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Corruzione: arrestati il sindaco di Villa Literno e altre tre

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Villa Literno. In data odierna, nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Napoli Nord, i Carabinieri del Comando Provinciale di Caserta, Reparto Operativo – Nucleo lnvestigativo, hanno eseguito un’ordinanza di misura cautelare degli arresti domiciliari, nei confronti di quattro persone. Si tratta in particolare di due imprenditori edili di Villa Literno e del sindaco del Comune di Villa Literno nonché dell’ex Responsabile dell’Ufficio Tecnico del medesimo comune ed attuale responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Frignano, per corruzione e falso ideologico in atti pubblici.
I fatti risalgono al periodo pre e post-elettorale del rinnovo del mandato a sindaco e riguardano il rilascio del permesso di costruire richiesto dagli imprenditori per la realizzazione di un centro recettivo-turistico in via delle Dune a Villa Literno. Il sindaco di Villa Literno é colpito dalla misura cautelare anche per altra vicenda corruttiva inerente al pagamento di crediti per prestazioni svolte a favore dell’ente comunale da un altro imprenditore, sempre di Villa Literno, pagamento avvenuto in periodo di dissesto del comune
Le complesse indagini sono state svolte dai Carabinieri del Comando Provinciale di Caserta, Reparto Operativo – Nucleo Investigativo, i quali hanno ricostruito entrambe le operazioni, individuando le condotte di illecita interferenza nella pratica amministrativa e in quella di liquidazione dei crediti da parte degli amministratori e tecnici del comune di Villa Literno.
Il provvedimento cautelare emesso dal GIP del Tribunale di Napoli Nord contiene anche gli elementi di prova, valutati dal Giudice in termini di gravi indizi di colpevolezza, in ordine alle condotte di reato, riguardanti il finanziamento della Regione Campania con fondi europei, nonché la realizzazione dell’appalto di Adeguamento e completamento della rete fognaria — 1° Stralcio funzionale del Comune di Lusciano. E stata, infatti, riconosciuta la gravità indiziaria con riferimento ai delitti di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, falsi ideologici e falso materiale, turbative d’asta e frodi in pubbliche forniture, attribuiti – con riferimento alle specifiche condotte di ciascuno – a carico di amministratori, tecnici e degli imprenditori attinti dalla misura cautelare.
Con riguardo sempre alla vicenda del Comune di Lusciano, il provvedimento cautelare applica, in particolare, nei confronti di questi ultimi la misura degli arresti domiciliari anche per le condotte relative all’appalto fognario, nonché conferma un grave quadro indiziario concernente le condotte di truffa aggravata, falsi e frodi in fase esecutiva, ascritte al Sindaco di Lusciano, ad un ex assessore del suddetto Comune, nonché a molti dei tecnici impegnati nella realizzazione dell’opera, quali il Responsabile Unico del Procedimento (RUP) pro tempore, i direttori dei lavori, l’ispettore di cantiere, il collaudatore e i supporti al RUP. Il provvedimento afferma, altresì, la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza relativamente ai delitti di turbativa della gara e di falso ideologico, relativamente all’incarico conferito dall’ente per il medesimo appalto al coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione. Le indagini di questo Ufficio, in riferimento a tale troncone investigativo, si sono avvalse della rilevante collaborazione dell’ANAC.
Con riguardo a tutte le vicende richiamate, sono attualmente in corso, unitamente all’esecuzione del provvedimento cautelare, numerose perquisizioni finalizzate a completare il compendio indiziario già raccolto.

 Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2019


Colpo ai nuovi signori del racket del clan Moccia: manette per il boss Renato Tortora e altri 17 tra familiari e affiliati. TUTTI I NOMI

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In data odierna, a conclusione di una complessa attività di indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Napoli – Direzione Distrettuale Antimafia – personale del Commissariato della Polizia di Stato di Afragola ha dato esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale di Napoli nei confronti di 18 soggetti, a vario titolo raggiunti da gravi indizi di colpevolezza dei reati di partecipazione ad associazione di stampo camorristica, estorsione sia consumata che tentata porto e detenzioni di armi, reati aggravati dalle modalità camorristiche,.

In particolare attraverso le indagini si è individuata l’articolazione che attualmente ha il controllo sul territorio di Casoria ed Afragola delle estorsioni e gestisce il sostentamento della cassa del clan MOCCIA attraverso l’imposizione capillare del pizzo sulle attività commerciali ed imprenditoriali.

Fra gli arrestati vi sono soggetti già condannati o attualmente imputati per loro appartenenza al clan MOCCIA, che storicamente controlla quei territori (fra questi in particolare il capo e promotore TORTORA Renato e SERRAPIGLIA Ciro) ovvero appartenenti a famiglie di massimi esponenti di quel clan ( quali TUCCILLO Domenico, figlio del defunto TUCCILLO Gennaro, inteso Zi’ Sante)

Le attività di indagine traevano un forte impulso da un grave episodio di sangue del dicembre del 2018 allorchè in San Pietro a Paterno era gravemente ferito FONZO Giuseppe, vicino ad un altro appartenente del clan Moccia, Pietro Iodice , alias Pierino a Siberia.

Per il tentato omicidio venivano tratti in arresto a seguito di fermo del PM (e sono attualmente imputati davanti al Tribunale di Napoli e al Gup) soggetti quali CARPENTIERI Francesco, SCOGNAMIGLIO Cristian, GARZIA Rosario e MAUGERI Emanuele Angelo; questi ultimi tre emergono ora, all’esito delle indagini, svolte su questo versante da parte del Comando Provinciale dei carabinieri di Napoli, come appartenenti alla articolazione camorristica capeggiata da TORTORA Renato.

