I baby pusher della Penisola Sorrentina hanno chiesto la “messa in prova”, ovvero la sospensione del processo che si sta celebrando davanti al Tribunale per i Minori ed essere inseriti in un programma di attività socialmente utili che possano estinguere il reato scongiurando il carcere. La proposta è stata avanzata dai difensori dei baby pusher alla Corte che si è riservata di decidere. Si tratta di nove ragazzini di Massa Lubrense, tutti di età compresa tra i 15 e i 17 anni, che lo scorso mese di settem bre finirono al centro dell’inchiesta della Guardia di Finanza che mise fine a un fiorente traffico di droga messo in pedi dai giovani davanti a molte scuole della Penisola sorrentina. Le indagini partirono dalla denuncia del papà di una delle ragazzine coinvolte nel giro di spaccio. Preoccupato del fatto che la ragazzina avesse iniziato a consumare sostanze stupefacenti, l’uomo decise di rivolgersi ai finanzieri di Massa Lubrense. Grazie a servizi di appostamento e intercettazioni telefoniche le fiamme gialle riuscirono a ricostruire il traffico . I ragazzini, già scaltri, temendo di essere intercettati, utilizzavano un linguaggio in codice per parlare di droga: magliette, felpe e biglietti erano i nomi utilizzato per fornire i quantitatici di hashish o marijuana richiesti. Ma il linguaggio cifrato non servì e i finanzzieri riuscirono a scoprire il traffico.
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I baby pusher della Penisola Sorrentina chiedono di andare ai servizi sociali per evitare il carcere
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