposta ad incidente probatorio ed è ascoltata solo sei anni dopo la vicenda. Nel corso del processo non accuserà mai lo zio e “non fornirà mai indicazioni utili per l’ascrivibilità dei fatti di cui all’imputazione all’uomo”. I giudici hanno accolto la tesi difensiva sostenuta dall’avvocato del 38enne ed evidenziano come “accanto allo zio, si stagliassero, nella quotidianità della piccola, altre figure maschili adulte” sottolineando che “nel periodo in cui presumibilmente si sarebbero verificati i fatti, l’imputato svolgeva in maniera continuativa la propria attività di collaboratore scolastico in Veneto rientrando presso l’abitazione di famiglia di Siano solo sporadicamente, in occasione delle festività pasquali o natalizie. E’ quindi possibile concludono i giudici che la minore, che all’epoca dei fatti aveva un’età prossima ai 4 anni e intorno alla quale si avvicendavano una pluralità di figure maschili, possa aver proiettato sullo zio , persona di famiglia, fatti in realtà posti in essere da altri”.

Cronache della Campania@2018

Stupro di gruppo alla turista inglese in Penisola Sorrentina: ci sono altri tre indagati

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La Procura di Torre Annunziata ha iscritto nel registro degli indagati altre tre persone per lo stupro di gruppo alla turista inglese nell’hotel Alimuri di Meta (estraneo alla vicenda). Si tratta di due ex dipendenti dell’albergo e del custode di un vicino stabilimento balneare ai quali la polizia ha già prelevato un campione di dna. Nei prossimi giorni si conosceranno le motivazioni con le quali il mese scorso i giudici del Tribiunale del Riesame hanno confermato il carcere per Fabio De Virgilio, Antonino Miniero, Gennaro Davide Gargiulo, Raffaele Regio e Francesco Ciro D’Antonio, accusati di aver drogato e violentato la turista inglese la notte tra il 6 e il 7 ottobre 2016. Ora l’inchiesta si allarga ad altri tre soggetti. la vittima ha sempre parlato di una decina di persone che avrebbero partecipato alla violenza e gli investigatori sono riusciti ad individuare altre tre persone. Il profilo genetico di uno di questi è stato a suo tempo isolato nel locale dove sarebbe avvenuto lo stupro di gruppo; la mancanza di ulteriori riscontri, però, ha consentito all’uomo di evitare il carcere. Per lui come per le altre due persone alle quali è stato recentemente notificato l’avviso di garanzia. Ora resta da capire il ruolo avuto in quella squallida vicenda..
Nel frattempo il pm Mariangela Magariello, titolare dell’indagine, ha chiesto che la vittima e sua figlia siano ascoltate nel corso di un incidente probatorio. Ma i legali del barman Fabio de Virgilio di Portici, (che si professa innocente e che sostiene di essere andato via un pullman a casa quella sera) Alfredo e Mario Rosario Romaniello, in una nota depositata in Procura, si oppongono sostenendo che l’assunzione anticipata della prova non sarebbe ammissibile sia nel caso della vittima che in quello della figlia. La prima è stata più volte ascoltata da inquirenti e investigatori, ragion per cui non vi è alcuna urgenza di acquisire le sue dichiarazioni nel corso di un incidente probatorio; la seconda, invece, è una testimone della vicenda che può essere sentita in dibattimento.