Nel corso delle indagini sono stati acquisiti numerosi riscontri alla ipotesi accusatoria, mediante sequestri di armi (quali un fucile a canne mozze ed una bomba a mano nel marzo 2019) nella disponibilità del sodalizio e provvedimenti di fermo dei soggetti dediti alla commissione di delitti estorsivi (quali FERRARA Gennaro, URGHERAIT Gianni e CAPUTO Lucio nel giugno, e SPAGNOLI Antonio nell’ottobre di quest’anno).

Le parallele indagini svolte attraverso intercettazioni permettevano di stabilire come il TORTORA Renato, collaborato dai propri figli, TORTORA Enrico e TORTORA Pietro, nonché dalla consorte, MAURO Rosa, avesse, nel corso dell’attività investigativa, assunto il pieno controllo delle attività delittuose sul territorio di Casoria e l’onere di sostentamento non solo dei propri affiliati arrestati, ma anche di altri detenuti e dello loro famiglie appartenenti al sodalizio denominato Clan Moccia, provvedendo in caso di arresti di associati alla loro sostituzione con nuove leve provenienti dal territorio.

Dalle indagini emergevano invece come referenti di Afragola, in stretta simbiosi con il sottogruppo casoriano, SERRAPIGLIA Ciro, e TUCCILLO Domenico, già imputati in altri procedimenti di associazione camorristica ovvero di detenzione di armi nell’interesse del clan MOCCIA

I membri del gruppo risultano in particolare in possesso di “ liste” di esercizi commerciali o attività imprenditoriali (nell’ordine di molte decine) da sottoporre ad estorsione e programmavano una ampia campagna di riscossione anche nel prossimo periodo natalizio.

Dal complesso delle indagini emergeva come il sodalizio, attraverso i propri sodali destinatari dei provvedimenti cautelari in argomento, abbia eseguito innumerevoli estorsioni in danno di esercenti commerciali ubicati nei Comuni di Casoria ed Afragola; in particolare emergeva come nel periodo natalizio 2018 dette attività illecite venivano effettuate per mezzo di SCOGNAMIGLIO Cristian, GARZIA Rosario, CARPENTIERI Francesco e MAUGERI Emanuele Angelo poi sottoposti a fermo di indiziato di delitto disposto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli -DDA in data 10.01.2019 in quanto gravemente indiziati di essere gli esecutori materiali dell’agguato camorristico in danno di FONZO Giuseppe.

Conseguentemente si individuavano i nuovi soggetti incaricati dal sodalizio per eseguire le medesime attività estorsive ed identificati per FERRARA Gennaro, URGHERAIT Gianni e CAPUTO Lucio, i quali in data 06.06.2019 venivano raggiunti da provvedimento fermo di indiziato di delitto disposto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli -DDA in ordine alle fattispecie di reato di cui agli artt. 56, 629 Cp e 416 Bis comma 1 Cp.

Anche in questo caso, il sodalizio provvedeva alla sostituzione dei ristretti, individuando nuovi adepti incaricati di compiere attività estorsive a ridosso dello scorso periodo ferragostano e post-estivo. In particolare si accertavano gravi indizi di colpevolezza nei confronti dell’AMBROSIO Domenico, CERVO Vincenzo e SPAGNOLI Antonio, quest’ultimo tratto in arresto in data 15.10.2019 nella flagranza di reato di un tentativo di estorsione in danno di un cantiere edile.

 

ELENCO ARRESTATI E RELATIVE IMPUTAZIONI

TORTORA Renato, associazione a delinquere di stampo camorristico con ruolo direttivo, più episodi di estorsione tentata e consumata aggravati ex art. 416 bis1 c.1 c.p. , detenzione di armi ed esplosivi aggravata ex art. 416 bis1 c.1 c.p;
TORTORA Enrico, associazione a delinquere di stampo camorristico, più episodi di estorsione tentata e consumata aggravati ex art. 416 bis1 c.1 c.p. ;
TORTORA Pietro, associazione a delinquere di stampo camorristico, estorsione aggravata ex art. 416 bis1 c.1 c.p.;
SERRAPIGLIA Ciro, associazione a delinquere di stampo camorristico;
MAURO Rosa, associazione a delinquere di stampo camorristico;
TUCCILLO Domenico, associazione a delinquere di stampo camorristico;
AMBROSIO Domenico, associazione a delinquere di stampo camorristico, più episodi di estorsione tentata e consumata aggravati ex art. 416 bis1 c.1 c.p. ;
SPAGNOLI Antonio, associazione a delinquere di stampo camorristico;
MIGLIOZZI Luigi, associazione a delinquere di stampo camorristico, estorsione aggravata ex art. 416 bis1 c.1 c.p. , detenzione di armi ed esplosivi aggravata ex art. 416 bis1 c.1 c.p;
CAPUTO Lucio, associazione a delinquere di stampo camorristico;
URGHERAIT Gianni, associazione a delinquere di stampo camorristico, più episodi di estorsione tentata e consumata aggravati ex art. 416 bis1 c.1 c.p. ;
FERRARA Gennaro, associazione a delinquere di stampo camorristico, più episodi di estorsione tentata e consumata aggravati ex art. 416 bis1 c.1 c.p. ;
VEROLA Mauro, associazione a delinquere di stampo camorristico;
CERVO Vincenzo, associazione a delinquere di stampo camorristico, tentata estorsione aggravata ex art. 416 bis1 c.1 c.p.;
SCOGNAMIGLIO Cristian, associazione a delinquere di stampo camorristico, più episodi di estorsione aggravata ex art. 416 bis1 c.1 c.p. ;
GARZIA Rosario, associazione a delinquere di stampo camorristico, più episodi di estorsione aggravata ex art. 416 bis1 c.1 c.p. ;
CARPENTIERI Francesco, estorsione aggravata ex art. 416 bis1 c.1 c.p.;
MAUGERI Emanuele Angelo, associazione a delinquere di stampo camorristico.

