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Napoli, intercettazione choc: il boss Di Biase ucciso e sciolto nell’acido

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michele di biase paparella

Il boss Michele Di Biase, detto “paparella” sarebbe stato ucciso e sciolto nell’acido. E’ questo lo scenario raccapricciante che emerge dalle indagini sull’omicidio condotte dalla squadra mobile di Napoli e secondo il racconto di due affiliati al clan Mallardo di Giugliano intercettati dagli investigatori e i cui contenuti vengono pubblicati dal quotidiano Il Roma in edicola oggi. Il reggente sul territorio di Giugliano della cosca dei mallardo per conto della famosa “Alleanza di Secondigliano” per gli investigatori ufficialmente è vittima della lupara bianca. Paparella subì un’agguato nella notte tra il 2 e il 3 ottobre scorso. I due affiliati ai Mallardo in più passaggi registrati dagli investigatori fanno espliciti riferimenti a “Paparella”, chiamato con il soprannome con cui era conosciuto a Giugliano, e al figlio. Indicando, esplicitamente, il presunto movente: l’attività di spaccio che l’uomo ucciso avrebbe gestito in città nonostante il clan non volesse.

Ecco altri brani della conversazione intercettata in ambientale

Uomo: “E quello dice tu già stavi di là con i “Piripicci” ( gruppo criminale di Giugliano, prima alleato dei Mallardo e poi antagonista, all’epoca capeggiato dai fratelli D’Alterio, poi decimato in seguito alla loro uccisione nel giugno 1991), di là sei passato di qua”.

Altro uomo: “Paparella sta cacato sotto, alle nove di sera si ritirano, padre e figlio”.

Uomo: “Già all’epoca da là è passato di qua? E già gli hanno fatto lo sconto perché, comunque, sta da tanti anni in mezzo alla strada e cose. Ora un’altra volta? Secondo me lo stendono, lo stendono, ora ci hanno detto insieme a noi e cose, perché comunque Paparella sta da 30 anni in mezzo alla strada…Lo uccidono proprio”.

Altro uomo: “No, lo sciogliamo proprio, ha detto…”

Per l’omicidio di Michele Di Biase, che naturalmente resta presunto fino a quando non si trova il corpo- come scrive Il Roma- non ci sono indagati. Il boss 58enne di Giugliano, arrivò a via D’Avalos a bordo di una Panda a cavallo della mezzanotte tra il 2 e il 3 ottobre 2015. Probabilmente era da solo e i sicari lo affiancarono mentre era seduto al posto di guida e non era ancora sceso dalla macchina.
Uno o entrambi i proiettili esplosi centrarono il ras soprannominato “Paparella” alla testa. La polizia trovò molto sangue all’interno dell’autovettura e un cappellino con visiera forato sul lato sinistro. Il finestrino, sempre dal lato guida, era stato infranto in due punti e i colpi avevano sforacchiato anche il vetro dall’altro lato.  Nell’abitacolo c’erano anche un paio di occhiali, anch’essi sporchi di sangue. Sotto il parasole, gli investigatori trovarono la sua patente di guida. La macchina infatti è intestata al fratello Antonio, che ai poliziotti dichiarò di non utilizzarla mai. “Abitualmente ce l’ha mio fratello”, avrebbe detto quando gli uomini della Mobile lo rintracciarono nel cuore della notte. La ricostruzione più plausibile è che, con la scusa di festeggiare il compleanno insieme, qualcuno attirò Michele Di Biase in una trappola in via D’Avalos. Poi, ferito mortalmente il bersaglio designato, i sicari l’avrebbero caricato sulla loro vettura e scaricato altrove, sotterrato o sciolto nell’acido.

(nella foto il boss scomparso Michele Di Biase “paparella”


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