Cronache della Campania@2018

Camorra, affiliato ai Casalesi condannato a 9 anni di carcere

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E’ stato condannato a 8 anni, 11 mesi e 15 giorni di carcere il pregiudicato Giuseppe Duilio detto ‘Bicicletta’, ritenuto organico al cartello camorristico dei Casalesi.Accusato di associazione mafiosa, questa mattina la polizia di Stato ha eseguito nei suoi confronti il provvedimento di carcerazione emesso il 20 giugno scorso dalla procura generale della Repubblica di Napoli.Duilio, 60anni, considerato affiliato alla fazione Mazzara gravitante nel territorio di Cesa , era già finito in manette l’1 marzo 2017 per lo medesimo reato. In quella circostanza i carabinieri del Reparto territoriale di Aversa diedero esecuzione a un’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere emessa dalla Corte di Appello di Napoli nei confronti dei pluripregiudicati Amedeo Mazzara ‘o Siciliano’ e Duilio, entrambi di Cesa, e Tammaro Scarano noto come ‘Scarulella’, residente ad Aversa e già sottoposto agli arresti domiciliari. L’indagine, nata nel 2007, ha consentito, anche grazie a intercettazioni e ricostruzioni di collaboratori di giustizia, di giungere alla sentenza di condanna in primo e secondo grado nei confronti dei membri del sodalizio criminale. E’ stato acclarato processualmente come il ‘gruppo Mazzara’, avvalendosi della forza intimidatrice derivante dal vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà della popolazione, aveva nel tempo acquisito in modo diretto la gestione delle attività economiche nel settore dell’edilizia e il controllo del territorio cesano. Il clan avrebbe inoltre pianificato e perpetrato delitti contro la persona e contro il patrimonio, tra cui omicidi, sequestri di persona, estorsioni e minacce. Duilio si trova ora in carcere a Santa Maria Capua Vetere.

Cronache della Campania@2018

Fondi Aias su conti ‘amici’ le pesanti accuse alla signora De Mita: ‘Comanda tutto lei’

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C’è il rischio di reiterazione del reato e per questo che  il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Avellino, Paolo Cassano, ha firmato  l’ordinanza cautelare di arresti domiciliarti nei confronti di Gerardo Bilotta e Massimo Preziuso, e quella di obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per Annamaria Scarinzi, Annamaria Preziuso, Carmine e Marco Preziuso
“Continue ingerenze nella gestione dell’Aias di Avellino – ad avviso del giudice per le indagini preliminari poste in essere da Annamaria Scarinzi, moglie di De Mita – la cui dissennata e criminale gestione è imputabile anche al suo beneplacito, quantomeno implicito. L’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria rappresenterà un efficace deterrente alla tentazione di reiterare analoghe condotte”. Ma contro la moglie dell’ex premier ci sono le intercettazioni telefoniche e e dichiarazioni di Francesco Grammatico, funzionario dell’Aias: “La vera padrona dell’Aias è la signora De Mita, Bilotta non fa altro che eseguire le sue direttive”. Secondo l’inchiesta della procura avellinese, in cui si ipotizzano i reati di truffa e malversazione al danno dello Stato, sulla gestione delle attività di un’associazione benefica, la «Noi con loro» della signora De Mita, che aveva dato in affitto all’Aias (un’associazione nazionale che si occupa di riabilitazione) locali costruiti su suolo comunale, è severo il giudizio sull’attività di Annamaria Scarinzi: “Continue ingerenze nella gestione dell’Aias di Avellino la cui dissennata e criminale gestione è imputabile anche al suo beneplacito, quantomeno implicito”. Ma il giudizio del gip nelle 37 pagine dell’ordinanza cautelare riguarda tutti: “Fondi destinati a finalità pubbliche sono divenuti invece profitto esclusivo di una cerchia”. Ora la battaglia passa al Riesame perché i legali della Scarinzi ritengono che la misura sia severa per una signora di 79 anni e che non esiste alcun pericolo di fuga.