Cronache della Campania@2019

Concussione: indagato il procuratore aggiunto di Avellino

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La Procura di Roma ha iscritto nel registro degli indagati, per concussione, il procuratore aggiunto di Avellino, Vincenzo d’Onofrio nell’ambito della stessa indagine che vede indagato l’ex capo degli ispettori del Ministero della Giustizia Andrea Nocera a cui si contesta la corruzione in concorso. Lo rendono noto organi di stampa. Indagati, sempre per corruzione in concorso, anche l’ex senatore di Forza Italia, Salvatore Lauro, e l’armatore Salvatore Di Leva sul cui cellulare gli investigatori, nell’ambito dell’indagine “madre”, hanno inoculato il trojan che ha consentito di intercettare la conversazione ritenuta chiave. Gli accertamenti su D’Onofrio, passati per competenza a Roma, sono finalizzati ad accertare una presunta pressione esercitata sull’armatore Di Leva, finalizzata a fargli riparare una barca usata per gite nel Golfo di proprietà di Pasquale D’Aniello, vicesindaco di Piano di Sorrento. Nelle indagini risulta coinvolto anche l’ufficiale della Guardia di Finanza Gabriele Cesarano.

Cronache della Campania@2019

“I pentiti ci hanno mandato nei guai”, Pupetta Maresca chiede aiuto ad Adolfo Greco con una lettera

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I pentiti ci hanno mandato nei guai, chiedo scusa per l’invadenza ma avevo la necessità di un lavoro per mio figlio. E’ questo, in sintesi, il succo della lettera scritta da Assunta Maresca, conosciuta da tutti come Pupetta, e inviata all’imprenditore Adolfo Greco. La missiva, acquisita nel corso dell’udienza odierna del processo Olimpo, è stata trovata dagli agenti della squadra mobile nel corso della perquisizione a casa di Adolfo Greco nel dicembre dello scorso anno e posta sotto sequestro insieme a del denaro contante, due agende, dei manoscritti e telefono cellulare. La lettera, secondo quanto riportato dagli investigatori, è stata scritta da Pupetta a seguito delle incessanti richieste di aiuto per il figlio. La donna chiedeva un’occupazione all’imprenditore caseario. Greco, nonostante le continue richieste, non avrebbe mai incontrato la donna. Inoltre nella missiva Pupetta avrebbe chiesto anche scusa per essere stata troppo fastidiosa con le richieste. Questa lettera è spuntata durante il dibattimento di oggi dove si è parlato degli episodi di estorsione ricevuti da Greco da parte dei clan egemoni sul territorio cittadino per il quale si è costituito parte civile nel corso del processo scaturito dall’Inchiesta Olimpo che si celebra al tribunale di Torre Annunziata.

Cronache della Campania@2019

Uccisa dall’ex: il pizzaiolo di Torre del Greco chiede uno sconto in Appello

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Dovrà pronunciarsi sulla richiesta dell’omicida di attenuazione della pena, sull’istanza di inasprirla della Procura e anche sul ricorso per un risarcimento “più dignitoso”, la Corte di Assise di Appello di Venezia, che si riunirà giovedì prossimo nell’aula bunker di Mestre per il processo di secondo grado sull’omicidio di Maria Archetta Mennella, detta Mariarca, la 38enne di Torre del Greco  uccisa dall’ex il 23 luglio 2017, nella sua casa di Musile di Piave dove si era trasferita, dal suo ex, il pizzaiolo torrese Antonio Ascione. Ascione venne condannato in primo grado a venti anni di reclusione, il 4 ottobre del 2018, dal giudice del Tribunale veneziano Massimo Vicinanza. I familiari della vittima sono difesi, per quanto riguarda la parte civile, dall’avvocato Alberto Berardi e dallo Studio 3a. Il Tribunale decise di concedere una provvisionale immediatamente esecutiva di 50mila euro per i figli, 30mila per la mamma e 20mila per le sorelle e il fratello.

