Trent’anni appena. Ha passato tutta la sua vita nell’orbita di un clan, prima quello del padre Pasquale Loreto, poi la sua famiglia è diventata quella dei Ridosso. “Ho deciso di collaborare perché i miei familiari stanno male, ho due figli piccoli e poi mia sorella è malata”: questa la giustificazione alla decisione di collaborare con la giustizia da parte di Alfonso Loreto che il 23 febbraio scorso racconta, nel primo verbale illustrativo, la sua partecipazione al clan Loreto Ridosso. Racconta di Pasquale Loreto ‘chill’ come lo indica spesso nei verbali che si è mangiato anche ‘i soldi della nonna’ con il quale ha avuto grossi contrasti per la ‘droga’ perché aveva un bisogno continuo di danaro. Sposato con Giovanna Barchiesi, nipote del consigliere Roberto Barchiesi, dalla quale è separato e ha avuto una bambina, è attualmente legato ad Alessia, la sua compagna, dalla quale ha avuto due figli piccolissimi che non portano il suo cognome. Alfonso Loreto comincia la sua collaborazione il giorno dopo il compleanno della prima figlia. E vuota il sacco. Una militanza durata un decennio e giunta all’apice tra il 2007 e il 2009. Un decennio di estorsioni, attentati, affari e appalti ottenuti grazie al potere dell’intimidazione e delle armi. Usura, estorsioni, videopoker e omicidi: questi i temi centrali della collaborazione di Alfonsino Loreto, condito da alleanza e rancori, oltre che di accordi e complicità con il tessuto sociale e politico di Scafati.
La nascita del clan e i capi. All’inizio il capo dell’organizzazione era Salvatore Ridosso, siamo ai primi anni del 2000, e Tore ‘piscitiello’ si impone a suon di botte in città. Vuole mettere le mani sull’affare videopoker e non sopporta che il clan Aquino-Annunziata, alleato con i Muollo, impongano la droga in città. Ma i contrasti si accendono presto e i Muollo, con i quale i Ridosso entrano in collisione, decidono di eliminare ‘Salvatore’. E’ l’inizio della faida, Alfonsino Loreto è minorenne ha appena 16 anni. “Venni convocato da Generoso Di Lauro – ha raccontato il neo pentito – che mi disse di allontanarmi perché stava per succedere qualcosa. Io scesi e avvertii Salvatore, mi sentivo della sua famiglia”. La morte di Salvatore Ridosso, impone a Romolo, il fratello una vendetta e nel giro di un anno i Ridosso tentano di uccidere Generoso Di Lauro e uccidono Luigi Muollo.
Il nuovo clan. “Entrai a far parte del gruppo dopo la fase degli omicidi – dice Alfonso Loreto – e da quel momento in poi la ‘Cassazione’ eravamo io, Gennaro Ridosso e Salvatore Ridosso di Salvatore. Il periodo migliore gli anni dal 2007 in poi”. Ascesa conclusasi solo con l’arresto degli affiliati nel 2014 per la tentata estorsione per conto dell’ottico Ulderico Siano di Salerno.
“Abbiamo sempre avuto armi, giravamo tutti armati, o addosso o in macchina sempre. Giravamo con armi di piccolo calibro, tranne Gennaro che amava girare con una Magnum P38 corta che po’ ‘amma cummess nu raid’ con questa”. C’era una ‘cassa’ comune delle ari, custodite in una cantina vicino casa dei Ridosso, ma c’era anche una cassa comune per le estorsioni o gli introiti dei videopoker. Già perché Alfonso Ridosso racconta di aver stabilito l’egemonia a Scafati sull’affare slot che fruttava 80 euro a macchinetta installata nei bar e negli esercizi commerciali scafatesi. Tutto attraverso una ditta di Castellammare di Stabia. “nel 2007-2008 il gruppo decise nuovamente di interessarsi al settore dei videopoker, in quel periodo il clan Tammaro-Di Lauro era stato già colpito dalle misure anche se a loro nome vi erano altre persone che lavoravano come Mario Cerbone, Vincenzo Starita, Gianluca Tortora, Raffaele Alfano detto polvere di Stelle”. Chi meglio di Alfonso Loreto conosce gli affari della sua cosca e quelli degli avversari. Il capito di quanto accaduto ‘criminalmente’ a Scafati nell’ultimo decennio è lungo. Il collaboratore di giustizia svela retroscena inediti su episodi commessi dal suo clan ma anche degli altri. L’affare videopoker gestito in monopolio dai Loreto-Ridosso, attraverso un’agenzia di scommesse per la quale avevano un appalto di pulizie, sulla Statale. Funzionava così: il gestore degli impianti, Tommaso De Luca, consegnava ai titolari dello Strike i soldi della mesata e questi poi li giravano a Luigi Ridosso o Alfonso Loreto. Cinquantamila euro l’anno, circa 5mila euro al mese. Ma Alfonsino rivela che a far parte del suo gruppo vi era anche un gruppo già noto a Scafati, capeggiato da Andrea Spinelli, detto Dario. “Ad oggi il gruppo è composto – dice Loreto, da Gennaro Ridosso, Luigi di Salvatore, Alfonso Loreto, Alfonso Morello, Dario Spinelli e Cenatiempo Roberto che si occupa dei proventi illeciti dei videopoker e degli appalti di pulizia e manodopera”. Un decennio in cui non sono mancati screzi con gli avversari. Da una parte i Loreto-Ridosso dall’altro il gruppo più vicino a Franchino Matrone, ovvero al figlio Michele. Proprio Dario Spinelli fu tra le vittime di una ritorsione ‘avversaria’. “L’attentato all’auto di Dario Spinelli che fa parte del nostro gruppo e al quale passavamo 2-300 euro a mese dai soldi delle macchinette, o al quale venivano fatti prestiti – dice Loreto – a suo dire era stato fatto da Carmine Alfano, bim bum bam, perché lo zio della moglie era rimasto in debito per l’acquisto di droga e Spinelli si era fatto garante del pagamento. Non essendo stato onorato il pagamento Carmine Alfano se l’era presa con Spinelli con la bomba carta”.
Rosaria Federico