Cronache della Campania@2018

Cold case camorra: chiesto il processo per Luigi Giuliano o’rre e Luigi Vicorito

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La Dda di Napoli ha chiuso le indagini e ha chiesto ed ottenuto il rinvio a giudizio per Luigi Vicorito e Luigi Giuliano o’ rre, ex potente boss di Forcella da anni collaboratore di giustizia. I due sono accusati di aver ucciso e gettato in mare 34 anni fa Salvatore Ferraiuolo, uomo di fiducia del boss di Forcella e considerato un confidente delle forze dell’ordine. Luigi Giuliano, reo confesso,  ha chiesto di essere processato con il rito abbreviato. Per Luigi Vicorito, attualmente libero, ha scelto il rito ordinario e in caso di condanna finirà in carcere.
I moventi di questo Cold Case sono due. Il primo, come ricostruito da Il Roma, è che Salvatore Ferraiuolo, che spesso era casa dei Giuliano perché considerato un uomo di fiducia della cosca, fu sorpreso a frugare nella stanza di Carmela Marzano, moglie di Luigi. Alcuni collaboratori di giustizia hanno riferito di questo movente ma dietro in realtà c’era altro. Ferraiuolo era stato accusato di un reato per il quale difficilmente chi è accusato nella camorra può salvarsi: fare la spia. Luigi Giuliano  iniziò ad indagare su quanto faceva il suo affiliato e alla fine si convinse che era arrivato il momento di ucciderlo. Questa la cruda verità messa nero su bianco per il delitto messo a segno ai danni del ragazzo, che all’epoca era appena 20enne, ma era già inserito nel sistema. Ferraiuolo fu ammazzato per un sospetto e per aver frugato in una borsa che conteneva 80 milioni di vecchie lire in casa del boss che all’epoca comandava Napoli e che decideva la vita e la morte di chiunque. Anche se su questo delitto a parte accusare se stesso ha accusato anche tutti gli altri componenti della Cupola che all’epoca aveva formato la Nuova Famiglia, ovvero il sistema criminale che aveva contrastato la Nco di Raffaele Cutolo che negli anni Ottanta voleva appropriarsi di tutta quanta la Campania.

Cronache della Campania@2018

Napoli, ecco come i tre finanzieri corrotti ‘ammorbidivano’ le verifiche fiscali

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Avrebbero minacciato chi era sotto Verifiche Fiscali. Ad essere coinvolto tre sottoufficiali della Guardia di Finanza fini al centro di un’inchiesta per concussione condotta dalla Procura di Napoli. Sono tre le misure cautelari emesse dal gip del Tribunale di Napoli Romano per alcune verifiche condotte tra il 2014 e 2016. Finisce agli arresti domiciliari Claudio Nicoletta, sospensione dagli incarichi per un anno per Antonio Gambardella, lo stesso in misura ridotta per il sottoufficiale Antionio Di Donato. L’indagine è nata all’ombra degli appalti per la pulizia dell’ospedale partenopeo Pascale che vede coinvolto l’ex dirigente Bisogni, due presunti camorristi e tre esponenti della Guardia di Finanza. Coinvolto anche l’imprenditore Coci che grazie alle sue confessioni si sono ottenute conferme in sede di indagine sulle presunte pressioni esercitate dai militari. Infatti su di loro si sono concentrate le indagini con le intercettazioni della Squadra Mobile e l’intervento del nucleo di Polizia Tributaria. Saranno gli stessi militari della Finanza a intervenire successivamente sulle aziende taglieggiate, per effettuare verifiche culminate in sequestri per equivalenti. Non solo controlli morbidi ma anche regali. I militari oltre ai controlli morbidi presso gli uffici della Euro Servizi Generali Group S.r.l. avrebbero preteso anche una somma di 9mila euro ma anche altri beni di utilità diversa come pranzi, macchinetta del caffè, libri per concorsi e biglietti per la partita del Napoli. I militari coinvolti potranno dimostrare la correttezza della propria condotta nel prosieguo del procedimento a loro carico. L’inchiesta è coordinata da Woodcock titolare delle indagini sulle pressioni della Camorra su alcuni appalti a Napoli.