Cronache della Campania@2019

Arrestato psichiatra, falsificava certificati porto armi

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Cento euro per un certificato finalizzato a ottenere l’invalidita’ dell’Inps, circa 50 per il rilascio o il rinnovo del porto d’armi. Nell’arco di un mese di osservazione durante l’indagine dei carabinieri del Nas di Latina, sono 150 i certificati falsi documentati e rilasciati, dietro pagamento, da un medico psichiatra in servizio al Centro di salute mentale della Asl di Latina, nella sede di Fondi. Le telecamere installate dagli investigatori hanno immortalato i contatti e gli scambi di denaro tra il medico e gli intermediari che di volta in volta si rivolgevano allo psichiatra per conto di altre persone. Tra questi, un avvocato del foro di Latina, alcuni soggetti che operavano all’interno di patronati, il comandante della polizia municipale di Monte San Biagio, un responsabile dell’associazione Arci Caccia di Terracina. In totale sono undici le persone finite agli arresti, nove in carcere e due ai domiciliari, tra cui un soggetto gia’ detenuto che aveva ottenuto certificati medici che gli avevano consentito di uscire dal carcere di Latina per visite mediche in realta’ mai effettuate. In alcuni casi, infatti, il medico aveva anche certificato false patologie o finti aggravamenti di malattie che potevano agevolare la scarcerazione di detenuti o il loro allontanamento dagli arresti domiciliari giustificato da visite mediche. Per tutti le accuse sono, a vario titolo, di corruzione, falso ideologico, interruzione di pubblico servizio, falsita’ ideologica commessa da pubblico ufficiale, truffa ai danni dello Stato, false attestazione o certificazioni. Un giro d’affari e un danno all’Inps che al momento e’ impossibile quantificare. Il sistema era infatti ben radicato e consolidato e andava avanti da molto tempo, coinvolgendo un gran numero di persone. Sono 70 infatti gli indagati a piede libero, tutti beneficiari dei falsi certificati rilasciati dal medico, che attestavano invalidita’ in realta’ non esistenti e idoneita’ al porto d’armi a soggetti potenzialmente privi dei requisiti psicologici necessari. Nella gran parte dei casi accertati dagli investigatori il medico non incontrava neppure i pazienti, ma rilasciava i documenti richiesti direttamente agli intermediari preoccupandosi pero’ di preparare adeguatamente i propri clienti alla visita della commissione. Dopo aver accertato la mole di certificati falsi rilasciati, i carabinieri del Nas sono risaliti ai destinatari del porto d’armi, sequestrando le rispettive licenze e complessivamente 104 armi tra le province di Latina, Caserta e Roma. Nell’ambito della stessa indagine sono stati inoltre accertati casi di assenteismo dello stesso medico, che in piu’ occasioni aveva abbandonato il posto di lavoro per incombenze di natura personale, sospendendo cosi’ un servizio pubblico per il quale percepiva uno stipendio di circa 2mila euro. “Abbiamo dovuto necessariamente restringere il campo e l’arco temporale dell’attivita’ di indagine – spiega il procuratore aggiunto Carlo Lasperanza che ha coordinato l’inchiesta – ma i numeri ci indicano che il sistema corruttivo era ben piu’ ampio, diffuso e organizzato”.In carcere sono finiti Antonio Quadrino, Silvano Centra, Massimiliano Del Vecchio, Stefani Di Biagio, Antonio Di Fulvio, Bruno Lauretti, Mary Lombardozzi, Fausta Mancini, Tania Pannone. Arresti domiciliari per Aldo Filippi e Tommaso Rotunno.

Cronache della Campania@2019

Sant’Anastasia, il sindaco in manette mentre il Municipio è addobbato a festa per un matrimonio

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Mentre la Guardia di Finanza stringeva le manette intorno ai polsi del sindaco di Sant’Anastasia  il Comune veniva addobbato a festa per un matrimonio che si doveva celebrare di li’ a poco. Preparativi che non si sono fermati davanti alle fiamme gialle giunte in Municipio per sequestrare computer e faldoni di documenti relativi ad alcuni concorsi pubblici, per i quali sono finiti in carcere il sindaco Lello Abete, il segretario generale Egizio Lombardi, il consigliere comunale di maggioranza Pasquale Iorio, ed il rappresentante legale di una società cooperativa di Salerno, con l’accusa di associazione per delinquere dedita alla commissione di più delitti di corruzione. Secondo la Procura di Nola i quattro avrebbero alterato per via informatica i risultati delle prove dei concorsi in cambio di mazzette che variavano dai 30mila ai 50mila euro, da versare prima delle prove. La guardia di finanza, che indaga sulla vicenda da mesi, ha posto sotto sequestro anche la società a cui era affidata l’organizzazione dei concorsi pubblici del comune anastasiano. Per altre due persone, la vincitrice di uno dei concorsi ed il marito, il Gip di Nola ha disposto invece il divieto di dimora in Campania. E mentre al primo piano i finanzieri cercavano computer e faldoni da portare via, il portone ed il piano terra del municipio venivano addobbati con rose, alberi con fiori bianchi e palle di Natale, e veniva steso un tappeto di petali rossi per il passaggio della sposa. In sala consiliare lo sposo, emozionato, cercava di capire se la presenza della Guardia di finanza potesse creare difficolta’ alla cerimonia officiata dal giudice di pace, sceso dall’ultimo piano del municipio, dove sono ubicati gli appositi uffici, per indossare la fascia tricolore e consentire il matrimonio. Al di fuori del Comune, pero’, i curiosi non attendevano la sposa, ma l’uscita delle fiamme gialle, ricordando l’arresto di un altro sindaco, avvenuto a dicembre del 2013, quando in manette fini’ Carmine Esposito, zio di Abete. I finanzieri, alla fine, hanno lasciato il municipio insieme al segretario generale ed ai faldoni sequestrati, prima dell’arrivo della sposa, che ha potuto pronunciare il fatidico ‘si” senza problemi.

Cronache della Campania@2019

Il cliente muore e il direttore ed un dipendente della banca prelevano i soldi dal suo conto

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Un ex direttore di una filiale di Sarno, insieme ad un dipendente, rischiano il rinvio a giudizio perchè si sarebbero appropriati di soldi di una persona deceduta, attraverso il suo conto corrente. I fatti, che vanno dal 2014 al 2017, vedono i due destinatari di una richiesta di processo a firma della procura di Nocera Inferiore.
I reati sono sostituzione di persona, uso indebito di carta di credito, peculato e falsità in assegno bancario. L’attività della polizia giudiziaria partì dopo il 2018, a seguito di apposita querela. L’ex direttore, abusando del suo ruolo, avrebbe aperto dei conti correnti usando il nome di un’altra persona, effettuando poi una serie di prelievi indebiti di grosse somme di denaro. In un caso, effettuando anche un versamento, falsificando la firma sull’assegno. Inoltre, si sarebbe appropriato delle quote di pensione versate dall’Inps sul conto di una persona deceduta, per coprire il resto delle operazioni bancarie effettuate in un momento precedente. Lo stesso avrebbe fatto il dipendente, attingendo da quello stesso conto, usando indebitamente la carta di credito, per prelevare grosse somme di denaro, causando un danno economico di grave entità, secondo la procura. Per entrambi ci sarà ora il vaglio del gip, prima della fissazione del dibattimento.

 Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2019


Camorra: condannati all’ergastolo il boss Polverino e il suo braccio destro Giuseppe Simioli

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La Seconda Corte di Assise di Napoli(presidente Alfonso Barbarano) ha condannato all’ergastolo Giuseppe Polverino, capo dell’omonimo clan di Marano di Napoli, e di Giuseppe Simioli, elemento di spicco dello stessa organizzazione malavitosa, per l’omicidio di Giuseppe Candela, detto “Peppe 13 anni”, assassinato nel centro di Marano di Napoli, nel luglio del 2009, su specifico ordine del boss, che ne aveva decretato la morte durante un summit in Spagna. Secondo le indagini degli allora pm antimafia Woodcock e Di Mauro, Candela venne punito perché stava gestendo i suoi affari in autonomia e senza più rispondere al clan. Nel febbraio del 2016, nell’ambito delle indagini per quel fatto di sangue, i carabinieri notificarono quattro misure cautelari per Polverino, Simioli e anche a Raffaele D’Alterio e Biagio Di Lanno, quest’ultimo all’epoca collaboratore di giustizia.

Cronache della Campania@2019

Il fratello di Tony al processo: ‘Quando entrai Giuseppe era steso sul divano, sembrava dormisse… e poi mosse una gamba’

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“Giuseppe era sdraiato sul divano… mi avvicinai per dirgli che stavano per arrivare i medici… aveva gli occhi chiusi, sembrava che stesse dormendo… mosse una gamba… ma non vi so dire se era vivo”. Potrebbe avere colto un movimento involontario post mortem oppure gli ultimi istanti di vita del piccolo Giuseppe Dorice,  Rafael Essobti, fratello di Toni, quest’ultimo imputato davanti alla terza Corte di Assise di Napoli (presidente La Posta) con l’accusa di avere ammazzato a colpi di bastone il figlio della compagna, Valentina Casa, anche lei a giudizio, per favoreggiamento. E’ la volta del padre naturale dei bambini, Felice Dorice. (che si è avvalso della facoltà di non rispondere), imputato in un altro procedimento giudiziario, e dei familiari di Toni, oggi, nel Palazzo di Giustizia di Napoli (aula 114) dove si sta celebrando il processo per l’omicidio di Giuseppe, il bimbo di 7 anni ucciso a Cardito  lo scorso 27 gennaio. Il primo teste è un luogotenente dei carabinieri che, incaricato dalla Procura di Napoli Nord, eseguì dei controlli per stabilire se tra l’inizio del 2018 e febbraio 2019 dai cellulari degli imputati siano partite richieste di soccorso. Un accertamento che ebbe esito negativo. Il secondo è invece la mamma di Toni: l’esame e il controesame si sono rivelati particolarmente complicati a causa dell’elevato grado di sordita’ della donna. Malgrado potesse avvalersi della facoltà di non rispondere, come poi ha fatto la figlia, la donna ha invece deciso di sottoporsi alle domande del pm, degli avvocati difensori e delle parti civili. Ai presenti ha riferito di essere andata a casa di Valentina dopo avere appreso che aveva litigato con Toni, e di avere trovato, invece, Giuseppe sul letto, esanime, con uno straccio insanguinato dietro la testa e altri stracci a terra, in giro per casa.

Cronache della Campania@2019

Costruivano strade e viadotti in tutta Italia usando materiali di qualità scadenti: arrestati due imprenditori del Casertano

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Costruivano strade e viadotti in tutta Italia usando materiali di qualità e quantità inferiore a quelli dichiarati, con rischio per la stabilità e la sicurezza. E per non essere scoperti pagavano tangenti. La circostanza emerge dall’ordinanza di custodia cautelare con la quale il Gip di NapoliI Nord ha disposto l’arresto, eseguito dai carabinieri di Caserta, di due imprenditori che lavoravano in tutta Italia, Francesco e Salvatore Nicchiniello. L’inchiesta ha coinvolto le amministrazioni dei comuni di Villa Literno e Lusciano.
E’ quanto emerge dalle carte dell’inchiesta della Procura di Napoli Nord che ha portato all’arresto ieri da parte dei carabinieri del Reparto Operativo di Caserta di due imprenditori edili, attivi in tutta Italia, Francesco e Salvatore Nicchiniello (padre e figlio) e che ha coinvolto per vicende corruttive le amministrazioni dei comuni casertani di Villa Literno e Lusciano; in particolare il sindaco di Villa Literno Nicola Tamburrino è finito ai domiciliari, mentre quello di Lusciano, Nicola Esposito, è stato solo indagato, nonostante la Procura ne avesse chiesto l’arresto. Tra gli indagati anche il funzionario del compartimento Anas della Sardegna Antonio Giacobbe, in relazione proprio a lavori stradali eseguiti nel nuorese dai Nicchiniello. Quest’ultimi sono ritenuti dagli inquirenti figure centrali di un sistema illecito ben definito, basato sul pagamento di tangenti a funzionari pubblici e sulla conseguente riduzione all’osso dei costi, soprattutto per i materiali; un ‘modus operandi’ emerso in tutti i lavori realizzati dai Nicchiniello, dalla Sardegna alla Campania. Ovviamente i due costruttori dichiaravano alle pubbliche amministrazioni appaltanti, falsificando verbali e documenti con la complicità di funzionari pubblici, di aver usato i materiali migliori, venendo cosi’ pagati profumatamente. In Sardegna gli imprenditori casertani dovevano realizzare a Lanusei (Nuoro) due viadotti, il Navile e il Sa Pruna, e per farlo – emerge dal provvedimento – non hanno esitato a corrompere il funzionario Anas competente, che è indagato con altre persone, e a impiegare minori quantità di fibre di carbonio e un acciaio di qualità inferiore (S355 al posto di S355 Jow), seppur pagato al costo di quello migliore, o a usare pali non certificati e non saldati a quelli esistenti, “il tutto per nascondere la cattiva esecuzione del manto stradale”. A Lusciano (Caserta), durante i lavori della rete fognaria, sarebbero state poste tubazioni non a norma, mentre sulla strada provinciale di Nola (Napoli), nel tratto Cicciano-Cancello, durante importanti lavori di sistemazione idrogeologica, sarebbero state usate barre di ferro di minori dimensioni e calcestruzzo di qualità inferiore.

