“Mo’ piglio le bombe e gliele butto nelle case sull’anima di Ciro, devo andare solo in galera mo! Mo prendo le bombe è gli uccido le creature, li dobbiamo sterminare tutta la famiglia, le bombe, devo buttare le bombe.È meglio che si tengano anche le creature di quattro cinque anni sopra perché glieli uccido”. Questa la minaccia e lo sfogo di Emanuele Esposito, il killer delle Fontanelle alla Sanità e figlio e fratello dei due Esposito uccisi sabato poco prima di mezzogiorno a Marano nell’officina di famiglia. Sono le 13, 30 delle stesso giorno quando la microspia piazzata a casa di Antonio Genidoni a Milano, dove si trovava agli arresti domiciliari, registra la conservazione tra i due. Emanuele è pronto a scendere a Napoli per una fare una strage. Lo calmano e gli danno del Valium. Ma questo volta lo Stato è arrivato prima con i decreti di fermo su disposizione della Dda di Napoli ed eseguiti ieri dalla squadra mobile di Napoli nei confronti dei due ovvero Emanuele Esposito, Antonio Genidoni. Con loro sono stati fermati anche la mamma di Genidoni Addolorata Spina, indicati dagli investigatori come i mandanti della strage delle Fontanelle, e la moglie Vincenza Esposito. La donna che era in casa con il marito e con l’amico parente dice “Abbiamo paura”. Ma il marito senza preoccupazioni replica: “Lascia stare, mo scendiamo noi!”. E poi Emanuele aggiunge: “Dobbiamo solo sapere chi è, perché sta qualcuno che sta portando le “imbasciate” interno”. E disperato per la morte del padre e del fratello chiede:”Gli hanno dato la botta in testa a papà?”. E Genidoni gli dice: “Sì a papà sì”.
(nella foto il luogo della strage delle fontanelle alla Sanità e a partire da sinistra Antonio Genidoni, Emanuele Esposito, Addolorata Spina, e Vincenza Esposito)