Cronache della Campania@2018


Patto tra sarnesi e africani per lo spaccio nell’Agro: 9 condanne

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Un patto tra africani e sarnesi nel periodo compreso tra il 2014 e 2014 per lo spaccio di droga. Gli inquirenti a seguito delle indagini effettuate nel biennio hanno ricostruito numerosi episodi di passassi e cessioni di droga. Sono 9 le condanne emesse e 11 i rinvii a giudizio nell’inchiesta condotta dalla Dda di Salerno. Hanno patteggiato la pena Anna Ylenia Esposito, Emilio Fioravante (1 anno e 10 giorni), Carla Ersilia Baldi che ha concordato 10 mesi e 20 giorni di reclusione. Per nessuno di questi è stata confermata l’aggravante dell’associazione a delinquere. Le altre condanne: con rito abbreviato il gup ha emesso sentenza a 5 anni e 4 mesi per Luigi Cima, considerato a capo del gruppo di spaccio; 3 anni e 2 mesi per Armando Adesso; per Emanuele Aufiero 3 anni e 4 mesi; 2 anni per Angelo Giudice; dieci mesi con sospensione della pena per Lucia Gigi e 2 anni per Rida Errai. Quelli che invece affronteranno il processo il prossimo 18 settembre sono Gaetano Mancuso, Giancarlo Cima, Maurizio Manna, Martino Pappacena, Nunzia Crescenzo, Aniello Baselice, Youness Labriri, Omar Abdani, Luigi Nappo, Salvatore Domatore e Rachid Sahili. Secondo le accuse ognuno degli indagati svolgeva un compito ben preciso. C’era chi gestiva lo spaccio in strada, chi gestiva il taglio e la preparazione delle dosi e chi pensava alla logistica. Gli agenti della squadra mobile individuarono anche un circolo utilizzato come appoggio logistico per la vendita di sostanze stupefacenti. A far scattare le indagini semplici controlli in strada. Uno dei primi episodi risale al 2014 quando vennero fermati tre marocchini con cento grammi di hashish, poi in un’altra occasione trovati con quattro chili di hashish. Le cessioni avvenivano nei mercati rionali, presso i bar, i circoli e nei parcheggi delle scuole.

Cronache della Campania@2018

Omicidio stradale, la pesante accusa contro l’attore Diele: ‘Ha frenato tre secondi dopo l’impatto’

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Il gup Piero Indinneo nella motivazione della sentenza di condanna per l’attore Domenico Diele, parla di negligenza e di imprudenza per essersi messo alla guida dell’auto dopo aver fatto uso di hashish e con la patente ritirata.
Così viene definito quindi il comportamento dell’attore, che dovrà ora scontare sette anni e otto mesi di reclusione per omicidio stradale aggravato dall’uso di sostanze psicotrope.  Diele avrebbe viaggiato a 157 chilometri orari nonostante il limite di velocità fosse di 130 su quel tratto autostradale (tra Pontecagnano e Salerno, all’altezza dello svincolo di Montecorvino Rovella). Secondo i periti, proprio tenuto conto di quel tratto autostradale e della velocità degli autoveicoli, Diele avrebbe avuto circa 3,3 secondi di tempo per rendersi conto della presenza dello scooter guidato dalla vittima, Ilaria Dilillo, alla quale il magistrato riconosce un concorso di colpa. 3,3 secondi che il gup definisce lunghi e durante i quali l’attore non avrebbe predisposto alcuna manovra per impedire il contatto. Eppure, secondo i consulenti, sarebbe bastata una semplice sterzata verso sinistra alla distanza anche solo di cinquanta metri dallo scooter. 
La prima frenata di Diele sarebbe avvenuta, secondo l’analisi della scatola nera della sua Audi 3, dopo 2,2 secondi dall’impatto con lo scooter. Un dato che contrasta con quanto l’attore ha dichiarato spontaneamante in udienza parlando di forte fragore con esplosione dell’airbag e conseguenti fumi nell’abitacolo della vettura. Tale fragore – spiega il gup – avrebbe dovuto comportare una frenata immediata o comunque secondo tempi precisi di circa 1-1,2 secondi dall’impatto tenuto conto proprio del sistema frenante della sua auto. Secondo il consulente tecnico dell’attore il concorso di colpa della vittima, Ilaria Dilillo, sarebbe evidenziato dal fatto che la donna non indossava il casco protettivo o, comunque, non lo teneva allacciato e le luci dello scooter sarebbero state spente. Quest’ultima contestazione, però, non risulta agli atti del procedimento tant’è che nella motivazione della sentenza il magistrato, nel riconoscere il concorso di colpa, sostiene che la Dilillo avrebbe mantenuto il lato sinistro della corsia centrale di marcia non tenendo, quindi, perfettamente la destra e contravvenendo così all’articolo 143 del codice della strada.
Secondo il magistrato, quindi, l’incidente non è stato causato da situazioni oggettivamente imprevedibili e inevitabili che renderebbero marginale il fatto che Diele avesse fatto uso di hashish (gli sono stati trovati 104 nanogrammi di sostanza mentre il limite massimo è di 30), bensì è stato causato proprio dal suo stato di alterazione.