Cronache della Campania@2019

Interrogato il procuratore aggiunto di Avellino indagato per corruzione, l’avvocato: ‘Abbiamo chiarito tutto’

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“Abbiamo fornito tutti i chiarimenti dovuti, punto su punto. Credo siano state fornite risposte che, allo stato, appaiono sufficienti”. Lo ha spiegato ai giornalisti l’avvocato Mario Terracciano, difensore del procuratore aggiunto di Avellino, Vincenzo D’Onofrio, coinvolto nell’inchiesta della Procura di Napoli sull’imprenditore sorrentino Salvatore Di Leva che ha portato alle dimissioni il magistrato Andrea Nocera, capo degli ispettori del Ministero della Giustizia. La Procura di Roma (competente per i magistrati del distretto di Napoli), con i pm Affinito, Varone e Tucci, contesta all’ex magistrato antimafia il reato di concussione. Durante l’interrogatorio, durato circa cinque ore, sono stati chiesti chiarimenti in merito alle presunte pressioni esercitate sull’armatore Di Leva per costringerlo a riparare gratuitamente una barca nella sua disponibilità, ma di proprietà del sindaco di Piano di Sorrento. Risposte sono state fornite anche riguardo un’altra circostanza contestata all’ex magistrato antimafia: biglietti omaggio per la partita Juve-Napoli del settembre 2018 e una notte gratis a Torino, ospite in un hotel del capoluogo piemontese. “Siamo stati puntuali, precisi ed esaustivi – ha ribadito ancora l’avvocato Terracciano – nel fornire tutti i chiarimenti dovuti: non c’è stata nessuna forma, nemmeno vaga di pressione, nei confronti di Di Leva. Tutta la vicenda può ritenersi in linea con una normale dinamica di conversazione tra soggetti che avevano anche un certo grado di frequentazione confidenziale. Ribadisco che non c’e’ stata nessuna forma di pressione, strumentalizzazione della funzione e di minaccia”. “Riguardo la messa a disposizione dell’esercizio della funzione pubblica (la seconda contestazione dei pm romani nei confronti di D’Onofrio, ndr) – spiega l’avvocato – non è chiaro tra quali soggetti sarebbe avvenuta. Oltretutto il rapporto con l’imprenditore Luigi Scavone, ex patron di Alma, è stato indiretto. Non c’è stata nessuna forma astratta o potenziale di asservimento. Credo che siamo riusciti a chiarire tutti i punti contestati”. L’indagine della Procura di Roma procede di pari passo con quella “madre” della Procura di Napoli (pm Giuseppe Cimmarotta e Henry John Woodcock) che si sta concentrando sul ruolo svolto dal colonnello della Guardia di Finanza Gabriele Cesarano, indagato per corruzione in concorso insieme con l’ex capo degli ispettori del Ministero della Giustizia Andrea Nocera, l’armatore sorrentino Salvatore Di Leva e l’ex senatore di Forza Italia Salvatore Lauro. L’ufficiale, secondo gli inquirenti risulterebbe essere il trait d’union tra Nocera e Lauro per la richiesta di alcune informazioni coperte da segreto. La vicenda, tutta da verificare, è venuta a conoscenza degli inquirenti attraverso una conversazione intercettata a Marina di Stabia grazie a un trojan inoculato sul cellulare di uno degli indagati.

Cronache della Campania@2019

Non paga gli alimenti per la figlia minorenne: condannato a un anno di carcere

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Non paga il mantenimento alla figlia minorenne. Per questo motivo il giudice Urbano del tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha condannato un padre di Caserta.
Il giudice monocratico ha inflitto 1 anno di reclusione a carico di S.W. ritenuto responsabile di non aver mantenuto la figlia minorenne come disposto dal giudice civile nella sentenza di separazione dall’ex moglie. Alla base del mancato versamento dell’assegno, secondo la versione dell’imputato, ci sarebbe stata una situazione economica difficile ma nel corso del dibattimento è emerso come la sua condotta fosse dolosa.
Oltre alla condanna il magistrato ha disposto a carico dell’imputato anche il pagamento di un risarcimento in favore della ex moglie.

Cronache della Campania@2019

Uccise il suocero accusato di aver abusato della figlioletta: chiesto l’ergastolo per Spavone e il complice

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Il pm di Milano Monia Di Marco ha chiesto due condanne all’ergastolo per il 35enne Emanuele Spavone, fratello del noto pregiudicato napoletano Ciro Spavone, che lo scorso febbraio a Rozzano, nel milanese, ha sparato e ucciso il suocero Antonio Crisanti, originario di Secondigliano che era indagato per avere abusato della nipotina (figlia dell’imputato), e per il suo complice 27enne, Achille Mauriello, che guidava lo scooter da cui sono partiti i colpi. La richiesta per omicidio premeditato aggravato è stata formulata nel processo con rito abbreviato davanti al gup Aurelio Barazzetta. Processo che e’ stato rinviato al prossimo 9 gennaio per la sentenza. L’omicidio è avvenuto il 25 febbraio scorso in un parco a Rozzano. Quel giorno, intanto, al Palazzo di Giustizia di Milano, si era concluso un incidente probatorio nel quale la bimba di otto anni aveva parlato degli abusi che avrebbe subito dal nonno. E in quell’occasione, davanti al giudice e alla madre della piccola, ossia la figlia del 63enne ucciso, era arrivata, in sostanza, la conferma dei racconti già resi dalla bambina alla polizia in un’audizione protetta. Circa due ore dopo quell’incidente probatorio in Tribunale, il nonno della bambina era stato ucciso con cinque colpi di pistola, come, si legge negli atti, in una “esecuzione”. Il padre si era armato per compiere un atto di “giustizia privata”, ossia vendicarsi delle violenze subite da sua figlia e andate avanti per circa due anni. “Quando l’ho visto, ho avuto un black out improvviso, immediato”, aveva detto, in sostanza, il padre della bimba davanti al pm e al gip subito dopo il suo arresto, difeso dall’avvocato Lucio Antonio Abbondanza. L’uomo aveva sostenuto anche che il suo amico, e presunto complice, non era a conoscenza di ciò che lui avrebbe fatto. Il pm, invece, ha contestato la premeditazione a entrambi e oggi ha chiesto l’ergastolo per tutti e due gli imputati (con lo sconto, previsto dal rito abbreviato, sull’isolamento diurno). Il gip di Milano Teresa De Pascale, a giugno, aveva accolto la richiesta del pm Di Marco e del procuratore aggiunto Letizia Mannella di mandare a processo con rito immediato i due, che poi hanno scelto l’abbreviato. Tra le varie ipotesi investigative, era stata vagliata anche quella che il 63enne fosse stato attirato in una “trappola” per portare a termine la “vendetta” contro di lui, e che fosse stato, dunque, invitato appositamente a tornare da Napoli, dove era tornato a vivere, a Rozzano, dove non passava piu’ da mesi ormai, solo pochi giorni prima di essere ucciso.

Cronache della Campania@2019

Omicidio di Mariarca Mennella: confermati anche in Appello i 20 anni di carcere per l’ex marito

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La Corte di di Assise di Appello di Venezia ha confermato i venti anni di carcere inflitti in primo grado al pizzaiolo Antonio Ascione, che all’alba del 23 luglio del 2017 ha ucciso a Musile del Piave in provincia di Venezia, nel suo letto, l’ex moglie Maria Archetta (Mariarca) Mennella. I giudici di secondo grado hanno triplicato i risarcimenti nei confronti dei familiari della donna, difesi dall’avvocato Alberto Berardi e dallo Studio 3a, ha triplicato le provvisionali stabilendo un risarcimento di 150mila euro per i due figli della coppia, 100mila per la madre della vittima e 60mila euro per la sorella e il fratello. I giudici non hanno accolto il ricorso con il quale il pubblico ministero Raffaele Incardona contestata il mancato riconoscimento dei futili motivi. Respinta anche l’istanza della difesa di Ascione, rappresentata dall’avvocato, Giorgio Pietramelara, finalizzata a ottenere una pena piu’ lieve. “Siamo contenti che almeno non hanno abbassato la pena all’assassino, perche’ avevamo timore che potesse ottenere altri sconti”, ha detto Assunta Mennella, la sorella di Maria Archetta e tutrice dei suoi due figli. “Certo, vent’anni sono pochi, – ha sottolineato la donna – per me chi uccide una persona dovrebbe andare in carcere a vita, senza neanche processo. Speravamo nell’ergastolo o in trent’anni, ma purtroppo la legge italiana e’ questa”.

Cronache della Campania@2019


Condanne per 36 anni di carcere al branco che stuprò la turista inglese nell’hotel di Meta

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Condanne complessive per 36 anni anni di carcere per i 5 ex dipendenti dell’Hotel Alimuri di meta di Sorrento accusati di aver violentato in gruppo una turista inglese la notte tra il sei il sette ottobre del 2016. La sentenza è stata emessa ieri dal Tribunale di Torre Annunziata (presidente Francesco Todisco, a latere Riccardo Sena ed Emanuela Cozzitorto). Il pm Antonio Barba aveva a chiesto 9 anni di carcere per ognuno dei cinque imputati. Il collegio invece ha condannato Gennaro Davide Gargiulo a 9 anni di reclusione, 8 anni ad Antonino Mi-niero e 8 anni a Fabio De Virgilio.Sette anni per Francesco Ciro D’Antonio.
Infine per Raffaele Regio la condanna è di 4 anni di reclusione.