Cronache della Campania@2018

Contromano in tangenziale: in Appello dimezzata la condanna per Mormile

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La Corte di Assise d’Appello di Napoli ha dimezzato la condanna a 20 anni di reclusione inflitta in primo grado a Nello Mormile, il dj di 31 anni che a bordo della sua auto, all’alba del 25 luglio 2016, percorse, contromano e a vari spenti, un lungo tratto della tangenziale di Napoli provocando un grave incidente stradale in cui persero la vita la fidanzata, Livia Barbato, e Aniello Miranda, che a bordo della sua vettura si stava recando a lavoro. In primo grado, Mormile, che ha sempre riferito di non ricordare l’accaduto, e’ stato condannato, il 14 luglio 2016, a 20 anni di carcere. In Appello, invece, gli sono stati inflitti dieci anni e due mesi.

Cronache della Campania@2018

Uccise il correntista al quale aveva rubato i soldi: fine pena mai per l’ex direttore delle poste

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Uccise il correntista al quale aveva rubato i soldi: fine pena mai per l’ex direttore delle poste di Massa di vallo a Vallo della Lucania in provincia di Salerno. La conferma è arrivata nella giornata di ieri dalla Corte di Cassazione che ha reso definitiva la condanna all’ergastolo per Pasquale Cammarosano  accusato di aver ucciso Carmine Novelli, un correntista del piccolo ufficio postale. Una vicenda lunghissima questa che dura da quando il corpo di Novelli fu ritrovato nel Marzo 2001 in un sacco sul ciglio della strada. Le indagini, però, per anni sono rimaste senza un colpevole. Tutto cambia nel 2009 quando Cammarosano fu arrestato per gli ammanchi sui conti correnti del piccolo ufficio postale di Massa. Le denunce presentante dai correntisti fecero scattare le indagini nell’ ufficio postale di cui cliente era anche Carmine Novelli. Dai controlli si scoprì che gli ammacchi erano di quasi un milione di euro. Le due inchieste si sono poi incrociate e le indagini della scientifica ritrovarono le impronte digitali dell’ ex direttore sul sacco in cui era stato rinchiuso il cadavere. Si aprì, quindi, nel 2010 il procedimento per omicidio. Su quelle impronte, durante il processo, si è aperto un giallo, perché i sacchi non sono più stati trovati e gli avvocati di Cammarosano hanno lamentato di non aver potuto eseguire i loro riscontri. La vicenda suscitò scalpore. Cammarosano era considerato da tutti persona onesta e perbene. Nessun contribuente avrebbe messo in dubbio la sua onestà.

Cronache della Campania@2018

La Cassazione conferma i 150 anni di carcere per i 14 esponenti del clan Belforte. TUTTE LE CONDANNE

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La Corte di Cassazione ha confermato le condanne per 14 persone accusate di aver gestito, sotto il controllo del clan Belforte di Marcianise, un vasto giro di spaccio di sostanze stupefacenti a Caserta e nei comuni limitrofi. Il processo e’ una costola dell’indagine della Squadra Mobile di Caserta, coordinata dalla Dda di Napoli, denominata “Officina del Crimine”, in riferimento all’officina meccanica di San Nicola la Strada, gestita dall’esponente del clan Massimo Belgiorno, in cui si tenevano i summit di camorra che servivano a pianificare l’attivita’ di vendita della droga e soprattutto l’attivita’ estorsiva ai danni degli imprenditori di Caserta e dintorni; nel corso dell’indagine fu sequestrato il “libro mastro” del clan, in cui erano annotati i nominativi degli imprenditori vessati e le quote che essi dovevano pagare ai Belforte. Oltre sessanta le persone coinvolte nell’inchiesta, da cui sono nati vari processi; per 14, accusate perlopiu’ di reati di droga, la fase processuale si e’ conclusa con il rigetto dei ricorsi da parte della Cassazione, che ha confermato le sentenze d’appello che prevedevano pene dai 5 ai 16 anni. Tra loro anche quattro donne, tutte riconosciute colpevoli di aver preso parte attiva allo spaccio di droghe leggere e pesanti, soprattutto cocaina, crack e hashish. Sette dei quattordici imputati erano gia’ detenuti; gli altri sono stati invece arrestati dalla Polizia di Stato su ordine della Procura Generale di Napoli e condotti in carcere per scontare la pena.