Cronache della Campania@2019

Si presentavano a nome dei ‘Casalesi’ in negozi e da imprenditori di Aversa, Lusciano e Parete: arrestati in sette

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Questa mattina nelle province di Caserta e Napoli, i militari del nucleo investigativo del gruppo carabinieri di Aversa, unitamente ai carabinieri del luogo, hanno dato esecuzione a 2 ordinanze di applicazione di misure cautelari in carcere, per i reati di estorsione e tentata estorsione continuata in concorso, aggravati dall’aver agito con metodo mafioso, emesse rispettivamente: dal gip presso il Tribunale di Napoli, su richiesta della locale Procura distrettuale antimafia, nei confronti di 7 persone; dal Tribunale dei minori di Napoli, su richiesta della Procura della Repubblica presso il medesimo Tribunale, a carico di un altro soggetto, organico al gruppo criminale e minorenne all’epoca dei fatti. L’indagine, condotta tramite attività istruttorie, intercettazioni telefoniche e ambientali e servizi di osservazione, controllo e pedinamento, ha permesso di individuare e documentare le condotte di un gruppo criminale nell’ambito del quale gli indagati, dopo essersi presentati presso numerosi esercizi commerciali di Aversa, Lusciano e Parete, avrebbero tentato di compiere estorsioni, portandone alcune a compimento, avvalendosi della forza d’intimidazione promanante dall’appartenenza alla camorra nelle sue articolazioni territoriali denominate “fazione Bidognetti” e “fazione Schiavone” del “clan dei Casalesi”. Nel corso dell’indagine, sarebbero state accertate: ripetute estorsioni tentate e consumate nel periodo antecedente alle festività natalizie del 2018 con richieste, anche ingenti, di somme di denaro da parte degli indagati, alcuni dei quali pregiudicati per reati di tipo mafioso, fino a 15.000 euro; il compimento di reiterati tentativi di estorsione ai danni di esercizi commerciali tra i quali soprattutto ristoranti e imprese di trasporti; le finalità delle condotte estorsive che sarebbero connesse con la necessità di sostenere le famiglie dei detenuti ed erogare lo stipendio agli affiliati.
Sono stati arrestati e rinchiusi in carcere:

B. G., cl. 1949;
D. G., cl. 1960;
D. S. C., cl. 1967;
I. B., cl. 1962;
T. G., cl. 1978;
C. R., cl. 1988;
P. F., cl. 1989;
E. O., cl. 2000, all’epoca dei fatti minorenne, ristretto presso l’Istituto Penale per Minorenni di Napoli.

Cronache della Campania@2019

Cardarelli, appalti al clan Lo Russo: assolto il cugino del boss

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La Corte di Appello di Napoli (V sezione) ha assolto, “per non avere commesso il fatto” Francesco Orrù, cugino del boss Vincenzo Lo Russo, al termine del processo di secondo sulle presunte infiltrazioni della camorra, il particolare del clan Lo Russo, negli appalti dell’ospedale Cardarelli di Napoli. Confermate invece le condanne per Vincenzo Lo Russo e Antonio Festa a cui, in primo grado, vennero comminati otto anni di carcere. Rideterminata, infine, da 16 a 12 anni di reclusione, la pena nei confronti di Giulio De Angioletti. Le motivazioni della sentenza saranno resi noti entro 90 giorni. Centrale, nel processo, è stato il ruolo della società di pulizie Kuadra, di cui Orrù (difeso dall’avvocato Annalisa Senese) era dipendente e nella quale, secondo i pm antimafia Henry John Woodcock e Enrica Parascandolo, il clan si era infiltrato.

Cronache della Campania@2019

Napoli, prima paralizzato dopo l’intervento chirurgico e poi morto: 3 medici a processo

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Rimane con le gambe paralizzate a causa di un intervento chirurgico andato male; la paralisi si estende anche all’intestino e, dopo un mese e mezzo, il paziente muore. A distanza di quasi tre anni finisce davanti ai giudici di Napoli la vicenda di un 73enne operato nell’azienda ospedaliera dei Colli di Napoli, il 2 marzo 2017, e’ morto nell’ospedale San Paolo, il 17 aprile. La Procura di Napoli ha citato in giudizio i tre medici coinvolti nella vicenda, ipotizzando sulla base di una perizia le lesioni colpose in cooperazione. Una contestazione, invece, che la vedova, anche lei sulla base di un accertamento di parte, classifica falsa: “E’ morto per il tumore? No, me l’hanno ucciso”.

Cronache della Campania@2019

In casa aveva un vero supermercato della droga: arrestato 57enne di Santa Maria Capua Vetere

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Alcuni movimenti sospetti destano l’attenzione della Polizia di Stato della Questura di Caserta che entrano in azione e trovano a casa di un sorvegliato speciale oltre 50 grammi di cocaina e quasi 800 grammi di hashish nonché 18 grammi di ‘cobret’. Per questo motivo è finito in carcere Vincenzo Chiarolanza, 57enne di Santa Maria Capua Vetere, ritenuto attiguo al clan dei Casalesi, che dovrà rispondere del reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente.
L’attività di polizia giudiziaria è maturata nell’ambito delle operazioni volte alla prevenzione e al contrasto del traffico di droga nella Provincia di Caserta poste in essere dalla Squadra Mobile Casertana, congiuntamente al personale del Commissariato di S. Maria C.V. .
Chiarolanza era già sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno, nonché l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. I suoi movimenti sospetti portano la polizia all’irruzione all’interno della casa del 57enne, che sarebbe attivo su Villa Literno e Castel Volturno.
In casa sono stati scoperti, occultati in vari punti dell’abitazione e nel garage, diversi involucri contenenti sostanze che, come confermato a seguito delle successive verifiche, risultavano di natura psicotropa. Si trattava, infatti, di “Cocaina”, per un peso lordo complessivo di 54,5 grammi; poi “Hashish”, per un peso lordo complessivo di 782,2 grammi, nonché di “Cobret”, dal peso lordo complessivo di 18 gramma. Oltre a 1315 euro in denaro contante nonché due bilancini di precisione più tutto il materiale necessario al confezionamento delle sostanze.
Dopo gli accertamenti di rito, Chiarolanza è stato dichiarato in arresto e, come disposto dal pubblico ministero, associato presso la Casa Circondariale di S. Maria Capua Vetere in attesa del giudizio di convalida.

Cronache della Campania@2019

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