DELLA VALLE Antonio, casertano classe 1977, ivi res., detto “O’ vecchio”, già detenuto in custodia cautelare e condannato ad anni 16 di reclusione;
IADICICCO Vittoria, di Marcianise classe 1975, ivi res., pregiudicata, già detenuta in custodia cautelare e condannata ad anni 11 di reclusione;
D’AGOSTINO Massimiliano, di Caserta, classe 1978, ivi res., libero condannato ad anni 7 e mesi 6 di reclusione;
DELL’ANNO Pasqualina, di Maddaloni, classe 1988, ivi res., libera, condannata ad anni 9 di reclusione;
ORIONE Vincenza, di Marcianise classe1949, ivi res. pregiudicata, libera, condannata ad anni 8 di reclusione;
CIOFFI Michele, di Maddaloni classe 1960, ivi res., pregiudicato, detto “Papusc” già detenuto in custodia cautelare e condannato ad anni 10 di reclusione;
ZARRILLO Rocco, di Marcianise, classe 4.5.1977, ivi res., pregiudicato, libero condannato ad anni 5 di reclusione;
TREPICCIONE Augusto, di Caserta classe1977, ivi res., pregiudicato, libero, condannato ad anni 11 di reclusione;
BISCARDI Andrea, di Caserta classe1982, ivi res., detto “lampadina” o “Biscotto”, pregiudicato, condannato ad anni 7 e mesi 6 di reclusione, pregiudicato, già detenuto agli arresti domiciliari;
ALOIS Giovanni, di Caserta, classe 1984, ivi res., pregiudicato”, già detenuto in custodia cautelare e condannato ad anni 11, mesi 1 e giorni 15 di reclusione;
PELLEGRINO Antonio , Maddaloni classe 1952, ivi res., pregiudicato, detto “Manomozza” , libero, condannato ad anni 8 di reclusione;
DI STEFANO Giovanni, di Caserta classe 1981, ivi res., detto “Ciaccia Ciaccia”, pregiudicato, condannato ad anni 11 di reclusione, già detenuto agli arresti domiciliari;
MAIETTA Arcangelo, di Maddaloni classe 1987, pregiudicato, già detenuto in custodia cautelare e condannato ad anni 10 e mesi 6 di reclusione;
DI VICO Caterina, di Roubaix (Fr) classe 1971, residente in Maddaloni, pregiudicata, detta “katina”, condannato alla pena di anni 15 e mesi 6 di reclusione, già detenuta agli arresti domiciliari.

Ai relativi ordini di carcerazione, emessi dalla Procura Generale della Repubblica di Napoli nei confronti degli imputati non detenuti, é stata data esecuzione dalla Squadra Mobile di Caserta che ha svolto le indagini.

Sono stati, pertanto, arrestati:

DELL’ANNO Pasqualina, tratta in arresto il 31.5.2018, presso la sua abitazione in Maddaloni e associata alla Casa Circondariale femminile di Pozzuoli;
ORIONE Vincenza, tratta in arresto il 31.5.2018, presso la sua abitazione in Marcianise e associata alla Casa Circondariale femminile di Pozzuoli per l’espiazione della pena residua di anni 7, mesi 11 e giorni 27 di reclusione;
ZARRILLO Rocco, tratto in arresto il 29.5.2018 in Marcianise e associato alla Casa Circondariale di S. Maria C.V.;
TREPICCIONE Augusto , tratto in arresto in Caserta e associato alla Casa Circondariale di S. Maria C.V.;
PELLEGRINO Antonio, tratto in arresto il 30.5.2018 in Maddaloni e associato alla Casa Circondariale di S. Maria C.V.;
DI VICO Caterina, tratta in arresto il 25.5.2018 e associata alla Casa Circondariale femminile di Pozzuoli.
D’AGOSTINO Massimiliano, tratto in arresto il 28.5.2018, e associato presso la Casa Circondariale di Benevento;

Cronache della Campania@2018

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